Damiano Rodetti ha avuto una mattinata complessa. Avrebbe dovuto intervistare la star del cinema francese Isabelle Huppert in un ricco albergo nel centro di Roma, ma l'attrice era in ritardo e lui non riusciva a togliersi dalla testa Lidia, la ragazza che da sempre lo ossessiona e che proprio la notte precedente si è rifatta viva dopo anni.
Damiano non può ancora saperlo, ma questo giorno segnerà una svolta nella sua vita. La morte improvvisa di un'amica di famiglia lo costringerà a fare i conti con la morbosa rete di rapporti su cui i suoi genitori hanno fondato la loro esistenza, con conseguenze nefaste per la sua infanzia e adolescenza.
Al suo debutto in libreria, Giulio Somazzi riesce a unire sarcasmo e critica sociale in un romanzo che è una girandola di invenzioni, tra attrici sagge e giornalisti sbandati, adulti immaturi e figli vittime, ville in campagna che diventano scenari per intricate relazioni pubbliche e ricche terrazze nel cuore della capitale. Diviso in tre lunghi movimenti (un hotel, un funerale, una festa), La mia personale idea di inferno è una panoramica sulla Roma di oggi, sulle sue famiglie, sui suoi riti, sui suoi segreti e sui suoi patetici imbarazzi.
Critica ironica alla Roma bene della generazione anni 60/70, che con la loro buona educazione hanno cresciuto dei figli che sono venuti su in qualche modo, malgrado loro. In qualche punto mi ha ricordato il giorno dell’ape. Penso che in ogni famiglia, purtroppo ci sia una Paola, e non vediamo l’ora di andare al suo funerale. Per questo massima stima.
FAV. QUOTES: - Ci vado perché voglio vederla morta.
Un esordio interessante, con momenti davvero ben scritti e un’ironia tagliente che funziona, soprattutto quando smaschera ipocrisie e dinamiche familiari soffocanti. L’idea di suddividere la narrazione in tre movimenti (un hotel, un funerale, una festa) è originale e rende bene il senso di ciclicità degli “inferni” personali in cui il protagonista si trova.
Detto questo, il romanzo a volte risulta un po’ troppo denso: tanti personaggi, tanti ricordi, tante osservazioni sociali che rischiano di appesantire il ritmo. Alcuni passaggi mi sono sembrati più brillanti in superficie che realmente incisivi, come se mancasse un passo in più per arrivare a lasciare un segno profondo.
Nel complesso è stata una lettura piacevole e con spunti validi, ma non mi ha convinto del tutto né sul piano emotivo né su quello narrativo. Buona promessa per il futuro, ma qui e lì ho avuto la sensazione che lo stile prevalesse sulla sostanza.
Per Somazzi, questo è il romanzo d'esordio. E un po', nella prima parte di questo trittico narrativo ... si sente. "L'hotel" arranca un attimo, fa fatica, non ha ritmo, ti fa anche un po' arrabbiare anche perché sei lì, che leggi e dici "cazzo ma questo ha un potenziale della madonna, quando la metti questa quinta, Giulio?!?" ... e lui, la mette nella seconda parte. "Il funerale" vola. Costruzione dei personaggi e delle situazioni impeccabili, fluido, reale, divertente. Impenna con la storia passata del protagonista, "i dolori del giovane Damiano Rodetti" che ti portano dentro, dentro alla storia, dentro a quelle situazioni tragicomiche e snervanti, dentro Roma, giusto al centro della crepa di questo spaccato della città, della società, narrato da qualcuno che con tutta probabilità, quella Roma la conosce bene. "La festa" è il consolidamento di tutto. Perché tutto è bene quello che finisce bene ... ma anche tutto quello che finisce e basta, se non si perde la speranza di sfuggire alla "materializzazione plastica della propria, personale, idea di inferno". Con risvolti inaspettati e picchi di quasi follia, personaggi carnevaleschi di cui nessuno (e l'ho apprezzato tantissimo) viene lasciato senza background. Quindi, Giulio, io ti rivoglio sul secondo, come nel tuo libro, tutti vogliono Damiano sul suo. E se lo intitoli anche tu "i figli degli stronzi" hai un lettore assicurato. ... Che so' io e Daje Roma!