Baviera, 1944. C’è profumo di sapone di Marsiglia e di latte dolce nel reparto maternità di Heim Hochland dove Renée ha trovato rifugio. Nonostante non parli tedesco, tra tovaglie floreali e zuppiere fumanti quel posto le sembra piú una casa per vacanze che una clinica. Ci è arrivata esausta e impaurita dopo il duro viaggio dalla Francia. Appena ha scoperto di essere incinta di Artur, l’ufficiale delle SS, è scappata via. Ma nell’immacolato ospedale voluto da Himmler per le mamme e i neonati del Reich, quanto potrà ancora reggere la calma apparente, ora che gli echi della guerra si fanno sempre piú vicini? Ora che anche Schwester Helga, l’infermiera piú votata alla causa nazista, fatica ad accettare la tragica sorte inflitta ai bambini che non soddisfano i criteri richiesti? I bambini di Himmler è un romanzo che conquista e commuove. Uno squarcio di luce su una pagina oscura e sconosciuta della storia.
Caroline de Mulder, née à Gand en 1976, est un écrivain belge de langue française. Elle réside à la fois à Paris et à Namur où elle est chargée de plusieurs cours de littérature aux Facultés Notre- Dame de la Paix.
Élevée en Néerlandais par ses parents, elle alterne ensuite des études en français et en néerlandais, primaires à Mouscron, secondaire à Courtrai, philologie romane à Namur, puis à Gand et enfin à Paris.
L'auteur qui aime dire avoir deux langues maternelles, a donc appris à écrire en néerlandais et à lire en français.
En 2010 , son premier roman "Ego Tango" (consacré au milieu du tango parisien, milieu qu'elle a elle même fréquenté assidûment), lui vaut d'être sélectionnée avec 4 autres écrivains pour la finale du prix Rossel. Elle est la cadette de la sélection et remporte le prix.
Elle publie en 2012 un premier essai : "Libido sciendi : Le Savant, le Désir, la Femme", aux éditions du Seuil. La même année, elle publie également un second roman ("Nous les bêtes traquées", aux éditions Champ Vallon) lors de la rentrée littéraire.
Chez Actes Sud, elle punlie, en 2014, "Bye Bye Elvis" et, en 2017, "Calcaires".
Una novela cortita que, a pesar de su potencial, se me hizo algo “pesada” de leer. El tema me atraía muchísimo, pero la autora no ha logrado contar la historia de una manera que me atrapara. No he logrado conectar ni con la narración ni con los personajes, y mucho menos con el final. Creo que no la recomendaría. Mi opinión en YouTube sin spoilers: https://youtu.be/oOyMhJzS8x4
“ L’infelicità di ieri può diventare la felicità di domani, o un pozzo senza fondo in cui precipitare sempre piú in basso.”
Baviera,1944, quando la guerra sta per finire.
Attraverso un romanzo corale e storico di prospettiva femminile, Caroline De Mulder getta luce su uno degli aspetti più terrificanti dell’ideologia nazista, quando Heinrich Himmler lanciò l'idea di una razza pura, da allevare nei reparti maternità in Germania, ma anche in Francia e in Belgio
Nel corso della narrazione si alternano tre personaggi, con le loro voci, i percorsi, i tragici destini. Tre modi di agire, di esprimersi, di pensare, di sopravvivere, di ribellarsi, di obbedire...
“Siamo noi a scegliere il male o è il male a scegliere noi? ”
Esplorando il progetto Lebensborn, (cliniche per madri dietro le quali si nascondeva un sistema raccapricciante in cui solo i bambini idonei agli ideali eugenetici nazisti venivano accuditi e cresciuti), l’autrice denuncia con forza il modo in cui si è tentato di plasmare la società secondo disumani criteri razziali. La maternità è strumentalizzata, distorta, ridotta a un processo biologico controllato dallo Stato.
“La nostra religione è il nostro sangue.”
