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Amos Oz (Hebrew: עמוס עוז; born Amos Klausner) was an Israeli writer, novelist, journalist and intellectual. He was also a professor of literature at Ben-Gurion University in Beersheba. He was regarded as Israel's most famous living author.
Oz's work has been published in 42 languages in 43 countries, and has received many honours and awards, among them the Legion of Honour of France, the Goethe Prize, the Prince of Asturias Award in Literature, the Heinrich Heine Prize and the Israel Prize. In 2007, a selection from the Chinese translation of A Tale of Love and Darkness was the first work of modern Hebrew literature to appear in an official Chinese textbook.
Since 1967, Oz had been a prominent advocate of a two-state solution to the Israeli–Palestinian conflict.
Un'opera sicuramente minore di Amos Oz, risalente ai primi anni '70 , ad inizio carriera dell'allora giovane scrittore israeliano. Un testo che solo parzialmente soddisfa le aspettative di chi ama la scrittura dell'autore. In queste quasi duecento pagine succede poco. Si filosofeggia, senza però scendere in profondità inesplorate, benché qua e là si possa raccogliere qualche perla di saggezza. Vi aleggia un'atmosfera fiabesca, tanto che si può appunto parlare di 'realismo fiabesco', definizione basata su un paradosso linguistico. Questa scelta però non mi pare del tutto riuscita, perché sembra annacquare una vicenda che inizia in un momento tra i più tragici del '900, con l'invasione tedesca della Polonia, e si dipana fin oltre il dopoguerra, con digressioni fantasiose che smorzano la piacevolezza della lettura.
Un orologiaio ebreo, appassionato di matematica e di musica, fugge dalle atrocità della Storia, lasciandosi dietro la moglie. Scappa tra boschi e foreste, fino a raggiungere le agognate terre di Israele (un po' com'è successo al grande scrittore Aharon Appelfeld e narrato, con ben diversa incisività, in "Storia di una vita"). Sulla trama non aggiungiamo altro, meno che mai sul finale.
Il pregio del libro sta soprattutto nella scrittura, melodiosa ed evocativa, che già preannuncia la bellezza dello stile del miglior Oz, la sua capacità di cogliere poeticamente la realtà e di spalancare orizzonti tramite l'intuizione di immagini colte nella loro autenticità, nel descrivere qui "la potenza della musica o la quiete dei boschi in autunno", nell'aggiungere "silenzio al silenzio". "Tutto come in punta di dita. Tutto come dentro un sogno".
È un’opera giovanile di Amos Oz, a noi giunta con un certo ritardo (nel 2017). Racconta la storia di una coppia, separata dagli orrori della guerra nazista, che dopo anni di lontananza, durante i quali ognuno dei due ha trovato il modo di continuare a vivere, unito all’altro da una sottile, tenera nostalgia. Sono duecento pagine suddivise in capitoli molto brevi, ognuno dei quali è una scena a sé. Tanti i personaggi, spesso caricature mal definite, tante le incursioni nel simbolismo e nelle leggende, a tratti al limite del grottesco. Comunismo, nazismo, sionismo, Israele, Europa, la vita nei kibbutz costituiscono un insieme piuttosto confusionario, in cui momenti di grande, struggente poesia ci restituiscono l’Amos Oz che conosciamo.
Sono genuinamente perplessa da questo libro. Non è un libro che ho detestato, anzi in alcune pagine mi ha convinto pienamente. Spesso ho apprezzato la prosa e i personaggi. Non sono però riuscita a entrare appieno nella dimensione onirica, nei suoi passaggi logici sottintesi. Diciamo che ho la netta sensazione di non aver davvero capito che cosa volesse trasmettere l'autore e quindi ho sentito il libro distante e poco chiaro. Peccato.
An early novel by the famous Israeli writer, Touch the Water, Touch the Wind starts well but drifts quickly, losing at least this reader as it strained for Chagallian variation on magic realism. The novel’s two primary characters, a Polish couple separated by the arrival of the Nazis, survive and end up living lives apart, one in Israel and the other in the Soviet Union. Instead of learning more regarding each, why they separated, why they didn’t look to re-unite, why one tried to disappear in a kibbutz but is discovered as a mathematician of Einstein-like genius, and why the other becomes a high level official in the Soviet secret police, the reader is kept outside by (at times dazzling) literary effects and a lyrical prose style. I wanted something more real and less emblematic, something as vital as the land Oz so beautifully describes. Perhaps I just badly misread it and will discover that fact on a second read some years from now. But on first read, I found myself losing patience as I read and finished it frustrated at what seemed as a lost opportunity.
