Con questo libro Pansa squarcia il velo di silenzio su pagine di storia assai poco indagate: la resa dei conti imposta ai fascisti sconfitti, un tema proibito per gran parte della storiografia dei vincitori. Aiutato da una vastissima documentazione, l'autore ricostruisce nei dettagli gli eccidi e gli omicidi compiuti per punizione, vendetta, fanatismo politico e odio di classe di migliaia di italiani che avevano scelto di combattere l'ultima battaglia di Mussolini. Un bagno di sangue compiuto nell'Italia del nord, dal 25 aprile 1945 alla fine del 1946. Un racconto terribile e spietato: per molti la morte arriva dopo una via crucis di umiliazioni, violenze, torture e stupri. E si incrocia con l'eliminazione preventiva di quanti avrebbero potuto opporsi alla vittoria del comunismo in Italia: i borghesi ricchi, gli agrari, i preti, i democristiani. Il lettore vi troverà le storie di tantissimi italiani incappati nella sorte che sempre tocca agli sconfitti: dai gerarchi del fascismo a una folla di donne e uomini qualunque. Le loro figure riemergono da queste pagine come fantasmi ancora in attesa di una dignitosa sepoltura. Pansa squarcia la cortina di silenzio sull'altra faccia della guerra che divise in due l'Italia. E ci offre una nuova testimonianza della sua onestà di narratore, capace di osservare con sguardo limpido le vicende e le figure più controverse.
Il 17 ottobre di quest'anno, GianPaolo Pansa era a Reggio Emilia per presentare il suo ultimo libro La grande bugia - Le sinistre italiane e il sangue dei vinti. Le sue parole sono state interrotte dall'ingresso di un giovane, che ha scaraventato una copia del libro sul tavolo ed ha esclamato: "Lei ha scritto un libro infame per fare soldi sulle spalle della Resistenza!". La sala è stata poi occupata da altri appartenenti ai centri sociali, che hanno cantato "Bella ciao", gridato "Pansa prezzolato con l’infamia c’hai speculato. Viva i fratelli Cervi! Viva Giorgio Bocca!" e srotolato striscioni contro il cosiddetto "revisionismo storico". Insomma, una scena pietosa, di quelle che ti fanno correre a guardare il calendario per verificare la data: eppure sì, siamo proprio nel 2006 e la libertà di esprimere le proprie opinioni dovrebbe ormai essere un fatto assodato. Ma, a quanto pare, no.
Non ho letto quest'ultimo libro di Pansa, come, a mio avviso, non l'hanno letto neppure quella ventina di esaltati che hanno aggredito lo scrittore. Però ho letto Il sangue dei vinti, pubblicato l'anno precedente. Presumibilmente, gli esaltati in questione non hanno letto neanche quello.
Il tema trattato è lo stesso, ovvero le molte verità opportunamente taciute o addirittura negate perché non avrebbero giovato all'immagine di purezza ed irreprensibilità della sinistra, perché avrebbero fatto il gioco del "nemico". Verità ora riportate a galla non da un esponente della destra, bensì da un giornalista che a quella stessa area politica appartiene. E che, automaticamente, proprio per questo, è diventato un "traditore". Che bel parolone, eh? "Traditore". Riempie per benino la bocca. Forse per compensare il vuoto del cervello di chi lo pronuncia. Perché, proprio come dice Pansa nell'introduzione, "raccontare la verità, per spiacevole che possa risultare a un'area politica che è anche la mia, è una testimonianza di forza morale, di fiducia nei propri valori".
Sono assolutamente d'accordo con lo scrittore, benché non condivida la sua ideologia. Il procedere della storia dell'uomo non è una linea retta, che progredisce sicura verso l'alto, bensì una ben più misera linea spezzata, che cambia spesso direzione e, con frequenza allarmante, torna anche indietro. E negarlo provoca danni assai maggiori che non ammetterlo. Dunque ben venga l'opera di chiunque cerchi di ristabilire oggettività e razionalità a questo nostro arrancare in cerca del modo migliore per vivere. Creare miti non giova a nessuno, anzi, al contrario, ci rende tutti più poveri.
