La corsa all'alba, la colazione al bar, poi nove ore di lavoro all'archivio del tribunale, una cena piena di silenzi e la luce spenta alle Carlo Cappai è l'incarnazione della metodicità, della solitudine. Dell'ordinarietà. Nessuno sospetta che ai suoi occhi quel labirinto di scatole, schede e cartelle non sia affatto carta morta. Tutto il quei faldoni parlano, a volte gridano la loro verità inascoltata, la loro richiesta di giustizia. Sono i casi in cui, infatti, il tribunale ha fallito, e i colpevoli sono stati assolti "per non aver commesso il fatto" - in realtà per i soliti, meschini imbrogli di potere. Cappai, semplicemente, porta la Giustizia dove la Legge non è riuscita ad arrivare - sempre nell'attesa, ormai da quarant'anni, di punire una colpa che gli ha segnato la vita. Walter Andretti è invece un giornalista precipitato dallo Sport, dove si trovava benissimo, alla Cronaca, dove si trova malissimo. Quando il capo gli scarica addosso la copertura di due recenti omicidi, Andretti suo malgrado indaga, e dopo iniziali goffaggini e passi falsi comincia a intuire che in quelle morti c'è qualcosa di strano. Un legame. Forse la stessa mano...
Antonio Manzini, il creatore dell'indimenticabile vicequestore Schiavone, entra nel catalogo del Giallo Mondadori con una storia serrata e sorprendente che si interroga sull'equilibrio tra legge e giustizia, e su ciò che saremmo disposti a fare pur di guarire le nostre ferite.
Non mi ha convinto del tutto questo nuovo libro di Manzini. La prima parte è lenta e non scorre, nessuno dei due POV mi è parso interessante. La seconda parte migliora un po', c'è più ritmo, è più incalzante. Infine, negli ultimi capitoli si torna alla lentezza e si perde un po' di credibilità. I personaggi principali comunque sono buoni, perfetto esempio della mediocrità umana: Cappai, uno sfigato cronico che ha fermato la propria vita all'adolescenza e si lascia vivere, cullando un proposito di vendetta che non riuscirà neppure a porre in essere e poi Andretti, un giornalista senza verve, semi-fallito e scialbo, che perde tutte le occasioni che ha di fronte. *** This new novel by Manzini didn't completely convince me. The first part is slow and doesn't flow, neither POV seemed interesting to me. The second part improves a little, there is more rhythm, it is more pressing. Finally, in the last chapters we return to slowness and lose some credibility. The main characters, however, are good, a perfect example of human mediocrity: Cappai, a chronic loser who stopped his life in adolescence and lets himself live, lulling a plan for revenge that he won't even be able to carry out, and then, Andretti, a journalist without verve, semi-failed and lackluster, who misses all the opportunities he has before him.
Antonio Manzini debutta nel giallo Mondadori con “Tutti i particolari in cronaca”, dopo la serie famosa di Rocco Schiavone edita da Sellerio: Audible ha pubblicato in anteprima l’audiolibro il 4 gennaio 2024.
È il primo libro che leggo di Manzini e ne sono rimasta favorevolmente colpita, perché ha smontato tutte le riserve mentali che avevo nei confronti di questo autore.
Tema centrale è il concetto di Giustizia su questa terra, un concetto troppo astratto, secondo i protagonisti, perché sia fattivamente applicabile.
“Sa qual è il problema di chi non crede in Dio? La giustizia su questa Terra. Non avendo altro, ci concentriamo solo su quella. Si divide in giustizia con la G maiuscola e giustizia degli uomini. In quella degli uomini ho perso la fiducia tanti anni fa.”
Infatti, “Il problema della legge è che è astratta - dice lui - sono regole da applicare caso per caso. E ogni caso contiene un mondo. E poi, guardiamoci intorno, i casi risolti in Italia sono pochissimi, tutto questo non ispira troppo fiducia. Non ci resta che dire “Speriamo non capiti a me “.”
E tutto parte da un caso irrisolto, avvenuto a Bologna il 12 maggio 1977: durante un corteo viene uccisa Giulia Cannavò, per mano del giovane fascista Luigi Sesti.
