La vita in carcere non è mai facile, ma se sei donna, se dividi la cella con la tua bambina di cinque anni e se sul verdetto c'è scritto "fine pena mai", la prigione diventa l'immagine stessa dell'inferno. Ed è per sottrarre lei e sua figlia a quel destino di dannazione che Giacomo Meroni accetta di difendere in appello Nina Shakirova, accusata di aver ucciso il ricco consorte. La donna si è sempre dichiarata innocente e continua a sostenere che il marito si è avvelenato in un gesto di peccato che i giudici non le abbiano creduto e che tutto lasci pensare a un omicidio camuffato da suicidio. L'avvocato che ha difeso Nina in primo grado ha operato con la diligenza di uno scolaretto, ma senza quell'amore per la verità che da sempre anima Giacomo. Così tocca a lui mettersi alla ricerca di prove che scagionino la giovane donna; ma siamo nel 2020 e tutto si complica all'improvviso. Il covid-19 riporta gli umani alle loro antiche paure e la data del 9 marzo mette tutti di fronte a una realtà mai sperimentata e a una parola lockdown. Anche se nulla si può fermare Rossana, la moglie di Giacomo, deve continuare a preparare i suoi studenti per l'esame di maturità, Giulia, la praticante di studio, deve fare i conti con il suo primo processo d'appello e Giacomo deve provare che Nina è innocente. Ma nella città deserta e atterrita, cercare la verità può essere molto pericoloso.
Alessandro Perissinotto nasce a Torino nel 1964. Pratica vari mestieri e, intanto, si laurea in Lettere nel 1992 con un tesi in semiotica. Inizia quindi un’intensa attività di ricerca, occupandosi di semiologia della fiaba, di multimedialità e di didattica della letteratura. È docente nell'Università di Torino. Tra i suoi saggi ritroviamo Il testo multimediale (Utet-Libreria), Gli attrezzi del narratore (Rizzoli), e, con G.P. Caprettini, il Dizionario della fiaba (Meltemi, Premio C. Nigra per il folclore). Alla narrativa approda nel 1997 con il romanzo poliziesco L’anno che uccisero Rosetta (Sellerio), storia di un’indagine condotta negli anni ’60 in un remoto paese delle alpi piemontesi, al quale fa seguito, nel 2000, La canzone di Colombano (Sellerio - Premio Fedeli), un "noir" ambientato tra Val di Susa e Delfinato all’inizio del Cinquecento. Il suo ultimo romanzo, Treno 8017 (Sellerio 2003), è ancora una storia con delitto che prende le mosse da un fatto vero, la morte di oltre cinquecento persone in un incidente ferroviario del 1944, un incidente poco noto e mai chiarito. Nel 2004 pubblica per Rizzoli Al mio giudice (Premio Grinzane Cavour 2005 per la Narrativa Italiana, Premio via Po 2005, Premio Chianti 2005-2006), un noir epistolare che porta alla luce le criminali spericolatezze della finanza on-line. Del 2006 è Una piccola storia ignobile (Rizzoli - Premio Camaiore), un'indagine nella banalità del male condotta da una psicologa, Anna Pavesi che usa la sua conoscenza dell'animo umano come altri detective usano i mezzi della polizia scientifica. E Anna Pavesi torna anche in L'ultima notte bianca, ambientato nella Torino olimpica, tra la gente esclusa dalla grande festa. Nel 2008 la riflessione sul poliziesco si sviluppa anche in forma saggistica con La società dell’indagine (Bompiani), mentre la sua produzione narrativa si arricchisce con il terzo volume della saga di Anna Pavesi: L’orchestra del Titanic (Rizzoli). Conclusa la trilogia dedicata ad Anna Pavesi, decide di andare oltre il poliziesco per giungere a un romanzo che, pur conservando i ritmi del noir, si svincoli dagli schematismi dell’indagine, un romanzo di sempllice e dolorosa denuncia. Nasce così Per vendetta, una storia d'amore e di follia, ambientato in un'Argentina che non ha ancora sanato le ferite lasciate aperte dalla dittatura. I suoi romanzi sono stati tradotti in numerosi paesi europei e in Giappone.
Collabora inoltre con il quotidiano La Stampa, per il quale scrive articoli e racconti che appaiono sul supplementoTorinoSette.
A febbraio 2020, mentre l'Italia sta per essere rinchiusa a casa con il lockdown a causa dell'epidemia di COVID, a Giacomo Meroni, ex carabiniere ora avvocato penalista, viene affidata da un collega una causa d'appello che sembra una patata bollente. Si tratta di una donna kazaka, Nina Shakirova, accusata di aver ucciso il marito, un ricchissimo importatore di prodotti cinesi. La donna in primo grado era stata condannata e adesso sta scontando la pena in carcere, assieme alla figlia, che resterà con lei fino ai sei anni. Ma Nina ha sempre sostenuto che il marito si sia suicidato, solo che ci sono dei piccoli dettagli che hanno fatto ritenere alla giuria - e anche Giacomo è sicuramente influenzato da essi - che non possa essersi trattato di un suicidio, ma di un omicidio camuffato per suicidio, l'inganno di Magritte e della sua pipa, appunto. Dal punto di vista della trama orizzontale, la ricerca di Bin Laden sembra essere conclusa, ma dei nuovi colpi di scena e il coinvolgimento di Rossana - che fino a quel momento è stata all'oscuro del fatto che Giacomo avesse continuato le indagini sul suo investimento - riapriranno le indagini verso nuove linee di indagine. Ho avuto l'impressione che gli autori avessero anticipato qualcosa riguardo alla pandemia e ai provvedimenti. Per esempio, la chiusura delle scuole è avvenuta solo il 5 marzo e la DAD (didattica a distanza) credo sia stata messa in atto dopo un po', se non altro per garantire il supporto tecnico, ovvero fare in modo che tutti i ragazzi avessero un computer o un tablet con cui collegarsi, a partire dall'11 marzo, mentre Rossana già a febbraio ha la sua bella classe virtuale.
Un giallo ben scritto, ho letto tutti e tre i romanzi in sequenza, questo è quello che mi è maggiormente piaciuto. Molto interessanti le vicende personali dei protagonisti costretti a scontrarsi con la pandemia.