"Un libro avvincente e documentatissimo. La maggior esperta mondiale di criminalità organizzata giapponese ricostruisce la storia della yakuza e con empatia e passione smonta molti stereotipi, lasciandoci il ritratto di un mondo affascinante e complesso."
Il Giappone è uno dei Paesi più sicuri al mondo e insieme la terra natale di una mafia potente, pluricentenaria e tentacolare. La vita della yakuza, la mafia giapponese, è strettamente legata a quella del Giappone, e la yakuza si occupa dei cittadini dimenticati dallo Stato, interagisce con la politica, partecipa alla vita economica e regola il mondo criminale. Da diversi anni Martina Baradel ha fatto della yakuza il suo oggetto di studio e di appassionata ricerca. Il suo lavoro, basato sulle testimonianze di chi vive nel lato in ombra dell'ordinatissima società nipponica, le ha permesso di ottenere la fiducia di poliziotti e di membri dell'organizzazione, oltre che dei pochissimi giornalisti giapponesi che si occupano di yakuza e che mal tollerano la narrazione dominante di cui è oggetto. È proprio grazie a una serie di contatti fidati che riesce a ottenere l'appuntamento da cui prende le mosse questa investigazione, quello con il boss di una delle più grandi famiglie yakuza, Tanaka Jun'ichiro, nome di finzione sotto cui Martina Baradel raccoglie le voci e le vite di persone tremendamente reali. Incontro dopo incontro, Tanaka racconterà a Martina la sua vita tra successi e cadute, e così facendo le permetterà di ricostruire la storia degli ultimi settant'anni della yakuza, che è insieme quella degli ultimi settant'anni del Giappone.
A metà tra narrativa e saggio, una perfetta porta di ingresso alla storia e all’universo della Yakuza. Interessante e scorrevole. Complimenti a Martina Baradel per la sua passione e il suo lavoro ❤️
4.5⭐ Un excursus emozionante nella storia della Yakuza, un'organizzazione criminale che, nelle sue luci e nelle sue ombre, è il Giappone.
Martina Baradel racconta, attraverso un'intervista ad un capo clan, la storia della Yakuza, dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. Il capo clan intervistato, come dice lei stessa nella breve prefazione, non esiste realmente ma è una sorta di summa delle storie e delle esperienze dei vari membri di maggior spicco della Yakuza con cui ha avuto la possibilità di parlare nel corso della sua ricerca. Nel romanzo coesistono, quindi, sia la dimensione della docufiction, sia la precisione documentativa tipica di chi fa ricerca.
Oltre al racconto personale del capo Yakuza, vi sono vari intermezzi, altre interviste, di personalità ugualmente legate al mondo della criminalità organizzata: da nuove reclute ad ex membri, da membri dei ranghi inferiori ai bracci destro di vari capi, da cerimonieri ad avvocati e anche qualche giornalista specializzato nella loro cronaca. L'effetto è una visione d'insieme, a trecentosessanta gradi, di un sottobosco vario e stratificato di cui si sa ben poco e di cui, quel che si sa, sono stereotipi o semplificazioni.
Le digressioni storiche, sociali, culturali, politiche e legali sono, per me, le parti più interessanti e peculiari di questo resoconto. La storia dell'intervistato, per quanto degna di nota,è un mero pretesto per raccontare nel dettaglio la nascita e il progredire di questa realtà attraverso gli anni. Non si può che rimanere affascinati dalla storia della Yakuza, specchio di una società, quella Giapponese, che parla agli emarginati e agli esclusi.
Scrittura e narrazione sono chiare, semplici, disilluse e dirette. L'autrice mantiene uno sguardo equilibrato: non romanticizza la realtà e la vita degli Yakuza, racconta in maniera obiettiva gli aspetti positivi e negativi del loro mondo e fornisce le giuste informazioni per comprendere la "normalità" della società Giapponese.
Una lettura davvero interessante, da cui imparare molto.
* Le comunità come quelle di Shindo, Yabe e Mako, indipendentemente dal fatto che siano laiche o religiose, fanno leva sul bisogno di contatto umano, cercano di dare sollievo alla solitudine.
* Nel ninkyó - il codice yakuza al quale ho già accennato - c'è un eterno confitto tra giri, il dovere o l'obbligo, e ninjó, l'emozione umana o il desiderio personale.
* Ora è diverso, ho imparato a rallentare, a ragionare sullo spazio che mi circonda e a ottimizzare.
🎨 Impressioni Libro molto interessante e scorrevole sul fenomeno della Yakuza e del suo ruolo nella società giapponese. 👤 Chi dovrebbe leggerlo? Chi fosse interessato al in particolare e alla società giapponese in generale. ☘️ Come il libro mi ha cambiato? Mi ha permesso di conoscere un mondo molto affascinante, ma di cui ignoravo gran parte delle origini. ✍🏻 Le mie tre frasi preferite
* spirito di sopportazione, il gaman, e quindi la tenacia nel portare a termine un compito per quanto difficile e doloroso.
