Immaginate un mondo in cui Asti è il centro del mondo. Immaginate un vecchio libro su cui ogni possessore ha lasciato tracce di sé: disegni, commenti, locandine, le regole di un gioco esistenziale inventato da Mary Shelley e dalla sua cerchia, l'indirizzo di uno sfuggente Ufficio delle redenzioni. Immaginate un ragazzo, Arturo Saragat, oppresso dal rimorso per non aver saputo opporsi al male quando sarebbe stato necessario, che a quel libro si affida per riorientarsi nella vita, smarrendosi invece ancor piú. Immaginate una Storia in cui Mussolini non è stato fucilato ma ha finito i suoi giorni in esilio, allevando asini a Pantelleria. Poi immaginate nostalgici rievocatori del fascismo, un console maniaco del golf, una lobby di dentisti assassini, sette eretiche, mariachi, terre esotiche e terre desolate, chiromanti, una fabbrica di meravigliosi globi miniati e una donna ultracentenaria dal fascino struggente. È solo una piccola parte di quello che troverete in Digressione.
Dall'autore rivelazione di Ferrovie del Messico, un infinito, vertiginoso romanzo di formazione, d'amore e di avventura che ci restituisce una visione a volte compassionevole, a volte insostenibile, del nostro tempo.
Digressione è un romanzo che vuole raccontare, nientemeno, «tutto ciò che esiste, piú una parte cospicua di ciò che è esistito e non esiste piú, di ciò che esiste pur non essendo mai esistito, e di ciò che non esiste, non è mai esistito e mai esisterà»; e naturalmente, per fare questo, tenta di usare tutte le parole che esistono, piú una parte cospicua di quelle che sono esistite e non esistono piú, di quelle che esistono pur non essendo mai esistite, e di quelle che non esistono, non sono mai esistite e mai esisteranno. Come nella famosa intro dei Simpson in cui l'intero universo e l'intera storia dell'universo precipitano in un'unica molecola della pelle della zucca gialla di Homer; come in quell'accenno di Borges ai collegi dei cartografi che, insoddisfatti di aver disegnato mappe di singole province estese quanto un'intera città e mappe dell'impero estese quanto un'intera provincia, crearono una mappa dell'impero che dell'impero aveva la stessa estensione e con l'impero coincideva esattamente; come nel racconto di Arthur C. Clarke in cui la compilazione della lista dei nove miliardi di nomi di Dio, affidata da certi monaci tibetani a un supercomputer, provoca la fine del mondo, con i nove miliardi di stelle del cielo che si spengono a una a cosí in questo romanzo l'universo poético y pintoresco immaginato da Gian Marco Griffi fin dai suoi primi libri, ed esploso come un big bang narrativo in Ferrovie del Messico, continua inarrestabilmente a espandersi e a moltiplicarsi, viaggiando a forsennata velocità verso i limiti della letteratura. Tutto è Digressione, e Digressione è tutto; poiché, come dice Calixto Escalera Del Pilar, «laberintero inmortal», la vita stessa altro non è che «un'immane digressione nel tragitto che dal grembo materno conduce spietatamente alla tomba». Greta Bertella e Giulio Mozzi
Diario di lettura Ho appena finito le prime 100 pagine. Vado piano, perché alcune pesano quanto interi romanzi, interi mondi. Sono nato e cresciuto in Argentina, quindi lo spagnolo è la mia lingua madre. Vivo in Italia da 18 anni: parlo, penso e leggo in italiano, che secondo me è la lingua più bella del mondo (bugia: conosco solo poche lingue… magari lo swahili, di cui non so nemmeno dire “ciao”, è ancora più bello). Tutto questo per dire che, secondo me, il fatto di avere lo spagnolo nel sangue e l’italiano nel cuore mi fa gustare questo romanzo mille volte di più. Proprio come mi era successo con Le ferrovie del Messico. Ci sono tanti nomi, parole e intere frasi in spagnolo che, nella mia lettura, prendono il volo. Un volo che, credo, è difficile da percepire per chi non ha familiarità con lo spagnolo – soprattutto quello latinoamericano, che ha un suono tutto diverso da quello castigliano di Spagna. Joder. Il libro che Arturo tiene in mano si intitola "Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México" – già il titolo è una dichiarazione di intenti poetica e pittoresca, come il mondo latino. Il primo capitolo si chiama "Cómo llegó mi madre a Santa Brígida de la Ciénaga", e la prima frase è: "Baudelia Amadia era una bruja". Arturo riesce a interpretare questa frase elementare, ma io darei tutti i Diciassettemilacinquecento euro che qualcuno perde a L’Eredità al tano (italiano) che leggesse e pronunciasse bene queste parole, soprattutto la parola "bruja" (strega). E poi c'è Borges in ogni riga. E io che pensavo che noi latini fossimo gli unici bravi a dire bugie, a inventare mondi e storie paralleli, a essere esagerati (notare l'uso apposito dell'aggettivo "esagerato"). L'avevo detto già con le ferrovie, ad Asti, nel cuore del Piemonte, c'è ne uno con sangue latina. Ora faccio una piccola pausa… e poi avanti, con le prossime 100 pagine --- Vado a pagina 300, mi chiedono in un commento se c'è qualcos'altro che lega questo romanzo con il precedente di Griffi: Si potrebbe dire che Ferrovie del Messico è quasi uno spin-off di questo romanzo-mondo. Un libro dentro l’altro, e viceversa. Tornano anche i suoi protagonisti, e se hai letto Le Ferrovie, quel cenno ti strappa un sorriso: dà l’idea che tutto si incastri alla perfezione. Anche se, a pensarci bene, non c’è davvero nulla da incastrare. Con il modo in cui scrive Griffi, potrebbe partire da una qualsiasi digressione e tirar fuori altri 100 libri da mille pagine l’uno. È una goduria da leggere. --- Sto arrivando alla fine di questo viaggio. Ho riempito pagine di appunti, ma voglio finire questa recensione provando a riassumere quello che per me è il "realismo magico postmoderno" di Griffi.
Realismo magico, perché:
- La fantasia si intreccia con il quotidiano. La Historia poética non è solo un libro: è un oggetto magico, un moltiplicatore di mondi, la cui natura sovrannaturale è accettata con naturalezza da diversi personaggi. - Arturo incontra streghe e chiaroveggenti senza stupore: è la realtà stessa che si lascia contaminare dall’incredibile. - Il concetto di “digressione” diventa un meccanismo narrativo e filosofico che apre varchi nello spaziotempo, attraverso misteriosi “nodi roghudistici”. - Frasi come “Mussolini non è stato fucilato, ma ha finito i suoi giorni allevando asini a Pantelleria” esemplificano il modo in cui Griffi riscrive la Storia, inserendo elementi fantastici che non stonano, ma anzi si incastrano perfettamente nella narrazione. - Il labirinto genealogico dei possessori del libro è quasi un organismo vivente, degno di un romanzo borgesiano. - C’è una tensione enciclopedica, totalizzante, che comprende anche l’impossibile, un’ambizione che fa eco agli scritti di Jorge Luis Borges. - “Tutto ciò che può accadere lungo una linea ferroviaria messicana”… ovvero, tutto ciò che esiste e anche ciò che non esiste. - L’ambientazione messicana, popolata da mariachi, divinità azteche e personaggi come Calixto Escalera Del Pilar, “el laberintero inmortal”, rafforza quel legame profondo con l’immaginario latinoamericano. - E, sotto tutto questo, pulsa un’esplorazione dei grandi temi: destino, libertà, memoria, il senso della vita.
