Come nella migliore tradizione delle commedie romantiche, il primo incontro tra Joe Bastianich e l’Italia è un disastro. Figlio di esuli istriani emigrati a New York, Joe detesta l’inglese zoppicante e il forte accento dei suoi familiari, il panino con la trippa che alle volte trova nel lunchbox e il nomignolo che nonna Erminia gli ha affibbiato, Giuseppino.
Solo quando, adolescente, scopre le colline di Montalcino e il fascino borghese di Milano comincia a guardare al Belpaese con meno diffidenza. Ancora meglio, finita l’università, sarà passare un anno girando la penisola in lungo e in largo al volante di una Fiat Croma che spesso è anche il suo ricovero notturno. Al ritorno in America diventa un restaurant man di grande successo, e per vent’anni l’Italia rimane soltanto una sorta di flirt estivo.
Ma quando scopre che il format televisivo di MasterChef andrà in onda anche nel nostro Paese, fa di tutto per diventare uno dei giudici dell’edizione locale. Tra Joe e l’Italia sarà infine amore, mentre il pubblico tv lo consacra come una delle celebrità più anticonvenzionali del piccolo schermo.
Libro leggerissimissimo ma intelligente, scrittura non sempre impeccabile (le voci dei due autori non sono perfettamente fuse in una, ma neanche perfettamente separate…), si lascia leggere volentieri e racconta una interessante storia vera, con spirito americano ma senza quello strano humor che mi irrita tanto. Non sono appassionata di Bastianich come personaggio televisivo, quello che cercavo era piuttosto un punto di vista esterno, di straniero che parla dell'Italia e degli italiani. Interessante è soprattutto la prima parte con il racconto relativo ai nonni di Bastianich, con la fuga da Pola e l'inizio di una nuova vita in America. Probabilmente è una cosa che tutti dovremmo fare: intervistare i nostri nonni e mettere al sicuro, su carta, le loro testimonianze. Nella stragrande maggioranza dei casi ci sarebbe la storia di qualcuno che fugge, che se ne va e prova a ricominciare tutto da un'altra parte del globo. Un pochino meno interessante e un pochino auto-incensante la seconda parte relativa ai successi personali, imprenditoriali e televisivi, di un ragazzino viziato (mi permetto di scriverlo perché è lui stesso che se lo dice da solo, spoiled brat) ma anche qui a Bastianich bisogna riconoscere comunque il merito di avere girato l'Italia più e meglio di quanto abbiano fatto la stragrande maggioranza degli italiani che vivono in Italia, e di essersi sforzato, nel cercare di capire e apprezzare l'italianità, ben più di quello che sanno fare tanti sedicenti patrioti.
Letto perché incuriosita dalla storia familiare di Bastianich, di cui sapevo già qualcosina, e perché mi piace come scrive Sara Porro. La prima metà mi è piaciuta molto, proprio perché è più focalizzata sulla storia della famiglia e sulla loro vita da rifugiati in America - i nonni di Bastianich, italiani in Istria, furono costretti a lasciare tutto dopo la fine della seconda guerra mondiale e a trovare prima riparo a Trieste e poi negli Stati Uniti dove ricominciarono da zero (e comunque venivano considerati slavi e non italiani dagli altri dagli altri emigrati italiani). Ecco, tutta questa parte la dovrebbe leggere parecchia gente che è convinta che la fuga sia cosa di altri e che continua a confondere quella per motivi politici con quella per motivi economici. Già solo questa parte meritava l'acquisto. La seconda metà è più focalizzata su Bastianich personaggio. Per quanto mi riguarda meno interessante ma il libro ha l'ottimo pregio di una lettura particolarmente scorrevole. Da leggere «tutto d'un sorso», incluso il glossario finale in cui il piglio ironico di Sara Porro si vede pienamente (sarei in ogni caso curiosa di sapere come è stato gestito il lavoro di scrittura).
Risciacquatura di piatti La scelta di affidarsi alla riscrittura di tale Sara Porro ha rovinato un piatto che prometteva di essere gustoso e saporito, rendendolo sciapo e incolore. Tipo carrello dei bolliti troppo bolliti. La verve di Bastianich (ma il titolo Giuseppino chi te lo ha suggerito? l'idea era quella di contrapporre un carattere forte a un nomignolo data dalla nonna, peccato che Giuseppino evochi un bambino sfigato e nessuna tenerezza) ogni tanto emerge, e la storia famigliare è ben narrata. Tutto il resto fa pensare a un instant book messo insieme alla meglio (però certi passaggi di Master Chef sono abbastanza acidi da far ghignare!)