Ad Aosta è quasi Natale. Una stagione difficile, per Rocco Schiavone, e non solo per lui. Un periodo dell’anno che da sempre con le sue usanze svetta nella nota classifica affissa in Questura. Tutto sembra andare male. Ovunque nelle strade si esibiscono cori di dilettanti che cantano in ogni momento della giornata. La città è preda di lucine a intermittenza, della puzza di fritto, dell’agita- zione dovuta all’acquisto compulsivo. Lampeggiano vetrine e finestre, auto e antifurti. Di fronte ai negozi, pupazzi di raso e fiamme di stoffa si agitano al soffio dell’aria calda dimenando braccia, teste e lingue. Non c’è da aspettarsi niente di buono. E infatti. Una rapina finisce nel peggiore dei modi possibili, coprendo Rocco di ridicolo, fin sui giornali. Un cadavere senza nome viene ritrovato in un lago, incatenato a 150 chili di pesi. Un chimico di un’azienda farmaceutica sparisce senza lasciare traccia. Rocco non parla più con Marina. E nevica. Eppure qualcosa si muove. Sandra sta meglio, sta per uscire dall’ospedale. Piccoli spiragli, rari sorrisi, la squadra, come la chiama Rocco con un filo di sarcasmo, sembra crescere, i colleghi migliorano, i superiori comprendono. Schiavone a tratti sembra trovare le energie per affrontare gli eventi che si susseguono, le difficoltà che si porta dentro, e poi quello slancio svanisce e ancora si riforma. Il vicequestore entra ed esce dalla sua oscurità, a volte il sole lo aspetta, quasi sempre il cielo è plumbeo, una promessa di neve e di gelo. Passo dopo passo, però, anche se stanco, amareggiato, arrabbiato, Rocco Schiavone continua a guardare il mondo con gli occhi socchiusi, a indignarsi, a tenere insieme il cuore e il cervello, la memoria e il futuro.
Che cosa si può dire ancora della serie di Antonio Manzini dedicata a Rocco Schiavone che non sia già stato scritto? Forse solo ribadire l’ovvio: è una delle saghe poliziesche italiane più solide, più amate e più capaci di migliorarsi di capitolo in capitolo. Nata quasi in sordina, oggi è una garanzia assoluta nelle letture di genere, grazie alla scrittura precisa, coinvolgente e umanissima del suo autore, che riesce ogni volta a intrecciare indagini sempre più articolate con un affetto crescente verso i personaggi.
In Sotto mentite spoglie troviamo un’inchiesta che parte con un tono quasi beffardo: una rapina in banca che, più che minacciare, sembra prendere in giro Schiavone, facendolo sentire un uomo ormai non più così scaltro. Siamo ad Aosta, è quasi Natale, fa freddo, il cielo è basso, la neve incombe, ed è in questo clima teso e sospeso che un ritrovamento del tutto casuale, un cadavere sul fondo di un lago ghiacciato , spalanca la porta alla vera indagine del romanzo ponendo al centro un caso intricato da risolvere, fitto di personaggi e di vicende che si intrecciano come una matassa difficile da districare, ma che Schiavone e la sua squadra, come sempre, riescono a portare a una soluzione tanto razionale quanto impeccabile nei dettagli.
Qui emerge ancora una volta uno degli aspetti più affascinanti della serie ovvero l’evoluzione costante di Rocco Schiavone. Dopo che nei capitoli precedenti molti personaggi della squadra hanno avuto i loro momenti di crescita personale (o di caduta), in questo romanzo tocca a lui. Schiavone infatti appare vulnerabile, prigioniero del suo dolore, incapace di svestire i panni della sofferenza per aprirsi a nuovi sentimenti. Marina, la moglie morta, non gli parla più, è un’assenza che pesa, che lo disorienta, che lo rende quasi spaesato, ma è anche una fragilità che sorprende, perché arriva da un uomo che abbiamo sempre visto burbero, deciso, spigoloso. Eppure proprio questa crepa lo rende più umano, più vicino, più vero.
Non è un caso che il titolo Sotto mentite spoglie si rispecchi tanto nell’indagine quanto nella vita emotiva di Rocco, infatti ciò che è nascosto, ciò che non si dice, ciò che si finge di non vedere è al centro del romanzo, nel caso come nell’anima del suo protagonista.
