Come succede che i rapporti tra madri e figlie siano simbiotici oppure conflittuali? E perché questi sentimenti estremi fioriscono soprattutto tra femmine? Le storie spesso danno risposte più persuasive della psicoanalisi e Giuseppina Torregrossa ne scrive una lunga cent'anni, quella delle donne della famiglia Accoto, una storia magica di silenzi e parole che si tramandano col sangue, generazione dopo generazione. Tutto comincia con Teresa, nata all'inizio del Secolo breve. È intelligente e tenace, ama leggere, si laurea. Proprio alla facoltà di Giurisprudenza incontra il suo futuro marito, Luigi, che la corteggia con lettere appassionate a cui lei oppone misura e dignità e una certa austera ironia che le apparterrà sempre. Cosa custodisce il silenzio di Teresa? Quale mistero? Sarà forse il suo strano dono, "l'occhio pesante", capace di scrutare nell'animo altrui e di allungarsi sul futuro? Elena, la figlia maggiore di Teresa e protagonista del romanzo, si arrovella in questo cruccio da sempre. Fin da quando, bambina, si struggeva nel desiderio di una parola dolce o una carezza che puntualmente non arrivavano. Continua a chiederselo quando, divenuta lei stessa madre, cerca di tenersi la figlia più vicina che può e di non farle mancare mai la sua voce. Solo oggi, che Teresa è alla soglia dei cento anni ed Elena si ritrova nonna di due nipotine dalle voci limpide e libere, la protagonista sente che finalmente le madri e le figlie della famiglia Accoto hanno trovato una lingua comune, un filo che può tenerle insieme e forse salvarle. Con la sua scrittura evocativa e sensuale, illuminata dalla grazia dell'ironia, Giuseppina Torregrossa dà vita a una costellazione di personaggi indimenticabili e compone una genealogia femminile che attraversa un secolo di silenzi, conflitti e rinascite.
Premetto che adoro Giuseppina Torregrossa, con le sue storie che profumano di Sicilia.
Corta è la memoria del cuore, quando si muove tra i meandri del rapporto madre-figlia: le due protagoniste sono Teresa (la madre) ed Elena (la figlia).
Non saranno mai complici, ma neanche davvero distanti, in un continuo battibeccarsi, nel loro modo di dirsi l’amore.
“Elena se ne andò via, era ora di cominciare a nuotare in solitaria. Ma il giorno dopo tornò e quello appresso pure, e così nei giorni a venire. Invece di nuotare si abbarbicava a quel vecchio tronco che andava alla deriva. Sarebbe tornata ogni mattina, fino alla fine, nella speranza di un altro miracolo. Se a Teresa erano cresciuti denti e seni, magari sarebbe potuto spuntarle anche un nuovo cuore.”
La memoria del cuore è davvero così corta? Il nuovo romanzo di Giuseppina Torregrossa ci disvela la risposta, pagina dopo pagina, attraverso una genealogia femminile che dura cent’anni, da Teresa a Elena, e agli uomini che ne fanno parte. C'è un lato luminoso e un lato ombroso della maternità, e delle relazioni familiari in generale.
Una storia potente che esplora la luce accecante dell'amore materno e filiale e l'oscurità delle incomprensioni mai risolte nell'ambito famiglia, delle parole non dette che come erbe infestanti continuano a crescere dentro gli animi, del silenzio che ferisce e non nutre, c'è un'ombra che passa di madre in figlia e che emerge, implacabile, non risparmiando neanche gli uomini della famiglia, di riflesso. Mi ha suggerito profonde riflessioni e anche qualche risata.
