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Trans Europa Express

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2008. Seimila chilometri a zigzag da Rovaniemi (Finlandia) a Odessa (Ucraina). Un percorso che sembra tagliare, strappare l’Europa occidentale da quella orientale. È una strada, quella di Rumiz, che tra acque e foreste, e sentori di abbandono, si snoda tra gloriosi fantasmi industriali, villaggi vivi e villaggi morti. Rumiz accompagna il lettore, con una voce profonda, ricca di intonazioni, per paesaggi inediti, segreti, struggenti di bellezza. E più avanza, più ha la sensazione di non trovarsi su qualche sperduto confine ma precisamente al centro, nel cuore stesso dell’Europa. Attraversa dogane, recinzioni metalliche, barriere con tanto di torrette di guardia, vive attese interminabili e affronta severissimi controlli, ma come sempre – nel frattempo – conosce anche la generosità degli uomini e delle donne che incontra sul suo cammino: un pescatore di granchi giganti, prosperose venditrici di mirtilli, un prete che ha combattuto nelle forze speciali in Cecenia. Siamo di fronte a un libro raro, dettato da una scrittura che magnifica il viaggiare e la conoscenza del mondo – di quel mondo – attraverso il viaggiare.

231 pages, Paperback

First published October 1, 2012

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About the author

Paolo Rumiz

70 books157 followers
Paolo Rumiz è un giornalista e scrittore italiano.
Inviato speciale del "Piccolo di Trieste" e in seguito editorialista di "la Repubblica", segue dal 1986 gli eventi dell'area balcanica e danubiana; durante la dissoluzione della Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e successivamente in Bosnia ed Erzegovina.
Nel novembre 2001 è stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, per documentare l'attacco statunitense all'Afghanistan.

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Displaying 1 - 30 of 107 reviews
Profile Image for Sandra.
964 reviews333 followers
September 14, 2017
Alla fine della lettura sono più brava in geografia, precisamente nella geografia dei paesi baltici e dell’est: il viaggio di Rumiz inizia dal profondo nord, quasi dal Circolo Polare Artico, da quelle terre frastagliate, dai confini incerti, tra Finlandia, Norvegia e Russia, pianure sconfinate senza alberi e pochissimi esseri viventi, per scendere in verticale fino al Mar Nero. Il viaggio si svolge sul filo delle frontiere che in alcuni punti sono diventate le frontiere tra l’Europa, tanto vituperata da Rumiz, e l’Est, la vecchia Russia, oggetto di nostalgica ammirazione da parte di Rumiz. Il suo viaggio di frontiera va in cerca delle minoranze etniche che, in passato, erano la ricchezza di quelle terre: ciò che emerge alla fine è che “i diversi”sono cambiati, non ci sono più gli ebrei, che erano parte della storia e della cultura di quelle zone, ci sono gli zingari, ci sono soprattutto i russi che ora sono una minoranza odiata in terre come quelle baltiche e in Ucraina. Sarebbe potuto essere un viaggio più coinvolgente, invece l’ho trovato a volte superficiale: Rumiz è nostalgico dell’epoca in cui c’era la vecchia URSS, non tanto per la politica ma più per come funzionava, simpatizza con tutti i russi che incontra lungo la strada. Saranno pure simpatici ‘sti russi, però scriverci un intero libro sull’argomento è esagerato.
Profile Image for Mosco.
449 reviews44 followers
February 8, 2025

Mi chiedo perché mi ostino a provarci, con Rumiz. Lo so da un pezzo che mi sta sulle scatole, eppure. Forse perché scrive libri di viaggio e a me piacciono molto, ma alla fine resto della mia opinione: Rumiz mi sta sulle scatole.
Mi sta sulle scatole la sua nostalgia per i tempi in cui si stava meglio quando si stava peggio; la nostalgia per le frontiere, quelle serie con guardie, dogane, recinzioni, controlli, passaporti "il sogno, la linea d'ombra da valicare, il senso del proibito";  la scrittura emozionale e nostalgica.
In 6000 chilometri e 33 giorni attraversa 9 nazioni (Finlandia, norvegia, russia, lettonia, estonia, lituania, polonia, bielorussia, ucraina), quasi sempre con mezzi pubblici, si ferma quindi al massimo 3,6 giorni per nazione (ma in Russia si ferma molto di più), corre come un razzo. Si ferma, poco o tanto, in almeno 38 località, mi sono disegnata il tragitto sulla cartina. Per circumnavigare il lago Ladoga spende 45 ore di treno, 2 giorni "persi"; in ogni posto parla con 4 gatti. In Estonia, per esempio, si ferma 2 notti. Però ha capito tutto di quel paese, ce ne racconta la rava e la fava.

