Biasimare gli errori e stigmatizzare l’ignoranza sono considerate pratiche virtuose. Necessarie. Ma le cose, forse, non stanno proprio così. Prendendo spunto da aneddoti, dalla scienza, dallo sport, da pensatori come Machiavelli, Montaigne e Sandel, ma anche da Mike Tyson, Bruce Lee e Roger Federer, Gianrico Carofiglio ci racconta la gioia dell’ignoranza consapevole e le fenomenali opportunità che nascono dal riconoscere i nostri errori. Imparando, quando è possibile, a trarne profitto. Una riflessione inattesa su due parole che non godono di buona fama. Un’allegra celebrazione della nostra umanità. Fin da bambini ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è "fallire". Per l’ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora più l’ignoranza relega alla marginalità. E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all’espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell’offesa. In realtà, l’errore è una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita, e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Così come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell’arte, della natura.
Gianrico Carofiglio (born 1961) is a novelist and former anti-Mafia judge in the Italian city of Bari. His debut novel, Involuntary Witness, was published in 2002 and translated into English in 2005 by Patrick Creagh and published by the Bitter Lemon Press, and has been adapted as the basis for a popular television series in Italy. The subsequent novels were translated by Howard Curtis.
Carofiglio won the 2005 Premio Bancarella award for his novel "Il passato è una terra straniera". He is also Honorary President of The Edinburgh Gadda Prize which celebrates the work of Carlo Emilio Gadda. The Past is a Foreign Country is the English language title of the 2004 novel Il passato è una terra straniera. It won the 2005 Premio Bancarella literary award. It has been translated into English.
Da umile lettore ritengo questo testo un saggio filosofico, degno di essere proposto quanto meno come lettura estiva ad ogni studente dalla prima elementare al quinto superiore, così da essere analizzato in gruppo con gli altri coetanei e trarne i concetti essenziali, nella speranza di farne una lezione di vita. Permette al lettore di fare un'analisi introspettiva (quanto meno al sottoscritto) e di rendersi conto che concetti con il classico "sbagliando si impara" vengono spesso riferiti con superficialità, quando invece devono essere considerati come base della nostra educazione nei rapporti sociali e con noi stessi. Ringrazio il dott. Carofiglio per quanto mi ha trasmesso con questo suo libro, persona con la quale professionalmente, nel mio piccolissimo, condivido qualcosa che mi ha permesso di cogliere al meglio il suo messaggio, che applicherò nella mia professione, nei rapporti familiari ed extra familiari, ma soprattutto con me stesso.
Possiamo riassumere questo libro in 2 semplici frasi: "solo gli stolti non cambiano mai idea" ed "errare è umano".
Sinceramente l'ho trovato pieno di riflessioni un po' scontate e banali. Non mi ha aggiunto nulla come conoscenze/bagaglio culturale.
In più l'inizio dove si parla di casi giudiziari, ma più nello specifico su come si compie una indagine, secondo me non è l'esempio più corretto e calzante per parlare di dubbi ed ignoranza o intuito o del "mettersi in discussione". In una situazione del genere è proprio l'ignoranza che porta a un errore imperdonabile (cioè condannare al carcere o alla pena di morte una persona innocente). Ma più che il dubbio o come fare un interrogatorio decente (che sicuramente è parte integrante del problema) nel concreto bisognerebbe affidarsi ad indagini SCIENTIFICHE che poco dovrebbero lasciar spazio all'intuito e al pensiero individuale, almeno nella parte finale e decisiva. Basarsi solo su testimoni senza elementi scientifici e verifiche accurate alla mano è imperdonabile se si emettono successivamente certe sentenze.
« L'accettazione degli errori e dei fallimenti non contribuisce al progresso perché tutti gli errori e i fallimenti sono utili o contengono lezioni da imparare. Vederli come parte integrante della nostra umanità, anche quando non portano da nessuna parte, ci permette però di muoverci con piú scioltezza, meno ansia, senza il peso della perfezione che spesso ci imponiamo ».