Postmoderno, perché:
- Il romanzo è radicalmente meta-narrativo e auto-referenziale. - Arturo riflette spesso sulla “visione arturocentrica del cosmo” e sull’assurdità intrinseca del libro che ha tra le mani. - Non ci sono solo le radici latinoamericane, Asti, nel Piemonte italiano, è la capitale del mondo. - Griffi gioca con la struttura: elenchi infiniti, narrazione frammentata, generi che si mescolano e si contraddicono — romanzo di formazione, d’amore, d’avventura, thriller, ucronia. - E soprattutto, una continua riflessione sull’atto stesso di raccontare e di scrivere, che diventa parte integrante della storia.
Che dire? Un viaggio incredibile, ipnotico e imprevedibile. Buona lettura! --- Ho dato in pasto a chatGPT il capitolo 4 (Il mondo in un granello di mondo, ecfrasi di una sovraccoperta) e chiesto che mi crei questa sovracoperta ricca di mondi, ecco a voi come dovrebbe più o meno essere:
Dopo il successo de “Ferrovie del Messico”, pubblicato con Laurana, con cui Griffi ha vinto tanti premi (libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2023; vincitore del Premio Libro dell'anno di Fahrenheit, del Premio Mastercard Letteratura e del Premio letterario Mario La Cava 2023), Gian Marco Griffi, una delle voci più interessanti del panorama letterario italiano, torna in libreria con Digressione, un romanzo ucronico lungo ben 1003 pagine, che si divora.
Si può apprezzare appieno Digressione, solo dopo aver letto Ferrovie del Messico. Infatti, il mondo presente in Ferrovie del Messico, c’è anche in Digressione. Qui l’autore si diverte a usare le biforcazioni temporali. Per esempio, Benito Mussolini non risulta essere stato fucilato il 28 Aprile 1945, ma catturato, imprigionato e poi mandato in esilio, da un’isola ad un’altra isola, un po’ come Napoleone.
Anche in Digressione il protagonista è un ragazzo, Arturo Saragat, a cui l’amico Tommaso regala il libro Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México:
“Un lampo estatico di uccelli brutti, nerastri, prillava sulle nostre teste; uccelli deformi, simili a giganteschi insetti o a un abominevole incrocio tra corvi e tacchini, folleggiavano spossati, sobbalzanti, cabrando e buttandosi in picchiata verso il Borbore che scorreva dall’altra parte della strada. Prendilo, ha detto Tommi porgendomi il libro, è tuo. Io non sapevo cosa fare.”
Digressione è un libro mondo, in cui si moltiplicano gli universi possibili, e confermo quanto avevo già scritto in Ferrovie del Messico: Griffi non sembra uno scrittore italiano, ma uno sudamericano, degno erede di Jorge Luis Borges, Julio Cortázar, Roberto Bolaño, solo per citarne alcuni.
Digressione è anche un invito alla gentilezza, uno sprone a costruire una società più umana, più equa, più attenta all’altro:
“Amare è l’unica cosa che vi resta quando i vostri progetti naufragano, quando i vostri sogni svaniscono. E dunque: siate gentili in questo mondo oscuro! Fate fruttare il vostro amore. Illuminate un granello di mondo, e illuminerete il mondo. Ardete. Fate vibrare una corda. Siate gentili! Siate gentili in questo mondo oscuro! E se proprio non riuscite ad amare, se proprio non riuscite a essere gentili, o quantomeno garbati, se pensate che la vita sia soltanto una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa niente, se proprio non volete sedervi al tavolo di un’umanità nuova, allora gracideremo per voi che avrete vissuto invano, brekekekex koax koax!”
Premetto che un libro così non dovevo affrontarlo nelle estati che da me sono una giostra impazzitia di ritrovi, eventi, divertimenti, sagre e tramonti mozzafiato. Forse aveva bisogno di un po' di concentrazione. Ma il tempo ci disordina le vite L'ho letto con occhi agguffiti. L'ho seguito tra Umpa-Lumpa canterini per intere notti illuni, non volevo fare la gibigianna ma alla fine ho accettato di giocare a Digressione anch'io, perchè tanto più una cosa si presenta bislacca, tanto più è probabile che sia reale. Ma ad un certo punto seguendolo tra i vari e stralunati monumenti all'Amicizia tra i quali il mio preferito resta quello tra il Popolo d'Italia e il formaggio erborinato ho pensato che Griffi faccia uso di acidi.
Allora ho cercato di mettermi a disenigmaticare ma non ce l'ho fatta. Forse avrei dovuto burpeggiare-bubbolare-ruzzare-spantegare tra il prillar dei rospi (ero convinta gracidassero!) perchè ci sono parole che sono la nostra infanzia, nostra nonna, la nostra terra, parole che hanno un ruolo salvifico, che svelano la natura perigliosa delle cose. Però ad un certo punto per evitare di perdermi nelle Digressioni ho cominciato a segnare alla fine di ogni capitolo un mio del tutto personale commento e tra un “ma che bello!” o un “Io lo adoro” alternato a un “NOIA assoluta” sono arrivata a un “Griffi è pazzo!”. Del resto bisogna amare e contraddirsi, lasciar spazio per la contraddizione. Non si può essere coerenti sempre. Infatti gli oscuri ratti del sospetto rosicchiano i cavi elettrici delle nostre certezze
Alla fine devo ammettere, rileggendo tutte le mie note dall'inizio alla fine, dovendo essere gentili in questo mondo oscuro perdono a Griffi la fatica che mi ha imposto durante buona parte dell'estate, perchè non sempre “oltre le 300 pagine se non sei il Dosto lascia perdere”! Però secondo me qualche taglio ci sarebbe stato anche bene, Einaudi avrebbe potuto guardarci dentro un po', anche se alla fine ne è valsa la pena. Però il mio giudizio resta sospeso, per le stelline ci devo pensare su, anche se sono convinta che a Griffi non gliene importerà un fico secco.
