From the best-selling author of Nives, a story of love, redemption, and resistance set in Italy during WWII
Maremma, Tuscany, November 1943. Le Case is a village far from everything. Seen from there, even the war looks different; mostly waiting, prayers, poverty. As a fierce winter looms, an order is issued to arrest all Jews and detained them in the bishop's villa, awaiting deportation.
René is the town's shoemaker. Everyone calls him Settebello, “lucky seven,” a nickname he got at a young age after losing three fingers on a lathe. Now he's fifty years old. Shy, solitary, taciturn. No family or acquaintances—except for Anna, a lifelong friend who could have been something more. René never had the courage to declare his feelings. In fact, he never had the courage to do anything. His days are always the home and work, keep a straight path.
When Anna’s son Edoardo, who had secretly joined the Resitance, is captured and shot by the Wehrmacht, the woman vows to continue his mission. One evening she disappears, leaving René a note with a few instructions. When news spreads that a group of rebels have fallen into an ambush and are locked up in the bishop’s villa, and that among them there’s a woman, Settebello can no longer just watch.
Masterfully weaving together personal and historical narratives, Naspini captures the essence of a community navigating the horrors of war. Inspired by real events, The Bishop’s Villa is a poignant reflection on the power of memory and the capacity of the human spirit to resist even in the darkest of times.
Sacha Naspini was born in 1976 in Grosseto, a town in Southern Tuscany. He has worked as an editor, art director, and screenwriter, and is the author of numerous novels and short stories which have been translated into several languages. Nives is his first novel to appear in English.
Bentornati a Le Case. Questo borgo di Maremma sulle dure colline tanto caro al Naspini, al quale Sacha ha dedicato forse il suo romanzo più alto, Le Case del malcontento. Naspini torna spesso a Le Case: ci si possono più o meno esplicitamente collocare anche Nives, Le nostre assenze, L’ingrato, e I Cariolanti non lo immagino lontano da lì. Un po’ come se fosse la Holt di Kent Haruf o la Yoknapatawpha di William Faulkner o la Crosby della Strout. Le Case è un posto così: ”Ecco cosa intendo. È questa cattiveria; è tutto una battuta, una risata cretina… Quel che conta è stare qui a schiantare con le palle in mano e il mondo che nel frattempo viaggia da un’altra parte.” E c’è da rallegrarsi che fra quelle poche centinaia di paesani ce ne sia qualcuno in grado di pronunciare parole come quelle qui sopra. Le Case esiste davvero anche se sulle mappe ha un altro nome: è proprio su quelle creste che Naspini racconta nei suoi libri, con quella topografia e toponomastica, in quella Maremma (maialissima). Ci sono stato in pellegrinaggio.
Questa volta siamo tra la fine del 1943 e la fine primavera del 1944. Più una sezione finale che ci porta vent’anni dopo, al 1964. Il vescovo di Grosseto ha affittato ai fascisti la sua villa estiva situata a Le Case di modo che fascisti e nazisti la possano usare da campo di concentramento per gli ebrei di Maremma (Pitigliano) e dell’Amiata. Già che ci sono, perché non usarla anche come prigione e ancor più come luogo di tortura? Fin qui i fatti veri e storici, che però finora sono rimasti molto taciuti e ignoti. A questo punto s’innesta il Naspini e costruisce la sua storia. Storia fatta di fascisti e nazisti suore e prelati da una parte, partigiani dall’altra: e in mezzo le anime che vivono a Le Case, che propendono alcune da una parte, alcune dall’altra. Tra le “anime di mezzo” quella del protagonista, il ciabattino Renato, per tutti René, ma collezionatore di una serie di soprannomi che sono uno meglio dell’altro: Pistola, Settebello, Maciste.
René finisce a non stare più in mezzo, a scegliere e prendere parte, spinto da “una questione privata”, un amore travolgente che è difficile capire se ricambiato, proprio come nel capolavoro fenogliano. Ma i rimandi raddoppiano perché Renè riceve sempre dalla sua Anna/Ombra il dono di una frittatina alle erbe, il piatto preferito del Pereira tabucchiano. E quindi, sì, “sostiene René”. A questo splendidi collegamenti letterari si aggiunge il talento di Naspini – credo, per me il miglior scrittore italiano in attività – che si manifesta attraverso quella sua bella scrittura con quella lingua sapida che vien voglia di gustarsela in bocca, passarsela tra i denti e non inghiottire per prolungare il piacere. Con quelle parole, aggettivi, più spesso verbi, che arrivano dove non te li aspetti, curiosi abbinamenti. E quindi, belle sorprese a go go, stupore che è un piacere. Poi c’è sempre la cura dell’atmosfera che a me rimanda al maestro d’atmosfere, Simenon. Poi c’è quella che mi viene da chiamare empatia, di cui deve traboccare la tastiera di Sacha: perché anche il personaggio più bastardo mi scalda il cuore, mi muove un sorriso.