When I saw this in the airport, I was confused—is this Carofiglio the crime-fiction writer? Why is he writing essays about ignorance? I thought for a moment it must be someone else. But in many ways, the topic melds together the two distinct parts of his career as a mafia prosecutor and then later as an international bestseller: chapter 1 begins with a discussion of how prejudice, cognitive bias and false memories can lead to false convictions; the epilogue then concludes with a reflection on his journey as a writer, discovering the necessity of bad drafts and disciplined revision. As a lawyer and a writer, he had to grapple with the unknown, recognizing the limits of his knowledge, avoiding rigid binaries of true and false, eschewing fixed plans about the world and the future, embracing probability and uncertainty, and always improvising, experimenting and observing new things. Expertise can lead to "tunnel vision" and epistemic arrogance; only by appreciating our own ignorance can we discover blindspots and new directions. Carofiglio's book is an encomium to ignorance and error. So long as we are aware of our capacity to be wrong, and do not boorishly delude ourselves of some infallible inerrancy, we can push ourselves to learn and develop more. Ignorance is not a good in its own right but rather a spur to new knowledge and invention.
In a lot of ways, the content of the book is familiar stuff but I found it stimulating. I liked the anecdote from the research of Elizabeth Loftus: two groups of subjects were shown the same video of a car collision. One group was asked to estimate the speed of the cars when they "collided"; the other group was asked to estimate the speed of the cars when they "crashed". Participants who heard the word "crashed" were more likely to estimate a higher speed and falsely remember glass on the ground as well. It's a reminder of how language can shape the way we perceive the world and even restructure our memories. But I think this book could have gone much further. Published in 2024, it should have grappled with the pandemic—a historic moment in which scientific ignorance and expertise were a protracted show to the world. Scientists repeatedly had to remodel how they understood the transmission of the virus; public health officials had to balance various health priorities and swiftly update and reverse quarantine protocols based on fragmentary data; drug developers were working with a novel technology to produce a new vaccine and had to convince a hesitant public of its safety. To see this in real time was a shock to the world. People saw scientists speculate, retract, and revise their ideas in quick succession, and they were baffled and then enraged by the plodding nature of scientific progress—the general public associates science with objective knowledge but that is because they have only learned the indisputable nostrums of a high-school curriculum; they were not used to uncertainty. Carofiglio's book delves into philosophy and literature and many aphorisms on the value of ignorance and the need to question expertise and established schemas—it's a timely book that weirdly overlooks the contemporary world in which many are rejecting medical experts precisely because they don't understand the challenges and complexities of scientific research, and the inevitable uncertainties and unknowns that come with it.
So overall, interesting, learned, but maybe not wholly original and not really addressing the present moment.
Mi è sempre piaciuto il concetto della "dotta ignoranza" in Socrate, perché l'ignoranza consapevole offre la felicità di scoprire la ricchezza del mondo, di andare oltre i propri confini e i propri schemi, allargarsi, trovare nuovi legami e relazioni rispetto a quello che invece conosciamo già. La fortuna è che se Socrate nella sua vita non ha scritto niente, il buon Carofiglio è invece un autore prolifico che è sempre molto gradevole ritrovare. Questo mini saggio snocciola esempi e citazioni di quanto sia fondamentale essere curiosi ed imparare dai propri errori cogliendo nuove opportunità e lo fa però confrontandosi con un processo pragmatico facendo i conti con la realtà: sbagliare o non sapere non piace a nessuno, ma l'errore riconosciuto evita il suo ripetersi. Ho molto apprezzato i passaggi sulle false certezze e sul mettere in discussione metodi consolidati pensando fuori dagli schemi. Come sempre, quando leggo Carofiglio ho il desiderio di essere una persona migliore, di leggere di più, di sapere di più, di fatto invidio quella sua semplicità di esposizione ed i cassetti della sua memoria pieni di rimandi, penso sempre che mi accende come se aprisse una matrioska e dentro ce ne fossero altre mille da scoprire.
Un susseguirsi di esempi variegati di clamorosi fallimenti (preludi di successi inaspettati), alternati a riflessioni profonde — ma mai complesse — sul funzionamento delle fallacie più comuni della nostra mente. Le stesse fallacie che ci sono state inculcate e che si sono radicate in una società in cui lo “sbagliare” viene ingiustamente demonizzato.
