Un'isola del Mediterraneo minacciata dal turismo di massa e dalla perdita di memoria dei suoi abitanti. Una donna tormentata, tra accensioni e depressioni, ricordi, incontri e alcol: che cerca tra gli incroci della storia dell'isola le ragioni del vivere e quelle della speranza. L'isola riflessa è un luogo fisico e storico: la Ventotene dalle vicende stratificate, dalle qualità naturalistiche, dalle affascinanti leggende; ma è anche un paradossale luogo dell'anima, soprattutto per chi, come la protagonista, cerca in quest'isola consacrata alla memoria come ergastolo e confino una via di fuga dai suoi privati carceri. Non a caso la narratrice rievoca, come in uno specchio, figure di eremiti e di pirati, l'incredibile storia della colonia di galeotti e prostitute trasferiti a Ventotene nel Settecento per un esperimento di rieducazione secondo i principi di Jean-Jacques Rousseau, o la vita quotidiana di Pertini, Altiero Spinelli e gli altri antifascisti confinati nell'isola da Mussolini. Ma accanto a queste tracce del passato che vive si alternano dialoghi «contemporanei» con interlocutori più o meno casuali, reali e immaginari, il tentativo di condividere storie altrui e la contemplazione di «strane creature umane, vegetali, animali», da cui nasce «l'esercizio del pensiero piu acuto e profondo». Questo romanzo è soprattutto una sorta di asistematica autobiografia intellettuale: frammenti di storia personale e collettiva, eventi grandi e minimi che si trasformano in occasioni di riflessioni etiche, politiche, esistenziali, di costume, tutte dettate da una profonda inquietudine, dal coraggio delle idee e da un irriducibile bisogno di libertà, dignità e utopia.
Fabrizia Ramondino (1936–2008) was an Italian author who has many works "which includes and crosses the boundaries between poetry, novels, plays, travelogues, memoirs, confession, self-reflection, anthropological, cultural and linguistic comment" according to Adalgisa Giorgio, who has conducted research of Ramondino's life and works.
“Ascoltare qualcuno significa mettersi al suo posto mentre parla. Mettersi al posto di un essere la cui anima è mutilata dalla sventura, o in pericolo imminente di esserlo, significa annientare la propria anima”. Simone Weil
Questo libro sembra il diario di un carcere interiore, nella solitudine umana e poetica di un'isola carcere, isola confino, isola vento, isola deserto, isola mare, isola malattia. La scrittrice compie un viaggio di inclusione per prendersi cura di sé e per cercare nel mondo un'intimità aspra, un tesoro spirituale, un luogo segreto (“un dentro in un altro dentro) da cui ripartire e ricominciare a vivere, con quella modalità di assalto, sacrificio e ricerca propria di eremiti e pirati. Ventotene, la parola ha origine misteriosa, dispensatrice di cose. Bisogni di libertà, necessità di cancellare gli errori, uscire dal circolo distruttivo e desiderare di nuovo la vita salata e intensa e angosciosa e verticale. Chi incontra Ramondino nell'isola? Le antiche madri, le donne umili e generose, gli anziani che raccontano, le straniere in porto; osserva la natura, l'euforbia, l'ibisco, l'acanto, le agavi mediterranee e le falesie con i minerali e la loro necessità; e poi le costruzioni umane, fatte per segregare e recludere e sorvegliare, un'umanità inerme ma non schiava, in rassegnato abbandono ma indomita, di fronte al fato tragico e ineluttabile. Ramondino descrive le donne nei tempi antichi, gli antifascisti, Rossi, Spinelli, Colorni, Pertini, Terracini, gli scrittori che qui hanno creato (Thomas Mann), il volgo basso e sotterraneo, ladri, ubriachi, ruffiani e meretrici, deportati qui in un progetto di rieducazione, e poi i galeotti veri e propri, i criminali per amore o per professione, e i carcerieri con le loro famiglie, e infine ci sono gli isolani. Qui “l'inverno ha un cuore di vento”, scrive Ramondino, e i vivi si mescolano ai morti, le loro voci accanto alle piante e