«Non ho mai ucciso né donne, né bambini, né uomini giusti. Sono innocente». La voce di Alexe Popova è ferma. Il corpo minuto chiuso nell’abito nero, la treccia screziata di bianco avvolta attorno al capo, lo sguardo feroce inchiodato in quello del giudice che la incalza, in cerca di un barlume di pentimento. Trecento uomini uccisi crudelmente, secondo la Legge. Trecento donne riportate alla vita secondo Alexe Popova, che di quelle creature indifese si è sempre sentita madre. L’ostinazione nel restare fedele ai suoi princìpi e nel dichiararsi innocente nulla può contro le prove a suo carico, contro l’opinione pubblica e la folla, assiepata di fronte al tribunale di San Pietroburgo, che grida la sua «Al rogo la strega!» Così, di fronte al plotone di esecuzione, in un gelido mattino del 1909 si chiude uno dei casi di cronaca più clamorosi della Russia zarista; così muore l’assassina di Samara, che in quella cittadina adagiata sul Volga si è macchiata di un numero disumano di un’autentica strage. Dietro la maschera altera di Popova deve, tuttavia, nascondersi un mistero. È soltanto una pazza criminale o una donna traumatizzata da un’infanzia di soprusi? Oppure un angelo vendicatore che ha scelto di risparmiare ad altre la vita che le è toccata in sorte? In un romanzo lancinante, Antonella Ossorio racconta, con la voce di una di loro, la vera storia della sterminatrice di uomini che fu anche salvatrice di donne, simbolo in carne e sangue della ribellione a un mondo spietatamente maschile.
La fame del suo cuore non si placherebbe nemmeno se tornasse a nascere altre cento volte e altrettante la giustiziassero. Se solo esistesse un modo di truffare la morte, lei metterebbe insieme i suoi pezzi scompagnati per poi squagliarsela dall’ossario. Non s’illudano che per domarla basti spararle in fronte.
«La storia di Madame Popova è un uragano attraversato da crudezze e lampi di umanità. Santa popolana e assassina seriale, si diede la missione di liberare le donne dalla sopraffazione del maschio. In lei convivevano mistica e crimine, misericordia e delitto. Antonella Ossorio crea una trama sorprendente, reinventa le coscienze ed esplora attraverso una scrittura potente le profondità e le osmosi tra il male e il bene». Wanda Marasco
La trama sarà anche estremamente prevedibile ma, non conoscendo la figura storica di Alexe Popova, io ne ho ricevuto comunque un'impressione di novità. Più di ogni altra cosa, mi ha colpito lo stile di quest'autrice: raffinata, limpida e di un'immediatezza unica, la scrittura della Ossorio accompagna il lettore passo passo nella storia, attraverso una voce narrante che ricorda molto quelle dei classici inglesi o russi della letteratura. A tal proposito, anche il personaggio di Nadja mi ha incuriosita molto, forse anche più della stessa Popova. È lei che, infatti, subisce sotto i nostri occhi le violenze del marito, accarezza l'idea di liberarsene ma esita nel momento in cui le viene offerta la possibilità di farlo davvero. Il momento in cui , è stato veramente drammatico, subito seguito dal dilemma morale della protagonista. Fin quando l'omicidio esiste nel suo pensiero, in linea teorica, esso è lecito; ma il solo immaginare che possa concretizzarsi le fa tornare in mente la sentenza: "il male non giustifica altro male." Si mette in moto da qui l'azione che condurrà ad un finale ancora una volta ben noto, ma ugualmente emozionante.
Un libro che spinge il lettore a chiedersi: fino a che punto si può arrivare per salvare qualcuno? 🔪 Immancabile per chi, come me, ama i casi di cronaca nera e le storie di donne che non si arrendono.