על מה חושבת אישה, כשהיא מבינה לפתע, שאיש מעולם לא שמע את קולה? רוזמרין לא מבין את החורף הוא פסיפס של סיפורי חיים נוגעים ללב, שנפגשים כולם ביום גשום אחד: אישה בודדה שמגלה את האהבה בגיל מאוחר; בת שנלחמת כדי לסלוח לאמה; רעיה שבוחרת לא להביא ילדים לעולם, כי לא תוכל לשאת את סבלם; אלמנה שכותבת מכתבים לבעלה; נערה בת שש־עשרה שמתאהבת בחברתה הטובה; זקנה שמפקידה סוד נורא בידי המטפלת שלה. הדמויות הראשיות בספר הזה אינן גיבורות. הן נשים כאחד האדם, הן כל אחת מאיתנו, פגיעוֹת וחזקות, נדיבות וחסרות רחמים. הן אוהבות ושונאות מכל הלב. הן נופלות וממשיכות ללכת - כמו רוזמרין שקורא תיגר על הכפור החורפי, ובכל אביב נולד מחדש, על אף הצלקות. מעטים כמו מתאו בוסולה יודעים כיצד לתאר, בעדינות ובעומק כאלה, את הסתירות שבמערכות יחסים אנושיות. מעטים יודעים לתפוס בענווה כזו את תשוקותינו ואת הפחד שלנו מלהיות מאושרים. מתאו בוסולה הוא סופר רב־מכר, מאייר, יוצר קומיקס ומגיש רדיו איטלקי. עד כה פירסם 8 רומנים, שחלקם עובדו לקולנוע ולתיאטרון. "החלטתי לכתוב על נשים כי אני לא אישה. כי יש לי הרגשה שאני תמיד יודע עליהן רק מעט, גם אם אני גר עם ארבע מהן. ולמה לכתוב על מה שאתה חושב שאתה מכיר, כשאתה יכול לכתוב על מה שאתה רוצה להכיר מקרוב?" מתאו בוסולה
Non capisco cosa esattamente mi abbia infastidito di questo libro (che vedo molto amato), ma credo sia, tanto per citare uno dei motivi, il surplus di luoghi comuni sulle donne. Probabilmente il fatto che sia scritto da un uomo dice molto. E nemmeno premierei l’intenzione, perché, purtroppo, l’irritazione provata mentre leggevo non mi si è scrollata di dosso. Ci tenevo a scrivere questa recensione forse anche perché questo libro mi è stato consigliato da una ragazza con buoni gusti e sono rimasta parecchio male per questa delusione letteraria, ecco.
Il rosmarino non capisce l’inverno, Francesco non capisce questo libro.
Superata la metà l’ho dovuto abbandonare. Non ho letto altri libri dell’autore, proverò a recuperarne qualcuno per avere una panoramica più ampia, ma questo è stato un’enorme delusione. La formula dei racconti brevi di per sé non mi piace mai, a prescindere dal genere e dall’autore, ma questo ha molti altri problemi. Stereotipi, noia, banalità; devo essere brutalmente sincero: è incredibile - o forse no, a pensarci - che abbia ottenuto questo successo.
Essere un uomo e scrivere personaggi femminili non è nulla di male; essere uomo e avere la pretesa di scrivere cosa provino le donne davanti a determinate delicate situazioni è cringe, oltre che obsoleto.
Il problema del libro non è l’avere personaggi femminili (che, ripeto, non sarebbe nulla di male), ma il fatto che ha come protagonista l’animo femminile, frammentato e colto nella sua essenza attraverso poche pagine. Sinceramente, credo che neanche un’autrice donna potrebbe mai scrivere di così tante esperienze “femminili” capendone davvero le emozioni, perché l’animo è troppo variegato, le esperienze sono troppe, impossibile immedesimarsi veramente in così tanti punti di vista. Tra l’altro in un libricino breve, che dedica poche pagine a ciascun racconto.
È come se un autore bianco, con tutti i suoi privilegi da uomo bianco, scrivesse qualche racconto da dieci pagine in cui descrive cosa vivono le persone nere immigrate di fronte a determinate situazioni. Potrebbe davvero raccontare la discriminazione, o l’eventuale fuga dalla guerra, o la separazione violenta dalla famiglia, o l’impossibilità di trovare una casa in affitto, o la difficoltà di integrarsi in un nuovo Paese? Come potrebbe mai capirle, tutte queste emozioni?
