«Me lo trajeron a casa una mañana de junio, degollado, descuartizado a hachazos como un cerdo. [...]¡Malditos sean los que le abrieron el pecho para arrancarle el corazón con las manos y patearlo como una pelota de trapo!» Con esta escena de furia arcaica se inicia el relato de Mintonia Savuccu, un ajuste de cuentas escrito al borde de la muerte para aliviar el dolor que la anciana no quiere sepultar en el olvido. El lector se ve inmerso en el mundo primitivo y salvaje de una Cerdeña que seguía cultivando sus demonios bajo la inclemente mirada del fascismo. Es allí donde Mintonia y Micheddu empiezan a amarse con la obsesiva urgencia de las pasiones infantiles y allí se buscarán sus cuerpos cuando él viva oculto en la montaña mientras ella pasa las horas atenazada por la angustia de saberlo acosado. El día en que lo matan, Mintoniadecide abandonar para siempre aquel país venenoso, pero antes debe administrar justica cobrando una deuda que sólo se paga con sangre.
Salvatore Niffoi (born 1950, in Orani), is an Italian writer.
Niffoi is a representative of the so-called Sardinian Literary Nouvelle Vague, or Sardinian Literary Spring, i. e. the Sardinian narrative of today, which was initiated by Giulio Angioni, Salvatore Mannuzzu and Sergio Atzeni, following the work of individual prominent figures such as Grazia Deledda, Emilio Lussu, Giuseppe Dessì, Gavino Ledda, Salvatore Satta. His prose is mostly a mixture of Italian and Sardinian.
Niffoi lives in Orani, a small village of Barbagia, in the province of Nuoro, where he was a middle school teacher until 2006. He started his career as a novelist in 1997, with his first work, Collodoro. In 2006, with the novel La vedova scalza he won the Campiello Prize.
Non è stato facile leggere questo romanzo di Niffoi che segna il mio approccio allo scrittore, non solo per la trama, ma anche e soprattutto per lo stile, infarcito di termini sardi. Siamo nella Barbagia, esattamente in Sardegna, descritta come "terra amata e odiata che ti accarezza con l vento di maestrale e ti uccide con il gelo invernale". Tra le due guerre, si sviluppa l'amore tra Mintonia e Micheddu che vivono una storia difficile, piena di sentimento, di passione sino a quanto la vita con il suo carico di dolore sopraggiunge e presenta un conto salato da pagare. In "La vedova scalza" i protagonisti non sono solo i due innamorati a cui il destino gioca un brutto scherzo, ma anche anche la stessa Sardegna, terra arida e brulla che partecipa dello stesso d'animo ribelle e pieno di rivalsa e che ci aiuta ad amarli un po' di più a ogni pagina.
Mortu ana a Micheddu... Scrive Niffoi una storia di passione e vendetta che si compie in una società chiusa come quella sarda della campagna e del brigantaggio.La protagonista è una donna che per amore vendica la morte del suo uomo ricorrendo all'omicidio e dandosi poi alla latitanza . Lo stile a tratti incalzante e a tratti evocativo unito all'uso continuo del dialetto sardo ci fa entrare in un'atmosfera che a momenti sembra fiabesca e a momenti cruda e violenta.La ricostruzione dell'ambiente contadino è affascinante e i personaggi descritti con maestria ci diventano cari tanto da temere per il loro destino.In conclusione una lettura da non perdere.
Primo approccio con Niffoi, molto intenso, mi ha tenuta immersa in quel mondo per tutto il giorno. Da sarda abbastanza lontana dalla Barbagia, il largo uso del sardo che l'autore fa mantiene parte del suo effetto straniante e l'ho apprezzato. "Largo uso" si può dire in realtà di tutte le scelte stilistiche e contenutistiche: scene violente, personaggi brutali, linguaggio colorito. Questo fa sì che il romanzo sia senza dubbio prorompente, ma talvolta viene da chiedersi se non sarebbe stato meglio avere il senso della misura. Non per pudore, bensì perché abbondare in veracità può rischiare di trasformarsi in parodia, es. i vagheggiamenti erotici verso l'inizio del romanzo e il rapporto sessuale finale: apprezzo che le metafore e le espressioni dei personaggi siano tutte tratte dal mondo agropastorale, perché da lì proviene la voce narrante, ma davvero in entrambi i casi un popolano azzarda richiami al formaggio? Mi sembra quantomeno improbabile. Talvolta sembra che l'autore calchi troppo la mano, a tal proposito mi interesserebbe fare delle ricerche sull'onomastica dei suoi personaggi. Lo svolgimento in sé procede pressoché senza cambi di tono o evoluzioni dei personaggi, ma d'altronde il racconto di Tonia era stato scritto poco tempo dopo i fatti. Anche sulla sua figura verrebbe da chiedersi: possibile non perda mai fervore e lo vanti fin dall'infanzia? Nonostante le numerose critiche è innegabile che Niffoi scriva benissimo e appena terminata la lettura dopo ore di totale rapimento non ho potuto non valutarlo così generosamente.