agli alberi e agli scogli; l'autrice vive un'altalena di paradiso e inferno, dove lei stessa è nemica, sconfina nella follia, nel male, fugge la vita e l'isola rappresenta una soglia che separa il bene dal male, l'essere dal non essere. Le case che abita sono un grembo e si trasformano in luoghi di scambio. Ventotene diventa il simbolo di qualcosa che si vuole mostrare, un exemplum, e, al tempo stesso, si vuole mantenere invisibile (desiderio di nascondersi e di conoscersi), alimentando così piani e livelli in contraddizione, nel tentativo di riconciliare, di svelare nella realtà implacabile uno stato selvaggio, dove si ha per compagnia solo la desolazione del vuoto. Su questa vertigine si affaccia una nuova presenza, mentre Ramondino pratica un distacco dal consesso umano che è interrogazione sul passato e sul tempo, individuali e collettivi, vissuti in solitudine, in persecuzione, in guerra, sotto processo, circondata da bestie di mutevole forma e natura. Bestie dell'autrice che si nutrono di carne e immaginazione, bestie del lettore che potrebbe rompersi il collo, farsi veramente male: tra cemento e mattoni, casse di bottiglie, immondezza, cessi senza tetto né porta, tubi, ruggine, carcasse di veicoli, spinosi e intricati vegetali. Una storia di tramonti innocenti e timidi, nella quale un'immutabile sciagura trascorre in una temperata malinconia, sull'orlo del mare, sulla battigia.
“Non si incontra nessuno che passeggia di notte, solo gente che va e viene da una casa o da un locale all'altro. Mai consegnata alla notte. Né al plenilunio. Gente che riproduce durante la notte il giorno in ristoranti, bar, discoteche, rumorose riunioni di famigliari e di amici. In questo loro mondo mi sento un'apolide e la notte diventa allora il luogo della mia incapacità di conoscere e amare il giorno degli altri. Per fortuna i luminosi cespugli delle belle di notte m'insegnano la mitezza, mi distolgono dal giudizio, mi annunciano la presenza dell'amore”.
Cos’è il mondo che ci circonda se non il riflesso dei nostri pensieri, di ciò che sentiamo? Cos’è il mondo che ci circonda se non un’infinita stratificazione di sensi, di significati antichi e attuali, di una storia che si ripete e che lascia dietro di sé tracce visibili e invisibili che chiedono solo di essere colte?
Lo sguardo di Ramondino permea la narrazione, è capace di andare oltre il reale, di trasformarlo in un gioco di specchi in cui chi osserva è a sua volta osservato, chi è soggetto diviene oggetto e anche chi è estraneo può finalmente trovare un suo posto nel mondo, diventare parte di una isola brulla e battuta dal vento, essere riconosciuto da chi – come lui – lotta contro gli elementi, contro le asperità.
Sono brevi ritratti quelli che Ramondino si concede; gli occhi e la mente irrequieti non possono fermarsi mai troppo a lungo su un soggetto, un’immagine, un pensiero, tutto corre come una pellicola che si svolge veloce avanti e indietro, avanti e indietro, che oscilla costantemente tra passato e presente senza soluzione di continuità.
Libro prezioso, intenso. Dalla seconda di copertina, sottoscrivendo, riporto: "Fabrizia Ramondino trascorre un'intensa stagione a Ventotene, nel tentativo di uscire dall'ombra dell'alcolismo e della depressione. L'isola la interroga, l'accoglie e la respinge. Così, il vissuto personale s'intreccia alle storie che hanno popolato l'isola per secoli: dagli eremiti medievali all'esperimento illuminista di rieducazione di galeotti e meretrici (che si concluse facendo costruire a loro stessi la prigione che li avrebbe rinchiusi), fino al "suicidio presunto" di Gaetano Bresci, al confino degli antifascisti come Pertini e alla stesura del primo Manifesto federalista europeo, firmato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni. Le contraddizioni del luogo e quelle dell'anima non fanno altro che rispecchiarsi in queste pagine vivissime, palpitanti, di un'intelligenza dolorosa e fulminante."