E potrebbe un uomo etero raccontare le reazioni di 10 diversi uomini gay? O di 10 diverse donne lesbiche?
Vabbè, credevo avessimo superato quel periodo storico in cui gli uomini sono premiati per aver parlato al posto di categorie di cui non fanno parte e per aver avuto la pretesa di capire le loro emozioni. Evidentemente mi sbagliavo 😅
Credevo di poter recensire questo libro nella modalità che uso di solito per le raccolte di racconti, assegnando ad ognuno una valutazione da una a cinque stelline. Mi sbagliavo. Perché sarebbe riduttivo definire "Il rosmarino non capisce l'inverno" una semplice raccolta di racconti, laddove questi ultimi sono così inestricabilmente connessi tra loro che diventa difficile distinguere dove finisca l'uno e cominci l'altro. Il cast di personaggi è infatti uno soltanto, e tutto al femminile: era ogni volta una sorpresa ritrovare un nome, già letto di sfuggita, in una storia successiva che magari ne approfondiva il punto di vista... fino a giungere all'ultimo, toccante racconto che rende finalmente esplicito il legame esistente tra le donne di questo romanzo. Non c'era bisogno, tuttavia, di capire chi fosse la madre/figlia/amica/conoscente di chi, per comprendere la vera natura dell'elemento che accomuna le protagoniste. Si tratta della sensazione di vivere come se fossero ospiti della propria vita, invece delle attrici principali. Della sensazione di abitare un corpo che non è più loro - nostro - ma della società che lo ha variamente definito ed etichettato. Sta a noi riappropriarcene.
"A cosa pensa una donna quando […] non viene ritenuta all'altezza, quando le dicono che è troppo o troppo poco […] quando viene ferita, tradita, umiliata, derisa, quando si ammala e il mondo la ignora o quando ha paura e nessuno la sente? […] Quando fin da piccola viene educata alla colpa, alla vergogna, a essere soppesata da occhi estranei, quasi che il suo corpo e la sua vita non fossero mai davvero suoi, ma sempre anche di qualcun altro? Quando si deve giustificare per la voglia di fare sesso o per quella di non volerlo fare? Quando deve soddisfare aspettative, aderire a immaginari, quando è troppo magra o troppo grassa o troppo giovane o troppo vecchia o troppo ignorata o troppo guardata e però mai, mai davvero vista? […] A cosa pensa una donna quando, assordata dalle voci di tutti, capisce all'improvviso di avere soffocato la propria? Di non essersi mai davvero prestata ascolto? Cos'hai pensato, tu, la mattina o il pomeriggio o la notte in cui, per la prima volta, lo hai capito?"
Scontato, banale, a tratti stucchevole. Pieno di luoghi comuni e ovvietà che più non si può. L'ennesimo racconto di un uomo che parla di donne di cui, sinceramente, non sentivamo il bisogno.
C'è qualcosa nel modo di narrare di Bussola che mi ha commosso profondamente. Il libro è composto da un insieme di storie, spaccati della vita quotidiana di tante donne diverse, tutte profondamente vere, che si intrecciano insieme. Credo che l'autore sia riuscito a rappresentare bene le infinite sfaccettature del femminile, con una grande delicatezza. È estremamente scorrevole e si legge in un paio d'ore, sempre che come me non dobbiate fermarvi ogni due per tre per soffiarvi il naso.
Per me è un grande no. Il fatto che sulla quarta di copertina ci sia scritto "In pochi come Matteo Bussola sanno raccontare, con tanta delicatezza e profondità, le contraddizioni dei rapporti umani" è per me assurdo, dato che si tratta di un enorme lista di luoghi comuni narrati con un linguaggio talmente semplice da essere prevedibile. All'inizio di ogni racconto sai già dove vuole andare a parare l'autore, e per me è incredibile che ci si possa commuovere su delle storie preconfezionate in questo modo. Per non parlare del racconto "Greta e Martina", da persona queer è veramente avvilente leggere come vengano trattate da alcune persone, in particolare uomini, temi come la """"fluidità""""" tanto cara e sempre in bocca nel linguaggio etero, più che in quello queer. Più di mansplaining, io parlerei proprio di business sugli stereotipi, sia in positivo che in negativo.