Non vedevo l’ora di abbandonarmi al flusso di parole di questo libro. Il viaggio è iniziato, gli spunti sono tanti come lo sono le tappe, le immagini, i paesaggi interiori e le fughe. Mi ero anche ripromessa di leggerlo lentamente e mai di sera, per evitare una notte in bianco. Ho fatto fatica a fermarmi, ma ci sono riuscita. Tra una tappa e l’altra ho giocato a “Digressione”, allontanandomi da un fatto principale per poi tornare a gioco finito, tentando di riannodare i fili del discorso interrotto. È una lettura senza vie di mezzo, non può piacere un po’, così così. Se non ti prende, lo abbandoni, sommerso dalla marea di personaggi, storie più o meno verosimili, ucronie, vocaboli colti tra i più desueti della nostra lingua, dalle innumerevoli diramazioni di una stessa storia. Chi cerca una trama lineare, una struttura, un finale, è inutile che lo legga. Sfugge a ogni regola anche se, a ben guardare, una piccola trama c’è: le conseguenze di un atto di feroce bullismo con cui il libro si apre. Alcuni ragazzini, tra cui Arturo Saragat, invitano Tommaso Sconocchini ad accompagnarli al parcheggio di un Carrefour abbandonato. Contento e sorpreso, Tommaso porta un fischietto del nonno, capotreno, e un libro che regala ad Arturo. Inizia il test dei riflessi, costringono il compagno a spogliarsi e gli sparano con tre pistole ad aria compressa, abbandonandolo poi nudo e tremante nel parcheggio, preda di una deriva di pensieri “Che come palle di cannone ci attraversano il cervello lasciando un sentore di bruciacchiato, pensieri che ronzano come vespe, pensieri desolanti” Tommi parla di sé in prima persona plurale, dando così una delle tante chiavi di lettura del testo: “Noi crediamo che esistano infiniti tempi e infinite biforcazioni. Infiniti noi. Infiniti incroci tra un tempo e l'altro. Crediamo che i tempi non siano paralleli. Sono come i bastoncini colorati dello sciangai”… “ogni cosa che ci succede è l’esito di tutti i bivi che abbiamo imboccato illudendoci di essere gli unici artefici della nostra sorte”. Da ciò deriva l'esistenza di tanti Tommasi Sconocchini possibili e nel parcheggio, il 19 novembre 2013, “siamo lì, nell’unico tempo e nell’unico luogo in cui ci è concesso di vivere, nell’unica versione di noi che gli altri riescono a concepire”. Arturo Saragat vive con la madre Anna. Il padre li ha abbandonati quando era piccolo per cercare e studiare piante in Sud America. È sconvolto per l’episodio del parcheggio, perché, pur volendo e potendo, non ha aiutato Tommi. Questo pensiero lo assilla e non gli dà pace.
Il libro è la copia n. 33 della Historia poética y pintoresca de los ferrocailles en México. Per errore è stato rilegato insieme a L’armamento delle truppe a cavallo tartare. Libro magico, portale per il metaverso, ha lasciato il segno nelle vite di chi lo ha posseduto. E chi lo ha sfogliato ha disegnato, scritto, preso appunti, lasciato simboli, personalizzandolo. Il legame con Le ferrovie del Messico è chiaro. Ritroviamo anche alcuni personaggi del romanzo. È un libro con cui molti hanno giocato ad Abschweifung, digressione. C’è chi ha interrotto la propria quotidianità per cercare tutti i possessori precedenti della Historia, per ricostruirne il cammino e, una volta portato a termine il compito, ha tentato di riannodare i fili della vita interrotta. Per Arturo è una quest, la ricerca della redenzione, della possibilità di espiare la colpa e rinascere, che lo porterà in un paesino fantasma della Calabria.
Ho leggermente barato sul tempo impiegato a leggere Digressione. Dopo averlo finito una prima volta, l'ho ripreso seguendo un percorso a saltare: le storie di Arturo e Tommi e poi le storie all’interno della Historia. Per giocare con questo romanzo contenitore che mi ha entusiasmata per la capacità di scrittura di Griffi - tra l’altro le pagine in cui mescola spagnolo, inglese, tedesco, italiano sono molto divertenti - che intercala un italiano perfetto con alcuni elementi dialettali; l’immaginazione; le storie che racconta quasi per esorcizzare la morte, come in Le mille e una notte; l’abilità di entrare e uscire dalla digressione, coinvolgendo il lettore. Sarebbero ancora molte le cose da dire, ma ho rubato fin troppo tempo e spazio
“Il tempo ci disordina… ogni istante è una scelta e ogni scelta genera un mondo… l’amore crea il mondo, la morte ne crea un altro…”
La vita stessa altro non è che un’immane digressione nel tragitto che dal grembo materno conduce spietatamente alla tomba.
Questo romanzo contiene tutto ciò che chiedo alla letteratura ed è credo uno dei migliori romanzi dei miei ultimi dieci anni - oltretutto di un italiano, cosa incredibile - mi piace poterlo affermare con sicurezza avendo le idee chiare e senza timore di sbagliarmi.
La mia missione per i prossimi anni sarà trovare una persona a cui poter prestare questo libro sperando con tutto il cuore di farlo felice, ad oggi sono riuscita a convicere un amico all'acquisto, vedremo....
È una lettura assai complessa che richiede attenzione ma la complessità non sacrifica il piacere della lettura che qui è sommo. Libro che può essere fruito in tanto modi, è come un gioco o un labirinto da cui cercare di uscire. Ed è divertente seguirne l''architettura labirintica, un frattale pieno di salti temporali tra passato e futuro, e salti spaziali dal Piemonte - Asti in particolare attraversata dal 45° parallelo e che diventa il centro del mondo - fino al lontano Messico. Prende l'avvio da un'ucronia che sta a fondamento di tutto il romanzo: Mussolini non è morto appeso a piazza Loreto, ma è sopravvissuto alla guerra, ha allevato asini a Pantelleria, i suoi asini sono sacri e oggetto di culto. Ma, sia chiaro, il romanzo non si svolge ai tempi di Mussolini anzi è una storia futuribile che parte dal 2013, quando accade un fatto dirimente per un gruppo di liceali di Asti, per arrivare fino al 2053.
Dicevo struttura a labirinto o digressiva come si evince dal titolo ma dove tutto è perfettamente concatenato in un ingranaggio perfetto, nulla, o quasi, è messo a caso e ogni digressione è un allontanamento SOLO temporaneo che amplifica la storia narrata, per poi tornare sui propri passi. La finzione ucronica nelle mani dell'autore serve "per aumentare di qualche grado la realtà" per vederla da un’altra prospettiva possibile. Griffi inserisce elementi "fantastici" ucronici che non stonano, perché per il lettore diventano normali fanno da cornice e materia stessa del racconto che riesce ad affrontare tanti temi, morali etici, politici, sociali. Nodi che raccontano storie d'amore, di magia, di disperazione, di sfruttamento del lavoro, di sedute psicanalitiche, di bisogno di espiare e di ricercare una redenzione morale per le proprie colpe reali o immaginarie, di follia al potere, di un parco divertimenti dedicato a Pinocchio edificato espropriando un terreno dove vive una comunità rom, e anche di un campo da golf (l'autore, che non è scrittore di professione, nella vita gestisce un Club di golfisti ad Asti) e ancora citazioni implicite o esplicite che rimandano ad altri scrittori, riferimenti musicali, libro che parla del male e dell'urgenza di gentilezza in questo mondo. La scrittura di Griffi esonda, trabocca alluviona, a proposito di alluvioni c'è il capitolo sull'alluvione del Tanaro del 1994 che è una gemma splendente di narrazione, scrittura che avvolge nel suo essere strabiliante ricca e sontuosa ma con la leggerezza di non fare mai pesare il suo essere anche profondamente colta. Sì ride e ci si commuove perché in più punti il tragico entra in maniera inattesa e si passa da situazioni grottesche, amaramente comiche, a capitoli di una umanità struggente, quanto ho adorato Arturo Saragat il protagonista.
