Dopo un devastante terremoto al largo della Corea del Sud, Seo Mu-yeong rimane intrappolata a Haewon, un villaggio isolato di pescatori dove il misterioso morbo del Mare dell'Est sta trasformando gli esseri umani in creature deformi e marcescenti.
A poco a poco, le risorse iniziano a scarseggiare e il villaggio, pervaso dall'odore di pesce putrido e dalla disperazione, è ormai in quarantena permanente. Mu-yeong, diventata una cacciatrice di infetti, si guadagna l'odio degli altri abitanti per la sua freddezza. Finché una mattina conosce Ha U-jin, un enigmatico ricercatore che decide di sfidare i divieti di ingresso nel villaggio per studiare l'epidemia. Il suo arrivo innesca una reazione a catena inarrestabile, che porterà alla luce l'oscura verità celata dietro la malattia.
Con Il mare infetto, Kim Bo-young rende omaggio alla scrittura di H.P. Lovecraft, in un romanzo horror che affonda nelle profondità dell'animo umano e nell'inquietudine dell'ignoto.
Kim Bo-Young crea un immaginario cupo e malinconico ben riuscito, in un'ambientazione fredda e aliena ma anche familiare, di borgo rurale. D'altro canto non avendo mai letto nulla di Lovecraft non so bene come valutare questo libro che si ispira a / riscrive il mito di Chtulhu. In generale mi piace molto come scrive l'autrice, ma forse ho trovato più brillante e meno frettoloso l'altro suo libro che ho letto, L'origine delle specie.
Non so bene come valutarlo, è un horror puro, body horror oserei dire, con un paio di metafore sottostanti un po' troppo già sentite per i miei gusti. Detto ciò è un romanzo breve, scorrevole, niente di esaltante, ma non brutto. Purtroppo, e mi rendo conto sia un problema mio, odio quando elementi di modernità sono aggiunti alla narrazione, mi "macchiano" la storia (es. "tirò fuori il suo smartphone", non si può sentire) Come si dice, né carne, né pesce. Anzi, pesce un bel po'!