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Molto bella questa storia di amore e vendetta ambientato in terra sarda, arretrata e feroce. Peccato per le molte frasi in dialetto senza traduzione ma forse è proprio questo che la rende più verace e avvincente.
Dopo aver letto "Memorie delle mie puttane tristi" ho aperto "Fango" di Ammaniti ho letto 4 righe, l'ho chiuso e poi ho scelto questo libro, ho letto le prime due pagine e ho pensato che forse lui poteva avvicinarsi al genio e alla poesia di Marquez.
Una storia di amore, morte e vendetta raccontata (anche) per mezzo del solito manoscritto pervenuto cinquant’anni dopo gli avvenimenti: nulla di originale a prima vista, ma a fare la differenza è altro, dall’ambientazione, allo stile, al linguaggio. La Barbagia tra le due guerre (e non che negli anni ottanta sia molto diversa): una terra primitiva, ancestrale, da riti pagani e regolata da codici propri diversi dalle leggi dello stato; uno sgarro, per una donna come un gregge di pecore, può costare caro e dare origine a una faida. Tinte fosche (e odori forti) e una vita in un tempo sospeso, isolani senza aver mai visto il mare, la cui alternativa è rimanere o migrare in continente o in America, e tornare al paese solo per mettere incinte le mogli e alla fine morire. Mintonia è una ragazzina che incredibilmente impara presto a leggere e scrivere tra tanti analfabeti e si appassiona alla lettura e ai libri. Già a undici anni è innamorata e di amore vero per Micheddu, ragazzino fascinoso e ribelle. Si sposeranno e lui, che non ha paura di nessuno e come tanti vive ai margini della legalità, dovrà darsi alla macchia accusato di rapina e omicidio. Lo riporteranno a Mintonia, con un figlio in braccio e un altro in arrivo, “un mattino di giugno, spoiolato e smembrato a colpi di scure come un maiale”. Di qui un unico desiderio, quello della vendetta e il romanzo è un lungo racconto con molte digressioni a raccontare di lei, della famiglia e della Barbagia, che procede sinuoso e implacabile verso la vendetta, spietata e sanguinosa come doveva essere.I nfine il linguaggio croce e delizia del lettore. Il sardo è considerato una lingua a sé più che un dialetto e il racconto è infarcito di termini barbaricini senza uno straccio di nota o glossario al fondo. Cercare di capire ogni singolo termine magari avvalendosi di internet è un’impresa improba e inutile che porterebbe solo all’abbandono del romanzo. Meglio lasciarsi andare al ritmo delle parole e delle frasi, il cui senso dopo un po' si capisce ugualmente, alla musicalità intrinseca di un recitato di un cantastorie che chiude ogni capitolo con l’invito “Canta, mannai canta!” a introdurre una breve filastrocca. Quattro stelle meritate e uno scrittore che – è il secondo romanzo che leggo dopo “il bastone dei miracoli” – si sta rivelando molto promettente…
La viuda descalza nos sumerge en la Cerdeña profunda, donde la belleza del paisaje convive con una violencia que marca a fuego a sus habitantes. Niffoi retrata una tierra áspera y feroz, pero también rica en memoria, orgullo y dolor.
La vida de la protagonista, rodeada de tragedia, se transforma por completo tras la pérdida. La novela gira en torno a la venganza, no como impulso irracional, sino como acto inevitable ante lo irreparable. Lo que le fue arrebatado a la viuda –el amor, la dignidad, la esperanza– se convierte en un vacío que solo puede llenarse con justicia brutal, con una simetría de sangre.