Da inguaribile perfezionista, timoroso dell’errore, vorrei averlo letto prima: non esiste nulla di più umano dell’errore, ed errare non è solo inevitabile, anzi, è necessario per il processo di miglioramento della nostra condizione. Accettare l'errore significa quindi accettare se stessi e la propria natura, punto di partenza per crescere consapevoli dei nostri limiti, affinché questi ultimi possano essere superati.
Cosa significa davvero che gli errori rendono l’uomo amabile? Il primo significato della frase, quello piú ovvio, è che gli errori ci umanizzano agli occhi degli altri esattamente come pretendere di avere sempre ragione ci rende piuttosto odiosi. Ma forse il significato piú profondo è che gli errori ci rendono amabili con noi stessi. Accettare l’idea che sbagliare non è una catastrofe ma un passaggio fondamentale dell’evoluzione. Una forma di armistizio con noi stessi. Un modo per diventare persone migliori.
Carofiglio è uno di quegli autori che, quando scrive di filosofia spicciola e riflessioni sulla comunicazione, riesce a sembrare al tempo stesso il tuo vecchio professore di lettere al liceo e il tizio con cui vorresti prendere un caffè per parlare male dei tuttologi da social.
Questo libro, che già dal titolo si prende il lusso di dirti che ignoranza ed errore non sono poi cose così terribili, è una raccolta di riflessioni che oscillano tra il saggio e la chiacchierata da bar intelligente (categoria in via d’estinzione, tra l’altro). Nonostante la materia sia di quelle che rischiano di diventare pedanti in tre righe, Carofiglio resta limpido, diretto e, cosa che apprezzo sempre, evita di far finta di avere verità assolute in tasca.
L’ho trovato sorprendentemente attuale, specie nei capitoli in cui parla della fallibilità come motore del pensiero critico e dell’importanza di saper cambiare idea. Argomenti che, nel 2025, dovrebbero essere scontati ma non lo sono manco per niente.
Non è perfetto, perché alcune riflessioni si somigliano un po’ tra loro e in certi punti sembra quasi di leggere appunti sparsi di una conferenza universitaria più che un saggio compatto, ma forse è anche questo il suo bello. È un libro che ti fa venire voglia di annotare frasi, di discuterne con qualcuno e, soprattutto, di non avere sempre ragione.
Un libro leggero, ma indispensabile nell'epoca del merito e dell'infallibilità. Carofiglio ci aiuta a guardare in faccia i nostri errori, ridimensionando la vergogna che proviamo rispetto ad essi, e anzi, rivalutandoli come uno strumento essenziale per la nostra crescita. L'argomento è trattato in modo non banale (ma, almeno io, non avevo grossi dubbi, essendo una lettrice dell'autore) e accompagnato da esempi tratti da diversi ambiti (le arti marziali, la medicina, lo sport, etc), che rendono le riflessioni concrete, reali, vicine.
Questa breve lettura era esattamente quello di cui avevo bisogno in questo periodo. Ma in realtà ne avrei avuto bisogno in qualsiasi altro periodo della mia vita, visto che come tante persone, ho sempre fatto fatica ad accettare i miei errori. In particolare però, mi vergogno della mia ignoranza. Eppure, significa che ho ancora infinite possibilità di meravigliarmi del mondo e delle cose. È il concetto giapponese di shoshin che implica la mancanza di pregiudizio in favore della curiosità verso il nuovo. Essenzialmente, conservare la mentalità del principiante tiene vivo il desiderio di imparare e mitiga la paura di sbagliare. Anzi, la considera un'occasione di apprendimento e crescita.
Interessante il capitolo sull'improvvisazione, che contrariamente a quanto si pensi, richiede molta preparazione. Mi ha fatto pensare agli esami universitari, soprattutto quelli orali. Per destreggiarsi tra i vari argomenti è necessario averli sviscerati a fondo da vari punti di vista per riuscire a impostare un discorso sempre nuovo in funzione delle domande del docente. Questo si applica maggiormente alle facoltà umanistiche.