Bella lotta tra questo, Le Case del malcontento e Le nostre assenze rivisto e cambiato per l’edizione e/o: qual è il più bello?
RILETTURA marzo 2023 Un inverno bastardo, freddo come pochi, forse come nessuno. Per terra lastre di ghiaccio dove è un attimo scivolare e rompersi un’anca come succede alla donnina. La luce è bianca come la neve, stare all’aperto è una battaglia. Quella che combattono i partigiani: come Boscaglia, come Ombra, come Gabellino. Poi, piano piano, man mano, rispunta il verde. Altrove, più a sud, si combatte a Cassino, ad Anzio. E sono battaglie che accendono la speranza, presto cadrà anche Roma, e allora vuol dire che gli alleati stanno arrivando a liberare anche la Maremma. Le strade di Le Case si riempiono di abbracci baci e sorrisi, l’incubo è finito, si può ricominciare a vivere. E quindi, la storia inizia nell’autunno del 1943 e si protrae fino all’inizio dell’estate seguente (salvo l’ultimissima parte che salta vent’anni dopo). E quindi, la storia è già abbastanza nota, è un frammento di quella che si chiama Storia. Ma Naspini la racconta come nessun altro, al suo modo specifico. E risuona come una storia nuova, mai sentita prima.
Sacha Naspini racconta una storia vera, misconosciuta, di casa sua: quella della Villa del Seminario estivo di Roccatederighi che la curia affittò "dietro invito motivato" al governo per farne la sede di un campo di concentramento ebraico: l'unico immobile in Europa affittato ai nazi fascisti. Per noi, che lo abbiamo tanto amato in un'epoca successiva, attraverso gli occhi e le azioni, che seguono una progressiva presa di coscienza (dettata anche dal cuore) del ciabattino René, è un ritorno a Le Case. Del malcontento, anche allora.
Per me, un'altra lettura nei "Giorni della Memoria 2023".
“Grosseto ha un primato nella storia dell’Olocausto: l’unica diocesi in Europa ad aver firmato un regolare contratto d’affitto per realizzare un campo d’internamento. A Roccatederighi, tra il ’43 e il ’44, nella villa del seminario furono rinchiusi un centinaio di ebrei italiani e stranieri destinati ai lager di sterminio.” ⠀ ⠀ La guerra è anche sospensione dei patti di civile convivenza, sospensione che viene amplificata dalla realtà condensata di un piccolo paese circondato dai monti della Maremma. Uscire da quei patti significa anche trovare il coraggio di esprimere la propria individualità fino alle estreme conseguenze, alla violenza, al potere più arbitrario. Ecco dunque che affiora il coraggio di resistere anche in un modesto ciabattino di paese, spinto da un sentimento puro e sempre represso nei confronti della vicina Anna, lacerata dalla perdita del figlio partigiano. ⠀ ⠀ Una vicenda reale riemerge per imporsi sulla memoria collettiva attraverso lo stile, nemmeno a dubitarne, magnifico e ricco di Naspini, che trova il posto e la caratterizzazione perfetti di ciascun personaggio. L’accento infine cade sull’importanza della memoria, oggi come sempre (o forse più di sempre, in virtù della nota autoriale con cui si chiude il romanzo) sinonimo⠀di imperitura resistenza.⠀
"D'un tratto fu travolto da certe domande che si era fatto spesso: cosa volevano i partigiani? Perché lo facevano? In quale modo riuscivano a crederci? Possibile che fosse solo una folla di sbandati senza Dio? A volte ci pensava e aveva l'impressione di essere un poveretto che non riusciva ad aprire un certo occhio sulle cose. Lì, tutto rannicchiato nel suo eterno - Signorsì-Signore! - a costo di sputare la bile. E quei ragazzi nei boschi. Anche ad Anna si era schiuso quello scenario, ma per lei era diverso: faceva la rivoluzione per vendetta."