È un libro molto difficile da spiegare, le mie parole non restituiranno affatto l'idea di cosa sia questo romanzo. Dello stesso autore avevo già letto il suo bellissimo primo romanzo Ferrovie del Messico la cui eco ritroviamo anche qui, ma con Digressione avviene un salto qualitativo sorprendente, e dire che l'autore lo ha buttato giù in poco più di quattro mesi di stesura.
Di solito non ho il culto degli autori viventi ma in questo caso vorrei davvero abbracciare Griffi, andare a qualche sua presentazione per complimentarni con lui e farmi autografare la mia copia. Fargli sapere che: "Oh...Griffi lo sai che hai scritto un capolavoro?". Mi sa che vado su fb e glielo dico.
P.s. vi piace la marmellata di fichi? Se si allora è il vostro libro, altrimenti lo stesso
Aggiornamento: purtroppo questo romanzo si è rivelata una grande delusione, almeno per me (vedo che qui sopra ci sono solo pareri positivi 😅); ho avuto la sensazione che l'autore abbia deciso di riunire qui tutte le storie e le sottotrame che non è riuscito a inserire in Ferrovie del Messico, quindi il romanzo mi è sembrato troppo dispersivo e poco coerente. È veramente un libro dalla mole importante e quindi, viste le sensazioni poco positive che mi hanno lasciato le prime 200 pagine, ho deciso di abbandonarlo. Ho adorato Ferrovie del Messico ma qui non è scattata la scintilla, pazienza :(
-------------------------- 1174 pagine!? L'hype che ho per questo romanzo non è quantificabile (anche se non è facile ripetere la magia di Ferrovie del Messico). Non vedo l'ora
Un lungo brodo allungato che ha 2-3 sapori buoni cioè momenti ben scritti e riusciti che però annegano in un fiume di parole messe lì solo per fare mole. Ha quindi dei momenti divertenti e spassosi e la penna di Griffi merita anche più della sufficienza ma l operazione editoriale è ai limiti della truffa. I libri cara Einaudi vanno editati anche quando si vuole cavalcare l hype di un fenomeno editoriale ancora sulla cresta dell onda. Altrimenti la fretta si ritorce sull autore che ha la sola colpa di aver sfruttato l occasione di passare ad una grande casa editrice salendo sull unico treno che passa. Non lo biasimo è umano ma la casa editrice è doppiamente colpevole. Si vuole incassare soldi subito senza lavorare veramente su uno scrittore. Male caro struzzo.
Intendo vivere ogni giorno con il solo e unico scopo di digredire così profondamente e intimamente, così maledettamente, che digredirò financo digredendo
Questa è la storia di Arturo Saragat che non può fare a meno della marmellata di fichi, che si tiene agganciato alla ritualità per non perdere il centro della propria esistenza, che alle elementari si innamora di una bambina con un fiore di carciofo stretto tra le mani, che un giorno, nel parcheggio del Carrefour, non trova la forza di reagire all'ingiustizia e alla violenza, che farà del senso di colpa una ragione di vita.
Ma è anche la storia di un libro magico (la copia 33 de la Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México) che passa di mano in mano, di continente in continente, attraverso i secoli, seguendo un disegno non tracciato, rocambolesco, a volte straniante.
Ed è inoltre la storia del nostro Paese nella versione ucronica di Griffi. A causa di un evento storico che nella versione ucronica non si verifica, il corso delle cose sarà diverso. Eppure viene da pensare che l'ucronia di Griffi sia in parte uno specchio fedele della nostra attuale società.
Qualche critico ha sostenuto che la scrittura di Griffi sia a tratti sciatta (https://www.iltascabile.com/letteratu...). Non sono una critica ma, da lettrice, posso dire che mi piacerebbe leggere più spesso una scrittura sciatta come quella di Griffi.
In conclusione: tra una risata di cuore e una risata amara, un migliaio di pagine e decine di digressioni di ogni genere e tipo si leggono che è un piacere.
P.S. Aggiungo in coda un'intervista a Griffi su FDM che dice molto dello scrittore e racconta anche l'esatto momento in cui e' nata l'idea del Parco Pinocchio di Asti raccontato in Digressione (circa minuto 4)
considerazioni sparse: 1) contenta di averlo letto 2) andamento molto ondivago: pagine che mi hanno catturato, pagine che mi hanno divertito, pagine che mi hanno annoiato, pagine che ho saltato senza rimpianti né rimorsi 3) autore che fa grande mostra di erudizione ma senza tirarsela più di tanto - e comunque a me veniva sempre in mente zia genoveffa di sensualità a corte quando attacca i suoi pippardoni logorroici 4) complessivamente, tre stelle e mezzo
C'è chi legge libri per avere una bella storia, chi per immedesimarsi nei personaggi, chi per imparare qualcosa, io leggo soprattutto per divertirmi. E con questo libro mi sono divertita molto, pur con le difficoltà, ho trovato tanti spunti, tante trovate che mi sono proprio piaciute. Certo molto devo al gruppo di lettura, che mi ha aiutato a cogliere ciò che non ho colto, che mi ha spronato a mantenere il ritmo. Ho amato il gioco infinito, il nastro di moebius del tempo e l'amarezza triste dietro il gioco. E mi è piaciuta anche la scrittura, tutt'altro che sciatta ma finalizzata alle disgressioni, agile , compiaciuta ma non troppo.