Ventotene: terra di confino di una bellezza sfrontata e affascinante. Sono stata in questa isola proprio questa estate, per puro caso questo libro è stata la scelta per il mese di ottobre del gruppo di lettura che frequento. La Ramondino mescola frammenti di racconto della sua vacanza a Ventotene, quasi un autoconfino, alla ricerca di una guarigione assai travagliata e penosa, con racconti della vita dell’isola, dei confinati e degli abitanti abituali, il racconto della fame e del patimento degli uni e degli altri. Una scrittura precisa, raffinata, essenziale che ho amato.
A Ventotene, alla fine degli anni '80, l'autrice si concede un esilio in cui affronta la sua depressione, affrontando le stagioni e scavando nella storia dell'isola stessa (con forti riferimenti al confino degli antifascisti negli anni '30 e '40). La prima parte del libro, quella calata nella depressione, è paradossalmente più aperta e a tratti serena, con l'autrice che si descrive in modo quasi bambinesco in alcune sue peregrinazioni. La seconda, molto più breve e conseguente all'uscita dalla dipendenza dall'alcool, più desolante. Scrittura magnifica, un viaggio dolente.
Tempo sospeso e mescolato su un’isola che galleggia fra ricordi storici e pensieri intimi… sicuramente un libro statico e “solipsistico”, ma l’intento era quello.
Appunti poetici, storici, semplici, quotidiani, di una e più permanenze dell'autrice a Ventotene. L'isola fisica, l'isola metaforica, l'isolamento come punto di osservazione privilegiato per analizzare sé e il mondo, di oggi e di ieri, isola come luogo in cui trovarsi e ritrovarsi e in cui curarsi imparando a convivere con gli errori, i dolori, le debolezze. Scrittura delicata e preziosa. Letto lentamente e a piccole dosi ha acquistato -ai miei occhi- anche più valore.
Una scrittrice eccentrica, inafferrabile e multiforme. Un tesoro della letteratura italiana contemporanea che, ahimè, dev'essere ancora valorizzato appieno.
Primo libro di Ramondino per me, una felice e insperata scoperta. La sua voce colta, lucida, a tratti tenera e perlopiù brutale, salta da aneddoti personali a temi di interesse pubblico, trascinando il lettore in una quasi autobiografia sofferta, perfettamente resa dall'immagine di copertina (Magritte!). Come l'autrice, mi pare di rispecchiarmi nel destino anomalo e solitario di un'isola minore e senza sforzi ho seguito il suo viaggio nell'isola e alla scoperta di sé. Mi pare veramente straordinaria l'autenticità con cui Ramondino porta frammenti del suo sé, racconta le sue sensazioni e i suoi ricordi... un regalo bellissimo, quasi la voce di un'amica più anziana con cui condividere visioni e impressioni sul mondo che cambia.
La Ramondino mi sorprende sempre anche con le sue pagine botaniche. Il ritratto di Ventotene, nei luoghi più segreti e selvatici, in cui la Storia ha segnato i suoi confini presto spazzati dal turismo di massa. Qui Agrippina, Ottavia, Sandro Pertini, Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi hanno pagato l'esilio, qui l’autrice soggiorna nel tentativo di trovare conforto dalla depressione.
Libro prezioso, intenso. Una scrittura colta, ma mai pesante. Un susseguirsi di riflessioni, immagini che necessiterebbero sicuramente di una seconda lettura. Si intrecciano la storia di Ventotene con momenti di vita personale, riflessioni sull'utopia e sul senso della fine nonché sul grande potere della scrittura (che dovrebbe essere bilanciato da un senso di responsabilità di lettura, forse?).
Felice di aver scoperto questa scrittrice. Sicuramente approfondirò ulteriormente con altri suoi scritti.