IL POETA AMOS OZ Lo stile narrativo è già presente in questo libro: uno scrivere denso eppure non complesso. La storia sembra un acquerello: sgranato, colori pastello, sfocato come in un sogno, poetico. Non si cerchi razionalità nel progredire della storia che pur non scollata dalla realtà sembra che non voglia essere radicata. È storia che si libra sulla realtà, la guarda da lontano, la epura da contorni netti e la sublima quasi. Libro impegnativo, per me è stata una lunga e unica poesia
Ho conosciuto Amos Oz attraverso questo racconto. Non sono stato toccato in particolar dalla trama. Sono stato rapito dall’eleganza della scrittura, dalla bellezza delle descrizioni, dall’uso sapiente di aggettivi e dalla maestria nel rendere vivide e reali scene, luoghi, persone che non ho mai visto o conosciuto nell mia vita. Non credo che sia il suo lavoro più riuscito, ma penso (e sicuramente la lettura dei suoi libri me ne darà ragione) che la forza di quello che ho potuto intravedere in queste poche pagine di un racconto elegantemente toccante, sia stata misurata, volutamente messa a tacere, ridotta di intensità, lasciata in dissolvenza per non soffocare la trama (e i suoi personaggi pieni di energie che scoppiano con la leggerezza di una piuma), per darle il giusto respiro. Anche questo è indice della bravura, della buona scrittura; dare il giusto spazio all’intensità sulla densità del racconto.
A peculiar essence of everything Oz-ish - WWII, Israel, communist Russia, landscapes, love, philosophy. Some other writer would need 800 pages, Oz needs 150, but I think one has to be Oz-savvy [or open to the above-mentioned topics] to appreciate this one.
Even in his youth, Amos Oz was already an amazing writer, at least going by Nicholas de Lange’s translation (with Oz) of Oz’s third novel. It isn’t just the quality of his writing, it’s the quality of his literary vision, which is lyrical, humorous, quirky, and political all at the same time. It’s so difficult for me to describe that I will do what I rarely do, quote:
"Deep in the evil Polish forest deep in the heart of the darkness deep in the womb of the soggy undergrowth can be seen shadows of giant creepers clasping and choking the dead tree trunks with silent fury as though squeezing the last drops from a desperate loving embrace."
Ouch! Here’s a description of an Israeli kibbutz:
"Square-cut hedges, neat rows of trees, tidy lawns, all speaking an unambiguous language. Climb the mountains, crush the plain, All you see—possess it. The tractor shed here, the dining hall there, and the recreation hall plugging the valley with its low, broad bulk. We are here. Guarding order. Darkness to expel."
Need more be said about what is happening in Israel today, 53 years after this novella was written? Oz is also a great storyteller: many of his characters are storytellers, too, and there is little dialogue beyond the tellings. Great stuff!
Cualquier historia que me transporte a Polonia me sirve de consuelo (yo también sobrevuelo los cielos, como los personajes de Chagall). La "otra Polonia" tampoco me es ajena, aunque en otras novelas de Amos Oz, posteriores, los paisanajes me resultaron más documentales, pero es que ahí, en "Tocar el agua, tocar el viento" todo estaba entonces arrancando... No lo puedo remediar: me apasionan los escritores judíos, sobre todo, los más críticos.
Lo conocí cuando José Gordon, presentando El Inconcebible Universo, lo mencionó. Creí que sería mucho más difícil de leer, pero más bien es complejo, como la vida en guerra y filosófico como la ciencia. Es una obra entrañable, él es un ser que otorga calma aun en los terribles momentos; es el sabio de un pueblo errante, un puerto a donde volver. Ella es la fuerza, la resistencia y la esperanza del futuro, y ambos la resiliencia. La narrativa es tan dulce, tan susurrada al oído suavemente. Ni siquiera alcanza a doler la guerra en la presencia de estos personajes. Me parece íntimo, cada personaje desde el terror de la historia y de sus batallas con la realidad, al dejarnos asomar nos dan apenas un atisbo de amor por la vida que se asienta dentro de sí. No hay temor, hay vida.
