Un nuovo investigatore nel panorama del giallo italiano. Un'indagine che affonda i suoi denti dove istinto e ragione si incontrano.
Giuseppe Bellingeri è calabrese, è un ingegnere ed è un agente dei servizi segreti tornato da poco alla vita borghese. Soprattutto, è un lupo grigio.
Sì, perché nel mondo di questo romanzo accanto agli umani si muovono altri animali, perfettamente abbigliati e parlanti. Così, quando nel palazzo di un paese nella piana di Reggio Calabria viene ritrovato un cadavere, sarà Balbino, orso bruno a capo della squadra mobile, a convocare Bellingeri sapendo che conosceva la vittima. E sarà in un universo brulicante di umani, volpi, salamandre, falchi e animali di ogni sorta che Bellingeri dovrà muoversi per scoprire chi ha ucciso Maria.
In una Calabria all'incrocio tra le atmosfere mediterranee e la California di Philip Marlowe, la prima indagine di un personaggio destinato a incidersi nella nostra memoria e un esordio sorprendente, spigliato come un manga, intenso come un dramma antico.
"Il nostro sangue coagula in fretta, e stare fermi, anche solo per un secondo, può essere letale."
Che bel giallo! Fresco, originale e dalla trama coinvolgente. Da amante di Camilleri, Carofiglio e Manzini sono felicissima di poter trovare un nuovo autore da aggiungere alla mia libreria di giallisti italiani. Un romanzo nel quale in parallelo all'indagine il lettore segue una sottotrama che approfondisce il concetto di istinto, di morale e ragione e quanto essi davvero differenzino un essere umano da un animale.
Che stupenda scoperta questo autore. Spero ci delizi con numerosi volumi con Beppe Bellingeri perché ne son rimasta estremamente affascinata.
p.s. Un libro in cui ho empatizzato con un cavolo di lupo grigio ex agente dei servizi segreti, capite la genialità?
Uno zootropolis mediterraneo! Cosa si può volere di più? Beh… Ci sono alcune cose di questo libro che mi sono piaciute e altre meno: i personaggi sono interessanti e ben caratterizzati. Tuttavia mi è sembrato che lo scrittore non sia riuscito a integrare le descrizioni nella narrazione in modo organico, problema di moltissimi autori italiani… la narrazione delle prime 100 pagine è risultata perciò piuttosto lenta. Altra problematica sono le tematiche sociali: mi intrigava lo spunto delle specie animali per affrontare tematiche razziali, ma si è rivelata solo una scusa dell’autore per creare un cast di personaggi più vario ma che alla fine non hanno quasi alcuna relazione con la propria specie: il lettore si dimentica spesso che i personaggi siano animali in quanto vivono tutti allo stesso modo (non vengono nemmeno accennate le differenze di dimensione tra i vari animali) e questo lato - che era quello che più mi aveva attratto - rimane secondo me poco sviluppato e superficiale, una scusa per indagare il confine tra animale e bestia che però ho trovato davvero poco convincente. Non voglio poi soffermarmi sugli infiniti problemi che ho avuto col protagonista e con gli stereotipi di genere che spesso perpetrava… mi è sembrato una fotocopia di tanti “investigatori” del panorama letterario-seriale italiano. É raro che io dica che un libro dovrebbe essere più lungo di quello che è, ma in questo caso penso che un centinaio di pagine in più avrebbero dato più spazio all’autore per un po più di world-building e per espandere su alcuni aspetti che vengono annunciati ma mai approfonditi.
Tra Blacksad e Montalbano: un romanzo d'esordio fresco, un approccio anche inedito, ma pur sempre un lavoro derivativo e tentennante in alcuni punti. Chiariamo subito una cosa: il cast è fatto perlopiù di animali antropomorfi, quindi ci vogliono delle tavole illustrate, anche solo in b/n, ma una per capitolo. E' necessario, se non indispensabile, perché il lettore visualizzi bene i protagonisti. Blacksad, per tornare all'esempio di prima, è una serie di graphic novel in cui ogni specie è antropomorfa, e proprio grazie al medium scelto, il lettore non ha problemi ad immergersi in quel mondo, apprezzandone tanto la parte visiva quanto quella narrativa. Quando invece rimane solo la narrativa, lo scrittore deve perlomeno fare capire che i bipedi animali sono tali, e invece qui è tutto sovrastato dall'effetto 'zipperback', cioè quello in cui non vedi degli animali antropomorfi, ma esseri umani in costume. Togli i costumi e non cambia niente. Non c'è bisogno di andare al livello di Beastars o Zootropolis, ma quel minimo per far capire che razza di mondo sia, dei contentini ci vogliono -anche delle tavole illustrate. Altri difetti minori -l'uso ossessivo da parte del protagonista della sua catchprase, lo spreco di un personaggio che invece sarebbe stata la controparte perfetta del protagonista, TROPPE sottotrame e un paio di situazioni che sono state messe lì alla carlona (spoiler: l'arresto del giovane autistico che manco un dilettante in legge della prima ora si sarebbe sognato di fare). Un'asciugatina di 50 pagine avrebbe giovato. Ma alla fine, quello che c'è è godibile, una bella lettura da spiaggia, e che si spera continui. (PS - per l'amor di Dio, c'è un personaggio cinese che parla come il peggior stereotipo. Frequento locali gestiti da cinesi e, anche se non parlano l'italiano della Crusca, di cinese hanno l'accento e basta.) (PPS - la radice di liquirizia di cui il nostro eroe è ghiotto è praticamente un veleno per le quantità che assume. ci sono alimenti che i canidi non debbono consumare)
Le Ragioni dell’Istinto è un romanzo che colpisce con la forza di una verità sussurrata ma ineludibile. Daniele Pronestì riesce a intrecciare introspezione e tensione narrativa in una storia che scava in profondità nei moti più intimi dell’animo umano, con uno stile asciutto ma penetrante.
I personaggi sono vivi, credibili, spesso tormentati, e seguono traiettorie che sfidano le convenzioni e i facili giudizi. Il concetto di “istinto”, nel libro, non è mai banalizzato: diventa invece una chiave di lettura potente e coraggiosa del desiderio, della paura, e delle scelte che definiscono chi siamo, spesso oltre ciò che sappiamo (o vogliamo) di noi stessi.
Una lettura che invita a riflettere ma che, soprattutto, coinvolge e resta dentro. Per chi cerca storie che non si dimenticano facilmente.
Bell'intreccio, personaggi ben caratterizzati. Metto tre stelle perché c'è un forte utilizzo del dialetto calabrese e nella prima parte del libro ho pensato di lasciare la lettura in quanto la lettura era parecchio rallentata dal mescolone linguistico di certi dialoghi, con termini e frasi a me totalmente sconosciuti. Poi con il proseguire della lettura esso diventa specchio per caratterizzare meglio alcuni personaggi e situazioni.
P. S. A fine lettura ho trovato anche un glossario dei termini principali.
Molte parole e frasi in lingua locale che non riesco a capire, ma è un limite mio. Preferisco che anche i modi di dire e fare siano più vicini alle mie ristrette conoscenze. La storia sembrava interessante ma ho interrotto la lettura.