Parlare di questo libro è difficile. Perché questo libro è un mondo. Prima di tutto, dentro Digressione c'è un altro libro (e qui Calvino sorriderebbe) fondamentale, che è la Historia poetica y pintoresca de los ferrocarriles en México (che avevamo già conosciuto nel libro precedente, e infatti tutto è collegato, nella cosmologia di Griffi), la copia 33 di 33 (verso la fine del libro Baudelia ci spiega perché si è salvata solo questa), che per un errore di stampa è mischiata a un libro sugli armamenti delle truppe tartare, e che passa di mano in mano, in giro per il mondo, per oltre un secolo, dalla sua stampa negli anni '30 del 1900 fino agli anni '50 del 2000. E un paio di queste mani sono di Arturo Saragat (come il quinto Presidente della repubblica), che è anche un po' il nostro schlemihl di pynchoniana memoria, novello Slothrop, ma pure un Bloom 2.0 (c'è una intera sezione del libro che si dipana in una giornata in cui si gioca spesso letterariamente coi suoni, come faceva uno a caso: Joyce, nel suo Ulysses) ricevuto in dono da Tommaso Sconocchini, altra figura centrale (e centripeta) del romanzo. Perché da lì, da quel giorno di novembre del 2013, nel parcheggio del Carrefour, parte la "digressione" di Arturo Saragat, e quindi la nostra. Perché questo libro è anche un gioco, lo stesso che porta il titolo del libro, e che non va confuso con la divergenza o con il prendere altre strade, no. Digredire è un'altra cosa. E leggendo Digressione, di fatti, stiamo digredendo. Ma per maggiori informazioni, all'interno della copia 33 della Hystoria ci sono le regole. E a quel punto il libro ti esplode in mano, letteralmente (come esplode a volte la prosa e la fantasia di un Moresco qualsiasi). Perché oltre alla vita di numerosi (più di 50) personaggi, tra cui consoli golfisti, costruttori di labirinti (di borgesiana memoria e forma), imprenditori nel ramo dei mappamondi, marinai, Rievocatori Littori, Mussolini in esilio finita la guerra, dentisti, maghi e stregoni, ambasciatori, pinocchi, zingari, bambine e tartarughe, appassionati di scarafaggi, giornalisti, camerieri, cassiere con la fissa per Watchmen (nello specifico per il personaggio di Adrian Veidt) di Alan Moore, star della TV col corpo ricoperto di 333 tatuaggi, e Ciccina Circè e Marosa e i ferribò (ah, che bello ritrovare D'Arrigo), in mezzo a geografie ucroniche e impossibili (tra tutte Pantelleria e Roghudi "vecchio" con le virgolette - inserite in capitoli che piacerebbero tanto a Cartarescu-, ma anche le isole Kiribati, e il monte Gibele, e l'ultima isola di approdo in cui finiscono i soldati del ROSPO guidati - e per colpa - del sergente maggiore Saragat), la cosa che più disorientante di questo libro sono le emozioni e la loro nuda e cruda spietatezza, e la luce con cui Griffi le indica (che pare di leggere i pensieri più intimi di David Foster Wallace). "Perché amare?" ma, soprattutto, "si può (o si deve) o essere gentili in questo mondo oscuro"?. E chissà se c'è una via di fuga all'infelicità. Chissà se alla fine Costantina verrà a prendere anche noi, per portarci alla Roghudi "vecchio" (con le virgolette) per farci trovare la redenzione, persi nell'entanglement quantistico dell'intreccio non solo della vita che stiamo vivendo, ma di tutte le nostre vite possibile, che si compiono contemporaneamente. Chissà se la formula Sasibilcosefa funziona davvero e se non mangiare la marmellata di fichi influenzerà per sempre il resto di tutto ciò che ci accade attorno. Bisognerebbe chiederlo ad Arturo, quindi a Gian Marco Griffi, demiurgo di questo crocevia di destini, fine comico e umorista, scrittore del lunedì, cuoco segreto (come l'ingegnere il cui cognome strizza l'occhio al più noto personaggio di Bolano) di un romanzo che non lascia mai indifferenti, che cattura, avvolge, assorbe, ingloba, stupisce, confonde, intristisce, intriga, rapisce, solleva, coccola, diverte, spiazza, intrattiene e mostra. Mostra cosa? L'unico ostacolo possibile alla nostra felicità: noi.
Premessa: consiglio vivamente di leggere prima Ferrovie del Messico, verso il quale in Digressione ci sono numerosi rimandi (oltre al ritorno di quasi tutti i personaggi principali).
La scrittura di Griffi è un fiume in piena con tutto ciò che questo comporta: distruzione, rivoli che si estinguono nel terrapieno senza portare a nulla, campi allagati, paesaggi storici mutati e piani temporali e narrativi intrecciati. Per giunta scrive un libro intitolato Digressione, quindi non lamentatevi se digressionerà in continuazione. Tra l'altro lo farà per più di 1.000 pagine (belle fitte, circa 1.476 su un e-reader). Se volete stare al gioco e accertarne le regole vi divertirete, altrimenti lasciate stare (ma in fondo questo vale per qualsiasi libro)
Non avendo granché da aggiungere a ciò che Griffi ha magistralmente scritto in mille pagine, mi sono permesso di fare questa cazzatella qui, che tuttavia credo riassuma bene il mio pensiero sul romanzo:
Francesco Reni ha giocato ad Abschweifung-Digressione a Oxford, Londra, Recanati, Marche, Bologna dal 2 Agosto 2025 al 31 Agosto 2025 (con una piccola pausa).
Era difficile se non impensabile reggere al confronto con "Ferrovie del Messico", ma Griffi ce la fa egregiamente, ha ampliato un mondo riempiendolo di universi! Bello, bello!
L'ho letto per far contenta mia moglie; per me tutto ciò che puzza di postmoderno è la peste (ho detestato libri considerati capolavori dell'umanità come L'arcobaleno della gravità, Infinite Jest e compagnia bella - ne riconosco il valore, per la carità, basta che li legga qualcun altro, per esempio mia moglie). E infatti anche questo romanzo è davvero lontano dai miei gusti, e non potrei dire che mi sia piaciuto, e neppure che non mi sia piaciuto. O meglio: mi infastidisce la scrittura barocca, densa, dispersiva, e questo romanzo è proprio questa cosa qui (con delle pagine di una bellezza abbacinante, pura, questo va pur detto, mentre altre pagine sono per me state un gran fastidio digressivo. Mi sono reso conto che provavo fastidio per le cose per cui mia moglie era impazzita di gioia. E allora mi sono posto il problema di che voto dare (io do praticamente tutti 5, o meglio ho deciso di mettere qui soltanto i romanzi che mi sono parsi da 5 stelle, gli altri manco li scrivo), quello del mio godimento o quello oggettivo? Alla fine, anche per dare il giusto riconoscimento a mia moglie, ha prevalso il voto sul progetto dell'autore: questo è un romanzo riuscito in pieno, in pratica questo pazzo ha scritto un enorme labirinto, un'enorme torre-monumento (un mausoleo?) alla digressione, come filosofia di vita e come modalità di scrittura. Tutto è costruito per essere digressione, per infastidirmi e per far gioire quelli che non sono me. Eppure ci sono mille registri diversi, anche se tutti digressivi. C'è anche una trama, un personaggio principale, un bel po' di temi scottanti, un'ucronia, la meccanica quantistica, eccetera. Alla fine mi sono annoiato, mi sono infastidito, mi sono entusiasmato, mi sono arricchito, mi sono commosso e mi sono divertito. Perché è un romanzo sulla colpa e sulla redenzione, sul tentativo di ordinare il mondo che è disordinato, digressivo, complesso, come la scrittura del romanzo. Mi verrebbe da dire di starne alla larga se cercate storie lineari e una scrittura pulita, incisiva ma non densa e barocca, ma alla fine credo che questo possa essere considerato davvero un romanzo importante della nostra letteratura contemporanea, e allora forse si può pensare di affrontarlo, senza pregiudizi sulla mole o su quanto possa dirvi io.
Difficile descrivere un romanzo del genere. È proprio fuori scala. Gioca in un campionato diverso dal resto dei libri. Digressione entra senza dubbio nell’Olimpo dei romanzi mondo al pari di 2666 di Bolano e Infinite Jest di David Foster Wallace.
