Lo strambo, il vagabondo, il matto di cui si narra in questo romanzo è Dino Campana, uno dei più grandi poeti del Novecento italiano. Nato nel 1885 e morto in manicomio nel 1932, dopo quattordici anni di reclusione, il protagonista di questa vicenda, in cui storia e invenzione corrono parallele, a volte dialogando, altre mescolandosi, altre ancora incrociandosi per poi seguire strade diverse, è celebre per i suoi vagabondaggi, spesso conclusi con il carcere o il ricovero in una clinica psichiatrica, per una infuocata avventura d’amore con la scrittrice Sibilla Aleramo e soprattutto per la sua passione incondizionata per la poesia. È una lettura fulminante a cambiargli la vita. È la fine di un sogno, quello di poter essere ancora poeta, a trasformarla per sempre nella follia.
Mi aspettavo di più. Lo stile narrativo, che forse voleva essere originale, alla fine risulta noioso e poco coinvolgente. Continuerò ad apprezzare Dino Campana malgrado il libro.
"Tanto sangue colerà inutilmente." "È una pazzia la guerra." È davvero follia questa? Quest'opera non è solo una biografia, ma una denuncia potente recitata in chiave poetica. Non parla solo di un poeta, ma usa per la narrazione essa stessa, il linguaggio poetico. Leggere questo libro è un po' come lasciarsi cullare dalle note di una musica che però ci apre gli occhi sulla lucida follia che domina la realtà. Ancora una volta è rovesciato il rapporto tra follia e assennatezza, in una chiave però assolutamente seducente. "Chi sale su una montagna ride di tutti i mali" quanta verità nella follia!