“I cuori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite” (Murakami). L’unico pregio del libro di Bussola è la presenza di questa citazione. Il suo libro però non ci permette di conoscere le reali ferite delle protagoniste e l’unione tra loro serve solo a dare ritmo (neanche tanto) ad uno stile davvero semplice. Non sono poi le ferite ad unire le protagoniste, ma semplicemente vivere nella stessa città, nello stesso condominio o lavorare nello stesso posto! Credo che la teoria di Bussola secondo la quale “è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio” emerga chiaramente. Io preferisco leggere romanzi scritti da chi conosce ciò che vuole scrivere e che sia in grado di vedere il mondo femminile con occhi migliori rispetto a come fa lui. Sono certa che le protagoniste del suo libro avrebbero scritto le loro storie in maniera totalmente diversa facendo emergere indipendenza, coraggio e fierezza. Non darci voce, Matteo, non ne abbiamo bisogno.
Una raccolta di storie collegate l'una con l'altra con protagoniste tutte donne. Una lettura leggera e rispettosa che tocca tanti temi sociali e alla fine del libro si viene a ricreare un quadro completo, collegando le varie vicende.
Ammetto di essere partita un po' preventuta, in quanto non amo molto i racconti brevi e pensavo erroneamente che un uomo non capisse fino in fondo le problematiche che possono avere le donne nella società odierna. All'evidenza dei fatti ho dovuto ricredermi, perché Bussola mostra una sensibilità e un empatia unica ed ogni piccolo racconto è un tassello in più in un puzzle che va ricreare il libro.
Storie di donne, alcune davvero belle, altre un po' meno profonde. Scritto bene, concetto interessante. Bello il filo conduttore che tiene tutto legato e davvero ben pensato il finale.
L'idea è interessante. Tante piccole storie di vita ordinaria, per lo più accomunate da dolore anche profondo nelle loro problematiche, in vario modo collegate tra di loro. Alla fine, però, diventa quasi una raccolta di racconti, invece che un libro con una trama ben definita. La scrittura è scorrevole e lo stile dell'autore non crea problemi. Sono affrontati tanti temi importanti sulle donne, ma la brevità dei racconti lascia l'idea di incompletezza. Forse una donna potrebbe dire se un uomo è stato in grado di descrivere bene ciò che voleva rappresentare dei sentimenti femminili! Non mi ha convinto pienamente.
Mi aspettavo racconti di donne, invece ho trovato solo un sacco di cliché mal assortiti e di trigger.
Mi dispiace, perché ho visto questo libro molto amato e recensito positivamente, ma, a me, ha lasciato solo un senso di fastidio, che ha iniziato ad affiorare più meno verso la metà del libro.
Encomio l’idea, non originale, ma che avrebbe potuto portare alla costruzione di un libro interessante e strutturato. Peccato per le storie e per le loro protagoniste.
Sono racconti molto brevi, ma strutturati male e caratterizzati peggio. Insomma, questo libro si presenta come una bugia: una falsa promessa.
Dovrebbero essere diciotto racconti brevi che promettono di presentarci donne in grado di sovvertire la loro condizione esistenziale, che ascoltano la loro voce per la prima volta; invece sono diciotto racconti brevi in cui le donne non prendono mai consapevolezza di sé stesse e della loro voce solo grazie a sé stesse, alla loro forza, al loro desiderio di essere incluse a pari merito nella società: il deus ex machina di ognuna di loro o è un altro uomo o una malattia (si salvano DUE racconti da questa regola non scritta che l’autore segue).
Questo fa affiorare, in maniera non troppo velata, quell’idea di incapacità delle donne, che non sono mai in grado di prendere decisioni per sé stesse, è dunque un uomo -il marito, il capo, un amico, i colleghi di lavoro- che arriva e dice quelle due parole, o fa quel gesto, che portano la protagonista a ripensare completamente la sua vita.
Questo libro non fa bene alle donne. Promuove dei cliché così assurdi da far ri-cadere la figura femminile in quella caratterizzazione di stupidità e incapacità che tanto si è sprecato su di noi, nei secoli.