Premetto che le 4**** sono meritate, ma sono stata molto combattuta. Ci sono parti, la prima in particolare da 5***** piene e meritate, e altre - alcuni passaggi della seconda parte, il finale - che sono decisamente sotto il livello iniziale. Inoltre, non ho applicato due elementi di cui di solito tengo conto (molto conto) per la valutazione. Il coefficiente Amb (Ambizione): a cosa ambisce questo libro? A essere un grande libro, un libro universale, un’opera mondo, un’opera compiuta e risolta. Ci riesce? Imho, no. Quindi il coefficiente sarebbe negativo ma in realtà la risposta è più articolata (vedi sotto). Il coefficiente Tit (Titolo): il titolo è coerente? Si (per forza, si basa su quello). Fornisce una chiave di lettura? Si, però lo fa come se volesse crearsi una "coerenza a posteriori". Questa chiave rispetta il lettore? No. E questo secondo me è il suo peggior difetto.
Ma andiamo con ordine
Ho molto amato Ferrovie del Messico, la cui lettura con GdL è stata una festa continua, per la capacità di Griffi di tenere sempre ben saldo il racconto, disseminandolo di invenzioni narrative e costruendo personaggi a tutto tondo. Quindi ho iniziato D con le migliori intenzioni (accompagnata anche in questo caso da un GdL) e - forse - con aspettative troppo alte. Il primi capitoli partono molto bene, una narrazione vertiginosa e un uso della lingua mai scontato e banale, anzi una capacità (che verrà mantenuta per tutto il libro) di mischiare in modo raffinato più registri verbali a diverse tipologie narrative (oltre a un delizioso gusto per parole desuete, che però ogni tanto si tradisce, nel secondo capitolo c’è un "appropinquò" che mi è risuonato falso :-). La prima parte definisce (sembra definire) i caratteri e le vite (la prima parte) dei due protagonisti: Arturo Saragat e il libro Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México, le cui avventure seguiamo su doppi binari che spesso si incrociano, a partire dal primo incrocio che è segnato da un fatto tragico che marcherà la vita di Arturo per sempre. Quindi seguiamo Arturo e i fatti della sua vita, l’episodio di bullismo, la figura di Tommaso Sconocchini , il padre Giacomo botanico geniale amorevole , l’amata Angelica che si barcamena , i bivi del destino, gli amici, le ossessioni tra cui la marmellata di fichi. E poi seguiamo (le parti più belle, giunta alla fine, le ricordo ancora) le peripezie dei possessori/lettori di HPyPdlFeM, la descrizione delle sue 1000 e passa pagine**
In tutto questo, Griffi ci regala pagine bellissime toccando grosso modo tutti i temi sensibili dei nostri giorni, oltre a tutti i temi universali, l’amore la vita la morte, e lo fa usando tecniche e stile diversi con una incredibile capacità di gestire la materia narrativa, sia come stile che come tessitura (ricordando sia il Calvino di Se una una notte d’inverno un viaggiatore sia il Potocki di Manoscritto trovato a Saragozza). Solo che - per come è costruito il libro - ci si aspetta che questi temi ne diventino il cuore, si impongano sulla narrazione e invece, dopo che sono stati usati in più modi, “si spostano” e lasciano il passo ad altro (ad esempio, la citazione distopica di un futuro in cui Mussolini non è morto - capitolo notevolissimo quello della mancata fucilazione che prelude alla storia delle isole e degli asini), creando i presupposti della seconda parte. Dove casca l’asino (gioco di parole asinino :-) ). Perché, alla fine, tutta la prima parte di questo fluviale barocco iperfetato postmoderno romanzo mantiene la promessa. E’ la seconda parte a tradirsi. La superfetazione prende la mano, ed è giustificata solo dal titolo, Digressione. E questo è secondo me il difettone: metti in esergo, anzi sulla copertina, la giustificazione delle continue digressioni narrative. E va bene fino alla prima parte. Perché le digressioni sono rami di un labirinto che torna sempre verso il centro. Ma questo labirinto, nella seconda parte, si sfilaccia, i confini si sfumano, là dove dovrebbero trovare corpo e consistenza, la costruzione tira via, sorvola, dà per scontato, applica ellissi che non sono ardite ma arbitrarie. Per arrivare a una fine (fine? piuttosto un cliffhanger micidiale, che lascia presumere che seguirà un altro volume) in cui sono veramente poche le cose che tornano. E non perché sia un finale aperto (che non cito per non spoilerare) o irrisolto (ci sono tormentoni che rimangono lì, senza una motivazione tipo Lemmonio , o i seguaci della chiesa di Giuda Iscariota, o il Fissasegola), ma perché è incoerente con la struttura narrativa. E' calato ex catedra, dall'alto. Ed è pure monco. Di Arturo grosso modo abbiamo seguito l'evoluzione (cioè, magari fosse stata narrata una evoluzione, da un certo punto in poi sono stati narrati dei "momenti" che hanno reso la figura non a tutto tondo ma una roba tipo "unisci i numeri" della Settimana Enigmistica). Della Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México si sono perse le tracce, è salta fuori alla fine, così, giusto per chiudere il cerchio.
E poi ci sono un po’ di stonature, anzi no, di dubbi che minano un po’ il piacere della lettura. Ad esempio: - Le citazioni e i rimandi a cui Griffi ci aveva abituati in FdM dapprima sono un gioco che fa sentire intelligente il lettore, solo che ce ne sono talmente tante che non ci si sta dietro (e dopo un po' smetto di compulsare google per vedere "cosa sono le cose", tipo il blemma, il fiore puzzola, etc.) e neanche con l’aiuto dei compagni di lettura, che scovano quello che a me sfugge). Perché se si tratta di un ipertesto, deve essere funzionale alla lettura, e quindi aggiunge cose. Ma se la citazione è così ben camuffata che solo un occhio iperattento la scova, allora è un puro esercizio di mimetismo. Bello, eh, ma un po’ fine a se stesso. - Le date scritte in lettere. A che prò? Sto scrivendo questo commento il due dicembre duemilaventicinque (2/12/2025). Cosa cambia? C’avrà voluto dì? - Gli elenchi e le compilazioni. Griffi non si accontenta mai di una sola citazione, ma affastella cose, con criteri tutti da scoprire; compila elenchi, mette insieme cose, e ci si chiede anche qui il senso (a parte la citazione di Mobydick con tutte le tipologie di spermaceti, o di Verne con tutti gli elenchi di pesci che si trovano in Ventimila leghe sotto i mari). - I pastiche linguistici troppo spinti e/o troppo lunghi: ti aspetti che alla fine abbiano un senso, e invece sono un mero esercizio di bravura (stile Queneau o Jarry, altre citazioni?).
Quindi, deludente nel complesso, ma affascinante nel dettaglio; un po’ come per i personaggi: Griffi è grandioso nei bozzetti (il padre che sopravvive al figlio, il dentista, i vari possessori di HPetc.) ma mi fallisce nei personaggi che vorrebbero avere un arco narrativo completo, e invece hanno un ellisse che ondeggia tra il serio e il faceto (il collega rospo che adotta un bambino in sostituzione del proprio che per qualche motivo - uno sfasamento temporale? - non può vedere).
