Siamo davvero sicuri che la gioia di ieri sia l'unica possibile? Dopo la fine della storia con Davide, Anna vuole cambiare tutto. Odia le coppie, la monogamia, i tradimenti, la gelosia. Giura che non ci cascherà piú. Ma non sa bene con cosa sostituire il modello sentimentale dentro il quale è cresciuta. L'amore potrebbe non riguardare due persone ma una piccola comunità, in cui si è liberi di entrare e uscire senza scacciare gli altri? E questo basterebbe a far sparire il dolore delle separazioni? Un raffinato romanzo in tre atti, sensuale e divertito, che racconta il cammino di una donna alla ricerca di una nuova felicità.
La solitudine di Anna è una casa sempre aperta e piuttosto affollata. C'è la coinquilina Micol, vent'anni piú giovane di lei, irresistibile, votata all'artificio, dotata di un'intelligenza da volpe e di una fiducia entusiasta nella monogamia. E poi gli amanti e le amanti, gli indispensabili amici, una specie di foresta che resiste a tutte le tempeste. Ma soprattutto i la sua adorata Mina, sdegnosa e vibrante, sette cuccioli rosa, i cani incontrati per strada e nei parchi, e un certo Frodo, dallo sguardo troppo umano, che un giorno d'inverno si lancia da una terrazza. È un prodigio? Un messaggio? Forse è solo il modo in cui un tempo nuovo si manifesta. Un tempo sfocato nel quale regna l'irrazionale, e le regole del desiderio, che hanno sempre salvato Anna dalla tristezza, non valgono piú. Proprio quando gli eventi del mondo impongono l'isolamento, a cinquant'anni Anna si trasforma. E si inoltra in questa sua nuova condizione, passeggiando con Mina nella città semideserta, schivando gli agguati della nostalgia, salutando chi ci lascia e aspettando chi torna sempre. Perché anche quando la vita sembra secca e immobile, è ancora possibile che qualcosa, qualcuno, accada. Con La gioia di ieri, Elena Stancanelli dà voce a una donna irriverente, autoironica, che si sforza di accogliere tutto quello che c'è. E racconta dell'età adulta una versione affettuosa e strampalata.
Torno per parlare brevemente di due libri, a memoria futura.
Il primo è questo. Mi piace la Stancanelli dagli inizi, mi piace leggerla, mi piace ascoltarla, mi piaceva - da matti - anche quando scriveva su Twitter (con i suoi 'sfangarla' di fine anno ho molto frignato, molto riso, molto riflettuto). Cosa mi piace della Stancanelli? Come parla di sentimento, di addi, di sentimenti, di relazioni. Lo fa in modo semplice, diretto, come una sberla ben centrata in piena faccia.
Per questo libro ho letto qui sopra la miglior recensione possibile: 'perritos romanticos'. Si perché questo libro parla di un cane, della sua padrona, del Covid, di amicizia, di amori finiti. Di felicità da trovare ? ('E non sono sicura che la sua felicità sarebbe stata uno dei miei obiettivi. Essere felici è troppo rischioso').
Un libro breve che dice poche cose, ma le dice bene, 'non serve capire, serve consolare', un gruppo di amici con un vociare che si sovrappone ai lamenti del cane che sta partorendo, ('i cani fanno questo, se ne fregano di capire ma non ti mollano'), una giovane amica che con la sua allegria riempi i vuoti, una storia finita ma finiscono mai le storie nella nostra testa?, un covid che entra nelle nostre vite e affolla le nostre solitudini e il vedersi su zoom fa solo male ('Dovremmo vederci sempre, sempre. Se passa troppo tempo poi ci vergogniamo perché siamo invecchiati, ingrassati, non ci ricordiamo più che l'altra persona ci vuole bene e passano i giorni e poi uno muore'), sì perché la morte arriva, e fa male, fa male sempre, e non porta a niente se non a un'improvvisa mancanza.
La narrazione termina in un pomeriggio di fine estate, e mi devo ricordare che la Stancanelli non ha uno stile indimenticabile ma non riesco mai a dimenticare le sue parole, che a volte mi sembra una benedizione, meno stile ma più sostanza, come me che mi vesto sempre con i jeans e una maglietta bianca 'E quindi potrei anche essere felice?'.
Confesso che ero piuttosto perplesso stile "cosa cappero sto leggendo?" nonostante un inizio intrigante con un cane che si butta dal settimo piano (non si farà nulla) dopo aver lanciato uno sguardo sarcastico ad Anna, protagonista e voce narrante che voleva farlo accoppiare per la cucciolata con la sua "cana" Mina... La storia era un po' la solita minestra con Anna, verso i cinquanta in crisi dopo essersi lasciata con il compagno, Anna dalla vita sfocata che non trova soddisfazione neanche più nel sesso, cercato e praticato su entrambe le sponde (ma nulla di scandaloso o pornografico) . La seconda parte migliora con una cena con gli amici di sempre fricchettoni e incasinati il giusto mentre Mina partorisce in salotto sette adorabili cuccioli. L'ultima parte merita raccontando il periodo del Covid quando a Marzo del 2020 ci ritrovammo nel giro di un paio di settimane segregati in casa, straniati dall'isolamento forzato e preoccupati per un futuro incerto e inquietante. Anna porta Mina a spasso per una Roma deserta, silenziosa e pattugliata dalla polizia che chiede documenti e giustificazioni ai rari passanti; la sera l'appuntamento con gli amici via skipe per quattro chiacchiere e una canna collettiva ognuno a casa propria, poi la notizia della morte di un amico che non si sentiva da tempo, in ospedale senza nessuno accanto ed è persino vietato il funerale... Tristi ricordi e immagini di giorni difficili che hanno mutato la percezione del vivere comune. Una sorta di commedia autoriale in tre atti (ottima per una versione cinematografica), vivace e autoironica ma che non mi ha convinto del tutto. Tre stelle e mezza.