La tensione tra l'istinto materno e l'orrore di ciò che queste donne stanno attraversando è onnipresente e rafforzato da una scrittura precisa e diretta I dialoghi sono spesso vivaci, taglienti, e accentuano l'indifferenza con cui queste vite venivano manipolate e sacrificate in nome della "purezza "
Straziante il destino di questi bambini che non hanno chiesto di venire al mondo, né tantomeno hanno scelto da che parte stare. Per non dimenticare mai dove può portare la follia umana.
Un intreccio di storie straziante e doloroso, che mette in luce il periodo storico della fine della Seconda Guerra Mondiale ed uno dei tanti progetti del Terzo Reich sulla "purezza" della razza ariana: le cliniche Lebensborn. Tanti piccoli bambini innocenti che si sono ritrovati nel mezzo di un conflitto con basi insensate e crudeli. La storia narrata in questo libro viene presentata sotto gli occhi di tre figure diverse ma stranamente simili tra loro: Helga, la Schwester incaricata di curarsi di madri e figli all'interno della clinica; Renée, una ragazzina francese incinta; Marek, un deportato polacco.
Tanta tristezza, ingiustizia, insensatezza ma anche speranza nella rinascita e nella bontà dell'essere umano, anche dove non potrebbe essercene meno.
Es un acercamiento a ese episodio de la Segunda Guerra Mundial del que no supe mucho hasta los acontecimientos de 2018 cuando Noruega pidió públicamente perdón a todas aquellas mujeres que como Reneé sufrieron una condena social brutal, víctimas de la guerra y de su propia familia y país. Es una novela que despierta inquietud y deja una reflexión moral, ¿Helga estaba en el lado correcto? ¿De verdad se creía esa sartá de mentiras que se decía cada mañana? Un personaje moral que participó cada día sin pestañear de aquella locura, ese autoengaño, esa autojustificación para seguir haciendo el MAL. Es una novela que arroja luz sobre lo que se hacia en aquellos “hogares” sobre todo en la figura del bebé Jürgen Weiss, unas madres y sus bebés que no pasaron hambre, no fueron conscientes de la guerra que se libraba fuera de allí. Aunque me faltó, señalo el valor de la novela de ficción, más allá del entretenimiento, como puerta para descubrir episodios e investigar más, así como reflexión. La Segunda Guerra Mundial y su complejidad moral, la ideología perversa.
« La irritava vedere le sue vicine ricevere una lettera tutti i giorni, o anche piú di una. Ma da mesi ormai ha la certezza di essere finita in capo al mondo, in un luogo dove nessuno la troverà mai. Si ripete spesso che, se morisse, nessuno si accorgerebbe di nulla, arriverebbe un'altra donna a occupare il suo letto nelle stanza 23, tutto qui. Ogni tanto, quando pensa a sua madre, piange. Perché si sente dimenticata. Scomparsa. Morta. Perché non sa nemmeno lei dove si trova. Si posa la mano sul ventre che comincia a tendersi, quel poco di vita che resta in lei è là dentro.»
5 ⭐️ Renée affronta un duro viaggio dalla Francia, con la testa rasata e una ricrescita rossa e una pancia da cinque settimane, finalmente arriva nel reparto maternità di Heim Hochland. È il 27 agosto 1944 quando entra in questo posto dove parlano tutti tedesco tranne lei, sa che la guerra avanza li in Germania, da ovest a est, ma dentro di sé ha un vuoto che ha un nome: Artur Feuerbach, un ufficiale delle SS di cui si era invaghita e che ora è il padre di suo figlio. Scrive tante lettere per lui, non sa dove si trova. Lui tornerà? La ama? Vivrà o non vivrà? In questo ospedale voluto da Himmler per le mamme e i neonati del Reich, lavora anche Schwester Helga, una ragazza votata alla causa nazista che incontra anche il Reichsführer, e che col tempo la fa diventare capo infermiera. Succedono tante cose, capisce che in quel posto stanno facendo crescere la prossima generazione di tedeschi e che chi non soddisfa alcuni criteri richiesti essi verranno uccisi o portati via alle madri. Inizia a faticare ad accettare questa tragica sorte e si avvicinerà sempre di più alle mamme. E poi c’è Marek Nowak che è stato arrestato dalla Gestapo, si risveglia in cella pieno di botte e di sangue e pensa che non vuole tornare a Dachau ma vuole tornare da Wanda e dal suo bambino che sta per nascere. Invece, si ritrova lì a costruire case per le nuove partorienti, ma lui viene trattato da schiavo senza cibo e senza acqua. Solo Renèe alcune volte gli porta un tozzo di pane. Si chiederà spesso nei sogni quando potrà andarsene. Un romanzo serio e necessario, come un documentario, che mi ha veramente commosso. Una scrittura cruda ma elegante. Ragazzi/e va assolutamente letto!