Ma soprattutto, non perde l'occasione per schizzare veleno e disprezzo nei confronti dell'occidente e della UE: tutti i mali sono a occidente, tutto il bene e il bello nell'Europa dell'est; le persone meravigliose solo in oriente, i fiumi più belli, le città più accoglienti. Ah, la Russia!

"Non capisce che noi siamo stanchi dell’Ovest claustrofobico, e non riesce a intendere il senso di questo viaggio su una linea di periferie. Tantomeno capirebbe che sto morendo di nostalgia per le sponde dell’Onega e la banja fumante di Velikaja Guba."

"Nel Mediterraneo la volta azzurra totalitaria ti schiaccia, qui sul Baltico il cielo offre visioni continue e mutevoli"

e ancora:

"bei giovani magri, occhi appassionati, carichi di un ardore sconosciuto in Occidente"

"bambini che leggono, ecco un'altra cosa scomparsa dalle mie parti"

"In Italia non conosciamo quello sguardo e quella barba, il nonno che tutti vorrebbero avere"

"L’Occidente non ha perduto solo il tempo, che gli sfugge tra le dita, ma anche la compagnia rassicurante dell’acqua. Non mormora, non tuona, non culla più."

"L'Occidente è il luogo dove lo sbadiglio regna sovrano"

Eccetera.

Poi arriviamo al ridicolo: "Tre maiali dietro a una staccionata. Grufolano negli avanzi di cucina e non puzzano come i nostri."

EH, pure i maiali sono meglio, a est. La prossima volta che mi torna voglia di un Rumiz, per farmela passare devo pensare a tre maiali.



qui su google earth più o meno la mappa dei posti visitati durante il viaggio

Profile Image for Laurie.
183 reviews70 followers
July 31, 2015
Borderlands and frontiers have long fascinated me. Paolo Rumiz, long time Italian journalist and world traveler, has journeyed the traditional borderlands of Europe made new by the European Union; what Rumiz calls "fortress Europe." Rumiz and his traveling companion prefer their Europe wild and raw which is why they commit to traveling the non-EU side of the vertical border from Murmansk Russia to Istanbul by train and bus for most of their journey. Through a portion of Europe which is little written about we meet gregarious grandmothers, gangsters, surly youth and back-to-the-land authors who share their stories about life and history.

Rumiz and his companion have an open attitude to the people and places they experience which is very refreshing. They also understand the deep historical and cultural nuances of lands where there is a deep void resulting from the forced deportations, relocations and exterminations of peoples over the last century. About the market square in Chernivtsi Ukraine, the former Czernowitz, center of Jewish culture and learning, Rumiz has to say: "All around are Cossack butchers with cascading mustaches, buxom Moldovian farm women, vociferous Romanians selling strings of braided onions, bony-faced Carpathian natives with baskets of mountain herbs and greens. The only missing player in this chaotic scene is the Hassidic Jew with his wide-brimmed black hat, black long coat, and curls down to his shoulders." He understands what has been lost. And the rich strangeness that yet remains.
Profile Image for Louise.
1,846 reviews385 followers
June 28, 2015
Paolo Rumiz and his translator/companion/photographer Monika travel light. With only backpacks and one change of clothes they take trains and buses from northernmost Finland to the Ukraine. Their route is vertical but often zig zags crossing Russia’s western “border zone”/Europe’s frontier” several times.

