A chi non è mai capitato di leggere, su cartelloni affissi in città o nelle newsletter di centri diagnostici, inviti accattivanti a fruire di pacchetti prevenzione? O di sentire celebrità e personaggi pubblici che, dopo aver ricevuto una diagnosi allarmante, esortano i propri follower sui social media a sottoporsi a controlli periodici? È ormai diffusa l’idea che una diagnosi precoce sia sempre sinonimo di prevenzione e che con il denaro «si possa comprare, se non l’immortalità, almeno una lunghissima vita in buona salute». La buona prevenzione, invece, si basa su sane abitudini e pochi controlli mirati, la cui efficacia è provata dalla scienza. Il consumismo sanitario non solo è dannoso per la psiche del paziente – che nell’approccio alla prevenzione dovrebbe tenere conto del delicato rapporto tra rischio e beneficio – e per il suo portafoglio, ma è anche, e soprattutto, deleterio per la sanità pubblica, che rischia di collassare sotto il peso di richieste non necessarie. Denunciando un sistema che sfrutta la legittima paura di ammalarsi e il naturale desiderio di stare bene, Roberta Villa, giornalista e divulgatrice scientifica, ci mette in guardia dai rischi della cattiva prevenzione, smontando convinzioni errate e facendo luce sul voluto equivoco che gira attorno al significato di questa parola.
Giornalista laureata in medicina e chirurgia, Roberta Villa (Milano, 1964) ha collaborato per più di vent’anni con le pagine di Salute del Corriere della Sera e con molte altre testate cartacee e online, italiane e internazionali. È attualmente assegnista di ricerca per l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove collabora al progetto europeo QUEST per la comunicazione della scienza in Europa, insieme al gruppo di Fabiana Zollo e Walter Quattrociocchi.
Saggio molto utile e che vorrei regalare a tutti quelli che conosco per quanto lo trovo utile. Leggetelo perché è imperdibile. Unica nota negativa: a tratti prolisso, alcuni passaggi avrebbero potuto essere più sintetici. Non occorre dedicare un capitolo di diverse pagine a un singolo esempio, perché se è inserito in un discorso, già dalle prime righe si capisce dove si sta andando a parare e non serve aprire microtemi all'interno del libro.