Dit boek trok mijn aandacht omwille van de titel en meer bepaald owv het woord 'pouponnière - wat een mooi woord vind ik dat. Ik kende dat woord nog niet, tot ik het recent tegen kwam op de Franse tv in een documentaire met de titel 'Né(e) sous X' - nog zo'n totaal onbekend Frans begrip voor mij. Wel in Frankrijk is het, anno 2024, nog steeds mogelijk om als vrouw anoniem te bevallen in een materniteit. De toekomstige moeder moet dat bij het binnenkomen gewoon aangeven en er worden dan niets van identificatiegegevens gevraagd, ze kan bevallen in veilige en hygiënische omstandigheden en na de bevalling vertrekt ze terug. Haar baby'tje laat ze voor adoptie achter. Er is dus niets dat naar de moeder verwijst en op de geboorte-akte staat ipv van naam moeder/vader 'né(e) sous x'. De kosten van heel het gebeuren worden door de Franse staat gedragen en de baby'tjes komen terecht in een pouponnière tot ze geadopteerd worden.
Een lange intro om tot dit boek te komen...
De pouponnière waarover hier sprake is, is van een heel andere soort. Het gaat hier namelijk over het Duitse Lebensborn project ten tijde van het Nazisme. In zo'n pouponnière gebeurde er niets anoniem, integendeel naam en toenaam van moeder en (vermoedelijke) vader en al hun biomedische parameters werden uiterst nauwkeurig genoteerd en bijgehouden (op het einde van WO2 zijn echter bijna alle gegevens van de Lebensbormklinieken echter wel vernietigd)
Het onderwerp van het verhaal vond ik heel interessant, de uitwerking, het verhaal zelf, iets minder. Jammer... We volgen drie personen in en rond de Lebensbornkliniek. Renée, een piepjonge Française, zwanger van van een Duitse soldaat die ze nooit meer zal terugzien maar die haar wel naar zo'n materniteit stuurde. Helga, een Duitse verpleegster/vroedvrouw in diezelfde materniteit. En Marek, een Joods Poolse gevangene uit Dachau die tijdelijk in diezelfde materniteit als klusjesman werkt.
Wel mooie beschrijvingen van hoe het er aan toe gaat, maar ik denk dat ik over dit onderwerp toch ook wat non-fictie wil lezen. Gelukkig stond er een uitgebreide bronvermelding achter in het boek.
De meest markante zin, wat mij betreft, uitgesproken door een vertwijfelde Schwester Helga op het einde van het verhaal : J'étais bonne, mais pas du bon côté?
“Però les llàgrimes li cauen igualment; no hi ha res a fer, ragen sense cap soroll, sense cap paraula, sense aturar-se, com l'aigua que s'escapa d'un gerro esquerdat.” ————————————————————————————— “Té una carnisseria a la brusa i a la faldilla, a les mans, i la sang no para de rajar, suaument, de la seva pell molt blanca, com una porcellana que perd. Un bonic gerro escantellat que ja no reté res.” ————————————————————————————— “… dues solituds al mateix lloc, en el mateix instant. Ben poca cosa. Una solitud bessona que, enmig del desastre general, ara li fallava també.”