Luigi, poiché il figlio di un grosso avvocato cittadino, viene assolto “per non aver commesso il fatto“. A firmare la sentenza è il giudice Bruno Cappai.
Questo caso, che è l’ennesima prova del fallimento del sistema giudiziario, sarà uno dei tormenti del figlio del giudice Cappai, Carlo, un solitario archivista del Tribunale, innamorato di Giada, l'amore della sua vita, prima che Sesti stroncasse la sua vita.
Le ferite personali di Carlo si sommano a quelle della Storia italiana, dove i casi non risolti o risolti solo in parte purtroppo sono la regola.
Alla voce di Carlo si alterna quella di Walter Andretti, giornalista del Gazzettino, rendendo il romanzo ricco di suspense e dall’intreccio complesso.
E come dice la frase in esergo, “Il segreto deve essere cercato non esclusivamente nell’intreccio, ma nel narratore.”
Per la prima volta ho provato gli audiolibri, così sul tapis roulant mentre con pendenza 15 a velocità 7, mi sono divorata la storia di Carlo Cappai e Walter Andretti appassionandomi al punto che non vedevo l'ora di allenarmi (cosa che solitamente mi fa schifo). La storia ha un ritmo serrato in alternanza fra i punti di vista fra i due protagonisti e si sviluppa analizzando il confine fra Giustizia e Legge affrontando anche le rivendicazioni politiche di fine anni 70, che però a mio avviso fanno solo da contorno, non l'ho trovato un minus perché l'elemento principale è per l'appunto il concetto di giustizia. La seconda parte è strabiliante, ci si trova nel bel mezzo di un processo e deposizioni, atti, ping pong fra difesa e accusa si consumano, tenendo completamente in ostaggio la mia curiosità e le mie supposizioni. Alla fine l'ho beccato quel colpevole che non ci si aspetta, anche se continuo a riflettere sul plot twist finale e sulla specularità dei due protagonisti. Super bello e super bravo il lettore dell'audiolibro. In contemporanea sto leggendo Rocco Schiavone il personaggio più noto di Manzini, ma decisamente ho preferito questo di cui vorrei vedere una versione cinematografica... Speriamo!
Ho apprezzato molto il tentativo di stile e narrativa dietro a questa storia. Tuttavia, trovo che alla fine dei conti abbia tolto impatto al giallo in generale, e devo ammettere di aver avuto difficoltà a bermi che nessuno di quelli che ha indagato abbia colto il collegamento tra vittima e colpevole (credo che fosse volontario da parte dell'autore, eppure la tematica non erano le poche indagini della polizia bensì la corruzione all'interno della magistratura, quindi non è così attinente).
Premessa: è la prima volta che leggo Manzini. Ci arrivo grazie a una libraia (e lettrice) che conosco bene e che ha provato in più occasioni a farmici avvicinare. Forse non è stata una grande idea quella di iniziare dalla fine, ma “Tutti i particolari in cronaca” non solo non mi è piaciuto, credo che presenti delle banalità piuttosto sconcertanti che - a mio avviso - ci dicono tanto anche sulla scrittura di Manzini. Non so se nelle produzioni precedenti fosse tutt’altro, ma qui ho trovato una trama mediocre, dei personaggi poco caratterizzati e un registro piuttosto basso. L’ho finito per finirlo, e per quel pizzico di curiosità che mi ha accompagnato da un certo punto in poi. Pessima la trovata della “svolta” finale. 2/5
Sa qual è il problema di chi non crede in Dio? La giustizia su questa Terra. Non avendo altro, ci concentriamo solo su quella. Si divide in giustizia con la G maiuscola e giustizia degli uomini. In quella degli uomini ho perso la fiducia tanti anni fa.
Da amante dei gialli avevo Manzini che mi frullava in testa da un po', ma non volevo iniziare con Rocco Schiavone perché ho troppe serie da concludere e la mia scelta è ricaduta su questo suo lavoro. In più recensioni ho letto che non era la migliore opera da cui iniziare, ma io sono rimasta comunque soddisfatta del suo stile. In genere durante l'ascolto degli audiolibri tendo a distrarmi, ma la storia di questo giustiziere privato che arriva lì dove la giustizia fallisce e cerca di rimediare mi è piaciuta molto.
