Con le letture esclusive dell'autore Vincenzo Consolo.
In un piccolo albergo di Parigi, dove aspetta di incontrare il figlio esule per terrorismo, lo scrittore Gioacchino Martinez ricorda la sua infanzia in Sicilia, negli anni della guerra, la tragedia che ha segnato la sua vita, e un altro trauma, più piccolo ma non meno un film, Judex, visto all'oratorio, dove le avventure di un giustiziere in mantello nero venivano improvvisamente interrotte dalle incursioni belliche. Quando decide di ritornare a Palermo, Gioacchino, per una delle inesplicabili coincidenze della vita, incontra un altro "judex": un giudice senza mantello, che crede nello Stato, un uomo che, andando a trovare la madre nel palazzo di fronte a quello dello scrittore, incontrerà un'atroce fine...
Vincenzo Consolo (born in Sant'Agata di Militello on February 18, 1933) is an Italian writer. He has lived in Milan since 1969. He debuted in 1963, but gained wider attention in 1976 with Il sorriso dell’ignoto marinaio (The Smile of the Unknown Mariner) and has since become an awards wining author. He is convinced that ""non si possono scrivere romanzi perché ingannano il lettore", and writes novels with a poetic influence.
"Nell'oscurità episcopale del casolare vermiglio mi ersi e intonai giaculatorie vezzose ai capri del deserto, che a moltitudini accorsero per irrorarmi d'amore. Era questo l'apotropaico sdegno? Il fine plenilunio? E il panino con la Nutella?"
(Attenzione: quella non è una actual quote del romanzo, ma avrebbe potuto tranquillamente esserlo.)
Insomma, due cose ho da dire principalmente sul romanzo di Consolo.
Prima cosa: sono 130 pagine (il numero così elevato è raggiunto solo grazie al fatto che la formattazione della pagina prevedeva margini ampi quanto lo Stretto di Messina) stampate su, praticamente, cartoncino (tanto è spessa la carta utilizzata che lo sembra), con un'abbondanza scriteriata di pagine vuote all'inizio e alla fine e la sovraccoperta lucida più brutta di sempre (quarta di copertina con testi in argento su color crema, l'unico modo di leggerli era inclinare il libro ad almeno 55° il più lontano possibile dalla luce del sole), il tutto per giustificare il vergognoso (già allora) prezzi di lire venticinquemila, e io mi domando soltanto: quanti alberi sono stati distrutti per pubblicare questammerda a queste condizioni?
Seconda cosa: il tentativo di inserire una tardiva e immotivata critica sociale nel giro delle ultime venti pagine buttando in mezzo al calderone di follia Borsellino e la sua morte senza motivo è veramente patetico e triste. Non ce n'è un'avvisaglia mai nel corso delle cento e rotte pagine precedenti, e il romanzo non ne sente affatto il bisogno (così come non sente il bisogno di niente a parte di essere riscritto con, magari, un'idea che non sia: svuotiamo tutto il mio vocabolario su carta, ah quanto è bello il suono della mia cultura e della mia proprietà linguistica mentre rimbomba con l'eco nelle smisurate stanze del mio ego ipertrofico), il risultato finale è tirato per i capelli nella migliore delle ipotesi, fastidiosamente ricattatorio nella peggiore.