**all’inizio mi ha punto la vaghezza di iniziare a disegnare il libro, pagina dopo pagina, grazie alle descrizioni accurate. Ma, poi, mi è sembrata una cosa così .... scontata, cioè possibile che nessuno lo abbia ancora fatto? Griffi se lo è disegnato/scritto tutto? Arrivata alla fine, penso proprio di no. Perché le 1000 e passa pagine, con tutte le cose che dovrebbero contenere, biglietti, pezzi di biscotti, cartelli, scritte e altro sono troppe per essere credibili (oltre al fatto che il libro è dentro a un altro libro). Sarebbe un libro di 30 cm minimo, che dopo tutte quelle vicissitudini ormai si sarebbe squadernato. Quindi mi chiedo, è un libro o un meta-libro? Esiste o pure lui è come Arturo?
Che romanzo pazzesco. Ogni singola pagina è una goduria. E alcune sono più goduriose della goduria. Secondo me siamo un gradino sopra (o forse anche due) Ferrovie del Messico, che già avevo amato molto.
Letto per il GdL di Pianobii, l’ho finito stanotte e, premesso che per lunghi tratti ne sono stata entusiasta, che a lungo gli ho perdonato l’eccesso perché comunque ci sono veramente tante parti bellissime, che Griffi si conferma scrittore di grande talento che ha ampiamente dimostrato tutta la sua abilità nel manipolare tutti i possibili registri e tutta la sua enorme sapienza letteraria, alla fine, e mi addolora davvero tanto ammetterlo, questo libro secondo me ha qualcosa che non è riuscito. E c’è talmente tanta di quella roba che è difficile fare un compendio equilibrato delle emozioni e dei giudizi. Sono sostanzialmente in accordo con tutti i commenti letti, anche contrastanti, e, insomma, mettere un punto fermo su questo libro è impossibile. Griffi scrive benissimo in mille maniere diverse e sfoggia una quantità esorbitante e ammirevole di citazioni letterarie, muovendosi con disinvoltura tra alto e basso, sacro e profano, serio e faceto. Mi piace la persona che si intravvede dietro e anche la difformità tra quello che traspare e l'essere direttore di un campo da golf ... lo rende direi un essere ontologicamente digressivo! Digressione è il titolo ma è anche l’essenza stessa del libro: Griffi sceglie di utilizzare la digressione come canone sia nella scrittura che nella narrazione e ci sono lunghissime parti, soprattutto nella prima metà, in cui periodi interminabili - pieni di coordinate, subordinate e parentesi (ahhh, le parentesi!!!!) - e storie, personaggi e argomenti infiniti si aprono a cascata perdendosi in migliaia di rivoli senza ragione, al punto da fagocitare e mettere in ombra tutte le altre qualità. All’inizio ho provato il piacere di ritrovare linee narrative lasciate aperte nel libro precedente oltre naturalmente a nuove bellissime e certamente ho ammirato una critica di natura sociale e politica molto sottile, elegante, oltre che arguta e spesso esilarante (per es. l’episodio della visita di Drino e Arturo agli asini sacri di Mussolini); l’episodio iniziale, che condizionerà tutto lo sviluppo seguente, è molto forte e disturbante e getta subito una luce sinistra che si espanderà senza che ce ne accorgiamo. La seconda metà, pur mantenendosi ancora in questo canone, cambia registro e da qui si focalizza su Arturo, cosa all’inizio accolta positivamente, ma gli ultimi capitoli (a partire da quello interminabile sulla giornata elettorale, stilisticamente impeccabile) diventano nella mia percezione quasi deliranti: in questo nuovo registro molte cose all'improvviso sembrano inutili o senza una funzione e cose che all'inizio mi sarebbero piaciute molto, ora le ho trovate pesanti. Inoltre sono aumentati gli episodi disturbanti, le pagine violente. Per parafrasare Lowry, visto che Griffi lo cita esplicitamente a proposito del console, alla fine mi è sembrata un' "Odissea ubriaca" (tenuto conto del peregrinare “rospesco” da un’isola all’altra), il che dovrebbe essere un complimento, ma la sensazione è che qualcosa sia andato fuori controllo (o magari solo una stanchezza da eccessiva abbondanza). Tuttavia il finale per me funziona bene ed è bello ma insopportabilmente triste, proiettando inoltre questa disperazione retroattivamente su tutto il libro, e siccome il mondo in sfacelo che descrive, pur nell'eccesso parodico, è il nostro, mi lascia sgomenta. In questo libro non mancano personaggi interessanti o ben riusciti (Giacomo e Anna, Drino, Guillermo), ma la stragrande maggioranza rappresenta esseri orribili, nessun protagonista ha la levatura di Lito e Mec, Tilde qui è una simpatica macchietta, Angelica è insopportabile (riesce a rendere sbagliato tutto ciò che in principio sarebbe giusto) e Arturo è, al pari di Cesco, un uomo senza qualità, ma disperante. La possibilità di digressione spazio temporale ci mette davanti una lunga vita angosciosa, spesa in attesa di una redenzione che dovrebbe arrivare in un luogo-non luogo (Roghudi Vecchio, paese fantasma realmente esistente, ma con le virgolette) simile alla "Zona" di Stalker contro una vita breve ma aperta a un futuro carico di promesse, interrotta a causa di una tartaruga piovuta dal cielo, come Eschilo (oggettivamente la più assurda dell'elenco delle morti assurde), che fa anche pensare a quanto sia assurdo morire a 18 anni. Che fine ha fatto la mappa di Lemmonio? E la Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México, praticamente un deuteragonista, che per tutta la prima parte, come la pallina da baseball di Underworld di DeLillo, ci ha permesso i continui meravigliosi salti temporali da un personaggio all'altro, si è dissolto gradualmente nel nulla. Quel che alla fine non mi funziona in questo libro, non cambierebbe nemmeno se l'intento fosse scrivere una futura ulteriore digressione della digressione in cui riempire i vuoti lasciati qui. Comunque la scrittura di Griffi è essenzialmente un piacere e, se pubblicherà altro, avrò ancora voglia di leggerlo, sperando forse che esca dal troppo personalismo - nel senso che secondo me ha scritto questo libro per sé, sperimentando tutte le sue possibilità senza curarsi troppo del lettore ... e in realtà anche per questo lo ammiriamo.
...ma, soprattutto... che problemi ha Griffi coi denti? (in FdM pensavo fosse un omaggio a Tempo di Uccidere, ma …)
Un romanzo veramente complesso, forse troppo complesso, visto che è chiaramente voluto. Un romanzo che contiene il mondo – non saremo un po’ troppo vanesi sig. Griffi? – a partire da citazioni e rimandi continui a libri e “alta” letteratura. C’è di tutto, e basta perdercisi dentro per essere contenti di aver preso in mano un tomo che solo a lanciarlo addosso a qualcuno si rischiano lesioni corporali! Un libro sui sensi di colpa, sul sentirsi inadeguati all’immagine che abbiamo di noi. Un libro sulla follia, sulle fissazioni, sulle manie e sulle passioni. O, ovviamente viste le oltre 1000 pagine, su molto altro! Si può fare una cosa sola: leggerlo!