" È una domanda che mi pongo dalle scuole medie: perché proviamo un piacere quasi sessuale nel vedere umiliato un collega, un compagno di classe? Perché non è toccato a noi? Perché, in fin dei conti, siamo tutti homo homini lupus? Perché un ambiente di soli vincitori non può esistere, ne va della sicurezza del gruppo stesso? O forse è solo stronzaggine?"
Torna Manzini, senza Rocco, ma con immutata bravura nel dipingere con attenzione i suoi protagonisti.
Li sceglie, li racconta, ascolta e descrive i loro pensieri, i loro sentimenti, il passato e le emozioni che li attraversano.
E ti ritrovi irretito nella storia, coinvolto e curioso di approfondire, conoscere il prima e il dopo, empatizzando persino con chi non sta dalla parte della legge ma pratica la giustizia.
Borderline, l'aggettivo, è il biglietto da visita dei suoi due protagonisti: l'archivista e il giornalista; impegnati a vivere e veicolare il loro senso di giustizia nei confronti delle situazioni di cui vengono a conoscenza.
Non sono i temi lo stupore perché trattano di cronaca già accaduta e letta, ma sono gli uomini, caratterizzati molto bene, che lasciano traccia.
" Ecco chi amministrava la giustizia, un coacervo mafioso, clientelare, un pugno di uomini seduti sui cardini del meccanismo che girava solo se e quando volevano loro."
Un giallo di stampo classico, con un assassino solitario che si erge a giudice e giustiziere degli altri e un giornalista sportivo prestato alla cronaca nera che si appassiona ai delitti e stringe una inconsapevole alleanza col protagonista Carlo Cappai. Trama ben organizzata e scorrevole, personaggi più o meno ben costruiti. Gradevole.
I protagonisti sono due uomini molto diversi tra loro: uno, con un passato complicato e pesante alle spalle è impiegato della cancelleria del Tribunale di Bologna e ha fatto del suo lavoro l'unico scopo della sua vita volutamente solitaria. Il lavoro, o quello che consegue dal lavoro, è diventato una missione e una ossessione che gli impedisce di vivere altrimenti. Il secondo uomo è un giornalista costretto dalle circostanze a lasciare le amate pagine sportive per essere riassegnato alla cronaca nera e, per evitare di essere licenziato, decide di impegnarsi nel nuovo ruolo dove si rivela bravo e appassionato inaspettatamente e dopo qualche passo falso. Due uomini molto diversi, per età, formazione, cultura che si sfiorano grazie a una vicenda giudiziaria che coinvolge il primo e che il secondo segue per ragioni professionali. La trama molto riassunta è tutta qui, altri libri hanno trattato la differenza fra Giustizia assoluta e con la G maiuscola e la perfettibile e deludente giustizia umana (g minuscola) ma mai mi ha preso come questo libro, scritto benissimo, appassionante e intenso. I diari dei due uomini sono scritti con font e stili diversi che rispecchiano le personalità: essenziale e moderno per il giovane giornalista, un classico Times New Roman per l'archivista più anziano e ossessionato dal passato. Anche la trama gialla è benissimo calibrata, da maestro del genere Manzini piazza un paio di sorprese e una suspense davvero ben orchestrata. Ma la parte definita "tecnica" è superata dalla maestria della creazione dei due protagonisti, che sono descritti nella loro umanità e nei loro cambiamenti in maniera davvero magistrale. Andretti e Cappai non sono gli stessi personaggi dell'inizio del libro e forse nemmeno i lettori. Gran libro. Consigliatissimo.
