Le città sono diventate inaccessibili per la famiglia media italiana. Le due forme più diffuse di accesso alla casa, la locazione e il mutuo, non funzionano più. O meglio: non funzionano più per chi ha bisogno di una casa da abitare. Il progressivo slittamento della casa da bene d’uso a investimento finanziario è alla radice dell’attuale crisi abitativa, che non riguarda soltanto la parte più povera della popolazione ma coinvolge direttamente i ceti medi. L’aumento del divario tra i salari e i costi abitativi e l’abbandono delle politiche abitative, in un contesto di precarizzazione del lavoro, di crescita del peso delle rendite immobiliari e di finanziarizzazione dell’economia, hanno fatto della casa uno strumento di accumulazione di benefici e svantaggi. Ma gli effetti della questione abitativa travalicano le biografie personali, perché le dinamiche del mercato immobiliare influenzano le scelte localizzative di famiglie, lavoratori e imprese, la mobilità sociale e territoriale, la crescita dell’economia urbana e nazionale, oggi assorbita dalla rendita immobiliare. Se la città stessa diventa una merce, il suolo e il patrimonio residenziale pubblico moneta di scambio, oggi è necessario cambiare traiettoria, demercificando la casa. Le soluzioni per tornare ad abitare case e città esistono e sono anche a portata di mano.
Sarah Gainsforth (1980) is an independent researcher, essayist, and freelance journalist. She writes about housing and living, tourism and gentrification, housing policies, and urban transformations. Her latest book is «L’Italia Senza casa, Politiche abitative per non morire di rendita»
Oggi acquistare una casa o pagare un affitto può voler dire spendere anche fino al 50% dello stipendio che non si è adeguato negli ultimi 30 anni a fronte di un incremento dei prezzi delle abitazioni e degli affitti a due cifre. Le politiche odierne non fanno nulla per ostacolare questo progressivi impoverimento che colpisce non più solo il ceto più povero ma anche quello medio. Le città si svuotano e trasformano in comunità di B&B e alberghi diffusi, fatte per essere vissute dai turisti e non dalla popolazione. La precisa ricostruzione storica di questo libro è uno squarcio su una storia pluridecennale di politiche naziobali incentrate a garantire rendite stratosferiche a privati immobiliari e indebitamento delle comunità locali che non possono, talora non vogliono, investire in edilizia sociale. Il dipinto che ne esce è disarmante ma non senza speranza. Basta guardare a realtà virtuose europee.
Un saggio estremamente lucido sulla crisi abitativa italiana: Gainsforth ricostruisce con chiarezza come le politiche dagli anni ’60 a oggi abbiano plasmato il nostro rapporto con la casa, e affianca a questa analisi uno sguardo attento su ciò che sta accadendo in diverse città europee. Particolarmente interessante la parte dedicata ai fenomeni più recenti, come Airbnb, e al loro impatto non solo sul mercato immobiliare, ma sulla vita quotidiana delle comunità urbane. Una lettura consigliata a chi vuole comprendere meglio le radici strutturali del problema e il motivo per cui oggi abitiamo (e viviamo) in questo modo.
Non è semplice capire tutte le dinamiche complesse e (volutamente) ingarbugliate che hanno portato questo paese ad avere il problema casa. Sarah Gainsforth riesce ad analizzarle e guidare con chiarezza il lettore, e indica la via già battuta da paesi e città più solerti di noi (ci arriveremo o punteremo a svendere ogni cm di suolo pubblico per arricchire i pochi?). “Da proletari a proprietari” ci hanno catechizzato nel dopoguerra. Da cittadini a valvassini & servi della gleba, pare essere andata a finire.