Vale dunque la pena di leggere questo saggio di Pansa, anche se la sua lettura non è agevolissima, nel senso che, a mio modesto avviso, tende ad annoiare un po', poiché si riduce, talvolta, ad un mero elenco di nomi, date e situazioni. E' un po' il limite di questo tipo di scritti, in cui la materia trattata prende decisamente il sopravvento sul modo in cui viene narrata. Non è nelle corde di tutti riuscire ad occuparsi di problematiche impegnative riuscendo ad essere, al contempo, brillanti nel registro espressivo. Tuttavia risulta, nel suo insieme, assai interessante.
Un resoconto scorrevole di stragi impunite ad opera di partigiani comunisti nell’Italia liberata, quando non si attendevano processi e la voglia di rivalsa, non solo contro i fascisti, ma anche contro i nemici di classe - proprietari terrieri, industriali, borghesi, perfino i preti di campagna - senza alcuna autorità a fermare i massacri. D’altronde, fascismo e comunismo sono stato i due grandi mali del Novecento, e i Paesi retti da queste ideologie totalitarie ne sono usciti distrutti.
Il drammatico racconto di quello che è successo ai perdenti. Per non dimenticare tutti coloro che sono state vittime di una furia omicida, che ha fatto di tutto per non essere meno delle violenze che l'hanno innescata... Per non dimenticare tutti coloro che, macchiati di questi crimini, hanno poi vissuto da persone "normali"... La guerra civile è la peggiore delle guerre.
Controverso e coraggioso. Le idee di Pansa in merito alla Resistenza le conoscevo già dai suoi romanzi: crudeltà e nefandezze ci furono da ambo le parti, “la guerra civile – così la definisce - è una scuola terribile per tutti, ti abitua alla violenza disumana, alla vendetta senza distinguere”. Nessuna intenzione di giustificare o riabilitare il fascismo: i vincitori hanno scritto la storia e i vinti hanno pagato il conto; la nostra repubblica è nato da un bagno di sangue dove tutti si sono sporcati le mani. Dal punto di vista strettamente letterario è piuttosto freddo e arido, per non dire ripetitivo, e l’espediente di un dialogo immaginario con una bibliotecaria fiorentina collaboratrice nelle ricerche non impedisce l’esposizione di una lunga e fredda sequela di cifre, episodi, circostanze citando come fonti libri già scritti da altri su quel particolare periodo. In una sorta di crescendo parte dai primi concitati giorni dopo la liberazione, dove la “giustizia fai da te” dei gruppi partigiani colse sia chi si era macchiato di delitti anche gravi, ma anche chi aveva fatto poco o nulla, e l’unica colpa imputabile era quella di appartenere alla milizia o all’esercito repubblichino o più semplicemente possedere la tessera del partito fascista o ancora per mera vendetta personale o peggio per rapina. Con gli stessi criteri le uccisioni proseguirono nei mesi seguenti, anche efferate, solo più organizzate, dalla Liguria al Veneto, dove alcuni episodi furono delle vere e proprie stragi, per finire con il “triangolo della morte” in Emilia dove alcune frange comuniste colpirono, ancora nel 1946, proprietari terrieri, ecclesiastici, persino ex partigiani, al folle scopo di “preparare il terreno” a una prossima rivoluzione. Quante furono le vittime? Togliatti ne dichiarò cinquantamila, più realisticamente Pansa, basandosi su alcune fonti, le fissa in circa ventimila e non sono poche.Ero curioso di leggere questo libro (anche se la saggistica non è proprio il mio genere) sia per l’apprezzamento per lo scrittore e il suo stile, sia per l’interessamento ai romanzi su quel periodo storico anche quando presentano punti di vista diversi da quelli “canonici”, non ultimo il desiderio di un libro “controcorrente” in un’epoca ormai contrassegnata dal pensiero unico dogmatico su quasi ogni argomento. Non lo consiglio a tutti, ma se vi capita… Tre stelle (per non definirlo ingiudicabile)
Dal punto di vista letterario, è uno pseudo-romanzo didascalico dove la trama fittizia che dovrebbe servire a rendere più scorrevoli le letture di liste di cifre, nomi e luoghi pare buttata lì a caso e risulta completamente priva di scopo e fascino. Le stesse infinite elencazioni annoiano veramente molto, e la freddezza dei numeri così poco contestualizzati annacquano il contenuto del libro. da questo punto di vista, 1 stella . E lo sottolineo pedantemente...