Ho amato ancora di più il capitolo sui successi preterintenzionali. "Riconoscere gli errori dimostra che l'autostima può essere mantenuta anche in presenza di imperfezioni, difetti, errori appunto." Molte scoperte casuali rivoluzionarie di scienziati ed esperti sono nate in maniera puramente casuale, da errori. Ciò conferisce all'errore una dimensione affascinante, di possibilità, potenzialmente aperta a tutti. La serendipità ha qualcosa di miracoloso, inspiegabile e fuori dal nostro controllo.
Ho apprezzato che non sia stata attribuita una sfumatura edulcorata ed esclusivamente positiva agli errori. "Vederli come parte integrante della nostra umanità, anche quando non portano da nessuna parte , ci permette però di muoverci con più scioltezza, meno ansia, senza il peso della perfezione che spesso ci imponiamo."
Bellissimo il Fosbury flop. Insegna che quando si attraversa una difficoltà, la soluzione potrebbe nascondersi nel contrario di come si è fatto in precedenza, ignorando eventualmente l'opinione degli altri.
Sacrosanto il capitolo sulla fortuna. L'autore cita Sandel, filosofo che esplora il concetto di fortuna in relazione al merito. I traguardi non sono esclusivamente frutto del nostro talento e impegno, perché entrano in gioco fattori come il contesto in cui si nasce e si vive, il risultato della lotteria genetica e semplicemente il caso. Una ventata d'aria fresca leggere queste parole in una società in cui i guru della produttività inneggiano alla massima "se vuoi puoi". Siamo solo esseri umani, non possiamo controllare tutto, ma solo il nostro impegno e sperare che le carte siano in nostro favore.
Ma quindi in pratica come si accettano questi benedetti errori? Chiedendoci quanto crediamo alla fondatezza delle nostre credenze e quanto siamo disposti eventualmente a modificarle "a seguito della benefica collisione con opinione diverse?"
Concludo con l'abbraccio di parole di Goethe, secondo il quale gli errori umanizzano le persone e di conseguenza le rendono amabili.
Si cambia prospettiva: l'errore e l'ignoranza, comunemente considerati con accezione negativa, diventano spunto di riflessione. Carofiglio ci mostra come la categoricità sia uno dei sintomi della mediocrità e quanto gli errori, in realtà, siano dei pozzi di occasioni da cogliere. "Gli errori, più di tutto, rendono gli uomini amabili". Un viaggio, una presa di consapevolezza: avere contezza della propria ignoranza porta ad una maggiore conoscenza: allo stesso tempo fallire, commettere errori, accettarli e correggerli ci rende persone migliori, dalla mente aperta e divergente. Fallire apre altre strade, sta a noi vederle e percorrerle. "Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo la chiama farfalla".
Persuasivo e fulminante, raccoglie il dogma di molti pensatori e rinvigorisce l’asserzione sulla visione pragmatica dell’errore. Carofiglio capovolge il paradigma ortodosso tradizionale: l’uomo è fallibile ma il suo sbaglio diventa fonte vitale per la consapevolezza, egli è viaggiatore instancabile verso terre inesplorate della conoscenza, ma è perseguitato da imprevisti e tranelli che possono indurlo a sbagliare, docilmente può arginarli navigando verso nuove mete, come la sostanziale conoscenza dei suoi limiti. Tra le sue pagine si snoda una critica graffiante all’ignoranza, azzannando ferocemente il perfezionismo e valorizzando la vulnerabilità umana, mai messa in discussione. L’errore muta la sua pelle trasformandosi in progresso, mentre l’ignoranza perpetuata rimane stagnante. Ci inducono a credere che sbagliare sia umano, ma gli umani sono strutturalmente disposti ad errare e funzionalmente invogliati a imparare.
Una serie di ragioni per cui sbagliare puó servire e perché dovremmo smettere di preoccuparcene senza sosta. La cosa migliore sono gli esempi degli errori delle persone illustri e di come da alcuni errori fortuiti o casi fortunati si sia arrivate ad alcuni cambiamenti o scoperte scientifiche epocali.