Una storia di guerra, una storia di paese italiano, il piccolo borgo di Le Case torna a raccontare e lo fa evocando tristi fatti realmente accaduti.
È da poco uscito il nuovo romanzo di Sacha Naspini, Villa del Seminario, edito da E/O che riporta alla luce, e nelle nostre coscienze, un fatto quasi del tutto dimenticato e lo fa attraverso le parole di un ciabattino, Renè. Siamo in un piccolo borgo toscano quando nel 1943 il vescovo di Grosseto affitta la sua villa estiva ai fascisti per crearci un campo di smistamento. Renè, uomo schivo, dovrà fare i conti con la Storia che verrà a bussare alle porte di questo borgo e la domanda sarà: ribellarsi e combattere o restare fermi e ignorare? Sasha Naspini sfida la consapevolezza e, allo stesso tempo, riesce a ricordarci l'importanza vitale della memoria perché nella storia di Renè sono racchiuse le vite di tutte quelle famiglie internate nella villa del vescovo.
@giadinali lo ha letto in antemprima per voi e oggi ve ne parla sul sito
Naspini ha la capacità di adattare ogni volta il suo stile pulito ed essenziale ad un’idea brillante ed originale, così che la narrazione procede lineare quasi per inerzia, avvincendo il lettore nell’evoluzione naturale del racconto, come una favole moderna.
Questa volta l’idea di partenza consiste semplicemente nel trasportare l’ambientazione della sua opera più riuscita e coinvolgente, “Le case del malcontento”, nel 1944, in un contesto maremmano colto in un momento cruciale della storia d’Italia, un periodo quasi sospeso fra gli Alleati sbarcati ad Anzio (cioè poco più di un centinaio di km a Sud), l’occupazione ancora tenace delle truppe tedesche e l’attività crescente delle bande partigiane nei boschi limitrofi. E’ una parentesi in equilibrio precario fra le forze in campo che tuttavia perdurerà molto più a lungo di quanto si potesse immaginare.
“Villa del Seminario” è un romanzo storico sui generis, della categoria in cui la storia non viene descritta attraverso le gesta di regnanti o condottieri, bensì dal punto di vista della gente umile che cerca di cavarsela e sopravvivere in un mondo dove i princìpi della convivenza vengono continuamente sovvertiti. Per conferire ulteriori elementi drammatici ma anche reali al suo racconto, Naspini ha potuto avvalersi dell’evento, realmente accaduto nel grossetano, di un complesso religioso, la villa che dà titolo al libro, che la Chiesa concesse in affitto ai nazisti per allestirvi un centro di smistamento di ebrei e prigionieri politici, destinati in un secondo tempo ad essere trasferiti nei lager del Nord. Un’iniziativa che semina sconcerto e turbamento nella maggior parte della popolazione locale.
René “Settebello”, protagonista del romanzo, è un ciabattino storpio di mezza età, un bel personaggio inizialmente agnostico che viene coinvolto e poi travolto dagli avvenimenti e che, in un’evoluzione interiore di cui percorreremo ogni tappa, prende coscienza del mondo circostante fino a schierarsi, dapprima per caso, poi per amore, infine per intima convizione, dando il suo piccolo ma convinto contributo alla lotta partigiana.
Un capitolo particolarmente intenso di questa storia, avventurosa ed eroica a modo suo, è costituito dal toccante epilogo quando, concluse ormai da vent’anni le vicende belliche e seppelliti alcuni dei personaggi che la popolavano, René condividerà con altri sopravvissuti lo stupore misto a indignazione nel constatare l’avvenuta rimozione di tutti i simboli, i ricordi, le tracce morali e materiali delle tragedie accadute su quello stesso territorio, la cui memoria sembra permanere solo nella mente degli anziani.
Alla conferenza di uno studioso sulla deportazione, il professor Brunello Mantelli, mi colpì una frazione. Un terzo, uno su tre. In Italia, su tre deportati nei campi di concentramento nazisti, uno era stato catturato e avviato alla deportazione da italiani. Italiane e italiani hanno contribuito attivamente, riuscendoci, a riempire i lager nazisti con loro concittadini.
A guerra finita, questo zelo genocida di noi italiani è stato dimenticato. Per vari motivi: si voleva andare avanti, non siamo in grado di fare autocritica e credo anche la paura di dover fare i conti con le proprie responsabilità, se si indicano quelle di chi ci sta vicino.