Dal punto di vista storico, parla di ciò che accadde nei mesi di guerra civile a ridosso dell'8 settembre. Ciò che stupisce è lo stupore di molti lettori, a riprova del fatto che c'è effettivamente nel paese (soprattutto fra le generazioni recenti) una notevole confusione sull'argomento. Parlo di stupore poiché quel che accadde durante e dopo la guerra civile fu matematico: vent'anni di regime e di sopraffazione di potere vennero ripagate da vendette e violenze spietate, che a loro volta ne innescarono altre in un ciclo perverso e inestricabile; il caos totale del periodo, poi, rese tutto questo possibile e quasi sempre impunito. I bisogni politici e di stabilità sociale del dopoguerra posero una lastra tombale su quei fatti, umiliando ulteriormente i vinti.
Fare l'agiografia d'un periodo storico così complesso, prendendolo da un unico punto di vista e narrandolo con un unico fine, è quindi a mio parere completamente strumentale e folle, in particolare a distanza di 70 (settanta!!!!) anni dai fatti; esattamente allo stesso modo mi parrebbe folle ribaltare completamente tale punto di vista (incappando, allora sì, nel più bieco revisionismo - e non credo ce ne sia bisogno). Per arrivare a un giusto equilibrio e dare un senso a quel periodo folle, mi pare giusto che si leggano anche libri come questo, che m'è parso abbastanza oggettivo (anche se un pò troppo acrimonioso coi partigiani, alle volte) e interessante, nelle tematiche.
Se poi fosse scritto non dico bene, ma in maniera decente sarebbe pure meglio...
La guerra civile prosegue dopo la Liberazione, in una situazione totalmente fuori controllo. Vendette, sadismo, linciaggi da parte del popolo infuriato nelle Piazze. Il racconto crudo riporta quelle violenze, dimenticate o ignorate dalla storiografia ufficiale, con una ricerca scrupolosa di nomi, date, numeri dei morti e luoghi. Chi sono i vinctori? Cosa hanno vinto? Sembra un film dell'orrore, macabro. Alla fine si può pensare che in Italia, dopo la guerra, ci fossero in giro un bel pò di criminali, assassini, violentatori, che avrebbero dovuto rispondere dei propri atti, ma che sono rimasti impuniti, inoltre coperti dai propri partiti, dal proprio ambiente, e dal popolo unito, convinti di aver semplicemente fatto il proprio dovere, per riportare la giustizia, per vendicare gli eccidi commessi dai fascisti e tedeschi.
È un libro interessante che mette in luce un lato della resistenza di cui si sente parlare pochissimo. È inutile far finta che durante la guerra civile non siano state commesse atrocità da entrambe le parti. Non è, e nemmeno deve essere, una buona ragione per dubitare minimamente del fatto che la Resistenza all'aggressore nazista e al dominatore fascista sia stata cosa buona e giusta. Questo libro va a completare una parte della storia di quei giorni e ci fa capire a cosa porta una guerra civile. Questo libro è utile anche perché sapere anche di questo lato oscuro della Resistenza ci serve anche ad essere preparati a critiche del tipo "eh ma anche i partigiani però" che troverete sempre in giro.