Carlo Cappai è un archivista di tribunale. Vive solo nella grande casa ereditata dai genitori e segue con molto interesse alcuni casi di cronaca, in cui l'imputato è stato assolto per non aver commesso il fatto. Walter Andretti è un giornalista: dallo sport è stato spostato alla cronaca, sta ancora imparando il mestiere ma è curioso e intelligente. Le strade di Carlo e di Walter sono destinate a incontrarsi... Non avevo mai letto nulla di Manzini che non fosse un'avventura di Rocco Schiavone, quindi non sapevo cosa aspettarmi, ma devo dire che, pur non avendovi ritrovato grandi colpi di scena, ho apprezzato anche questa storia. Nonostante la vicenda si ambienti nel 2018, trovo che abbia il sapore di quei film italiani anni Settanta, tipo Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Mentre leggevo mi immaginavo la storia come un film di quel genere, e nella mia immaginazione Cappai era Gian Maria Volonté e Andretti Marcello Mastroianni. Anche la fotografia potrebbe essere quella tipica dei film di quegli anni. Manzini scrive bene e coinvolge il lettore, rendendo l'esperienza godibile nonostante sia quasi tutto molto chiaro fin dall'inizio. Un romanzo piacevole, che forse non ricorderò a lungo ma che mi ha tenuto compagnia in questo periodo, in cui le giornate sempre più corte e fredde mi deprimono sempre un po'.
Una piccola delusione questo giallo di Manzini, ma ammetto che finora non l'avevo preso in considerazione proprio perchè non mi aspettavo nulla di che. Walter Andretti è un ex giornalista sportivo, passato ora alla cronaca nera in un piccolo giornale di Bologna. Si ritrova a descrivere piccoli omicidi cittadini, ma per portare articoli ben fatti e far vendere più copie, deve trovare gli agganci giusti in grado di fargli fare qualche scoop prima dei concorrenti. Durante le sue ricerche si imbatte in Carlo Cappai, responsabile dell'archivio del tribunale, un uomo solo, la cui vita scorre con una monotonia ed una solitudine incredibile. La narrazione è portata avanti dal giornalista in prima persona, ma interi capitoli raccontano anche la vita dell'archivista, che per ragioni ben diverse, si ritrova ad avere a che fare con gli stessi delitti. Un giallo dal punto di vista della cronaca, invece che delle forza dell'ordine, ma che manca di mordente. Non so se Manzini abbia voluto scrivere con l'obiettivo di crearne una serie, ma la sensazione è quella di una storia monotona, con poco mordente e personaggi piatti. Una vera e propria cronaca, piuttosto che un giallo contorto e vivace, di quelli a cui questo autore ci ha abituati.
Se dovessi abbinare una canzone alla copertina di Tutti I Particolari In Cronaca penserei subito a Zitti e Buoni dei Måneskin, e il pezzo si allaccia bene anche alla sua storia. Questa figura severa in copertina ci ammonisce che la verità non è quella che sembra, a volte.
Ho trovato particolarmente coinvolgente questo noir del maestro Manzini. L’impianto narrativo è incalzante, che ha per protagonisti due uomini solitari: Carlo Cappai, attualmente archivista alla Polizia di Stato con un passato doloroso che condiziona ancora il suo presente e Walter Andretti, un ex giornalista di sport insoddisfatto del suo recente approdo alla cronaca nera. Li seguiamo passo passo mentre si sviluppano una serie di omicidi, sui quali i loro destini si incroceranno.
Non voglio rivelare di più sulla trama perchè è particolarmente gustoso scoprirne a poco a poco tutti i particolari, appunto. Si sente tutto però, l’echeggiare del senso della giustizia, quella giuridica e quella che Manzini definisce assoluta, le cui strade spesso non proseguono parallele.
Da grande fan di Manzini, l'ho trovato sottotono come questo ottobre piovoso (e che io da un anno mi aspettavo super limpido con giornate spettacolari).
Il personaggio principale (il giornalista, per intenderci) non mi ha davvero catturato. Il rimbalzare da uno all'altro sì, ma alla lunga stanca. Sì, ma.
E la storia sì, a un certo punto diventa davveeeero interessante, ma succede quando mancano cento pagine, cioè a due terzi del libro. Due-terzi-due di libro di preparazione. Sì, ma.
"Sa qual è il problema di chi non crede in Dio? La giustizia su questa Terra. Non avendo altro, ci concentriamo solo su quella. Si divide in giustizia con la G maiuscola e giustizia degli uomini. In quella degli uomini ho perso la fiducia tanti anni fa."
Un giallo che si lascia leggere, scritto secondo due punti di vista differenti che si intrecciano. La prima parte è un po' più "lenta", mentre la seconda scorre più veloce, così come la lettura per arrivare alla soluzione del caso. Ben tratteggiati i due personaggi principali.