Soy un estúpido, singhiozzò il norvegese, ma no se puede vivir sin amargo. Guillermo lo corresse: no se puede vivir sin amar, disse, e mise due pesos sul tavolo. Però ci rifletté su, finí il suo pulque e disse che dopotutto non si può vivere neppure senza amaro, giacché l’amaro è quello che rende dolce quel che amaro non è.
che fine ha fatto Sconocchini? Ha fatto la fine che fanno gli illusi come me e come te, ha detto quello che non era Mao con voce calma, obliosa: finiscono in mutande a far da bersaglio a quelli furbi, quelli che hanno capito che l’unico modo per sopravvivere in questo mondo di merda è ricacciare la propria umanità in fondo al culo.
Vuoi dire, disse Drino, che ci sbarazzeremmo dei fascisti agendo esattamente da fascisti? Qualcosa dovranno pur averci insegnato, disse Titilla; e scoppiò a ridere
Voglio dire che non c’è una percentuale di persone cattive superiore tra i nostalgici fascisti rispetto alla percentuale di persone cattive tra gli antifascisti o tra i non fascisti. Le persone sono persone. Sono maligne di prima mattina, comprensive dopo un caffè al bar, disoneste a mezzogiorno, affabili a pranzo, dubbiose alle due di pomeriggio, crudeli e perverse a merenda, amorevoli a cena, perfide e taglienti prima di andare a letto. E quindi? domandò Drino. E quindi sacrificherei i fascisti perché non hanno alcuna utilità, disse Titilla. Non servono al genere umano. E, naturalmente, spesso sono dannosi. Molesti. Ma non c’entra la cattiveria, non c’entra il male. Non c’entra neppure la stupidità. Forse potremmo tirare in ballo la paura. I fascisti sono terrorizzati dal mondo là fuori. Probabilmente è questo che li muove.
Pisciò contro la corteccia rugosa, vecchia, di un antico pruno fiorito, un albicocco che per lui era semplicemente, e desolatamente, «un albero».
Si stava chiaramente inventando tutto: sapeva benissimo, e io con lui, che quelle fandonie erano della stessa specie delle fandonie che avevano generato i miti, i riti e tutte le leggende concepite dall’uomo per attribuire un significato alla spaventosa natura che lo circonda con i suoi spaventosi fenomeni
Che folle intreccio di vite digressive intorno a un libro, pensò ’Zina, l’una avviticchiata all’altra come viticci al tralcio, come spirali di fumo; false piste di un labirinto senza uscita, storie che servono soltanto per raccontare un’altra storia, e un’altra storia ancora, come l’orecchino di una vacca che ride, e tutto al solo scopo di appagare l’insaziabile ingordigia d’un demiurgo sitibondo di vita, il Giocatore di sciangai, unica divinità davvero onnipotente
I tempi erano quelli che erano, le armi bandite perfino in America, perfino a scuola, le pubblicità dei pacifisti che camminavano mano nella mano in un campo di papaveri verso un tramonto di tolleranza e buon senso, gli influencer che propugnavano pace e armonia, i concerti per il disarmo nucleare: e i militari approfittavano della Fiera per arruolare ragazzoni laboriosi e bramosi di sparare a qualcuno o a qualcosa, smaniosi di portare la pace laddove la pace ancora scarseggiava, ansiosi di seminare zizzania (quando necessario) e di raccogliere tempesta (quando opportuno)
Questo romanzo è il seguito ideale di "Ferrovie del Messico". Eppure non lo è. Con incredibile maestria, Griffi ci guida nella vita di Arturo Saragat, uomo(ragazzo?) millennial che eredita uno strano libro che si riferisce proprio alle Ferrovie del Messico. È un tipo strano, Arturo Saragat, e ci guida lungo le 1053 pagine in una storia che si incrocia su più trame e linee temporali, in una dimensione storica che non è mai esistita (andando addirittura nel futuro). Arturo Saragat ha delle ossessioni che riverberano per tutto il romanzo e per le quali noi gli vogliamo bene. Perché Arturo è un perdente adorabile ed è anche un gran "minchione", se mi si passa il termine siciliano. Lui, il suo libro sulle Ferrovie del Messico che gli viene dato in eredità, dei genitori evanescenti e una vita segnata da un evento che forse si può cambiare. Che gran regalo, questo romanzo di Griffi
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Che dire? L'inventiva e l'abilità scrittoria di Griffi sono innegabili, ma rispetto a Ferrovie del Messico (che mi aveva fin da subito catturato e riempito di vertiginosa meraviglia) Digressione mi è sembrato, salvo alcune parti, un po' noioso e decisamente troppo lungo. Ho fatto fatica a sentirmi coinvolta, e più che un caos minuziosamente architettato questo libro mi è parso piuttosto un piatto groviglio di trame e sottotrame privo di un vero motore centrale. Finendolo ho avuto la sensazione che ci fossero ancora molte fila rimaste da tirare. Malgrado tutto ho apprezzato molto alcuni passaggi e sono rimasta piacevolmente sorpresa dall'inaspettata menzione di Il destino di Morrigan Crow, libro che da piccola ho adorato.
Avevo paura che non avrebbe retto il confronto col primo, che mi avrebbe deluso, abbacchiato, lasciato con l'amaro in bocca, che avrei potuto abbandonarlo vista la tomaggine di manoscritto che ha allestito quel pazzo in culo di Griffi, eppure sin dalle prime pagine, tra sghignazzate incredule, mi sono dovuto ricredere. Questo libro psicopatico è adatto a tutti quelli che hanno adorato "Ferrovie del Messico" che, anche se non è un prequel diretto, consiglio di leggere prima di "Digressione", in ordine cronologico, perché le citazioni sparse tra le pagine del secondo creano un'aura mistica sulle ferrovie messicane che mi hanno fatto godere un bel po' e perché questo tipo di scrittura, così arzigogolata, digressiva e talvolta arcaica risulterà sfidante per molti lettori, forse escludente e quindi meglio partire dal primo e capire se siamo adatti a leggere Griffi, prima di salpare per questa odissea. Riassumerne la trama sarebbe come cercare il bandolo di uno gnommero indistricabile, un'impresa impossibile, al massimo posso dire che Griffi parla di scelte e decisioni e speranza e rievocatori fascisti che adorano asini panteschi, ma sarebbe comunque riduttivo. Questo libro denso e pregno di visioni lisergiche, gettate spesso a casaccio, ma sempre secondo un metodo scientifico, casuale e acasuale, vi porterà pian piano dentro un mondo tutto nuovo e affascinante, pieno di meraviglia e orrore, che pochi, rari scrittori, forse spuntabili sulle dita di una mano, possono creare.
Per me, che sono una bestia, è il classico esempio di "bravo ma basta". Capisco il meccanismo, ma mi è venuta voglia di andare a casa di Griffi e inibirgli il ctrl-C ctrl-V. Lo stesso, anche avendo capito il gioco, sono riuscito a godermelo dall'inizio alla fine.