A sostenere Schiavone c’è la sua doppia famiglia, gli amici di Roma e la squadra di Aosta, che in questo capitolo confluiscono in una sorta di alleanza affettiva e operativa. È una squadra che all’apparenza può sembrare raffazzonata, ma che invece è solida, affiatata e capace di risultati sorprendenti e, in fondo, è la vera ancora di Rocco, quella che, forse anche nei capitoli futuri, gli permetterà di tenere insieme passato e presente, e magari di aprire davvero la porta a un futuro nuovo.
Manzini, come sempre, scrive con una naturalezza che conquista, poiché i dialoghi sono vivi, i personaggi talmente ben delineati da sembrarci amici di lunga data, e l’atmosfera di Aosta continua a essere un personaggio essa stessa; è una città che, libro dopo libro, abbiamo fatto nostra, un luogo che sentiamo casa esattamente come ormai la sente Rocco.
Ed è per questo che, chiusa l’ultima pagina, non possiamo fare altro che desiderare di tornarci il prima possibile in questo mondo, perché i romanzi di Manzini non bastano mai, sono intricate indagini, colpi di scena, emozioni trattenute e liberate, e soprattutto c’è il piacere di ritrovare una storia che continua a essere, senza eccezioni, una promessa mantenuta.
“Io, tu, i tuoi colleghi, i delinquenti, tutti vogliamo mostrare la parte più bella. Solo i pazzi e depressi se ne fregano, per il resto viviamo tutti sotto mentite spoglie.“
In una Aosta prenatalizia, per il nostro vicequestore ancora più fredda e respingente, tre casi apparentemente diversi si intrecciano in una trama complicata e lenta a sbrogliarsi, ma dove la malinconia di Rocco, più scorbutico del solito, domina la scena. L’impressione è che il nostro eroe, al contrario di tutti gli altri, voglia mostrare di sé la parte peggiore, eppure sembra che la sua anima cominci a occhieggiare curiosa, affiorando dalle mentite spoglie della rassegnazione. Sarà vero? Ne avremo contezza nella prossima, immancabile puntata.
Densa densa quest'avventura di Schiavone, che comincia come una puntata de "La casa di carta" e finisce con una nuova entrata. I personaggi sono sempre gli stessi e come anche con il commissariato di Vigatá, sembra di tornare a trovare dei vecchi amici. Il vice-questore sempre piú solo ed amareggiato, stavolta non ha piú nemmeno Marina che lo consoli. Che qualcosa stia lentamente cambiando? Di solito e nel suo caso, non é così, ma mi va bene, perché resta un problema di Manzini.
Incipit Ad Aosta proprio sotto le festività era esplosa l’ennesima moda importata e di cui, secondo il vicequestore Schiavone, si poteva in tutta tranquillità fare a meno Continua su IncipitMania
Rocco Schiavone, sempre più ombroso e malinconico, è costretto a indagare tra le luci di Natale. Una rapina in banca e un cadavere rinvenuto in un laghetto di montagna, tra mascheramenti, formule chimiche, colpi di scena e connessioni, mettono in difficoltà il vicequestore di Aosta. Che ne verrà a capo con qualche mano lesta e irregolare in più. Lo aiutano, in questa nuova avventura che richiede qualche mano lesta e irregolare in più, gli amici di sempre, Brizio e Furio; e hanno una parte maggiore, rispetto al solito, i cervelli della polizia, la commissaria della scientifica Michela Gambino e l’anatomo-patologo Alberto Fumagalli. Si tratta infatti di superare porte ben blindate, di decifrare formule occultate, e di svelare identità nascoste. Ritroviamo Sandra Buccellato (che avevamo lasciato quasi in punto di morte nel libro precedente) e che personalmente non sopporto assiemealla Rispoli e.... per il gran finale Manzini ci regala un nuovo personaggio che si unirà nella prossima indagine . Attendo con ansia il prossimo Voto: 8
Il titolo è azzeccato, perché l’ultimo romanzo di Manzini si apre con un travestimento, grazie al quale alcuni balordi riescono a sfuggire al furto di una banca sotto agli occhi di Rocco, e con un espediente simile, stavolta da parte della polizia, si chiuderà. Sotto mentite spoglie, dietro alle apparenze, capaci di stordire, ingannare, tramortire. La voce di Rocco, così ironica e burbera coi colleghi e con gli amici romani, ma così umana, affettuosa e amabile quando parla con Gabriele e con Sandra, un amore che poteva essere ma che non è stato, vale, come sempre, tutto il romanzo. Quello che continua a piacermi sempre meno, nei suoi libri, è la trama gialla che occupa a dire il vero la maggioranza delle pagine ma che manca di semplicità, di organicità, di sorpresa: gli elementi investigativi (in questo caso la rapina, il cadavere, la scomparsa del chimico) sono troppi, con tante voci, dettagli e personaggi secondari, al punto che i casi sembrano “separati” in modo poco organico e il racconto risulta confusionario. Un morto, un assassino, un po’ di suspense in più e un centinaio di pagine in meno, arricchite sempre dalla voce di Schiavone, avrebbero reso il romanzo una chicca. Mi accontento, ma mi piacerebbe ritrovare il Manzini di “Le ossa parlano”.