C'était très intéressant de s'immerger dans ces trois récits croisés. Ce que j'ai le plus aimé, c'est le style d'écriture. J'ai très envie de lire d'autres romans de la même autrice. Je suis aussi très intriguée par la frontière entre ce qui est réel et ne l'ai pas dans ce roman, et j'ai très envie de me renseigner sur ces fameuses pouponnières.
Siento que en los últimos años, han surgido críticas sobre cómo el mercado editorial ha sido inundado por muchísimas historias de la Segunda Guerra Mundial, lo cual ha generado un cansancio al respecto. En mi caso, entiendo de dónde viene dicha crítica pero, más que el hartazgo ante cierto tema, creo que hay que pensar en el peligro de que al repetir historias similares, se banalice el impacto y la destrucción de las guerras y los genocidos.
Y creo que es justo ahí donde una novela como Los niños de Himmler acierta porque se enfoca en otro aspecto de la Segunda Guerra Mundial y del racismo como política del régimen nazi. La novela trata de la vida de dos mujeres que estuvieron en un "centro de maternidad" en donde los nazi cuidaban a mujeres embarazadas de comandantes de las SS, con el propósito de asegurar el crecimiento de la población del hombre ario y la sobrevivencia del Tercer Reich. Helga es alemana y enfermera en el centro, en donde cuida a estas mujeres pero para quien poco a poco es evidente que lo que pasa ahí no es correcto. Renée es una joven francesa, que en el París ocupado, se enamora de un soldado alemán y se embaraza. Despreciada por su familia, es enviada a Alemania para tener a su bebé. La novela retrata a estas dos mujeres tan distintas entre sí pero que cuestionan lo que les está pasando.
Para Helga la verdad del régimen se le revela cuando una mujer alemana tiene a un bebé que nace con lo que parece ser un trastorno motriz, y que, al no ser perfecto, es tratado como una anormalidad junto con su madre. Para Renée es brutal vivir en soledad su embarazo ya que, aunque es su amante es quien la lleva a Alemania, nunca más vuelve a saber de él y experimenta la desconfianza de las otras mujeres ya que no es alemana. Paralela a estas historias, aparece un prisionero de un campo de concentración, que observa la vida de estas mujeres mientras intenta sobrevivir. Esta tercera historia me pareció un tanto floja pero al final, no le resta importancia a la narración principal.
El libro me gustó porque le da voz a esas otras víctimas que, aunque fueron parte del sistema -Helga como enfermera y Renée como una mujer enamorada de un nazi- sufrieron también las consecuencias de un engranaje violento e inhumano y que fueron dejadas a su suerte, con sus historias y sufrimientos desdibujados durante la guerra. Renée me pareció un personaje memorable -la pérdida de su inocencia, su soledad y el abandono de las personas que debieron quererla y cuidarla. El final es brutal e invita a reflexionar cómo es que el resentimiento y el odio sobrevivien después de conflictos tan profundos como el de la Segunda Guerra Mundial.
La historia tiene muchísimo potencial pero la autora no logra atracarte con ninguna de las tres intrahistorias. Se queda en lo superficial tanto en los personajes como en el contexto ( maternidad nazi)
Solo un altro libro con un vago sentore di potenziale che rimane del tutto inespresso fino ad un epilogo fastidiosamente privo di ogni senso.
Tocca marginalmente argomenti drammatici della storia moderna (eutanasia dei bambini malformati o affetti da gravi malattie genetiche nel Reich) in modo asettico, insulso, superficiale.
Dista anni luce da “Il piccolo Adolf non aveva le ciglia” di Helga Schneider, che fa piangere tutte le lacrime che si hanno in corpo.
Un proyecto de maternidad. Nazi. Creado por Himmler.
La distancia no era tan lejana a la guerra desde el centro de maternidad, pero vivían en una auténtica distopía. Enfermeras, madres lactantes, niños huérfanos. Pero que sean de raza aria. Importante. Helga, una enfermera trabajadora, apunta en su diario casi todos los días intentando pensar que en el fondo, están haciendo una buena labor. Renée, una jovencísima francesa embarazada de un soldado de las SS alemán la cual intenta escapar y evadirse de un lugar que siente como una cárcel, y con un niño en la tripa, quizás no deseado.