Primer libro leído de Amos Oz. Difícil review. Es una novela intelectual y evocativa en muchos sentidos abstracta y lírica, descriptiva pero sin mucho sucediendo en ella, que toca muchos puntos, temas y cuestiones sin compenetrar o llevarlos a alguna dirección, intentando ser reiterativa y quizás experimental en el uso de los recursos literarios, mezcla de realismo con algunos toques fantásticos (leí por ahí de realismo de cuento de hadas y podría ser aunque muy tenue) pero de dudosa intención en cuanto a su fin (quizás referentes a algo desconocido culturalmente), filosófica, religiosa, poética, política y hermética, definitivamente pro israelí, sionista y convergente con el espíritu judio que trata de representar en diversos personajes la construcción de ese Estado, sobre la nostalgia de esa tierra y su habitar. De sus habitantes y como viven en el kibutz; esa organización comunal entre celos , participación, desconfianza con algún toque romántico entre los principales, Eliseo y Stefa, y su experiencia atravesada de dos guerras (una al inicio otra al final de la novela), la supervivencia en esos momentos bélicos pero también la construcción fantasiosa en su resolución, pues ambos son de alguna manera héroes fantasticos, y son al mismo tiempo algo enigmáticos en su relación. Sobre la matemática y la música, y también la poética del tiempo y sus paisajes, poco diálogo, mucho sucediendo sin razón aparente de ser, y poco a lo que mi ser pueda aprehenderse en realidad.
Grande delusione, questo libro di Oz! Dopo aver letto con passione GIUDA, STORIA D’AMORE E DI TENEBRA, D’UN TRATTO NEL FOLTO DEL BOSCO, LO STESSO MARE, questo Libro mi ha lasciata molto perplessa. La vicenda di per sé mi interessava: un modesto orologiaio ebreo- polacco sfugge alla persecuzione nazista, scappando nella foresta, abbandonando la famiglia e peregrinando nei vari stati europei, per arrivare alfine in un kibbutz israeliano. La moglie diventa una spia russa. Ma lo stile narrativo, ricco di simboli e speculazioni filosofiche, è risultato troppo impegnativo per me. In essi via via la stessa vicenda si disperde, viene quasi annientata. Notevoli e molto suggestive, invece, sono le descrizioni dei boschi e dell’ambiente in generale, capaci di trascinare il lettore in sensazioni di incantamento misterico. “Quelle regioni boschive rose dalla muffa e dalla penombra erano detestabili. Tutto tramava per serrare, per non lasciare via d’uscita. E lui avanzava da una tenebra all’altra, come se fosse anch’egli avvolto di oscurità “. “Arrivava il buio. Tendeva le sue lunghe dita di crepuscolo”. “Fra le alture rocciose della Galilea, luogo in cui i rovi spinosi crescono persino sulla pietra, le notti contenevano un fondamento demoniaco e misterioso”.
There are passages in this book that not only swept me up, but forced me to read and re-read them, again and again, before I could move on. As ever, Oz's prose is powerful and lyrical, and his characters slip off the page and into your thoughts as if you're seeing them and feeling their emotions and their frustrations at every turn. Here, the taciturn natures kept them more distanced than usual, but they somehow felt all the more magical for it.
Simply, Oz is one of my favorite writers, and this book didn't disappoint.
This is my first experience of Amos Oz, and what stands out for me is the exquisite use of language, for which the translator surely deserves enormous credit. Somehow, through tiny details, which echo throughout the book, the author takes us inside the characters' lived experience. Beautiful and deeply human.
È il 1973, periodo particolarmente delicato nella già travagliata – seppur breve – storia del neo-stato d’Israele. Si riaccende la miccia del conflitto arabo-israeliano durante lo Yom-Kippur, è l’ultimo sussulto di un panarabismo agonizzante già annichilito dalla guerra dei Sei Giorni. Lo scontro del ‘67, un blitzkrieg a tutti gli effetti, aveva condotto tutte le pedine dello scacchiere mediorientale a un punto di non ritorno: oltre ad aver messo fine ai grandi progetti del nazionalismo arabo laico, aveva spalancato a casa dei vincitori le porte al fanatismo politico-religioso più conservatore, segnando di fatto il tramonto del sionismo socialista dei pionieri. Una situazione che l’attentato ai danni della delegazione israeliana alle olimpiadi di Monaco non aveva di certo contribuito a rasserenare.