Una storia che si interroga sul precario equilibrio tra legge e giustizia e su ciò che l'uomo sarebbe disposto a fare pur di guarire le proprie ferite. Una storia che non mi ha del tutto convinta nonostante la bellezza della scrittura di Manzini.
Non é il primo di Manzini "extra" Schiavone che leggo e conosco Bene il suo stile, perfettamente riconoscibile anche qui. La storia in sé carina ma non mi ha catturata cosí tanto come speravo.
“Tutti i particolari in Cronaca” è un romanzo atipico, raccontato in certa parte sotto forma di diario e con due personaggi principali. Carlo Cappai, un normalissimo signor nessuno ed archivista in un tribunale e Walter Andretti, un giornalista con poco interessato alla cronaca nera e molto svogliato nello scrivere articoli per il giornale per cui lavora.
Credo che Antonio Manzini faccia un gran lavoro a far intrecciare le loro strade e con molta sagacia riesce a rivelare piano piano una storia per certi versi già conosciuta al lettore fin dalle prime pagine.
Il romanzo, una sorta di crime in versione giornalistica, si legge molto facilmente anche se ha un passo alquanto lento.
Allerta spoiler che poi non è una vera allerta spoiler dato che tutto è molto intuibile già dalla quarta di copertina, che però non avevo letto per nulla, quindi credo di aver avuto la miglior esperienza di lettura possibile.
Con questo libro si conferma sempre più il mio apprezzamento per Antonio Manzini che riesce ad appassionarmi con libri crime narrati in maniera pazzesca e mai banale. Letture di questo genere mi appassionano sempre, ma con questo autore mi trovo sempre un po' sopra la media e, devo dire, questo libro mi ha fatto uscire da un blocco dovuto a una precedente lettura del tutto non avvincente, che mi aveva fatto rallentare molto.
Comunque, veniamo al libro. Questa è la storia di un giornalista, Walter Andretti, che dallo sport viene catapultato nella redazione di cronaca nera del suo giornale. Deve farsi le ossa e non ha familiarità con omicidi e processi, ma piano piano e non senza passi falsi inizia a farsi furbo, a cercare di fare passi avanti nella notizia rispetto ai suoi rivali. Nel frattempo abbiamo anche la storia di Carlo Cappai, un ex carabiniere che ora lavora negli archivi del tribunale. Cappai appare subito come una persona particolare, molto metodica, e che custodisce un segreto. Per esempio, quando lui gira fra gli scaffali dell'archivio in Tribunale, sente alcune pratiche gridargli aiuto, al punto da essere costretto a lavorare con gli auricolari e la musica sparata a tutto volume. Ma cosa gridano queste pratiche? Gridano perchè al loro interno sono racchiuse delle ingiustizie giudiziarie, e Carlo Cappai dedica la sua vita ad approfondire vecchi casi prima che quei documenti vadano al macero.
In tutta la prima parte si delineano i personaggi e si capisce ormai il ruolo di ognuno, ma in effetti lo spoiler non è questo. Il libro ha altre fasi, diventa in certi punti un vero e proprio giallo in cui si gioca con indizi e supposizioni.
Altro non mi va di dire sulla trama. La scrittura è semplice, scorrevole, mai frenata di fronte alla necessità di usare una parolaccia, o di descrivere una situazione non proprio elegante. Sono riuscito a immaginare benissimo tutto ciò che veniva raccontato, anche dal punto di vista psicologico per quanto riguarda i due protagonisti. Da un lato un giornalista frustrato che vive ulteriori rapporti con rivali e colleghi, dall'altro lato una persona ossessiva, che si è fatto carico di una missione e ha deciso di annullare la sua vita in favore di uno scopo.
L'escamotage narrativo della donna che riceve un plico da Walter Andretti è molto interessante, il plico contiene la storia che a sua volta alterna il punto di vista di Carlo Cappai e quello del giornalista Walter Andretti, dando un bel ritmo al libro. Spiegata da me può sembrare semplicistica ma leggendolo potrete apprezzare meglio questa cosa.