Però, i conti con questa cosa li dobbiamo fare e Villa del seminario credo sia molto utile, per farlo. Il nostro collaborazionismo con il nazismo è stato alle volte improvvisato, alle volte organizzato. I centri di reclusione - chiamarli campi di concentramento forse è meglio - ci sono stati, anche in una struttura religiosa, come quella in cui Naspini ambienta questo suo romanzo.
Il valore del romanzo risiede nella felice unione di scrittura limpida, capace di creare atmosfera, ed il racconto che si dipana da un fatto storico, l'uso come campo di prigionia della Villa del Seminario, nella Maremma del '43. La vicenda di fantasia costruita intorno ai tragici eventi di quel periodo rende omaggio ai tanti ebrei vittime di deportazione, a chi ha scelto la lotta partigiana, e nel personaggio di Renè è chiaro un omaggio al Pereira di Tabucchi, anche nella costruzione del suo arco narrativo.
A beautiful, stark, courageous little book that recounts a Nazi camp in Fascist Italy, the story of one simple man who refuses to be a sympathizer. Perhaps a lesson for our near future…
True story of a small village near Tuscany where the Catholic diocese collaborates with Fascist authorities during WWII to create a concentration camp. A cobbler fights back in a small but ultimately impactful way.
I've read many many historical fiction books around WWII and the Holocaust. This small, intimate story is a gem of perspective. Small efforts of resistance can make an impact. A good note for even now.
A quote from the book that feels relevant for today from a character at the local bar, but overheard by the cobbler and adding to his yet unrealized motivation: "This ugliness. Everything is a joke, a stupid laugh. All that matters is being here, guzzling our drinks, and clutching our balls while the world outside is veering off in a different direction."
Booked as a love story between a crippled cobbler named Rene and a widow named Anna during WW ll in Tuscany, Italy. Their story goes nowhere. Anna disappears to join the resistance, while Rene pines for her, his love is one sided throughout the novel. The rest of the story gets lost in the translation.
So much potential ending in a major disappointment.
Si ritorna a Le Case con i suoi vicoli, trappole gelate d'inverno, posta in cima al crinale a guardia della Maremma e non è cambiato nulla: l'osteria delle Due porte, il dr. Salghini, la chiesa e le campane di San Bastiano e don Lauro. Questa volta Naspini ci racconta una storia straziante, vera e tragica tramite la memoria del ciabattino storpio del paese: René. Un uomo che riesce a trovare il coraggio di combattere la sua resistenza grazie a una donna coraggiosa, di cui è da sempre innamorato senza mai ammetterlo. Il luogo che vede lo svolgersi della storia vera che Naspini ci vuole narrare si trova vicino a Le Case ed è Villa Del Seminario, a Roccatederighi, residenza estiva del vescovo di Grosseto, monsignor Paolo Galeazzi, figura ambigua e ricca di ombre. La diocesi di Grosseto vanta un primato in Europa: fu l'unica diocesi a stipulare un regolare contratto d'affitto e incassare il canone relativo, per un campo d'internamento per intere famiglie ebree, che venivano successivamente spostate a Fossoli e quindi deportate al nord, destinazione principale Auschwitz. Non solo, in villa venivano detenute e torturate persone accusate di antifascismo o partigiane. Ancora oggi in villa è presente un muro, il cosiddetto Muro degli ebrei, a testimonianza dell'orrore che ha vissuto quel luogo; ma troppo poco è stato fatto per far conoscere questa storia. Al di là delle singole vicende narrate, Naspini vuole mettere l'accento sull'importanza della memoria che, una volta finita la guerra e la resistenza, sembra svanita nel nulla, di cui è rimasto molto poco. È come se, grazie alla sparizione dei documenti, delle canagliate commesse da veri delinquenti, la maggior parte della gente, abbia voluto girare pagina e dimenticare. In pochi hanno pagato poco o per nulla, troppi pochi. Non è giusto né nei confronti di coloro che hanno avuto il coraggio di lasciare tutto e imbracciare un fucile rischiando la vita né nei confronti delle migliaia di deportati che sono passati per il camino senza più tornare. E allora grazie a chi tiene viva la memoria raccontando di quei tempi terribili in cui anche Guido Boscaglia, un ragazzo diciannovenne, trovò la morte in un agguato e il cui corpo venne disseppelito dai nazisti, dilaniato e esposto al pubblico come monito. Un libro come al solito ben scritto, con uno stile personalissimo e una ricchezza di linguaggio tutta speciale.