L’allora trentaquattrenne scrittore israeliano Amos Oz vive ancora il suo sogno comunitario nel kibbutz di Hulda – di cui parlerà lungamente nel suo memoir Una storia di amore e di tenebra (2002) – e tra il lavoro dei campi e le assemblee riesce a ritagliarsi uno spazio considerevole per la scrittura, soprattutto dopo il successo editoriale di Michael mio (1968), le cui royalties permettono a Oz di contribuire in maniera significativa all’economia della comunità. In questo contesto nasce anche Tocca l’acqua, tocca il vento, romanzo breve ma fitto di contenuti, che qui in Italia riusciamo a leggere solamente oggi, a inizio 2017, grazie a Feltrinelli, l’editore che finora si è occupato di tutte le pubblicazioni di Oz nel nostro paese.
Le tensioni, la guerra, la sfiducia crescente nelle capacità risolutive della classe dirigente israeliana (che porterà lo scrittore poi a lasciare i laburisti per Meretz, il più a sinistra di tutti i partiti sionisti), inducono Oz a sfuggire almeno letterariamente dalla realtà alienante che lo circonda. Abbandona così il realismo introspettivo di matrice ottocentesca che aveva caratterizzato la sua prosa fino a quel momento, e si avvicina a uno stile di racconto totalmente anti-mimetico e surreale, debitore, più che del grande romanzo russo, della tradizione favolistica slava tramandata da Afanas’ev, e che, considerate le sue origini polacche, lo scrittore israeliano doveva conoscere molto bene.
Proprio con una fuga vorticosa dalla Polonia occupata dai nazisti comincia Tocca l’acqua, tocca il vento. Pomerantz, insegnante ebreo di matematica e fisica, braccato dai tedeschi, abbandona la moglie Stefa per rifugiarsi in una catapecchia nei boschi appartenuta a un taglialegna mago (dalle chiare assonanze cristologiche) a cui ruba inspiegabilmente i poteri.
Ci troviamo in una dimensione onirica, che pervade ogni pagina del romanzo e accompagna passo passo il viaggio di Pomerantz verso la Palestina. “Tutto in punta di dita. Tutto come dentro un sogno”. I personaggi cambiano spesso nome e fattezze, e lo scorrere del tempo si manifesta in tutta la sua componente interiore e irrazionale, tanto da comprimere in poche righe eventi dalla portata macroscopica come la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto, e seguire invece nell’ordine dei secondi il lungo flusso di coscienza dei protagonisti: “Tiberiade, estate, terra d’Israele, anno Cinquantuno, di fronte una carrozzeria, le due e venti del pomeriggio, due e ventuno, ventidue, una sigaretta e una bottiglia di gazzosa”. Queste riflessioni traggono la loro linfa in maniera abbastanza evidente dal pensiero di Martin Heidegger – il filosofo compare infatti nel libro come nume tutelare di Stefa, studiosa di filosofia, con cui intrattiene anche un fitto carteggio – e sembrano spesso una rilettura scanzonata di Essere e tempo.
Similmente alla struttura narrativa di molte opere di Oz, i racconti di Terre dello sciacallo (1965) in particolar modo, quella di Tocca l’acqua, tocca il vento è una storia di vite spezzate e poi ricomposte: il ritrovato amore della coppia Pomerantz-Stefa non è altro che il recupero di uno spazio perduto, l’esorcizzazione della dimensione diasporica che sembra connaturata alla condizione ebraica e che per l’autore può realizzarsi solamente con il ritorno nella “terra dell’eterna primavera”, Israele. In una prospettiva laica, fondata sulla rispettosa convivenza con la controparte araba, posizione che da sempre accomuna Oz agli altri due più importanti autori del paese, Grossman e Yehoshua.
Il personaggio di Pomerantz giunge in una manciata di pagine e qualche volo a planare in riva al lago di Tiberiade. Anche lui come il suo creatore sente fortemente il richiamo della vita del kibbutz, sempre più ideale tappa definitiva nel viaggio dell’ebreo errante. Qui l’ex professore riesce a risolvere un paradosso riguardo l’infinito matematico legandolo a strane teorie musicali e gravitazionali, in un connubio di rivelazione scientifica e metafisica che ricorda a tratti la scoperta di Max Cohen, il matematico ebreo protagonista del film π (1998), l’esordio cinematografico di Darren Aronofsky. Più tortuoso è invece il percorso di Stefa che dalla Polonia viene condotta da un misterioso personaggio mefistofelico in Russia, dove diventa alto funzionario del KGB per poter scovare il marito fuggiasco. È lei, unico personaggio attivo del romanzo, a muovere i fili del loro ricongiungimento, possibile solo in un kibbutz dell’Alta Galilea. “Scorrevano all’infinito in due direzioni contrastanti. Quelle due correnti incrociate sono l’amore”.