Una novela sobre la II Guerra Mundial distinta, sin belicosidad y con una visión sobre un proyecto utópico y racista. La caída de un imperio enfermo.
"Se abbiamo fatto la cosa giusta, perchè distruggiamo gli archivi?"
Questa è la domanda che si pone l'infermiera di una delle cliniche appartenenti al programma Lebensborn quando si è quasi giunti alla fine del secondo conflitto mondiale. Un libro pieno di tristezza e dolore, sentimenti che risuonano con forza attraverso le parole della scrittrice, che affronta il tema delicato delle cliniche preposte, durante il periodo nazista, alla nascita di figli "della razza pura".
Si bien me apasiona el tema, se me hizo pesado de leer. No por el trasfondo, sino por la manera de entrelazar los relatos. Le dejo 4 estrellas, porque el final me pareció esperanzador y me gustó igual… solo quizás hubiera preferido otro tipo de narración.
Una "casa" nella quale portare donne accuratamente selezionate a partorire futuri soldati per infoltire un esercito decimato dalla guerra in corso. ROMANZO DISTOPICO? No! Purtroppo è cruda e fredda realtà. In questo romanzo l'autrice narra del "Progetto Lebensborn", che fu uno dei diversi programmi avviati dal gerarca nazista Heinrich Himmler per realizzare le teorie eugenetiche del Terzo Reich sulla razza ariana e portare la popolazione ariana in Germania a 120 milioni di persone entro il 1980. Capite la pazzia e a cosa arrivarono questi esaltati? La storia scorre su tre binari paralleli, tre punti di vista differenti della stessa storia: un'infermiera, una madre e un prigioniero. È un libro scritto davvero bene, scorrevole e molto interessante. Porta alla luce una storia che sembra appartenere a chissà quale scenario orwelliano...invece è realtà vecchia di qualche decennio.
Het verhaal speelt zich af in het laatste oorlogsjaar van WOII in een materniteit van Himmlers Lebensborn, een SS-project om Duitsland te bevolken met het Arische ras door jonge vrouwen met de juiste lichamelijke karakteristieken zoveel mogelijk kinderen te laten baren en wezen (of ontvoerde kinderen) met de juiste eigenschappen uit bezette gebieden als Polen te ‘germaniseren’. We zien het einde van WOII en het Lebensborn project door de ogen van drie mensen die elk een ander facet van de oorlog belichten. Wanhoop, twijfel, schaamte maar ook menselijkheid zijn thema’s die Caroline De Mulder perfect door elkaar laat vloeien in dit boek.
“Choisit-on le mal ou est-ce lui qui nous choisit? J’étais bonne, mais pas du bon côté? Ne pensons-nous pas tous être du côté de la lumière?”
Tenía muchas ganas de leerlo y al fin pude hacerlo. Realmente me ha impresionado. La forma en la que está escrito consigue transmitir el tono y el ritmo que merece un libro que trata temas tan serios como las atrocidades del nazismo. El desarrollo de los personajes es profundo y complejo. Podemos apreciar la forma en la que van avanzando sus pensamientos y actitudes. En conjunto, un libro con muchas aristas perfectamente ejecutado. Lo acabo de terminar y el final me ha dejado temblando.
Dejó aquí una cita que me ha llegado especialmente por todo lo que significa:
"La desgracia y la soledad confieren a las relaciones más fugaces una profundidad que la felicidad ignora. y una importancia que hace insoportable su desaparición".