È un libro molto interessante. Scrivere di questo argomento credo sia stata per l’ autore una scelta molto coraggiosa. Ai fini storici importante è necessaria. Racconta di quello spazio temporale fra la liberazione e l’arrivo degli alleati, della guerra civile in atto nel nord Italia. Speravo di trovare qualcosa su BISAGNO - Aldo Castaldi capo partigiano ligure ucciso da fuoco amico perché non rosso ma bianco. Peccato non ho trovato nulla.
Un interessante approfondimento per comprendere i risvolti della guerra civile in Italia e gli avvenimenti dopo la liberazione del 25 aprile. Offre uno sguardo della doppia faccia della medaglia, trattando degli eccidi compiuti ai danni dei fascisti (o presunti tali, come più volte viene ribadito nel libro), vicende ancora sconosciute ai più.
Una indagine coraggiosa organica ed accurata sulle stragi che insanguinarono il nord Italia dopo la caduta del fascismo. Un racconto di vendette e stragi per lo più impunite contro gli aderenti alla Repubblica Sociale che colpirono anche chi non aveva commesso crimini. Due i limiti del libro Spesso pare un mero elenco telefonico. Non indaga sulle stragi titine nel nord-est
Non brilla dal punto di vista letterario, ma e' una onesta elencazione dei delitti commessi dopo il 25 aprile nell' Italia liberata. Una conferma ulteriore che la violenza genera altra violenza, e nessuna e' giustificata...
Una doverosa ricerca sugli orrori della guerra civile in Italia dopo la Liberazione racconto di esecuzioni sommarie dei fascisti; il libro è piu o meno un elenco di nomi e date di fascisti ammazzati. Alla fine, ripetitivo e asettico. Faticoso da finire .
Uno scritto politico, nel significato che gli si vuole attribuire. Uno scritto scomodo e facilmente strumentalizzabile, pubblicato durante un tormentatissimo governo Berlusconi, in cui insistere sul tradimento dei valori della Resistenza, eterna carta da giocare sul piano morale, da Sinistra.
In realtà, indicare la presenza di numerosissimi partigiani improvvisati, dal 26 aprile 1945 è ed era scoprire l'acqua calda. Pansa insiste sulla differenza fra i buoni partigiani, presenti in montagna da tempo e i finti partigiani, improvvisatisi fra aprile e maggio del 45 e animati da interessi personali e vendette animose.
La lettura non è particolarmente accattivante: si tratta perlopiù di un mero elenco di abusi ed eccidi. Raramente sono stato così disturbato dai contenuti di un libro.
Intrigante argomentare la strategia voluta da Togliatti per generare, su consiglio di Stalin, a seguito della fine delle ostilità, una seconda guerra civile che provvedesse a soppiantare la classe sociale borghese con una nuova, proletaria e comunista.
La presenza di Livia è aleatoria e limitante.
Niente di che, insomma.
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L'ho cominciato attirato dalle polemiche che erano seguite alla sua uscita e per saperne di pi� su un argomento poco noto. Purtroppo non si tratta di un saggio generale come mi aspettavo, ma per lo pi� di una lunga e noiosa enumerazione di fatti atroci, suddivisi zona per zona, con nomi, luoghi, date, eventi e numero di vittime raccontati in poche righe. Si salvano alcune parti in cui la narrazione � pi� lunga e dettagliata, il respiro si fa pi� ampio, i luoghi e le vittime acquistano spessore e ci si rende meglio conto dell'enormit�� dei fatti, ma purtroppo per la maggior parte � avvincente come leggere l'elenco dei caduti in un bollettino di guerra.
Bello, interessante, indispensabile! Perchè? Perchè sui libri di storia, quelli ufficiali intendo, alcuni argomenti non sono trattati; come ad esempio la guerra civile che c'è stata in Italia nell'immediato dopoguerra.