Sotto il cielo grigio di Alessandria, il narratore incontra Gepi, un vecchio amico che gli si avvicina spingendo a mano la bicicletta e, con l’indifferenza tipica di quella città, gli racconta una vecchia storia Aldo, l’amato e stimato professore d’inglese del liceo, aveva fatto parte della Resistenza. “Era una testa calda,” continua Gepi. “Si dice che partecipò a una spedizione dove venne ucciso un colonnello. Anche se doveva essere solo un’azione dimostrativa. Le cose andarono diversamente. Aldo aveva diciannove anni.”
Inizia così per il narratore – che se n’è andato da Alessandria ormai da molti anni e nel frattempo è diventato uno scrittore e un intellettuale – un viaggio nella memoria, storica e personale.
In quella città antieroica, quasi priva di misteri, il passato del professore sembra invece inafferrabile. Aveva davvero fatto parte di quella spedizione? Impossibile ricostruire con certezza, eppure in fondo ciò che importa non è tanto arrivare a quella verità, quanto ripercorrere i luoghi della memoria per arrivare alla memoria dei luoghi.
Il cuore dell’indagine letteraria di Cotroneo in La nebbia e il fuoco è la figura di un professore capace di insegnare senza retorica, di trasmettere un pensiero critico restando sempre defilato. “Se oggi penso a uomini come come Aldo,” scrive l’autore, “penso che si era in una vera e propria antropologia diversa. Quelli come lui erano un’altra specie di uomini.” Uomini capaci di infondere la passione civile attraverso la misura e il silenzio.
Non sono un biografo, sono uno scrittore che non cerca fatti e verità, e i miei vuoti sono spazi aperti. Come dimostra questa storia, nessun passato si cancella e nulla si dimentica davvero.
Sono nato ad Alessandria il 10 maggio 1961, dopo gli studi di filosofia e pianoforte ho iniziato giovanissimo la carriera giornalistica. Prima sull’Europeo e poi dal 1987, chiamato da Giovanni Valentini alla redazione del settimanale L’Espresso, giornale dove ho lavorato per 16 anni. Dal 1993 al 2001, sotto la direzione di Claudio Rinaldi, sono il responsabile delle pagine culturali e per più di un decennio uno dei critici letterari del settimanale. Sono stato editorialista di Panorama e dell’Unità. Tra il 1988 e 1989, con lo pseudonimo di Mamurio Lancillotto ho scritto stroncature letterarie per l’inserto culturale del Sole 24 Ore. Ho condotto per alcuni anni la Mezzanotte di Radio Due, e nel 2010 il programma sul cinema indipendente de La7: La 25ª Ora. Dirigo la Scuola Superiore di Giornalismo della Luiss di Roma, e i master creativi della Luiss (Luiss Writing School, Master of Art, Master of Music). Ho una rubrica settimanale su Sette del Corriere della Sera, “Blowin’ in the Web”, e pubblico recensioni sul Messaggero. Vivo a Roma e ho due figli.
Un’opera aperta, per citare l’alessandrino Eco, in cui il lettore interpreterà e rielaborerà quello che più sente suo in queste momorie/biografia/saggio/racconto lungo. Io, appena chiuso il libro, ho comprato una raccolta di T.S. Eliot.
La storia di Aldo professore di letteratura inglese e partigiano in realtà è l'occasione per Cotroneo di fare una riflessione sulla vita, sulle occasioni non concluse, lasciate aperte, sul senso della scrittura, se sia vero che essere scrittori significhi dare un futuro alla memoria, seppure incompleto e fuggevole. Come la nebbia che avvolge a volte Alessandria e attutisce il fuoco, l'urgenza della cronaca, i giorni della storia, che siano quelli del 43 della resistenza o quelli confusi degli anni di piombo che irrompono nella quiete della città. Il libro è anche un ritratto della provincia, il tornare sulle strade della sua Alessandria, luogo di un eterno presente, quotidianità composta e grigia ( il colore delle maglie della squadra di calcio, non casualmente è il grigio). Un romanzo, un saggio, una biografia parziale e non documentata, una specie di lettera scritta ma non spedita ad Aldo, quindi a se stesso. La seduzione della letteratura, le lezioni di un professore che un giorno lontano nelle aule del liceo, passeggiando tra i banchi ( mai in cattedra) hanno reso irrimedibile la necessità di fare della scrittura il mestiere di vivere. Scorrendo la bliografia finale, si trovano i libri più amati dall'autore.