Paolo and Monika enjoy most the places tourists visit least. They acquainted me with remote places such as Kirkenes (the place of the northernmost internet connection), Monchegorsk (“ the meringue city”), Karelia (the start/end of the arctic circle) and the Solovetskys (the monastery islands). Once they cross over to Estonia, Latvia, Kaliningrad, Poland and points further south they see the influence of the EU, the USA and an intense pace of life.

The descriptions are wonderful, from the processing of crabs with 6 foot claws in Kamchatka, to varied and often ominous border crossings (days long lines for Estonia-Russia) to the curfew for men (not women or boys) in Belarus cities to a shakedown in the Ukraine.

Throughout the trip they note synagogues and an historical Jewish presence, but few Jews. They learn that most who survived the war left in 1990’s when visas became easier to get.

Through conversations with locals (Paolo says you can't learn what is happening from diplomats in airports) you hear that not all are thrilled with the collapse of communism. Alya Andreyevna morns her job in a now vanished day care center and the team spirit of the past. She worries that the wooden houses of her town will be bulldozed to make room for cement buildings. Another woman longs for the order of the past and says there is too much drinking now. The market economy is bringing tourists to the arctic who shoot reindeer for only their antlers and businesspeople who exploit the once shared lands.

I liked the narratives about people with quotes from the everyday conversations. The best was that of Tatiana and Vitaly of Lovozero glimpsing their lives and showing the worry foreign house guests can cause. The portraits of places were good, but had me going to the internet for orientation (how big is this city? Where, exactly is this?).

Despite the depth and beauty of the prose, (kudos to writer and translator) I can’t give it 5 stars. The border-less map was not much of a help and Monika’s photography was frequently cited, but not one picture is included.

Profile Image for Massimiliano.
409 reviews86 followers
December 8, 2020
Un gran bel viaggio, di quelli che piacerebbe fare anche a me.
Ecco perchè ho letto questo libro, il tragitto parecchio suggestivo visto con occhi italiani (che non necessariamente è un bene ma quantomeno è il punto di vista più vicino a me).

Da Murmansk a Odessa, a cavallo della "nuova cortina di ferro", il confine orientale dell'Unione Europea.
Ma non si tratta solo di descrivere la condizione attuale: attraversare quei luoghi, Carelia, quella che fu la Prussia Orientale, Galizia, Podolia, significa anche rievocarne la memoria e i ricordi, le popolazioni vissute da quelle parti prima delle varie pulizie etniche del novecento.
C'è e si sente il vuoto lasciato dagli ebrei.

Ho apprezzato molto la narrazione di Rumiz, riesce ad amalgamare bene le geografie e la storia; forse in alcuni casi qualche commentino di troppo, ma sopportabile.


Profile Image for Palomar.
84 reviews18 followers
August 17, 2022
Mi è bastato incappare in questo stralcio, in questi giorni, per desiderare di leggerlo.
Viaggio del 2008, pubblicato nel 2011.
Adesso non è per niente una guerra fredda
***
Nota post lettura: dovevo leggere questo libro dieci anni fa e poi partire di corsa, sulle tracce di Rumiz, daimon viaggiatore.
Libro meraviglioso, da Murmansk a Istanbul, ogni singola pagina.