Based on actual events that took place in a village in the south of Tuscany, Naspini’s own home town, this concerns a cobbler leading a simple life, who is drawn into helping partisans fight against fascists and Nazis without being full aware of what he is doing.
The cobbler, René, is in love with his neighbour, Anna, whose partisan son is executed by the authorities. Anna leaves to join the partisans and asks René to cover for her absence. He gradually gets drawn into danger, and is captured and imprisoned in the bishop’s villa in the autumn of 1943, a key stage in the war.
Naspini pits collaboration against resistance with good effect. The previously tightknit community is spilt; amid widespread collusion, some find it in themselves to resist the Nazis, while the majority won’t accept the horror that now is their daily lives.
This is a powerful salute to the fallen of the Holocaust, set around a prison that was previously a seminary, a stop-off on the way to death camps. It’s a very personal story for Naspini who was born in the village and has lived there for much of his life.
Una storia che meritava di essere raccontata. Lo sgomento degli abitanti de “Le Case” all’indomani dell’entrata in funzione del campo di internamento nella Villa del seminario fa pensare… Non sono riuscita ad entrare in sintonia con la scrittura dell’autore, ma il libro è scritto innegabilmente bene e con un linguaggio che canta tutte le emozioni dei protagonisti e i paesaggi di Maremma.
E bravo Sacha Naspini per aver tirato fuori questa storia dal pericolo dell'oblio. Da leggere perché nulla vada dimenticato della tragedia dell'Olocausto. Una "colpa collettiva di cui l'umanità dovrà per sempre chiedere scusa".
Meh. I love WWII historical-fiction/narrative which drew me to this book. But I think something got lost in translation for me here. I found it difficult to keep characters straight when they all had similar sounding names, and then multiple nicknames on top of it. I cared about Anna & Rene reconnecting, but Anna is absent from the entire middle 80% of this book.
This entire review has been hidden because of spoilers.
“Villa del seminario” è uno di quei libri che lasciano il segno, un’impronta netta divisa tra il senso di impotenza rispetto a pagine della Storia mondiale e del nostro paese che fanno ancora male e un grande sospiro per chi ha saputo emergere dalle nebbie del tempo donando speranza.
La storia narrata in queste pagine fonda le sue radici in eventi storici che hanno visto, in un piccolo borgo toscano, la villa del seminario convertita in campo l’internamento dove vennero rinchiusi centinaia di ebrei italiani e stranieri ma anche prigionieri politici.
L’autore decide di affidare il punto di vista di questa storia a un ciabattino, un uomo menomato che, a causa della scelta di una donna a lui vicina, si troverà in balia di eventi dolorosi, della prigionia ma anche dell’organizzazione e delle azioni della Resistenza giungendo anche tra le mura del seminario e delle violenze in esso perpetrate.
Tra le pagine di questo libro prende vita un tratteggio di uomini, donne ma soprattutto anime strappate alla tranquillità del piccolo borgo in cui vivono, assorbite da una tragedia di cui alcuni si rendono complici e altri si armano per combattere. Il punto di vista di Renè è quello di un uomo incapace di agire se non guidato poi dai più nobili sentimenti di affetto e amore nei confronti di una donna che gli daranno la forza per affrontare il turbinio di eventi nei quali si troverà imbrigliato.
Il lettore assiste a pagine toccanti, lente e dolorose non riuscendo quasi a respirare fino agli ultimi spasmodici respiri di libertà giunti insieme agli Alleati.
Sacha Naspini scrive un romanzo denso di sentimenti, eventi e profondità dove l’impotenza si mescola alla speranza, la forza combatte con l’immobilità permettendoci di scoprire una piccola storia tra milioni di storie che denota la grande sofferenza dei singoli nel periodo più buio della Storia italiana e mondiale. Un libro che merita di essere letto per i ritmi lenti e significativi, per la bellezza di un personaggio guidato dai più nobili sentimenti e per il tratteggio di eventi che si basano sulla realtà di fatti realmente avvenuti.
He was a humble cobbler in a small Italian village, missing three fingers. He knew everything about the village people, reading their lives in the wear and tear of the shoes they brought to him for repair.
He was secretly in love with his neighbor Anna, whose son, to whom Rene had been like a surrogate father, had joined the Partisans and was killed by the Wehrmacht.
The bishop had a villa near the town and allowed the Nazis to house prisoners there before they were shipped to concentration camps.