“Non reggo le separazioni. Salgo su treni insieme a gente che manifesta contro la globalizzazione, vago per città in fiamme, smetto di dormire e mangiare. ”
Con questo romanzo, mi sono riconciliata con Elena Stancanelli. Non so se per la storia (che mi è piaciuta) o se per la presenza dei cani (che mi hanno ben disposta a farmi piacere la storia).
Anna, la protagonista, è una donna di mezza età che, dopo la fine di una relazione tormentata, decide di reinventare la propria vita sentimentale e relazionale.
Diviso in tre atti, il libro mescola sensualità, umorismo e profondità emotiva, affrontando temi come la solitudine, il desiderio, l’amicizia e le alternative alla monogamia tradizionale. Anna, circondata da una “foresta” di amici, amanti e animali – su tutti la sua adorata setter Mina e i suoi cuccioli – naviga un mondo sfocato dalla pandemia e dalle incertezze personali, scoprendo che la gioia può nascere da legami non convenzionali e dall’accettazione di sé e degli altri.
Senza cadere in cliché, l’autrice sfata pregiudizi letterari su scene erotiche e animali protagonisti, offrendo una riflessione autoironica sull’età adulta femminile e sulla resilienza affettiva. Un’opera che invita a interrogarsi se la “gioia di ieri” sia davvero l’unica possibile, lasciando il lettore con un senso di ottimismo strampalato e affettuoso.
Mi è piaciuto molto anche la narrazione del periodo della pandemia: il dolore di quel periodo si supera solo narrandolo.
“Rimaniamo qui fino alla fine della pandemia, dico. La mattina ci alziamo e ci laviamo i denti insieme alle pantegane. Potremmo sganciare gli ormeggi e farci portare dalla corrente fino al mare, dice Micol. Perché non può essere cosí, la vita? La vita è cosí, Anna. E quindi potrei anche essere felice?”
La gioia di ieri di Elena Stancanelli esplora l’essere umano soggiogato da passioni effimere, da amori che nascono e si dissolvono nel giro di poco. È un romanzo che interroga la possibilità di essere fedeli e infedeli allo stesso tempo, in un mondo dove le relazioni aperte — ma chiuse in cerchie ristrette di amici — diventano la nuova normalità. Sullo sfondo, il periodo del Covid e dell’isolamento, che amplifica la sensazione di smarrimento e solitudine. In contrappunto, la figura del cane Mina, fedele per natura e istinto, privo di quella tensione incessante verso il desiderio che invece tormenta l’uomo. Chi è più felice, si chiede il lettore: l’animale che vive secondo istinto o l’essere umano che insegue continuamente ciò che non può avere?
Il libro affascina, ma non del tutto convince. La prima parte è la più riuscita; poi la prosa si fa più densa e frammentata, la narrazione si disperde tra nuovi personaggi e la scelta di ridurre la punteggiatura nei dialoghi rende la lettura più faticosa. Resta però il merito di Stancanelli di raccontare senza moralismi la complessità dei sentimenti nell’epoca della solitudine condivisa.
Dopo la fine della storia con Davide, Anna vuole cambiare tutto. Odia le coppie, la monogamia, i tradimenti, la gelosia. Giura che non ci cascherà piú. Ma non sa bene con cosa sostituire il modello sentimentale dentro il quale è cresciuta. L’amore potrebbe non riguardare due persone ma una piccola comunità, in cui si è liberi di entrare e uscire senza scacciare gli altri? La “gioia di ieri” della Stancanelli è un titolo che suona come una resa dei conti con ciò che è stato, ma anche come un’apertura verso ciò che potrebbe ancora essere (Un raffinato romanzo in tre atti, sensuale e divertito, che racconta il cammino di una donna alla ricerca di una nuova felicità). Un libro che non offre soluzioni ma apre domande, e ci invita, con grazia e coraggio, a rimettere in discussione l’alfabeto sentimentale con cui siamo cresciuti.
Un incidente surreale con un cane che decide di lanciarsi nel vuoto dal balcone di casa sua,spinge Anna in un loop riflessivo un po' caotico e confusionario: le coppie, l'amore, i tradimenti, le amicizie,i legami, ecc. Si tratta di un romanzo breve semplice che tratta diverse tematiche in modo leggero e,a tratti,anche divertente. L'assenza di punteggiatura che dovrebbe mettere in evidenza i dialoghi,rende un pochino difficili la comprensione delle voci dei protagonisti degli scambi verbali. Questo,personalmente, rende un pochino fastidiosa la lettura. In generale, proprio per questa forma caotica di narrazione,non sono riuscita ad apprezzare appieno il romanzo.
Seguo Stancanelli da tempo: i suoi libri ma anche i suoi incontri, perché sentirla parlare (e leggere!) dal vivo è una meraviglia. Stancanelli ha presenza scenica e insieme spontaneità, è teatrale e autentica. Amo il suo modo di parlare di relazioni: in modo colto e allo stesso tempo nuovo, aggiornato, sempre al passo con i tempi. E la sua ironia così svampita, rassegnata. "La gioia di ieri" è un libro amabile, divertente, buffo, con elementi tragici ma sempre leggero: l'ho amato molto e mi ha tirato fuori da un blocco del lettore che stavo affrontando.
Le insignificanti gesta di un io ipertrofico pasciuto tra i suoi simili in una bolla di privilegio. Niente trama, e troppe noiose parole per esprimere in sostanza il terrore di invecchiare.