Carlo Cappai è un quasi sessantenne archivista del tribunale, una persona ordinaria e abitudinaria, preciso e metodico, conduce un'esistenza anonima. Ed è esattamente quello che vuole, non ha bisogno di farsi notare perché ha un altro scopo, una missione che lo accompagna da quarant'anni, vuole punire una colpa che la giustizia ha mancato. Cappai ha un passato nella polizia, ma dopo soli due anni, una menomazione al braccio destro pone fine alla sua carriera. La scelta di entrare in polizia fu solo un modo per andare contro la volontà di suo padre, il giudice Cappai. Un rapporto di odio e ribellione tra due uomini con idee diverse, maturate da esperienze che li hanno portati su due fronti. Carlo Cappai tentò per due volte l'esame di magistratura, ma non riuscì a superarlo, molto probabilmente per l'intervento ostruttivo di suo padre. Ed ecco allora che decide di passare la sua vita in un piano interrato, a mettere le mani su tutti i faldoni dei casi che vedono condanne e mancati colpevoli, casi archiviati per incompetenze e lungaggini burocratiche. L'altro protagonista della storia è Walter Andretti, un giornalista che si è sempre occupato di sport, per una piccola redazione, ed ora si deve occupare di cronaca nera. Lui non vorrebbe, non gli piace, ma è costretto e progressivamente capirà di essere portato per l'indagine giornalistica. Il luogo della storia sembra Bologna, intuibile in alcuni dettagli, ma potrebbe essere ovunque. Due protagonisti con due voci narranti e due storie distinguibili più dal fatto che sono stati usati caratteri diversi che non dall’originalità di ognuna. Mi è sembrato un po’ tutto messo insieme alla meno peggio, Manzini invece scrive meglio di questi due personaggi poco riusciti. Come la copertina, orrendam, anche se forse è un richiamo a il silenzio secondo Salvador Dalì. Questo libro parla di due tipi di giustizia, quella con la G maiuscola e quella degli uomini. Bisognerebbe credere nella giustizia degli uomini, ma ormai non lo fa più nessuno, perché è quella che assolve i colpevoli, che per cavilli legali scarcera assassini. Per questo crediamo nella giustizia con la G maiuscola, questa spesso non è altro che il compimento di una vendetta.
“Tutti i particolari in cronaca” di Antonio Manzini pag. 304
I protagonisti di questo romanzo sono sostanzialmente due; il giornalista Walter Andretti che, dall’oggi al domani, è costretto a passare dalle pagine dello sport a quelle della cronaca nera e Carlo Cappai, un impiegato dell’archivio del tribunale di Bologna. Entrambi soli e non proprio soddisfatti della loro vita. Walter si ritrova, almeno inizialmente, a combattere con la “stronza”, la capa che lo vorrebbe sempre sul pezzo. Ma Andretti è in difficoltà, ancora non è introdotto nell’ambiente della cronaca nera, e solo dopo una serie di errori e gaffe, ma soprattutto ad una serie di colpi di fortuna riesce ad entrare nei giusti meccanismi. Carlo è un uomo ordinario, abitudinario, metodico; alle spalle un tentativo fallito di diventare magistrato (come l’odiato padre) e una breve carriera da poliziotto che ha abbandonato dopo una ferita che gli ha compromesso l’uso di un braccio. Le vite dei due protagonisti si incrociano quando a Walter vengono assegnati due omicidi, quello di Flavio Zigon, trovato in macchina, dove si era appartato con una prostituta, con due proiettili in corpo, e quello di Daniele Martinelli, pugnalato in mezzo alla strada. I due omicidi non hanno niente in comune eppure qualcosa non torna, qualcosa manca. Due, come i protagonisti, le voci narranti, che viaggiano parallele in un alternarsi di capitoli in prima persona. La caratterizzazione dei personaggi è palesemente sbilanciata. La vita di Carlo, la sua psicologia, i suoi segreti e il suo passato vengono sviscerati in modo approfondito mentre succede tutto il contrario con Walter, che risulta scialbo, di lui si sa solo che va per i 40, è stato lasciato dalla fidanzata e che si ritrova a scrivere pagine di cronaca nera. Che sia l’inizio di una nuova serie con Walter come filo conduttore che scopriremo pian piano?? La scrittura di Manzini è come sempre qualcosa di speciale, malinconica ma che tiene incollati alle pagine anche senza la tanto amata ironia di Schiavone.