Quattro stelle solo perché la cupezza cosmica dell’autore, che finora era più presente nei suoi romanzi senza Schiavone, compare anche qui. Rocco ne aveva già mostrato parecchi sintomi, è vero, ed è pure stemperata dagli altri strepitosi personaggi, primi fara tutti la coppia Fumagalli/Gambino.
Rimane sempre una lettura molto piacevole per tutte le 500 pagine abbondanti.
Rocco e la sua squadra si trovano coinvolti in tre casi nei giorni che precedono e seguono il Natale aostano. La scrittura di Manzini è una calamita. Divorato.
Non eccelso ma si fa leggere. Per essere l’ennesimo di una serie mantiene vivo l’interesse nei confronti delle vicende personali del vice ispettore Schiavone aldilà dell’intreccio giallo.
Antonio Manzini torna in buona forma, buona non ottima. Ben costruito nella trama gialla come sempre, soffre però di un finale un po’ rabberciato e soprattutto di una serie di considerazioni personali sui sentimenti molto ripetitive. Decisamente esilarante la sortita notturna non del tutto ufficiale, si spera solo che non si brucino i personaggi della Gambino e Fumagalli scivolando nel macchiettistico. Il personaggio di Rocco Schiavone è decisamente fuori dagli schemi fino dal primo romanzo, non è necessario insistere sui buoni propositi e sulla giustizia morale delle sue azioni. I lettori intanto aspettano fiduciosi, nuovi e speriamo piacevoli sviluppi.
3.5 stelle. Una lettura che mi ha coinvolto fin da subito, che presentava ottime premesse e la cui atmosfera natalizia l’ha resa perfetta da leggere in questo momento dell’anno, rovinata a parer mio da un finale frettoloso - o magari al di fuori della mia portata.
Rocco torna sulle pagine di un libro e lo fa nel periodo meno adatto. Natale. Aosta è coperta dalla neve e invasa dai cori. I tu scendi dalle stelle si nascondono dietro ogni angolo, pronti a pararsi davanti al vicequestore. Manco fosse un agguato! E ovviamente Rocco non li sopporta. L'umore, in questo periodo da rottura di coglione di ottavo livello, è sempre nero, il freddo, oltre a distruggere l'ennesimo paio di Clarks, lo colpisce fin dentro le ossa, portandolo a farsi ogni tanto un riassunto mentale dei vari dolori. Proprio sotto Natale Rocco viene richiamato al lavoro non dall'ennesimo omicidio (o rottura di c. del decimo livello) ma da una rapina in banca, che si risolve in una enorme presa in giro. I delinquenti ne escono con un becero travestimento, passando sotto al naso di tutta la questura di Aosta. Direte: tutto qua? 400 e passa pagine per una rapina in banca? No calmi. Rocco potrà nascondersi dai cori travestiti da angeli ma non dall'ennesimo omicidio: un corpo irriconoscibile trovato in un lago. Ma c'è anche un noto chimico sparito nel nulla. Schiavone si deve dividere in due e indagare, scovare chi, quando e come. Ma se i tre casi (si, mettiamoci pure la rapina) non fossero così separati tra loro?
Manzini ci rispolvera un personaggio più cupo e chiuso, che, complice anche il Natale, ritrova solo in Lupa un po' di calore. Eppure, sotto sotto, Rocco ha sempre avuto dei porti sicuri a cui approdare, Brizio e Furio, Gabriele, Caterina.
