Dario Fabbri (1980) è un'analista geopolitico e giornalista italiano. E' direttore di Domino, rivista mensile di geopolitica e curatore di Scenari, mensile che tratta di geopolitica del quotidiano Domani. E' stato inoltre consigliere scientifico e coordinatore per l’America di Limes, rivista italiana di geopolitica. E' anche chief geopolitical analyst di Macrogeo, centro di ricerca geopolitico e macrofinanziario. È socio della Società italiana di storia militare. Si occupa principalmente di USA e Medio Oriente. È docente di geopolitica mediorientale presso la Scuola di formazione del DIS (Dipartimento per le informazioni di Sicurezza, della Presidenza del Consiglio) e di narrazione geopolitica presso la Scuola Holden di Torino.
Della Corea del Nord alle nostre latitudini non si sa nulla. O meglio una cosa la conosciamo e tutti la ripetiamo a memoria: Pyongyang è l'unica necrocrazia al mondo, reprime i propri cittadini al pari di schiavi ed è governata da un pazzo paffutello con la faccia simpatica che di tanto in tanto lancia qualche missile nucleare. Anche i pochi video che si trovano su YouTube di qualche curioso che è riuscito a visitarla la presentano in questo modo con un sottotitolo più o meno implicito: se potessero vivrebbero come noi. Questo volume di Domino spiega esattamente perché non solo quest'ultima convinta affermazione è falsa ma soprattutto come, storicamente, gli attuali nordcoreani hanno tenuto sempre e solo a loro stessi, alla propria storia, alla propria identità. Del resto abbracciano l'ideologia, autocefala, dello "juche", e non comunista come superficialmente si crede, implicante autonomia politica e autosufficienza economica, una sorta di K-Autarchia, non esattamente la ricetta più a sinistra della storia. Ne conviene che l'appellativo di "Stato Eremita" che in Occidente si ritiene prodotto dalla condizione attuale di Pyongyang è invece genetico per un popolo che ritiene fermamente di essere diverso ed unico. Un popolo disposto, evidentemente, a pagare anche il prezzo più alto possibile, giacché la situazione di fatto è innegabile, pur di mantenere orgogliosamente queste sue ataviche caratteristiche. "La Corea del Nord non potrà fermare tutto questo" cantava il poeta qualche anno or sono, non so se avesse ragione, sicuramente ha fatto di tutto per averne i mezzi ma, ancor più, ha le motivazioni per non rimanere statica né tantomeno isolata.