Más que una historia de violencia, el libro es un lamento por esa vida que fue y ya no será. Una elegía sarda envuelta en palabras melódicas, donde cada página huele a polvo, a hinojo y a rabia contenida.
En poco tiempo el mercado editorial español ha propiciado el hallazgo de dos autores de lo que se ha denominado la nueva ola de la literatura sarda. Marcello Fois y Salvatore Niffoi comparten un gusto común por la reconstrucción sensible de un territorio arcaico, aquel que amaneció con los inicios del Siglo XX, cuyas vidas aún no habían sido desencantadas por las sucesivas revoluciones europeas. Cerdeña es, en fin, como aquella Región que dibujase en su obra Juan Benet, casi un lugar imaginario que preserva las esencias de un orden humano que aúna lo íntimo y lo volcánico, la ternura y la violencia. Tras Hoja de lata es ahora la editorial barcelonesa Malpaso la que publica La viuda descalza, de Niffoi, exponente de la novela sarda y retrato de un paisaje y una memoria alucinados en forma de drama turbulento sobre el amor, las bajas pasiones y el dolor.
La viuda descalza arranca con el cadáver descuartizado de un bandido y la impotencia de su esposa ante la ofensa recibida. Ya desde el inicio, Niffoi nos introduce en un microcosmos que huele a mirto y miel, rodeado por la zona montañosa de Barbargia, entre Tavulè y Larenei. El siglo apenas ha entrado en la década de los 30, pero ya acumula sobre sus espaldas el peso de una guerra y varias campañas africanas. Cerdeña ha sufrido la llegada del fascismo mussoliniano, que acentúa las diferencias entre sardos e italianos tanto en el idioma como en las costumbres. Aquellos no abandonan su primitivismo, esa reacción visceral de las bajas pasiones, aunque los comisarios políticos instauren un nuevo régimen. No en vano, Niffoi se refiere a todo aquello que excede los límites de Cerdeña como el Continente; más allá de ese lugar queda el vacío o el exilio, la vida se abre camino entre pedregales y lagos con el mismo hálito salvaje con que lo hizo en el pasado.
Mintonia, la protagonista del relato, narra esos primeros acercamientos vitales sobre un terreno eternamente arcaico. Niffoi le presta a cada descripción su prosa esforzada, teñida de olores, sabores (dulces o acres, da igual), de una fisicidad que describe a la perfección el atavismo que une con lazos de sangre a sus habitantes. La memoria del pasado trae una época tempestuosa, de vidas breves y difíciles, de enfermedad y obligaciones, carencias y afectos desbordados. La fuerza de ese paisaje elemental se traslada sobre cada personaje a través de la violencia, de la arrogancia o de la severidad con la que se juzga todo aprendizaje sentimental. Niffoi centra esa relación en el enamoramiento entre Mintonia y Micheddu, el futuro bandido que morirá a manos de sus enemigos. A partir de una serie de estampas en las que sobresale el poder de la tierra, los ritos y las tradiciones, observamos el despertar a la vida de Mintonia y su mueca de disgusto ante una sociedad arcaica incapaz de alterar sus ritmos. La gente vive y muere, siente y sufre, pero pocas veces cambia el destino que la partera ha fijado desde el día de su nacimiento.
Como sucedía con otra gran novela italiana, La larga vida de Marianna Ucrìa, de Dacia Maraini, Niffoi finta cualquier tentación por ahogar su historia en el relato negro para, a cambio, construir el retrato de una mujer mientras el siglo pasado comenzaba a desperezarse. Así, página a página, seguimos las vicisitudes de su protagonista mientras se debate entre la pena profunda por la muerte de su marido y la venganza silenciosa contra su asesino, entre la madurez sobrevenida nada más abandonar la adolescencia y una feminidad mal entendida que su entorno dibuja como propia de una fulana. El paisaje agreste y polvoriento sirve de escenario para la narración de una mujer independiente, emancipada y desencantada, que señala cómo los vestigios del pasado son demasiado potentes como para construir un futuro en ellos. Aún es lugar para la pelea a navajazos, para el coito animal y esa sensualidad salvaje que marcan las costumbres.