La nebbia e il fuoco si interroga sulla memoria quale luogo attivo e creativo, non meramente museale, di formazione dell'identità di una nazione. Memoria personale, ritrovamenti e ricerche per sottrarre all'oblio pezzi di vita. Ma in questo ormai immane profluvio di autofiction che imperversano nella narrativa nostrana, Cotroneo si distingue perché ne La nebbia e il fuoco, la memoria personale funge da grimaldello per una memoria sovrapersonale e collettiva, come la buona letteratura dovrebbe fare. Non un citarsi addosso, o un'autoreferenziale conta dei propri successi o insuccessi, ma un'apertura di uno spazio vuoto, misterioso, svanito anche dalla toponomastica cittadina, in cui per cenni e lampeggiamenti può apparire l'alterità di un passato rimosso.
Questo libro è una confessione incompiuta, con tutta l’importanza che questo aggettivo ha nel romanzo.
Più che un romanzo una dissertazione dove l’autore racconta molto di sé, facendo ampio sfoggio di citazioni – da T. Eliot a Umberto Eco passando per la psicanalisi e libri sulla resistenza – quasi volesse dimostrare la sua vasta cultura. Un’opera un po' troppo autoreferenziale, ma se ne scrivono tante dove predomina l’io dello scrittore, è una nuova moda letteraria… Il “pretesto” però è valido: il ricordo di un insegnante, uno di quelli che lasciano il segno negli alunni. Aldo ai primini liceali, rimasti a Pascoli e Carducci, propone i versi di Eliot, catturandone l’attenzione, portandoli in mondi lontani, facendoli crescere… Dopo molti anni, Cotroneo torna nella “grigia” Alessandria e scopre che Aldo a 19 anni era entrato nella resistenza e insieme ad altri gappisti aveva ucciso un graduato fascista poi era fuggito in montagna per diventare il comandante Poldo (da Leopold Bloom ovviamente!). Non ne aveva mai fatto parola a scuola e neanche nella vita, preferendo il silenzio a differenza di altri che su quell’esperienza si sono costruiti una carriera politica. Lo scrittore, incredulo, immerso nei ricordi del passato, cerca di ricostruire, di capire quanto ci sia di vero in quella lontana vicenda. Nel suo divagare tra un aneddoto e una citazione colta mostra poi tutto il suo (dis)amore per la sua città natale Alessandria ha disprezzato e disperso nell’indifferenza le poche testimonianze del passato con abbondanti esempi: le antiche mura sostituite da anonime circonvallazioni, un teatro ottocentesco ricostruito in ottica moderna oggi chiuso per amianto, un grande supermercato al posto della celebre fabbrica, i tavolini da aperitivo addossati alle mura della antica sinagoga. E gli alessandrini, diffidenti e indifferenti, tanto che se incontrano un vecchio amico dopo vent’anni non gli chiedono nulla per timore di dover parlare di sé. Vivo da quelle parti e più che arrabbiarmi ho finito per sorriderne tanto da chiedermi “e che ci torni a fare?” di fronte a considerazioni così negative (Eco spesso ha bonariamente ironizzato sulla nebbia alessandrina) che non ricordo in altri scrittori nei confronti della loro città di origine. Un libro che non consiglio, a tratti irritante, che mi ha intrigato solo per la parti su Alessandria e per queste tre stelle tirate.