Sotto mentite spoglie non è sicuramente il libro più bello della serie, ma ci fa ritrovare il vecchio, scorbutico Rocco a cui siamo affezionati. Non sarà l'ultimo, presumibilmente, nel finale si preannuncia una new entry.. Staremo a vedere.
Poco prima delle feste di Natale sembra che tutto sia calmo ad Aosta, quando una rapina a una banca con ostaggi - tra cui Casella - non si trasforma in una farsa, con i rapinatori che fingono di essere ostaggi con problemi di salute, e riescono a scappare mettendo in ridicolo tutta la questura di Aosta. Concluso questo caso, con il ritrovamento dei rapinatori, ho pensato che si trattasse di una raccolta di piccoli casi e mi sono detta: "Hai capito che furbo Manzini? Si è assicurato almeno quattro episodi di una nuova serie TV, puntando sulla trama orizzontale per collegare dei casi separati". Invece no, subito dopo mi ha smentita, perché c'è un caso molto complesso con un morto ammazzato ritrovato in fondo a un lago e un uomo scomparso - che però non è il morto trovato nel lago - per cui Schiavone - che già ha la squadra sotto personale, tanto da dover scomodare Caterina dal suo reparto - deve dividersi tra l'indagine che interessa di più al questore (la sparizione) e quella che interessa di più a lui (l'omicidio). E, in definitiva, se proprio non escono quattro puntate della prossima serie, scommetto che ne tirano fuori almeno tre. E intanto, le persone normali festeggiano il Natale, mentre Rocco mostra tutta la sua insofferenza per canti natalizi e cenoni. Come ti capisco, Rocco!
Bello, bello, bello! Manzini ci porta in un'Aosta natalizia, il periodo peggiore per Schiavone a cui si somma una scocciatura di livello 10. La squadra è riunita, inclusa Caterina, per una brutta storia con un morto e ben 2 scomparsi. Una storia adrenalinica che si conclude con la comparsa, sul finale, di un nuovo personaggio. Peccato per la storia con Sandra, ma se si fosse conclusa bene sarebbero finiti anche i romanzi su Schiavone quindi meglio così per noi lettori ;-)
Beh, che dire signore e signori? Manzini non sbaglia un colpo!!
Come tutti i suoi libri con personaggio Schiavone l’ho divorato, ritrovare i cari protagonisti è come sentirsi a casa Ma soprattutto… finale apertissimo che lascia presagire tante nuove storie e, sicuramente, rotture di c0gli0ni 😂😂
Nonostante ciò, Rocco in questo libro viene Voglia di abbracciarlo piú che mai 🥹
Non il migliore della serie. Le due parti del libro sono molto staccate e si ha quasi l’impressione che si tratti di in racconto breve unito al romanzo. Il rapporto e le relazioni tra i personaggi sembrano avere più importanza della trama poliziesca e, seppur come sempre gradevolissimi, in qualche caso suonano già sentiti. Ma aldilà di questi, a mio avviso, piccoli difetti Manzini si legge sempre volentieri.
Il dialogo finale con Sandra vale le 5 stelle. Amo Schiavone in ogni suo episodio, anche quando è al massimo della cupezza, perché finisce per strapparti una risata. Compro sempre a scatola chiusa, e non delude mai.
Natale è una stagione difficile per tutti e anche per Rocco Schiavone. Un nono livello, a dirla tutta. La città è preda delle luminarie, della cucina esagerata e della compulsione all’acquisto dei tradizionali regali. Una rapina in banca si rivela un clamoroso tranello che finisce mettendo nel ridicolo tutta la questura di Aosta. E mentre il caso viene risolto tutto sommato velocemente, un decimo livello si abbatte nuovamente sul nostro vicequestore: un cadavere viene ritrovato in un lago, incatenato a 150 chili di pesi. Un cadavere senza nome. Contemporaneamente, un chimico di un’azienda farmaceutica sparisce senza lasciare traccia. L’unica nota positiva è che Sandra sta meglio, sta per uscire dall’ospedale. In quest’ultimo romanzo Manzini ha creato una trama fitta e intricata, che nel corso della lettura avvince sempre più il lettore, sebbene forse all’inizio stenti a decollare. Rocco è più ombroso e scorbutico, è l'uomo che ha amato e che non potrà più amare, che è stato felice e che ora non lo sarà più. Alla fine è lui stesso a dirlo: è stato fortunato, ha conosciuto la gioia di avere l'amore della sua vita, altri non sono stati così fortunati. “Io vivo con la certezza che non saprò mai più cos'è la felicità. O anche solo la serenità. L'ho conosciuta, si, ed è andata. Sono fortunato, se ci pensi. Ci sono persone che non l'hanno mai provata in vita loro”. Ma intorno a lui si stringono il Fuma (così ribattezzato dalla moglie) Michela e gli immancabili Brizio e Furio e anche una rapida apparizione del dolcissimo Gabriele, l’ormai “amico” Maurizio Baldi, e la sensazione che anche la squadra in qualche modo è diventata una specie di famiglia. Ho temuto, nelle ultime 30 pagine, una catastrofe e mi sono rianimata nel vedere che invece, con l’ingresso di un nuovo nome, si prospetta l’apertura di un nuovo filone e quindi, sicuramente, di altre avventure per il nostro Rocco e la sua squadra.