Pessimo il racconto di Angela, che interiorizza e positivizza l’omobilesbitransfobia (“senza di loro avrei mollato”); quello di Daisy, che sulla falsa riga di Angela ci presenta una ragazza che ha interiorizzato il razzismo e il classismo al punto di rifiutare sé stessa; o quello di Vera, che rende ridicolo e superficiale addirittura il tema del trauma, della salute mentale (il trauma di non aver mai avuto un cane, intendiamoci…).
Non sono nemmeno donne che, una volta raggiunta questa “consapevolezza di sé”, vanno a prendersi i loro spazi, alzano la voce, o che riescono a trasformare la loro vita. Bensì, sono donne che rimangono nel loro angolino, sotto il loro riflettore personale, non si azzardano mai a far si che la società (intesa come il loro ambiente di socializzazione abituale) si conformi a loro, ma adattano anche questa nuova presa di coscienza, questo nuovo tono che l’autore cerca di dare loro, alle cadenze di una società che le “soffoca”.
Insomma, puzza tutto di mansplaining.
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Questo non è semplicemente un libro che si divide in racconti, perché si arriva ad un certo punto nel quale il nome di una subentra nella storia di un'altra. Combacia tutto alla perfezione, talmente bene che è divertente cercare di capire come e perché proprio quei due personaggi si sono incontrati, conosciuti e apprezzati.
È un libro che parla di donne, con storie più o meno profonde, ma che affronta temi che ci toccano da vicino ogni singolo giorno della nostra vita: una donna che non vuole avere figli, una figlia che cerca di perdonare la propria madre e una madre che cerca di affrontare una vita che ha nascosto per tanto tempo; c'è anche una donna che torna ad amare dopo cinquant'anni.
Tradimenti, situazioni nelle quali un uomo non avrebbe avuto alcun tipo di problema, soprattutto sul lavoro, e anche qualche piccola rivincita in un mondo patriarcale.
Sono soddisfatta di quello che ho letto, ho apprezzato come Matteo Bussola abbia riportato su carta quello che ha vissuto con le sue figlie e sua moglie. Che abbia azzardato e non abbia in alcun modo screditato la figura femminile.
Certo, se il libro l'avesse scritto una donna ci sarebbero stati più approfondimenti e il doppio delle emozioni che sono state riportate, ma questo libro merita davvero tanto e finalmente posso dire di aver avuto tra le mani un libro dove le donne non sono stereotipate ma vissute.
«Se siamo qui, significa che siamo state tutte toccate dalla sua maniera accogliente di stare nel mondo» Cos'è: è un libro scritto da un uomo, sulle donne, per donne e uomini.
Cosa non c'è: non c'è il mansplaining (e meno male).
Cosa c'è: c'è tantissima vita, un po' di morte, innumerevoli speranze e manciate di rimpianti.
E ci sono anche un bel po' di emozioni forti, oltre che 4 stelle pienissime✨
Un libretto scorrevole e leggero, si finisce tranquillamente in qualche ora. Le tematiche sono varie ma al centro troviamo sempre delle donne in qualche modo legate tra loro, tutte con storie diverse. I racconti brevi contenuti in questo libro affrontano dei momenti di ognuna di loro, con annesse sfumature di emozioni: rabbia, paura, confusione ma anche speranza, forza, decisione. Nonostante il lato emotivo nell'insieme fosse molto forte, ho trovato il tutto abbastanza banale e forzato, anche a tratti noioso. Non penso che mi rimarrà molto di questo libro a distanza di tempo.
Diciotto racconti che parlano di donne: ogni capitolo prende il nome da una delle protagoniste. Racconti che si intrecciano e il cui filo conduttore è la resistenza, quella tipica del rosmarino, che non patisce l'inverno, se coltivato nell'orto o in giardino. Tutte queste donne, quando sembra che siano prossime a far morire la propria voce, perché il gelo dell'inverno ha avuto la meglio, alla fine, proprio come il rosmarino, riescono a resistere, per rinascere in primavera nonostante le cicatrici.
Sono storie di coraggio e di libertà, di amore e di compassione. Tanti i temi trattati, da quello dell'amore (che non conosce genere né età) a quello della maternità, da quello della libertà di essere sé stessi a quello del superamento delle ferite di un tradimento.
“Ci sono giorni in cui penso che stiamo insieme per proteggerci a vicenda, ciascuno custode del limite o delle scelte dell’altro. Ci teniamo reciprocamente al sicuro. Non è questo, in fondo, l’amore?”