Il legame ontologico con la terra – anche questo sembra mutuato dal rapporto di “esistenza autentica” tra Heidegger e la Foresta Nera – prende vita in una descrizione vivissima degli elementi naturali e del paesaggio, che risaltano sulla pagina soprattutto per contrapposizione: all’esterno con le figure volutamente bidimensionali di tutti i personaggi (un po’ come gli eroi veterotestamentari della Torah), all’interno nel contrasto tra il freddo glaciale dei boschi europei e il sole idilliaco della Palestina.
Questa manifestazione panica però nasconde in nuce un turbinio di forze inquiete: l’acqua, il vento, sono elementi essenziali alla sopravvivenza ma difficilmente tangibili. Il grande sogno di una Terra Promessa è forse illusorio, “Ma è davvero possibile questo posto?” si chiede Pomerantz ammaliato dai corpi abbronzati degli ebrei che vede in giro. La guerra dei Sei Giorni intanto è alle porte, lo scoppio delle granate risuona nel kibbutz mentre “l’odore delle tenebre” lo avvolge: le possibilità di condurre un’esistenza pacifica, in Israele e in tutto il Medio Oriente, si assottiglieranno sempre di più.
Este es el primer libro de Amos Oz que leo y eso que ya llevaba tiempo en mi punto de mira, lo que pasa es que con tantas lecturas y autores pendientes se hace difícil encontrar huecos para in encajando todo lo que tengo por leer. No tenías más que vagas referencias a la obra de este escritor israelí leídas en algún que otro blog o red social apuntando como fundamental la obra de Oz para entender el mundo judío actual y la vida en Israel. Tampoco tía referencias a la hora de elegir la obra con la que acercarme a la trayectoria literaria de Oz, no sé si he elegido bien.
Esta es una novela llena de simbolismo, filosofía y metáforas que se me escapan y no logro llegar al núcleo de lo que Oz quiere expresar. Todos estos símbolos que recorren la novela y a los diferentes personajes (confusos, distorsionados, surgidos de repente dejando al lector desorientado...) hacen que pierda muchas veces el sentido de la lectura y por tanto el interés. Reconozco que hay pasajes interesantes en la novela que evocan la dureza de la vida errante del judío durante el siglo XX y que transmiten la desorientación histórica a la que siempre se ha obligado al pueblo judío. Pero nada más. Me fastidia no haber sido capaz de exprimir todo el jugo a esta novela, pero...
E’ il primo libro che leggo di Amos Oz. Devo dire che mi è piaciuto soprattutto la prima parte, un po’ meno la seconda. E’ un libro difficile e vasto ma anche interessante nella sua tematica e nella sua scrittura. E’ la storia di un orologiaio ebreo appassionato di matematica e di musica che fugge dalle atrocità della Storia, lasciandosi dietro la moglie. Lui scappa fra boschi e foreste fino a raggiungere le agognate terre d'Israele. Lei parallelamente viene deportata in Unione Sovietica dove è costretta a diventare una spia di Stalin. Il vero pregio del libro è la scrittura, melodiosa ed evocativa, descrivendo poeticamente la realtà. E’ anche un romanzo malinconico tipico della letteratura ebraica. Nonostante i concetti un po’ troppo surreali la scrittura di Oz mi ha incantata. Oz ha la capacità di descrivere perfettamente la potenza della musica e la quiete dei boschi in autunno. Sono il silenzio e la quiete che rendono il romanzo intenso e unico
The few novels I read by Amos Oz have some kind of spellbinding effect on me. I don’t necessarily like or love them but they do make an impression and tie me to the page. I think it’s because he is one heck of a writer. Even though some characters and story lines in ‘Touch the water, touch the wind’ were hard to follow for me, the whole of it made me understand Israel & parts of Eastern Europe better. Oz did a magnificent job describing the feeling of being utterly deserted by Heidegger. One moment you feel you’re in community with the great thinkers of Europe, the next moment Europe and all of its bearers of intellectual ‘enlightenment’ completely turn your back on you. Now I’m finally on to ‘A Tale of Love and Darkness’ and it’s probably the first novel by Amos Oz that I really and unambiguously love.