Manzini dimostra di avere idee anche al di la di Schiavone. Questo romanzo mi ha ricordato per le tematiche trattate "Gli ultimi giorni di quiete". Anche qui c'è stata una ingiustizia o una mala giustizia. Il romanzo è fatto da una parte di diario del giornalista Andretti, fresco di nomina alla cronaca nera con un passato a seguire lo sport che con fatica cerca di lasciare, soprattutto nel linguaggio e nelle similitudini usate. E da una parte di racconto fatto in prima persona da un archivista del tribunale che sente parlare i faldoni dei processi che gli chiedono giustizia. Con questo gioco d'incastri, apparentemente noi sappiamo tutto e dobbiamo sono goderci l'evoluzione della storia e l'epilogo. Riuscirà la giustizia a vincere oppure no? In realtà, anche dopo i colpi di scena finali, la domanda resta la stessa e resta al lettore la risposta. Ho trovato i personaggi tutti molto ben caratterizzati, anche se a volte anche in modo eccessivo. Non sono riuscita a capire se è stata una svista o è stato voluto (ma non saprei come) ma quando durante il processo interrogano l'istruttrice di tennis, l'avvocato è capace di appellarla con due cognomi diversi per quattro volte in due pagine...boh a me questo mi ha fatto saltare la mosca al naso ma penso sia un semplice errore ( e non è la prima volta che si trovano nei libri di Manzini, prima Sellerio ora Mondadori ma gli editor non li leggono più i libri?). Comunque un bel romanzo, non scontato, con una trama e una costruzione del testo particolare.
Sarà che arrivavo da una mezza delusione tribunalizia, e che la mia sete di strategie difensive e impianti accusatori dietro gli scranni era rimasta insoddisfatta, ma questo nuovo Manzini – che ci priva di Rocco Schiavone ma ci regala un altro protagonista memorabile – a me è piaciuto parecchio.
Ho scritto “un altro protagonista” ma in realtà qui i personaggi son due: quello che potrebbe diventare seriale (un giornalista sportivo prestato alla cronaca nera, che già intravedo alle prese con altri casi giudiziari) e un apparentemente grigio archivista del Tribunale di Bologna, con un passato complicato alle spalle e l’udito finissimo di chi sente mormorare di tristezza e fame di giustizia i casi irrisolti della storia cittadina. Convincono perché, ed è una cifra stilistica di Manzini, sono personaggi in evoluzione anche all’interno di un solo romanzo: nulla di più decisivo in un libro di genere, considerata la generale tendenza a puntare tutto sulla trama e sui suoi colpi di scena lasciando sfumato il tratteggio, qui vivido e profondo, dei personaggi narrati.
Trama che, anch’essa, non delude le aspettative e anzi si fa ricordare: il giusto ritmo narrativo, mai sincopato e mai annoiante, la giusta dose di sorprese (parzialmente intuibili dal lettore più attento), un finale che trova compiutezza (e anche un minimo di magone).
'Si è sempre responsabili di quello che non si è potuto evitare'. La frase era stata scritta da Giada e Carlo su un mattone, una frase da lasciare ai posteri. Carlo si sentiva un po' responsabile della morte di Giada uccisa dai fascisti durante una manifestazione studentesca, e per quarant'anni, come un ragno, Carlo ha tessuto la sua tela'. Carlo Cappai, ex poliziotto, dopo un incidente in servizio, viene relegato nell'archivio del tribunale di Bologna. Qui i faldoni gli sussurrano richieste di giustizia, dove questa è mancata e Carlo si trasforma in un vendicatore. La sua strada però incrocia quella Walter Andreotti giovane ed intuitivo giornalista di un quotidiano locale. Entrambi i due protagonisti, non sono contenti della propria vita, sia professionale che amorosa, entrambi lottano per la sopravvivenza. L'incontro tra i due, nell’archivio del Tribunale, è il primo passo verso l'affermazione del cronista. Un giallo, senza il Vice Questore Schiavone, che fa riflettere sulla Giustizia Italiana, sulla lentezza dei processi, sulla manipolazione processuali, su troppi colpevoli ritenuti innocenti, sulla voglia di farsi giustizia e farsi giustiziere. Intreccio riuscitissimo e insospettabile finale.