Prosegue l'avventura del vicequestore più contraddittorio della letteratura poliziesca. Difensore dei diritti civili, e quindi "politicamente corretto" e nel contempo maleducato e arrogante con chiunque gli si pari davanti; nemico dei farabutti e nel contempo farabutto egli stesso quando si tratta di aggirare le regole o, peggio, commettere veri e propri reati da solo o con l'aiuto dei suoi amici delinquenti. Un personaggio sgradevole, uno sbirro scorretto e violento che ogni tanto, in modo assai poco credibile, si rende capace di inusitate gentilezze persino con personaggi che ha maltrattato per anni. Come spesso accade negli ultimi romanzi la trama poliziesca, abbastanza ben congegnata fino quasi all'ultimo, subisce una accelerazione improvvisa nelle ultime pagine senza che vengano chiariti in modo soddisfacente tutti i particolari e lasciando alcune situazioni in sospeso. La vicenda personale del protagonista procede stancamente, con pochissime novità. Proprio nelle ultimissime pagine si lancia l'amo per fare abboccare i lettori, come si usa nei romanzi seriali, e farli tornare puntuali al prossimo appuntamento. E chi scrive sa già che, nonostante tutto, abboccherà anche la prossima volta.
Come sempre, Manzini riesce a catturarmi senza scampo. Mentite spoglie si legge con quel misto di voracità e piacere che solo i romanzi ben scritti sanno dare: una scrittura avvincente, fluida, profondamente empatica. Rocco Schiavone resta un protagonista straordinario, ma in questo libro emerge forse più che mai nella sua dimensione più intima. L’ironia, cifra stilistica immancabile, è qui più morbida, quasi dolce: non graffia soltanto, ma accompagna. Schiavone fa i conti con se stesso, si guarda allo specchio senza sconti e senza maschere, prendendo coscienza di ciò che è stato e di ciò che potrebbe diventare. È un percorso umano prima ancora che investigativo, e proprio per questo colpisce. Le ultime pagine, poi, aprono spiragli interessanti e promettono nuove, affascinanti avventure. Ho il sospetto che Antonio ne approfitterà… ma mi fermo qui: niente spoiler. Un romanzo che conferma, ancora una volta, quanto Manzini sappia farci sentire a casa, anche nei luoghi più scomodi dell’anima.
Anche se ELP secondo me rimane il migliore della serie, anche questo è un godibilissimo seguito della amatissima saga con protagonista Rocco Schiavone. Nei giorni precedenti il Natale (rottura di c******* di ottavo livello) la squadra, pur essendo sotto organico, affronta una rapina in banca ben riuscita, un cadavere nel lago (viva i vigili del fuoco, soprattutto i sub) e la scomparsa di un biochimico a capo di una ricerca farmaceutica da milioni di euro. Fra sospettati a cui Rocco appioppa fisionomie animali, indagini al freddo, guantiere di paste e incontri dolorosi con Sandra, i misteri saranno sciolti anche grazie a soluzioni creative. Il nostro eroe si sarà arreso a una vita solitaria fatta solo di canne, incontri piacevoli ma momentanei, rimpatriate con gli eterni adolescenti Furio e Brizio e la nostalgia per Marina, che non va più a trovarlo? Ci si rivede alla prossima puntata.