Tenía muchas ganas de leer a este autor, pero la experiencia ha sido totalmente insatisfactoria. No me ha gustado nada este libro. No he entendido nada. Todo eran personajes e historias que no tenían nada que ver con el argumento central. Lo he acabado solo por cabezonería, por saber si finalmente había algún sentido a todo ese caos.. .pero lamento decir que yo no lo he encontrado. Creo que este escritor no es para mí.
Decided to move into Oz' books more or less chronologically after reading of his passing, and this early one was on the share shelf of book group. Previously, I had only read some short stories. His stories are deeply touching, no exception here, and my heart aches with each page. When I finish this one, I'm happy I will have so many more Amos Oz books to add to my reading list and will look for a good biography also.
"Tocca l'acqua, tocca il vento", scritto dall'israeliano Amos Oz, è il romanzo di Stefa e Pomerantz, moglie e marito, costretti a separarsi per via della furia nazista. Pomerantz fugge in Israele, è costretto a cambiare nome, identità, lavoro, e da promettente fisico e matematico, diviene orologiaio e pastore, si traveste da santone ortodosso, chiuso nell'ineludibile silenzio della solitudine e del rifugio sulle calde e idilliache rive del Tiberiade in uno dei numerosi kibbutz. La cara poeticità delle terre della Palestina, dei suoi abbandonati prati, degli strabilianti paesaggi, dei teneri raggi di sole e dell'imperscrutabile vento, la dolce e ineffabile acqua, la chiara e bianca luce, barlume e preludio di una nuova speranza e di una rinnovata e migliore esistenza, stridono con l'Europa, divorata dai roghi demoniaci e minacciosi della guerra, della morte e della distruzione. Stefa è invece ingaggiata come spia russa, al servizio di Stalin e della Grande Rivoluzione in Polonia, Ungheria, Romania, Grecia, e infine nella Terra di Dio e degli Avi, nella Terra Promessa, luogo dell'autentica bellezza, dell'energia potente e infinita, della rigenerazione e della pace, della pacata malinconia. "Tocca l'acqua, tocca il vento" è dunque l'idillico e armonioso diario esistenziale, quasi senza trama, tutto filosofico e astratto, del lungo e inafferrabile viaggio della vita che con delicatezza sa davvero giungere al cuore del lettore, trasportandolo in un universo parallelo, in un mondo trasognato, timido, insicuro di pace e isolamento. È poi il valore ineffabile della musica il filo conduttore del romanzo, che con la sua autentica maestosità, lega e domina la matematica, la fisica, la poesia, l'esistenza umana, permettendo di volare alto nei cieli, sulle città, sui mari, le radure di Polonia, Russia e Palestina. Infine, lo stile poetico e dolcissimo, unico e inconfondibile, si addice perfettamente alle impenetrabili atmosfere da sogno, al risveglio del cuore stanco attraverso la fuga, l'apatia, l'amore e la forza inesauribile di ritrovarsi e all'indicibile potenza e forza espressiva che completamente accieca e avvolge.
Picked up at Gertrude and Alice in Bondi (maybe the best book shop I’ve ever been to!?)
Y’know actually I’m gonna give this a one.
Unfocussed, nonlinear, characters picked up and dropped with seemingly little thought put into their arcs. Considering this was a novel ostensibly about Elisha and Stefa the more captivating character was Ernst.
It did drag a bit but there were scatterings of beautiful prose. One that comes to mind is Elisha raising his hand into the sky to push the moon aside.
way too bizarre for me. I honestly struggled to follow what's was going on. Maybe because there was a total lack of characters point of view, only pure actions and facts descriptions.... or Maybe because there were characters named ones and not explained, not recalled afterwards... Either way, no. definitely not for me.
Mi aspettavo qualcosa di diverso, un po’ stile “Il Cavaliere d’Inverno”, ma la colpa è mia che mi sono buttata su questo autore senza conoscerne la bibliografia.
Mi è dispiaciuto che non sia scattata la scintilla, lo stile di scrittura è veramente lento, nonostante il libro sia meno di 200 pagine.
Non ho capito e non è quel non capire che ti esalta, proprio il contrario. Ho apprezzato, però, il lirismo della prosa. Riproverò a leggere altro di Oz, possibilmente un testo con un intreccio più realista.