“Everywhere there was fear, poverty, rationing,�� starvation making people desperate.
There’s only one way to get over grief. Which is? Finding purpose. from The Bishop’s Villa by Scha Naspini
Rene was an unlikely hero. He badly repairs the Nazi’s boots, sharpening nails and misplacing them to cause pain. But it is his covering for Anna’s absence after she joins the Partisans that leads to his arrest and imprisonment in the Villa. It becomes a place of horror, but also where he discovers a soldier forced to serve the Fascists he hates, and a sense of purpose.
Twenty years later, the town had collective amnesia about what had taken place in the Villa. His friend tells him, “You need to find a way to look at yourself in the mirror. So, you make a silent pact with the others and decide that nothing happened.”
The novel is based on history. “Between 1953 and 1944, a hundred or so Italian and non-Italian Jews destined for the extermination camps were held prisoner in the Roccatederighi seminary,” the author informs in the Author’s Note. The government covered it up and it wasn’t until 2008 that a commemorative plaque noted the villa’s history.
We are reminded again how atrocities committed are too easily swept aside and forgotten, for we are loathe to recall our own worst acts.
Thanks to the publisher for a free book through Edelweiss.
Una storia vera di orrori e di morte durante la seconda guerra mondiale, dalla quale Naspini prende spunto per il suo romanzo. Un invito a non dimenticare gli avvenimenti dolorosi che hanno caratterizzato questo periodo fino alla Liberazione (sembra fatto apposta per la giornata di domani, 25 aprile). Vediamo gli ebrei a cui è stato tolto tutto, anche la dignità, rinchiusi nella villa estiva del vescovo di Grosseto a Roccatederighi (Le Case nel romanzo), che costui ha affittato ai fascisti/nazisti, in attesa di essere deportati nei lager in Germania. Vediamo i partigiani, giovani, giovanissimi e anche Renè, in fondo questa è la sua storia. Renè di mestiere ciabattino, aggiusta gli scarponi dei militari in modo che si rompano presto e facciano male ai piedi dei proprietari, tanto male. A suo modo pratica la resistenza. E poi c'è Anna/Ombra l'amica speciale di Renè, che dopo la morte del figlio partigiano si unisce alla resistenza sui monti. Un romanzo che non lascia indifferenti e invita a riflettere. Uno dei più bei romanzi sul periodo della Resistenza che abbia mai letto raccontato da uno scrittore che non ha vissuto quel periodo, se non indirettamente tramite nonni e genitori.
Un'altra triste storia sulle brutture del fascismo in Italia. Stavolta siamo in Toscana, a Grosseto. Ed è la chiesa che fa da protagonista visto che un seminario viene regolarmente affittato ai nazisti per internare famiglie ebree. Molto ambigua risulta, in tutta questa storia, la posizione di un certo monsignor Paolo Galeazzi. Bellissima la figura di René, il ciabattino del paese e di Anna.
The Bishop’s Villa by Sacha Naspini publishes in paperback February 13th with Europa Editions and is translated from the Italian by Clarissa Botsford. It is ‘based on the true story of a nefarious collaboration between the Catholic diocese of Grosseto and the Fascist authorities' and is described as ‘a masterful weaving together of fact and fiction capturing the essence of a community navigating the horrors of war’.
During 1943-1944, almost one hundred Italian and foreign Jews were imprisoned in the bishop’s seminary near Grosseto. The bishop had leased the building to the Fascists to serve as a prison. Although the Jewish prisoners believed they were under the bishop’s protection, approximately half of them were deported to Auschwitz apparently with the bishop’s knowledge. Sacha Naspini has brought to life this dramatic moment in history through the eyes of a fictional, but beautifully wrought protagonist, René, the local cobbler of a small hillside village in Tuscany.
Due to a disability René is unable to sign up as a soldier so remains in his local village repairing shoes. In a quiet hillside location, the war is almost at a distance for the community but for a few, its shadow looms constant. One such person is Anna, a woman René has always loved from afar. When Anna’s son is captured and killed by the Wehrmacht for being active within the Resistance, Anna feels powerless but she soon realises that she too can play a part in bringing these barbaric murderers to task. Anna makes a decision to assist the Resistance in anyway she can leaving René fearful for her life and safety.
News that the bishop has leased out his villa to the Fascists shocks many locals. When the invading soldiers march into their town the lives of everyone changes. Fear is the default expression on everyone’s face with folks unafraid to express opinions or step out of line. René is soon required to repair their boots and seeing prisoners shackled on the streets becomes the norm.