Natale, con i suoi riti folkloristici ed invadenti, già da solo vale un posto in vetta nella personalissima scala di rotture di Rocco Schiavone. Una rapina in banca con annessa figuraccia ed un omicidio aggravano il livello. Il tutto in un momento di cupa consapevolezza di una vita saldata ad un dolore volutamente insuperabile.
Questo il quadro nel quale si svolgono le indagini del vicequestore romano confinato ad Aosta; un lavoro corale, anche con l'aiuto degli inseparabili amici d'infanzia, fatto di intuizioni ed azzardi, rischioso e nell'attesa di rinforzi che sembrano non dover più arrivare.
Finire di leggere l'ultimo dei romanzi della saga di Rocco Schiavone è sempre un peccato. Sapere che ce ne sarà un altro allevia un po' il dispiacere, che però torna subito dopo al pensiero che dovrai iniziare un nuovo conto alla rovescia indefinito.
Sotto mentite spoglie mi ha dato proprio la sensazione di ritrovare un vecchio amico che però ha qualcosa di storto negli occhi. Manzini porta Rocco in un territorio più inquieto del solito, con un’indagine che parte in modo quasi casuale e poi scava tra le debolezze e i segreti delle persone con una naturalezza che mette a disagio. Ho apprezzato molto il ritmo: non frenetico, ma sempre teso, con quei dialoghi asciutti che Manzini sa usare per far emergere caratteri e fragilità.
Rocco qui è ancora più umano, ancora più impulsivo, e vedere come reagisce quando le maschere degli altri iniziano a cadere è una parte notevole del fascino del romanzo. Non è solo un giallo, è una storia che si incastra tra colpe, identità e solitudini. Una lettura che scorre bene, ma lascia un retrogusto amaro proprio nel modo giusto.
Non so bene se mi è piaciuto o no. L'indagine è costruita bene, ma la risoluzione del caso non dà soddisfazione. Lo sterile rimuginare di Rocco su Sandra e su ciò che avrebbe potuto avere con Sandra è – nonostante alcune riflessioni davvero toccanti – quantomeno ripetitivo, per non dire noioso. I siparietti comici si potevano evitare, quasi tutti, mentre alcune delle scene che rasentano la denuncia sociale mi hanno fatta godere come un riccio (da ex stagionale parlo ovviamente della riflessione sugli stagionali). Insomma, per me è un nì.
Parlo da fan sfegatato di Rocco, per questo non posso essere pienamente lucido. Ritengo che anche questo racconto sia senza sbavature, la squadra è la solita, senza sorprese. Le indagini più di una e vengono risolte dalle intuizioni di Schiavone che anche in questo caso riesce a farsi aiutare dagli amici romani. Qualche inserimento di storie personali e qualche racconto di quello che succede nella provincia italiana. Il Natale coi cantori da strada che naturalmente sono mal sopportati. Il solito sarcasmo dei protagonisti, i simpatici e gli antipatici con Rocco che non la manda a dire mai.
Un classico Manzini; forse troppa carne al fuoco, ma il libro scorre via senza troppe scosse e ribaltamenti. Mi sembra piuttosto che Manzini si stia "Camillerizzando", senno' non si puo'spiegare tutta 'sta attenzione a D'Intino (sempre piu' un Catarella della Maiella), che non e' che aggiunga granche' alla storia. Tutto sommato, il fatto che mi costi aspettare il prossimo libro della serie, e' decisamente un buon segno
Possiamo dire in maniera definitiva che Manzini ha perso la mano? Ormai il fantastico Rocco ha dato al mondo ciò che poteva dare. Ora basta! Non uccidetelo! I tre casi si intrecciano solo in parte (erano tre racconti assemblati per le strenne natalizie?). I tormenti interiori di Rocco non hanno alcuno sviluppo, se non la chiusura (definitiva?) con la giornalista. Marina era e rimane silente. Che altro c'è da fare? Ti prego, Manzini: chiudiamola qui e lasciaci rileggere i vecchi romanzi!
Scrittura fluida e piacevole. Un personaggio che continua a fare centro. Nonostante o forse proprio per i suoi errori, le sue “scelte sbagliate”. La trama orizzontale si arricchisce di un nuovo personaggio, ma lascia indietro fantasmi del passato… si risentono voci che si credevano perdute. Piccoli spiragli che arricchiscono l’affresco che Manzoni continua a intrecciare. Trama gialla notevole, due episodi che in qualche maniera non sono così slegati come sembra…