Une autre facette de la volonté des SS de purifier la race germanique : les pouponnières créées à divers endroits du Reich qui accueillaient les femmes ayant les critères adéquats pour fournir une descendance de choix au 3eme Reich. A cela s’ajoutaient tous les enfants enlevés à leurs parents dans les différents états occupés par les nazis
Novela ligera, casi guion de peli que se lee rápido y entretiene sin más. Habla de las guarderias nazis de bebés y niños arios de madres solteras, o robados aquí y allá
1944 l'Allemagne perd la guerre et les Lebensborn , ces centres de naissance pour enfants aryens parfaits ferment petit à petit et des centaines de femmes et d'enfants deviennent un fardeau pour le régime qui s'effondre. J'ai moyennement apprécié ce roman que j'ai trouvé décousu et dont le style de l'autrice ne correspond pas au type d'écriture qui provoque en moi des émotions, mais il a le mérite d'évoquer un moment de l'histoire , la fin des Lebensborn que je n'imaginais pas.
El libro está interesante y me ha gustado que tenga 3 Voces que Dan diferentes perspectivas del lugar. Aún así esperaba que aportara más información sobre el funcionamiento de esos sitios y los inicios de las historias de los tres personajes están poco contextualizados.
Nous sommes en Bavière en 1944, la fin de la guerre approche peu à peu. La première maternité nazie, Heim Hochland, semble préservée de tout, un grand parc, un étang, il ne manque de rien pour les futures mères et les nourrissons. Un hâvre de paix en apparence. Détrompez-vous, nous sommes dans un "camp de vie" à l'opposé des "camps de la mort", dans un Lebensborn, un programme imaginé par Himmler pour produire de futures recrues SS, pour créer une race aryenne pure.
C'est un roman choral où trois personnes s'expriment tour à tour.
- Renée, une toute jeune française qui a dû fuir sa Normandie natale, cette jolie rousse en a bavé, elle arrive tondue après avoir été exhibée, malmenée dans son pays pour être tombée amoureuse d'Artur Fuerbag, un soldat allemand dont elle est enceinte. Amoureuse, jeune, naïve, elle attend son enfant et pense à lui constamment, lui écrivant et attendant des lettres qui n'arrivent pas.
- Schwester Helga, est une jeune infirmière modèle qui veille sur les futures mères et les nourrissons. Elle est l'assistante administrative du docteur Ebner qui dirige le centre. Elle est inconsciente de la finalité du projet, se donne corps et âme dans son travail. C'est la seule à avoir un peu d'humanité. Elle rédige son journal et se pose des questions suite au dossier de Jürgen, un bébé un peu différent et sa mère Frau Geertrui.
- Marek Nowak est un prisonnier politique polonais. Il était à Dachau, il s'occupe à pr��sent de l'entretien du parc et de la construction d'annexes au Heim. Il repense à sa femme et à son enfant qui aurait dû naître, cela hante ses pensées mais alimente aussi l'espoir.
Un récit parfaitement maîtrisé qui nous donne un point de vue essentiellement féminin, une véritable immersion dans un Lebensborn. On comprend bien la notion d'endoctrinement, le manque d'humanité lorsqu'un enfant ne répondait pas aux critères fixés, le sens du devoir mais aussi peu à peu des doutes, des interrogations par rapport à la finalité et la réalité du projet.
Un roman très visuel à la plume précise, sobre. Un récit bien documenté. On comprend que si on supprime une population, l'objectif est d'en recréer une autre, une race aryenne pure pour produire des recrues SS. L'inimaginable pourtant issu de la pensée d'Himmler. Des enfants enlevés, germanisés de force car racialement valables, des enfants sans identité, rejetés après la guerre car personne n'en voulait.
Ce roman nous montre la cruauté de l'âme humaine mais nous parle aussi d'espoir. J'ai beaucoup aimé la résilience de Marek. Je ne vous en dis pas plus, c'est un livre à lire absolument.
Ma note : ♥♥♥♥♥
Les jolies phrases
Plus de sirènes, mais les dents de Renée continuent à claquer. La guerre arrivera. Elle en est sûre. Elle le sent, même physiquement, que la guerre est en train d'avancer dans sa direction. Respiration haletante, comme si elle courait. Dans sa tête elle court si vite qu'elle ne dormira plus, ne se couchera plus, elle ne sera plus jamais chez elle nulle part. Elle le sent dans le picotement du bout de ses doigts. Elle le sent dans ses os.
