Gatti neri, specchi rotti, giorni sfortunati. Sono solo alcune delle cosiddette superstizioni, ovvero quelle credenze e comportamenti cui, sin dalla notte dei tempi, ricorriamo contro i rischi e le incognite del vivere. E che nonostante i progressi della conoscenza, dell'alfabetizzazione, della tecnologia non accennano a diminuire.
Gatti neri, specchi rotti, giorni sfortunati, numeri fortunati, amuleti infallibili, talismani indispensabili, riti scaramantici. Sono pochi esempi di quello sterminato catalogo di superstizioni cui sin dalla notte dei tempi ricorriamo contro i rischi del vivere e le incognite dell'esistenza. Perché, nonostante i progressi della conoscenza, dell'alfabetizzazione, della tecnologia, l'immaginario scaramantico non conosce declino, anzi continua a moltiplicare i propri segni. Perché evidentemente non sono un residuo prelogico del pensiero ma un bisogno di spiegazione supplementare, l'illusione di controllare l'incontrollabile.
Se siete come me e guardate a ciò che vi circonda con un occhio più cinico e materialista che magico e/o spirituale, “Gatti neri e specchi rotti” può fare al caso vostro. Il saggio si pone l’obiettivo di spiegare la superstizione da un punto di vista antropologico: cos’è, perché sopravvive nonostante il balzo dell’evoluzione scientifica e perché ne abbiamo bisogno. A questi interrogativi risponde l’avvincente introduzione; sfortunatamente, ho trovato che le aspettative qui create non fossero poi soddisfatte. Il saggio ripercorre le orme della superstizione nella cultura e nella letteratura, illustrando come si sia conservata fino al giorno d’oggi. Troppo spesso però all’analisi si sostituisce una sequela di casi disparati. Se ne ha esempio nel capitolo “Portare male”, dove si prende in esame il gatto nero. Più che concentrarsi sulla figura del gatto si elencano grossolanamente i modi in cui l’animale è percepito in epoche e culture diverse, senza nessun particolare approfondimento. Questo effetto “lista di curiosità” caratterizza bene o male tutto il volume e abbassa non di poco il livello, soprattutto in paragrafi quali “Sport”, “Politica” e “Vip”, dove ci si limita a individuare i riti scaramantici delle celebrità. Di tutti i posti possibili non mi sarei aspettato che Jannik Sinner sbucasse fuori come una talpa persino qui, come fa nelle pubblicità. Personalmente non ho nemmeno gradito l’eccessivo citazionismo. Per ogni paragrafo è presente minimo una citazione ─e i paragrafi di base sono già molto brevi─ cosa che la rende più riempitiva che puntuale. Lo stesso discorso vale per l’etimologia. Il dimostrare la derivazione dei vocaboli dal latino e dal greco è onnipresente (e lo dico da ex classicista), tanto più che si ripete per ben tre volte che invidiare deriva da “invidere”. “In cauda venenum”, (dopo tutto il latino che mi sono beccato ora ce ne butto un po’ anch’io), perché il saggio è scritto non da uno, ma da due professori universitari. “Gatti neri e specchi rotti” scava solo superficialmente nella materia trattata, tuttavia resta una lettura godibile, adatta ai curiosi che cercano una lettura disimpegnata.
«Gli anni bisestili godono di pessima stampa. In tutti i casi però il giro di boa del nuovo anno è un momento critico, che necessita di un surplus di gesti simbolici. Cosí la notte del 3I dicembre in tutto il mondo si mettono in pratica esorcismi contro la sfortuna e riti propiziatori per attrarre la fortuna e la prosperità. Il piú importante e comune è l'uso dei fuochi d'artificio che, con il rumore dovrebbero spaventare e scacciare le forze del male, mentre con la luce dovrebbero illuminare il cammino al bene. Per incorporare la buona sorte si indossano abiti rossi. Baciarsi sotto un ramo di vischio protegge le relazioni amorose dalle invidie che le circondano. Nei Paesi anglosassoni si raccomanda di tenere il portamonete pieno per evitare che nel nuovo anno sia vuoto. Ai rintocchi della mezzanotte è bene aprire porte e tinestre per permettere al vecchio anno di volare via. In Francia, allo scoccare della mezzanotte, si usa rompere i bicchieri in cui si è bevuto lo champagne quale segno di volontà di "rompere" con il passato e aprirsi alle novità del futuro. Purtroppo, bisogna ammettere che sono proprio questi i momenti in cui le società rivelano i loro pregiudizi.»
4 ⭐️ Interessantissimo testo sulle superstizioni, da leggere.
"Gatti neri e specchi rotti, perché siamo superstiziosi" non mi ha coinvolta, l'ho trovato un po' piatto, a tratti noioso, certamente una delusione rispetto al potenziale del tema. L'approccio eccessivamente erudito ha soffocato l'argomento, trasformandolo in un saggio quasi accademico, privo di quel coinvolgimento emotivo che ci si aspetterebbe da un'esplorazione della superstizione. Il vero rammarico risiede nel mancato approfondimento del folklore e, soprattutto, dell'umanità debole che si affida a riti e talismani. Invece di indagare le paure e le speranze che spingono a credere, il testo è rimasto in superficie, mancando di quel mordente che avrebbe reso la lettura appassionante. Un'occasione sprecata per esplorare un territorio così ricco di sfumature psicologiche e culturali. Un vero peccato.