* L'incidente che avevo causato mi sarebbe potuto costare la patente e una multa di migliaia di euro, ma alla fine me la cavai solo con la perdita di qualche punto della patente. Questa sostanziale assenza di conseguenze fu possibile solo perché avevo aderito al sistema informale di regole sociali che si applicano in caso di violazioni.
* «Non è che la fede mi abbia risolto i problemi da un giorno all'altro, però mi ha dato un senso di pace, una speranza che non avevo mai provato prima. E poi mi ha dato un lavoro, per quanto complesso, una moglie - la quarta! - e una comunità.»
📒 Sommario + Note Indice 1. Copertina 1. L'immagine 2. Il libro 3. Lautrice 2. Frontespizio 3. Copyright 4. Yakuza Blues 5. 1. Incontro 6. 2. Infanzia 7.3. Apprendistato 8. 4. Violenza 9.5. Fulgore 10. 6. Donne 11. 7. Arresto 12. 8. Fine pena 13. 2. Declino 14. 10. Yakuza Blues 15. Cronologia essenziale della storia del Giappone 16. Glossario 1. Copertina 2. Indice 3. Frontespizio 4. Copyright 5. Yakuza Blues 6. Inizio del libro
#libri
This entire review has been hidden because of spoilers.
L'autrice è un'accademica che si occupa di criminalità giapponese, ma, invece di scrivere un saggio, decide per questi libro divulgativo un approccio curioso, seminarrativo: immagina una serie di colloqui con un boss yakuza che è l'unione di più personaggi che ha incontrato nella sua carriera di studiosa dell'argomento. Ne esce fuori qualcosa di strano, perché anche se non c'è ragione di dubitare che le informazioni riportate siano errate, il fatto che ci sia di mezzo un po' di fiction ne dà un colore diverso. A parte il metodo, ho trovato il mondo dell yakuza davvero affascinante, soprattutto in relazione alla società giapponese. Gli yakuza pensano di sè quello che pensano alcuni mafiosi di una volta (si veda "Il padrino"), cioè di essere organizzazioni che sopperiscono a mancanze dello Stato: mantengono l'ordine, hanno un codice d'onore, si occupano di giustizia dove la giustizia non arriva. Ma la differenza rispetto al resto del mondo è che le organizzazioni yakuza sono alla luce del sole, hanno uffici ben noti e tutti sanno chi sono gli affiliati, ed effettivamente c'è stato, per un certo periodo nel dopoguerra, un supporto alla legalità da parte di questa gente. Ma rimane il fatto che sono criminali violenti, e ammantarsi di onore e cerimonie non cambia questo fatto. E le leggi anti-yakuza sono poco efficaci per ragioni specifiche ben spiegate, ma che a un gaijin sembrano follia. Il libro, utilizzando lo stratagemma del boss, ripercorre la storia della yakuza, con particolare focus dal dopoguerra in poi, e introducendo qualche focus più specifico qua e là (le donne nella yakuza, il carcere, le leggi anti-yakuza...). Alla fine, sono certo che questo modalità semi-narrativa (a tratti anche autobiografica) renda il libro più piacevole e scorrevole rispetto a un trattato di sociologia, ma senza l'autorevolezza di quest'ultimo. Non ho ancora deciso se sia un bene o un male.
Una delle cose che trovo più fastidiose in un saggio, è quando l'autore si introduce a forza tra le informazioni.
In questo caso, l'autrice ha letteralmente inventato una storia intorno a sé, infiorettandola con informazioni reali. Il suo studio sulla Yakuza è indubbiamente interessante ma, proprio a causa dello stile stucchevolmente narrativo che ha scelto per raccontarci che è vegetariana (massì, ripetiamolo ancora, si sa mai che non avessi già captato l'integrità morale della Baradel in una delle venti volte precedenti in cui l'ha fatto notare), che ha vissuto strabilianti emozioni, che ha fatto questo e quello, che è andata lì e là, bla bla bla, risulta tutto frammentato.
Il co-protagonista di questo racconto - che in realtà non esiste ma è un concentrato fittizio delle sue interviste - dovrebbe servire come espediente per descrivere la cronologia della storia della Yakuza, ma purtroppo risulta troppo statico e sembra quasi che le informazioni, troppe per scaturire da una sola persona, in alcuni momenti vengano gettati addosso al lettore in una risma confusa.
Parere personale: avrebbe avuto più senso usare uno stile a capitoli come adottato da Matt Alt in un libro dal topic molto diverso ma scritto divinamente, semplice da seguire e allo stesso tempo esaustivo e suggestivo.
Insomma, interessante il contenuto ma dell'autrice non me ne poteva fregare di meno.
Interesting focus on yakusa's history and what it meant being part of it starting from ww2 till today. Baradel is capable of maintaining a high level for all the narrative. If I have to find a bug: sometimes repeats some concept that has already been faced more than once before, instead of reinforcing the connection between characters and families which is definitely more difficult to follow for a complete outsider.