En La viuda descalza se derrama más sangre que lágrimas, pues la tristeza de su protagonista encuentra un remedio en la venganza más pasional. Más allá, en el Continente, los ejércitos fascistas trituran las esperanzas de progreso y humanidad; en Cerdeña es el propio peso y el hechizo del lugar lo que aplasta la oportunidad de vivir otra vida. Niffoi, de alguna manera, nos advierte que es el propio tiempo el que no tiene remedio, perdido como un náufrago en mitad del océano; que no se puede cambiar lo que se es y que la fuerza del paisaje ejerce un influjo total sobre los habitantes. Por eso, se acerca a cada personaje con unas palabras que no olvidan los giros y las herencias, los olores y los recuerdos, en un recorrido tridimensional que pone a nuestro alcance la imagen de una Cerdeña casi mitológica. En la que se muere, se vive, se llora y se mata.
La protagonista de la novela huye en busca de otro futuro, de otra realidad, a salvo de un destino que ha firmado la hipoteca con su propia sangre. Vidas breves, apenas un suspiro que no abarca más allá de la última etapa de la adolescencia; vidas curtidas, marcadas por la pérdida y el amor más arrebatado, por el sabor agridulce de unas pasiones cuyos estribos no logramos controlar. Mientras Mintonia evoca, como en una tragedia, el infortunio que marcó los primeros años de su vida, una historia comienza a desarrollarse capítulo a capítulo. El retrato de una mujer entre el pasado y el futuro, entre el hechizo y la emancipación, entre el amor y la rabia. En una región perdida más allá del Continente, sensible, cuna de los viejos mitos. Íntima, volcánica, tierna y violenta.
Mi corazoncito filológico de vocación romanista ha encontrado un aliciente más allá de la narración, de por sí bastante jugosa y llena de detalles locales sardos: hay quien dice que el sardo es el romance primigenio del que nacen todos, y como quiera que el texto tiene partes en sardo (unas con nota al pie, otras con traducción casi simultánea), he podido comprobar las similitudes. Vicios raros que tiene una.
Por lo demás, el relato es ágil y es de veras una buena novela. Corta, que no por más tocha iba a tener más calidad.
La narración me ha resultado caótica y desordenada, haciéndome imposible meterme del todo en la historia. A esto hay que añadir la, para mí gusto, terrible decisión de la traductora de dejar palabras o incluso frases en dialecto, dificultando aún más la fluidez de la lectura.
En un futuro sé que volveré a leerlo, y espero poder apreciarlo como creo que se merece, porque a pesar de todo es un texto lleno de belleza, crudeza y sensibilidad. Muy italiano
Il sardo diventa musica da leggere. Una Sardegna selvaggia dove brigantaggio, fame, povertà e dolore si fondono per generare una storia di resistenza scalza al femminile.
A Taculè e Laranei la voglia di troppo capire i misteri che devono restare tali per sempre fa abortire le illusioni, le trasforma in mostri senza braccia e senza gambe.
Tanti tanti termini sardi quindi di difficile lettura, non scorrevole, ma bella la storia , i protagonisti non sono solo i due innamorati e la loro travagliata storia, ma anche la terra ovvero la Sardegna, terra amara che non fa sconti a nessuno.
Considerato che il libro usa molte parole e frasi in sardo, e considerando che io di sardo capisco ben poco, ho trovato questo libro molto comprensibile e accattivante. Ho apprezzato la storia di Mintò e del suo povero marito Micheluccio, raccontata non cronologicamente ma spezzettata in episodi che riguardano la protagonista - la narrazione è in prima persona, da parte della vedova Mintò. Ogni aneddoto della sua vita è coinvolgente, immerge subito nella realtà barbagica di mezzo secolo fa. Ci sono risvolti drammatici ma anche episodi divertenti, e molte espressioni e modi di dire sardi fanno sorridere. La trama è abbastanza interessante e breve, man mano che gli episodi di vita vengono narrati si fa luce sulla morte di suo marito. Non è un libro giallo, ma un dramma con risvolti umoristici neri. Ma quello che mi ha colpito maggiormente è la descrizione dei paesaggi e degli stati d'animo, così semplice e a tratti ingenua - per volere dell'autore, in quanto riporta il pensiero di una giovane donna cresciuta nella Barbagia, aspra zona montuosa della Sardegna - eppure profonda nei sentimenti e a tratti filosofica. Molto ben scritto, peccato solo che sia un pò breve.
