Uomini che furono chiamati a far parte della grande macchina della guerra e ne conobbero la dimensione smisurata e ineluttabile. Che vissero in prima persona la ritirata di Caporetto, che patirono la fame nei campi di prigionia, che tornarono a casa talvolta menomati per sempre. Donne che si assunsero il carico del lavoro e della crescita dei bambini, che attesero i mariti, i padri, i fratelli, i figli, che soccorsero i soldati con la loro forza morale o si presero cura dei loro corpi come infermiere volontarie. Questo libro ricostruisce la storia della prima guerra mondiale attraverso le storie di persone comuni che ne furono coinvolte e travolte. Per far riemergere la trama vissuta e sofferta della guerra si affida al fiume carsico delle scritture inedite, fragili e spesso incerte, prodotte dai protagonisti a volte nel fondo di una trincea o nella baracca di un campo di concentramento, nel corso del conflitto ma anche dopo. Le lettere inviate a casa dal fronte e dalla prigionia e viceversa, i taccuini, i diari, le memorie scritte a distanza di tempo, gli album con le dediche dei malati alle infermiere danno un volto, un nome e un cognome, una storia alle speranze e alla disperazione di chi uscì vivo dal conflitto e di chi ne fu inghiottito.
Milioni di esseri umani presi da un unico vortice, legati da un unico evento inesorabile, la prima guerra mondiale. Tutti raccontano e tutti avrebbero ricordato. Un reticolo di parole si alza dalla guerra e ricopre l’Europa facendo echeggiare sulla distruzione e sulla morte le note del linguaggio umano.
"Il posto dove siamo si chiama il vallone di Doberdò. Bisognerebbe vedere quante baracche che ci sono quanti ricoveri quanti lavori di offesa e di difesa qua si è creato unaltro nuovo mondo trasformato tutto dalla natura di un terreno civile in una natura artificiale. Poveri omini tutti i vostri studi come male li ai adoprati. Edamiei bambini cosa li lascierò? altro che della fame perchè tutto ciò che noi, ei nostri padri avevano prodotto siamo venuti a distruggerli qua sopra a questi monti. Quanto siamo incivili! E si combatte per la civiltà? Io non so quale siano le barbarie Povere madri quanto vi pentireste di aver dato vita a un figlio se voi vedeste ciò che vol dire guerra! "
Giuseppe Manetti Vallone del Deberdò - 13 Giugno 1917
Una menzione particolare la farei all'Archivio Ligure della Scrittura Popolare (ALSP ) di Genova e all'archivio Diaristico Nazionale (ADN) di Pieve Santo Stefano (AR) che raccolgono, promuovono, valorizzano il materiale memorialistico (lettere, diari e memoriali) su cui si basa questa ricerca e tante come questa, che mirano a mettere in rilievo le ripercussione che gli avvenimenti della storia contemporanea hanno avuto sulle vite delle persone più umili e nello stesso tempo cercano di leggere quegli avvenimenti mettendosi dalla parte di questi umili.