Tra le storie che mi sono piaciute di più, c'è quella di Daisy, una ragazzina di colore che fa di tutto per darsi un'altra possibilità e che pensa di dover fare tutto da sola perché ciò avvenga: “In terza elementare, un giovedí mattina, andò dalla maestra al termine dell’intervallo. – Potete chiamarmi Daisy, invece di Darous? – disse. – Perché il mio nome lo pronunciano tutti sbagliato, Daisy almeno è facile e lo capiscono pure i bambini delle altre classi.” Finché poi arriva un momento in cui capisce finalmente che non è vero che può fare tutto da sola e che soprattutto non è mai stata da sola e che in tutto il suo percorso i suoi genitori le sono stati sempre accanto. E che non importa quanto un nome e un cognome stranieri possano essere difficili da pronunciare. Vale sempre la pena tenerseli e non cambiarli, perché farlo significherebbe rinnegare le proprie radici, tradire la propria identità:
“Il giorno dopo si recò in amministrazione e chiese se poteva avere un nuovo cartellino col nome. – Perché? – disse l’uomo del personale. – Perché il mio nome è scritto sbagliato, – disse Daisy, gli occhi sul rettangolino plastificato che stringeva fra le mani. – Sbagliato? Come sarebbe, sbagliato? – chiese l’uomo. La ragazza sollevò la testa, lo guardò fisso, si avvicinò al bancone. – Il mio nome è Darous Mansouri, – disse.”
Diciotto storie che fanno riflettere, diciotto voci nelle quali ci si può riconoscere.
“A unire il cuore delle persone non è soltanto la sintonia dei sentimenti. I cuori delle persone vengono uniti ancora piú intimamente dalle ferite. Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità.
HARUKI MURAKAMI, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio”
Ad incuriosirmi di questo libro è stata la copertina,per l'illustrazione e i colori. Conoscevo l'autore ma questo è il suo primo libro che leggo,devo dire che mi ha lasciata in sospeso,quel tanto che basta per provare a leggerne un altro. L'idea che ha provato a sviluppare è bella,un'insieme di tante storie che a mano a mano si scopre essere collegate tra loro. Lo stile è fluido,si legge velocemente,senza intoppi. Ma a mio parere le varie storie andavano approfondite un pò di più e forse bastavano anche meno personaggi,nel complesso risulta confusionario,io per lo meno sono dovuta andare più volte indietro e ricercare i vari nomi per riuscire a tirarne le fila.
Fantastico come un piccolo libro possa racchiudere un universo di sentimenti femminili. Bravo Bussola che da uomo, li ha saputi raccontare con vera delicatezza ed eleganza.
Iniziai questo libro un anno fa, ma lo abbandonai perché faccio fatica ad appassionarmi alle raccolte di racconti. Ho deciso di ritentate attraverso l'audiolibro e sono contenta di averlo fatto.
Sono storie dolci, dolorose, rabbiose, felici, gioiose. Si susseguono seguendo in filo che alla fine si ricongiunge, mostrando i diversi legami che queste donne hanno l'una con l'altra. Storie diverse, che sollevano diversi temi femminili e che alla fine di tutto ti fanno riflettere, e tanto.
La scrittura di Bussola è davvero dolce, anche in questo volume ti fa intenerire. Poi, adoro il suo modo di raccontarle, è proprio un bravo narratore.
Particolare perché si tratta di una serie di racconti di donne, inizialmente slegate tra loro per poi scoprire infine che si intrecciano. Donne che vogliono essere libere, che non riescono a esserlo, che lottano... Storie di lutti e perdite, ma anche di rivincite. Lo consiglio se si cerca una lettura breve e ricca, con uno stile di scrittura semplice e immediato, adatto a tutti.
Questo libro mi è entrato dentro. E ha lasciato dentro di me una luce che continua a illuminarsi anche dopo che è stata spenta.
Non avevo letto mai niente di questo scrittore ed è stato una piacevole sorpresa, soprattutto in un periodo di blocco dove finire un libro è davvero difficile.
Il modo in cui si riesce a leggere la vita, in cui ci offre così tante storie senza avere la pretesa di giudicarle è quello che mi piacerebbe leggere e vivere più spesso.