Son dos coule ; pendant la nuit, les feuilles glissent les unes après les autres, il est un arbre nu, dont la vie s'enfuit en même temps qu'une sève malade, une sève grouillante de bactéries qui le dévorent et le digèrent.
La vie a cette sale propension à broyer la beauté. Rien ne survit mieux, pense-t-il, que les lâches et les crapules. Elle était enceinte, aussi. Et en ces temps de guerre, la vie fragile d'un enfant n'est faite que pour s'éteindre comme une bougie entre le gras du pouce et l'index.
Et elle ne peut rester ici qu'à cause de l'enfant. L'envahisseur est dehors et dedans : elle est envahie de l'intérieur.
Elle est devenue un creux rempli de ventre. Une terre qui sèche à mesure qu'un arbrisseau y pousse, et elle se meurt à mesure que sous sa peau son enfant naît. Une urne funéraire dans laquelle trempent des fleurs vives aux racines terrifiantes.
Elle se lève tous les jours, et son corps chancelle, treillis trop fin colonisé par une plante grimpante qui devient trop lourde. Des os comme des brindilles creuses et nues étouffées par une verdure étrangère, et ses pas sont tout petits, et ses yeux manquent de lumière.
C’est une des phrases qu’il répétait, avant : « On a toujours le choix ». À tous ceux qui disaient, « Je n’ai pas eu le choix ». On l’a toujours. C’est juste qu’il n’est quelquefois pas facile à faire. Que dans certains cas il coûte très cher. Ceux qui disent « Je n’ai pas eu le choix » sont ceux qui ont choisi la facilité. Et soudain, il pense que si Wanda et lui avaient eux aussi fait ce choix-là, ils seraient en ce moment ensemble et heureux et rassasiés.
Il n’y a pas d’un côté le bien, de l’autre le mal, il y a de longues glissades dont on ne se relève pas, et des passages quelquefois imperceptibles de l’un à l’autre. Quand on s’en rend compte, il est déjà trop tard.
Le malheur et la solitude donnent aux contacts les plus fugaces une profondeur que le bonheur ne connaît pas. Et une importance qui rend leur disparition insupportable.
De Mulder onthult een van de kwaadaardige, maar minder gekende ideologieën van WOII: het lebensborn-programma van Himmler. In Heim Hochland, de grootste kraamkliniek van de nazi's, kweken raszuivere moeders Arische kinderen. Superbaby's. Het heim is een paradijs te midden van een ontaardde oorlog, zo lijkt het, met voldoende eten, aandacht en warmte voor de baby's. Maar de ware toedracht van deze onderbelichte geschiedenis is ijzingwekkend.
Nazikopstuk Heinrich Himmler richtte in 1935 het Lebensborn-programma op om raszuivere kinderen op de wereld te zetten onder de slogan: ‘Ons bloed is onze religie’. De nazi’s geloofden dat er een superieur ras voortgebracht kon worden dat voldeed aan de Arische standaard: atletisch, blond haar en blauwe ogen. Himmler wilde dit doel bereiken door vrouwen die voldeden aan deze standaarden zo veel mogelijk nageslacht te laten voortbrengen. SS'ers werden gestimuleerd om kinderen te verwekken bij deze vrouwen, terwijl elders kinderen met ziekten, beperkingen of andere huidskleur werden geëuthanaseerd. Het programma creëerde voorzieningen waar moeders, getrouwd en ongetrouwd, in afgelegen kraamklinieken in veilige omstandigheden hun kinderen konden krijgen. Na de geboorte werd het kind vaak ondergebracht bij rijke nazi-families. Als vrouwen meer dan vijf kinderen baarden, beloonde de SS hen met een ereteken: het Mutterkreuz. Men schat dat er ongeveer 30.000 kinderen in Lebensborn-tehuizen zijn geboren, waarvan ook twee in België in Wolvertem en nabij Luik.