✨ Il pizzico di magia, come il pizzico di sale nei dolci, è necessario in questa storia e nel delineare il personaggio di Teresa che a me è piaciuto tanto: donna dura, laureata, legata alle tradizioni e ai riti del folklore. I personaggi tutti, anche quelli marginali e persino il gatto Romeo, così come le case che hanno tutte un nome (La Casuzza, la Casa del silenzio, Il Metacubo, La Villa…), sono delineati in modo magistrale: ho adorato la costruzione caratteriale e psicologica che rende i personaggi assolutamente vividi, credibili, veri. Il cuore pulsante della storia sono loro e i loro dialoghi. Non tralasciando il ruolo della scrittura che avvolge e coinvolge, è evocativa, estremamente sensoriale, cerca la verità del racconto, sottolineando con il dialetto siciliano l’aspetto di schiettezza e autenticità della storia.
La Torregrossa, in questo affresco di vite, non ci offre facili consolazioni, ma la profonda verità che i fili delle nostre esistenze sono tessuti con la stessa stoffa dei sogni e dei silenzi di chi ci ha preceduto. "Corta è la memoria del cuore" è un inno a interrogare l'eco del passato, una lettura che non si esaurisce all'ultima pagina, ma continua a pulsare dentro chiunque si sia mai chiesto quanto del proprio presente sia scritto nel passato familiare e cosa si è disposti a lasciar andare per scrivere il futuro.
4 ⭐ È il primo romanzo della Torregrossa che leggo ed è grazie a un'amica. Solitamente evito la letteratura italiana in quanto influenzato negativamente da esperienze pregresse, ma questa è stata una piacevole sorpresa che forse mi spingerà a forzare di più la mano. Questa storia descrive, a parer mio, perfettamente l'amare un genitore nonostante questo dimostri il proprio in maniera aggressiva, oppositiva ed evitante. Ho apprezzato moltissimo il personaggio di Elena, che si pone come obbiettivo quello di rompere la "generational curse", non risultando però incoerente con il modo in cui è cresciuta. Inoltre uno degli aspetti che ho amato è stata la rappresentazione della famiglia siciliana (molto vicina a casa), nonostante una buona parte del libro sia ambientata a Roma (dove vivo attualmente). È stata una sorta di full circle moments, che portano a una certa nostalgia e consapevolezza. Inoltre la chiave emotiva è stata particolare: ho percepito rabbia, frustrazione, ansia e tenerezza leggendo questo romanzo, che credo fosse proprio il suo obbiettivo e non ha troppo rovinato la mia esperienza di lettura. Credo proprio che questa non sarà l'ultima volta che leggerò qualcosa dell'autrice :)
Libro molto scorrevole, l’ho letto in pochi giorni. Mi è piaciuto il fatto che i rapporti, le paure, i meccanismi familiari siano reali, umani, veritieri, personali (anche se inventati).. sembra di essere davvero spettatori invisibili nelle dinamiche familiari di una famiglia siciliana degli anni ‘50 Ho dato tre stelle perché non mi ha lasciato nulla.. mi sarebbe piaciuto un messaggio finale, un insegnamento, una morale.. ma questo è solo il mio gusto personale
Corta è la memoria di questa storia, più che del cuore. L’ho finito due giorni fa e mi ricordo solo il nome della protagonista, Teresa, e il fatto che era una stronza insopportabile. Domani mi sarò dimenticata pure questo. Non capisco che senso abbia scrivere e poi pubblicare storie così.
La storia è piuttosto bislacca, ai limiti del non senso, e rievoca atmosfere ... da premio Strega (quindi inutili sfighe su sfighe). Salvo solo la prosa decisamente piacevole dell'autrice, decisamente destinabile a migliori plot.
Libro noioso e ripetitivo, personaggi totalmente assurdi, tipo la madre totalmente squilibrata, la figlia completamente succube. Non mi piace la scrittura della Torregrossa.
Ho adorato lo stile di scrittura di Torregrossa, è il primo che leggo tra i suoi libri, ma purtroppo la trama in sé non mi ha trasmesso nulla di emozionante.
libro bruttissimo. La cattiveria gratuita di Teresa mi ha infastidito fino al punto di saltare intere conversazioni. Purtroppo il desiderio di sentirsi amati fa perdere anche la dignità.