Un libriccino prezioso, ben scritto e anche interessante. Ci ricorda il valore incommensurabile dell’errore e dell’ignoranza, spogliando entrambi i termini sia dalle accezioni negative e classiste, che da quelle romanticizzate dal capitalismo. Mi ha fatto molto bene, e lo consiglierei a tutte le persone a cui voglio bene!
Audiolibro. Brevissimo compendio sull’errore e le sue virtù, interessanti aneddoti legati al tema intessuti dalle sapienti parole di Carofiglio. Meglio come scrittore che come lettore, la voce la consiglio come ottimo metodo per addormentarsi.
In attesa di sentire Carofiglio a TEATRO, leggo il suo volume e mi viene voglia di ordinarne tante copie per distribuirlo ad altrettante persone che non sbagliano mai… e alle quali questa lettura farebbe molto bene e ancora meglio alle persone che ci hanno a che fare. Direi illuminante come spiega quanto il successo sia una cosa semplice, frutto di un comportamento esattamente all’opposto del Comune pensare.
Incipit Il concetto di «condanna aldilà di ogni ragionevole dubbio» è un principio fondamentale dei sistemi giudiziari penali. Continua su IncipitMania
Il libro adatto nel momento adatto. Con parole delicate e precise, come solo lui sa fare, Carofiglio ci invita a cambiare prospettiva e a guardare oltre.
Questo libro tratta di un argomento molto simile ad un altro libro che ho letto recentemente, The Intelligence Trap di David Robson. Carofiglio però è capace di narrarlo con maestria, in uno stile molto più sintetico senza perdere nessuno dei dettagli importanti. In un mondo in cerca di etichette e dogmatismi, purtroppo anche nella scienza stessa, da ingegnere e scienziato quale sono non posso che raccomandare questo libro. Bravo Gianrico!
Ho avuto la fortuna di partecipare a uno speech di Carofiglio sul tema dell'errore (e non ho potuto esimermi dal leggere il libro così strettamente legato). Lui, ne parlavo con un'amica, è una persona che si percepisce integra, coerente. Il libro racchiude alcuni esempi noti di come un errore si è strasformato in un'occasione, ma anche di situazioni in cui un errore è rimasto "solamente" un errore. La differenza può farla la curiosità e la capacità di ognuno di avere una visione sistemica .
The book's message is clear and one to get behind. A bit academic and driven by frequent quotes and name-dropping rather than by a coherent style. The last few pages (more personal) are in fact the most interesting ones.
Prosa limpida, lucida e consolante. Gianrico Carofiglio non è mai banale, mai scontato, sempre chiaro in ogni suo pensiero. E trovo la sua scrittura sempre onesta, mai ruffiana, sempre attenta, meditata, ponderata e coraggiosa.
Tuttavia mi piace ancora di più quando i suoi pensieri sono mediati dalla maschera dei personaggi dei romanzi.
Con molti curiosi riferimenti al mondo dello sport, della medicina, l'autore si esprime in senso contrario all'opinione generale che ignoranza ed errore siano da ripudiare, l'una presupposto della conoscenza e l'altro tecnica di conoscenza, motivo di scoperta ed evoluzione.
Breve saggio su quanto purtroppo siamo abituati a vedere qualsiasi tipo di errore come una cosa negativa e da evitare o nascondere, invece di usarlo come un'opportunità per migliorare. Ottime le citazioni raccolte e gli esempi riportati, soprattutto quelli personali.
Un libro che andrebbe fatto leggere a scuola, all'università, che dovrebbe fare parte di ogni corso di formazione, aggiornamento o corso aziendale che sia.
Su di me questi libriccini brevi e agili che spiegano senza troppi giri di parole un concetto tutto sommato semplice ma che fa sempre bene sentirsi ripetere funzionano sempre benissimo.
Un duro colpo alla propria vanità e alla comune tendenza di giustificare la propria immobilità. Ora bisogna solo capire come accettare di commettere (o aver commesso) errori e riconoscere la propria ignoranza.