In 1939 had het project volgens Himmler te weinig voortgang geboekt en daarom ging hij een stap verder. In bezette gebieden opende Himmler klinieken. Noorwegen was, vanwege de uiterlijke kenmerken van haar inwoners, voor de nazi’s een interessant land om klinieken te openen. Volgens schattingen zijn er tussen de 8.000 en 12.000 kinderen geboren in Noorwegen ten gevolge van het Lebensborn-programma. Daarnaast werd ontvoering opgenomen in het programma. De SS ontvoerde kinderen uit bezette gebieden die voldeden aan de Arische standaarden en bracht hen onder bij Duitse families.
De verhalen van de hoofdpersonages vond ik minder boeiend en te weinig uitgediept. Maar ze maken de sinistere historische feiten misschien wel toegankelijker. De stijl is vlotjes, licht, met korte hoofdstukken.
De audiodocumentaire van Jakob Koolschijn, Lebensborn - Een Kind voor de Führer, is een goede aanvulling op het boek. In de podcast wisselen audiofragmenten van slachtoffers af met achtergrondinformatie over wat het Lebensborn-programma behelsde. https://www.nporadio1.nl/podcasts/het...
'De wiegjes van Lebensborn', het boek van Eric Bauwens, is een must read voor iedereen die meer wilt weten over deze gruwelijke geschiedenis.
L'auteure, le livre (288 pages, 2024) : Caroline de Mulder est l'auteure belge de Manger Bambi (un polar féministe qu'on a pas lu ici) qui nous revient avec un titre percutant une fois de plus : La pouponnière d'Himmler.
Le contexte : Le sujet est connu : c'est le Lebensborn (la fontaine de vie en VO), un programme de nurseries initié par Heinrich Himmler dès 1935 pour peupler le nouveau Reich de bons aryens. Une trentaine de pouponnières furent ouvertes dans le cadre de ce programme (en Allemagne et en Norvège notamment) et près de 10.000 enfants y naquirent. Le foyer Heim Hochland où se déroule l'essentiel de l'intrigue du livre, fut la première nurserie créée par Himmler à Steinhöring en Bavière, près de Munich, en 1936. Le foyer français de Lamorlaye dans l'Oise a également existé. Un système dont certains aspects font écho à la dystopie de Sophie Loubière : Obsolète, parue récemment.
On aime beaucoup : • L'auteure a construit son récit sur trois ou quatre points de vue complémentaires, trois ou quatre destins qui se seraient croisés en 1944 au Heim Hochland de Bavière : une jeune française, une infirmière allemande, une mère inconsolable et un prisonnier des camps. • Si le sujet n'est pas nouveau et si Caroline de Mulder a choisi de le romancer du point de vue des femmes, elle n'oublie pas pour autant de rappeler soigneusement les faits : son bouquin est très documenté et les faits terribles suffisent amplement à condamner la violence des hommes. • C'est un roman empreint d'une profonde tristesse, la tristesse de ces femmes aux destins malmenés par la guerre et aux maternités préemptées par le pouvoir nazi. On ne peut même pas le lire d'une seule traite : on a besoin de pauses pour échapper à cette ambiance désespérée et à cette violence sourde. Une violence très institutionnelle ici.
L'intrigue : Nous voici en 1944, en Bavière, dans un foyer, un "Heim", pour jeunes mères de bons aryens. Himmler en personne est venu célébrer la maternité de ces mamans au sang pur et de leurs beaux bébés blonds. Il y a là, Renée, une française, séduite trop jeune par un beau Waffen-SS dans sa campagne normande et qui, une fois enceinte, a dû fuir les revanchards qui l'ont tondue et la ligne de front qui avançait vers l'est. Helga, la secrétaire allemande, l'assistante du docteur qui dirige cette pouponnière. Marek, un prisonnier de Dachau qui travaille au domaine et qui est obsédé par la faim qui le tenaille depuis des mois. Et l'inconsolable Frau Geertrui qui vient d'accoucher d'un petit Jürgen qui refuse de se nourrir. Pour celles et ceux qui aiment les nourrissons. Livre lu grâce aux éditions Gallimard.