Matteo Bussola ci dona la delicatezza e l'importanza di essere noi stesse, con i nostri tempi, sbagliando, amando, con i nostri caratteri un po' troppo perfetti, un po' smussati e un po' così, come se stessimo cucinando per la prima volta un piatto.
Penso che sia uno dei libri più emozionanti che ho letto fino ad ora. Mi aspettavo un semplice libro di storie brevi con al centro le donne nella società moderna, invece mi ha stupito. Ho finito il libro all’una e mezza di notte e giuro che ero in lacrime, cosa che mi ha lasciata basita perché non piango spesso per i libri. La cosa che poi ho capito è questa: è giusto cosi. È giusto che Il Rosmarino non capisce l’inverno ti lasci questa commozione e svuotamento alla fine, sei come su una montagna russa di emozioni infinita, e non poteva essere rappresentato meglio di cosi.
Molte storie le ho apprezzate di più e altre meno, ma tutte mi hanno lasciato un messaggio che mi porterò dietro sempre anche perché sono cose che viviamo nel quotidiano d’altronde. Il finale è perfetto perché riesce a dare tutto un senso alle storie di donne moderne e coraggiose, è come se si fossero collegati tutti i pezzi di un grande puzzle che sembrava non avere senso quando, invece, ce l’ha sempre avuto ma eravamo solo ciechi per capirlo.
Il Rosmarino non capisce l’inverno è uno di quei libri che quando lo leggi pensi: “carino si, ma niente di che” e poi ti arriva questo finale commuovente come un pugno in piena faccia e ti fa capire, invece, che hai letto una piccola perla della narrativa moderna. Ho apprezzato che non sono stati affrontati solo gli stessi temi triti e ritriti di cui ormai siamo abituati a leggere e a parlarne oggi. Si è parlato di quanto, come donna, ti senti obbligata ad avere figli semplicemente perché hai il dono di creare una vita nuova, della difficoltà di chiedere aiuto e fare i conti con le proprie origini, di innamorarsi in tarda età solo perché ci si è incontrati troppo tardi, cercare di perdonare una madre. Le storie sono molte altre, ma voglio che le assaporiate.
Il voto è di cinque stelle semplicemente perché, come già accennato, pochi libri mi hanno fatto emozionare come questo.
Spero vi sia piaciuta la mia recensione, alla prossima🥰
Non sono riuscito a goderne la lettura perché ho visto tanta involontaria punizione del femminile. Tutti i personaggi che escono troppo dal loro ruolo di donna, soffrono, vengono puniti, si rialzano certo, ma la punizione era necessaria? Una donna che fa carriera e non si sposa; tumore al seno, defeminilizzazione. Una donna che lascia il marito per vivere anche se segretamente con la sua amata: muore, viene odiata dalla figlia, dimenticata dalla madre per una malattia mentale e boh mancava solo L’alluce contro il comodino ogni mattina. Ma sorride perché la DONNA PERDONA. Una donna lesbica si prende una cotta per un amica: rimane sola, mentre l’amica viene consolata dall’uomo. Una donna gira volontariamente un porno: violenza psicologica dalla famiglia e violenza sessuale rischiata (alla quale viene dedicato il tempo di una scoreggia) Per non parlare della tipa che si incazza con il marito che non le fa tenere il cane perché la figlia è allergica… al limite della decenza, scusa se non ti voleva far vivere la Figlia ad antistaminici. Il concetto delle storie che si uniscono rimane bello, anche se alcune tirate per i capelli, ma non possiamo rimanere nello stereotipo della donna forte perché Resiliente, costruiamo davvero una cultura femminista nella quale la donna può essere umana, non angelica e paziente a tutti i costi.
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Mi sono arresa a pagina 35. Storie di donne scritte da un uomo che nn riesce a entrare nella profondità delle stesse storie che scrive. Leggi e galleggi sulla superficie di ogni trama senza mai riuscire a percepire un brivido, una scossa, un naturale trasporto per la protagonista di turno. Persone sconosciute che ti passano davanti, mentre aspetti l'autobus e che restano tali.
DNF Mi sembra di sprecare del tempo continuando a leggerlo, mi ha annoiata terribilmente, l’ho trovato noioso, ripetitivo e pieno di stereotipi. Prosa banale che vuole veicolare un messaggio più alto con scarsi risultati.