When René hears that some member of the Resistance have been captured and are being held at the villa, he decides that he can no longer stand by and watch. As he embarks on a dangerous adventure, his eyes are opened and he slowly realises that although carrying a disability, he can do something to help.
The actual bishop’s villa was approximately one kilometre outside the hillside medieval village of Roccatederighi in Tuscany. The factual details can be sourced online but using a fictional cast as a tool, Naspini creates a very immersive and heartfelt account of what life must have been like at that time.
Learning a fascinating piece of history via a book is always a wonderful source of knowledge. It is an exciting method of discovering more about the world we live in today and how people’s opinions and behaviour are very much moulded by their past. Clarissa Botsford has done a stellar job translating from the original Italian introducing many of us to the writing of Sacha Naspini.
At times challenging and provoking, The Bishop’s Villa, is a truly affecting book. The history behind it is one that is quite disturbing but yet never to be forgotten, especially in the world we live in today. With fiction wrapped around factual events The Bishop’s Villa is a powerful read, featuring one man’s journey to champion the hero within, set against the backdrop of historical events exploring a terrible time in history.
Although it’s technically fiction, this book is based on true events that took place in 1943 Fascist Italy during the Holocaust. Naspini tells the story through the eyes of a cobbler in the local village, who sees that what’s being done by his own government is intolerable. His struggle is to find his place, his purpose, and his contribution to the fight against it. And though the account is not told from the perspective of the Jewish prisoners themselves, it’s no less effective at shining a light, in a respectful manner, on their stories and what they endured.
This is a powerful story about war, conscience, and courage in the face of oppression. I can’t help but highly recommend it, and I think many of my GR friends will find great value in it. Another reviewer said it well; that this should be a lesson for us now and in our near future.
THE TRUE STORY: The Catholic Bishop of Grosseto rented out a seminary building to the Fascist Italian gov't to be used as a prison camp for Jewish families before they were sent on to Auschwitz. A near complete cover-up resulted in little to no ramifications for the Bishop or the Italian army who had set up and guarded the prison even before the Nazis came to control it. You can read more here.
4 stars for a historical fiction book based upon a true story. Rene "Settebello"is the town cobbler in the small village of Le Case, Tuscany, Italy. Rene received his nickname of "Lucky Seven" after losing three fingers in an industrial accident. He is now a shy, solitary man, fixing shoes for this village in WWII Italy. One day Jews from the area are sent to the Bishop's Villa, which has been converted into a concentration camp. Some young village people go into the mountains to join the resistance. One of them is Edoardo, son to Anna, Rene's only friend, who could be more, but Rene has never had the courage to ask. But then Edoardo is captured and executed. Anna leaves to join the resistance and Rene decides to help. What follows is a story of courage, sorrow and regret. The only recorded instance of a Catholic church property being leased to be used as a concentration camp happened in Le Case, Italy. The Bishop even asked for the unpaid debt to be paid by the post war Italian government! Such was the power of the RC church, that the government paid! I read this short book in 2 days. One quote, by Rene: "Pay attention to the feet, and faces look different. When the toe of a woman's shoe is worn out there are only two possibilities: either they have spent a great deal of time either kneeling at church or they have been up to you know what." Thank You Europa Editions for sending me this eARC through Edelweiss.
Questo libro mi è stato concesso come omaggio, e premetto che di mia spontanea volontà avrei un po’ desistito dall’acquistarlo. Eppure, quando mi è arrivato ho subito voluto iniziare la lettura perché la trama prometteva bene. La narrazione è stata molto fluida e chiara, anche ricca di significati nascosti. È stato un vero piacere concluderlo, nonostante tutto. L’unica pecca che mi sento di attribuirgli è in realtà il tema “centrale” della storia, che poi si è rivelato essere il secondario: mi è dispiaciuto che l’intero rapporto di René con Anna sia stato confinato ai primi capitoli del libro e non si sia più ripreso. Avrei apprezzato uno svolgimento diverso, come anche una introspezione del protagonista più valida, ma mi rendo conto che questo non era effettivamente il punto saliente di tutta la storia, che ho capito essere una ricostruzione di eventi realmente accaduti e purtroppo ben poco documentati. Sotto questo punto di vista, l’autore ha fatto un ottimo lavoro e il merito gli è dovuto.