Scopiazzamento di idee questo libro: 1. la lettera della vedova emigrata alla parente che ricorda molto il manoscritto ritrovato nel baule con cui iniziano i Promessi Sposi. 2. l'inverossimiglianza di tale lettera: quando mai si scrive una lettera descrivendo la Sargegna di Taule a chi a Taule ci vive?!! BANALE e scolastico, una trovata priva di fantasia. 3. la descrizione della Sardegna di Barbagia sembra un racconto stile Padre Padrone (dunque scopiazzato da Padre Padrone) e descrittivo come se un maestro stesse raccontando agli alunni. 4. di sentire parlare della Sardegna come selvaggia e troglodita non se ne può proprio più e, a mio avviso, serve solo per far colpo ai continentali nella speranza di raccattare qualche premio letterario: imitazione di Grazia Deledda ma con stile di gran lunga inferiore, nemmeno paragonabile!!!
Mah, forse perché Niffoi è un insegnante, distorsione professionale, troppo scolastico, troppo per adolescenti e allo stesso tempo con temi scurrili e volgari che magari agli adolescenti non si addicono.
Preso e lasciato più volte, con la tentazione di abbandonarlo a causa dell'estrema difficoltà iniziale a portare avanti la lettura, appesantita dal frequente uso della lingua sarda. Felicissima di aver insistito: dopo i primi due capitoli tutto si è fatto scorrevole ed appassionante. La lingua sarda è divenuta la "mia lingua" ed il suo uso congeniale alla storia e alle mille emozioni che essa mi ha suscitato. Incredibile la capacità di Niffoi di conciliare tanta crudezza con altrettanta poetica.
Romanzo rude e crudo, riesce ad appassionare il lettore dalla prima all'ultima pagina portandolo in un mondo arcaico e crudele, quello della Barbagia fra le due guerre. La particolarità di questo, come di tutti i romanzi dello scrittore di Orani, è la presenza di molte frasi in dialetto sardo e l'uso frequente di parole onomatopeiche che danno la sensazione di vivere all'interno del romanzo stesso.
l'amico che mi ha consigliato questo libro non mi aveva avvertita: c'è un mucchio di dialetto sardo e l'impatto è spiazzante. non si capisce perché l'autore inizi solo nelle ultime pagine, quando ci si è già più o meno assuefatti, ad affiancare l'italiano alle frasi criptiche in lingua isolana. comunque. il quadro che ne esce, la sardegna dei monti con la sua gente, è bello, duro e forte, come mintonia.
Ho aspettato e aspettato che la storia sedimentasse dentro di me per vedere cosa ne sarebbe rimasto....ebbene, questo: una lettera e una vendetta. Una lunga lettera che arriva da oltreoceano per raccontare una vendetta. La vendetta della vedova scalza. In una terra forte e aggressiva, anche la storia di questa donna è così, forte e aggressiva come Mintonia. Mintonia che s'innamora da bambina, che contro ogni previsione impara a leggere e a scrivere nell'analfabetismo più diffuso, e che, contro ogni morale se non quella di una terra dura dove il sangue versato chiama sangue da versare, seppellisce il proprio amore nel corpo dell'assassino a forza di coltellate....Una trappola di sesso e di odio, che darà il suo frutto, diventati una cosa sola. E poi parte Mintonia, ha un'altra vita, ma prima di morire fa arrivare parole e storia lì dove tutto è cominciato ed è finito. E' uno dei più frequenti 'trucchi narrativi' ch'io abbia finora incontrato leggendo, questo della lettera in cui ci si racconta. In prima persona si ha così il l modo di analizzare il più piccolo risvolto psicologico e l'autore può con semplicità immedesimarsi in ogni tipo di sentimento. E la vedova scalza è sicuramente prototipo di una società chiusa come quella dei piccoli paesi sardi, differente solo per il coraggio e il desiderio di averne sempre di questo coraggio, anche quando il lavoro 'duro' tocca alla donna, mentre si ama un uomo latitante, gli si cresce un figlio, se ne sopportano i tradimenti, lo si ama quando a pezzi torna a casa e lo si ricompone in una bara, lo si ama quando lo si vendica passando sopra il proprio corpo e facendoci passare l''altro'. Solo in questo modo lei, donna fragile e scalza, forte e inerme di fronte a questo mondo, ha potuto riappropriarsi di tutto e di nulla.