“Ma come, non la sente la Guerra fredda che torna?” mi chiede attonito Maksim alla stazione di Chmel’ničkij, dove aspettiamo il treno per Odessa in una placida sera color del grano. Maksim Apostol è uno studente ucraino di Medicina, allegro e ben nutrito, capelli neri e lunghi come Gogol’, e ci guarda ghignando con gli occhi sbarrati per mimare la paura che verrà.
È un gigione formidabile. Si ingobbisce, contrae il collo, si abbraccia i gomiti e finge di battere i denti, come se un improvviso colpo di vento del Nord avesse sballato la stagione spazzando via dalle campagne grano maturo, trebbiatrici e contadini.
“Dove vivete, voi occidentali? Tutti sanno che il Caucaso tornerà a ballare. Putin vuole tenerlo sotto controllo e gli americani vogliono metterci basi militari. In più c’è il petrolio del Caspio... Veda lei... Mi pare che basti e avanzi.” Poi aggiunge: “Noi la sentiamo benissimo la tensione. Qui passa la vera frontiera fra Est e Ovest”.
Mi chiede se so cosa vuol dire Ucraina, e io gli rispondo che lo so eccome: vuol dire frontiera. Anche in Croazia c’era una krajina – una fascia di frontiera a maggioranza serba – che nel 1991, fomentata da Belgrado, infiammò l’intera Jugoslavia. “Benissimo,” risponde lui, “vedo che ha capito. Se l’Ucraina smette di essere quello che è stata per secoli, cioè confine cuscinetto, per entrare in un’alleanza occidentale, succede il putiferio. Il paese, che è filo-russo a oriente, si spezza in due e
allora Mosca interviene. Del Caucaso non parliamo nemmeno. Stalin lo ha riempito di enclave, mine etniche per seminar zizzania e facilitare il controllo di Mosca, e Putin può incendiarle in qualsiasi momento.”
Lo so. È da Murmansk che viaggio su una lunga krajina abitata da minoranze etniche frustrate e pronte a lasciarsi infiammare.
Ed è dal Mare di Barents che sento la durezza crescente del confronto Est-Ovest, come se
una nuova Cortina di ferro si stesse riformando qualche centinaio di chilometri a est di quella precedente. Polacchi e baltici contro Mosca, spiegamenti militari russi ai confini della Finlandia, complicazioni infinite nell’acquisizione dei visti, allargamento a trenta chilometri della zona frontaliera sotto controllo della polizia e dell’esercito di Mosca, reticolati tra Polonia e Ucraina.
E se questo visionario avesse ragione? Da troppo tempo, dalla caduta del Muro di Berlino, viviamo in un’atmosfera di ebete disgelo, come se la Russia non fosse diventata padrona dell’energia, come se fosse un corpaccione molle, incapace di reagire. Ho viaggiato per più di un mese su una linea sismica solo apparentemente addormentata. Ho attraversato dogane, reticolati, sbarre con altane e riflettori. Ho vissuto sequestri di merce, attese interminabili, arresti, durissimi controlli dei visti. Passando fuori e dentro il confine dell’Unione europea ho sentito più volte qualche brivido,
ma senza pensare mai alla Guerra fredda. Ora, in attesa del Podol’ski Ekspress in mezzo ai binari incendiati dal tramonto, mi sento come un gatto che è passato sotto il naso dell’orso senza svegliarlo. Forse ha ragione Maksim, la Frontiera ritorna verso il freddo."
Profile Image for Simona.
974 reviews228 followers
January 25, 2025
"Mai come questa volta non sono stato io a fare il viaggio, ma le persone che ho incontrato. come a dire che è stato il viaggio a fare se stesso, ignorando i miei schemi mentali".

Questa citazione riassume perfettamente il senso di questo libro e del viaggio che Rumiz ha intrapreso.
Non sarebbe coretto definire questo libro un romanzo, in quanto è una sorta di documentario di viaggio. Un viaggio lungo, un viaggio che non è turistico, un viaggio fatto di persone diverse, di persone incontrate tra la Finlandia, la Norvegia, i Monti Carpazi, la Cecenia fino a giungere ad Odessa, in Ucraina. Forse è vero che sono gli incontri lungo il percorso a fare il viaggio incontrando pescatori di aragoste, raccoglitrici di mirtilli, persone comuni che lottano in ogni paese del mondo e che ti arricchiscono, facendoti comprendere quanto sia bello questo modo di viaggiare, di esserci, semplicemente esistere, con il sole a mezzanotte della Norvegia, vivendo attimi di eterna, meravigliosa, struggente bellezza.
Profile Image for Tuck.
2,264 reviews252 followers
December 15, 2015
fast paced, thoughtful, off the tourist path trip from far north in murmansk (and farther north than that)) zig zagging south crossing and recrossing borders between russia and not-russia in finland, estonia, latvia, Lithuania, poland, urkraine, Belarus, ending in odessa. did i leave some countries out? he and his partner travel mostly by local bus and train, so they get to meet lots of local folks, and they de-train in the unlikeliest places, so get to see lots of local sights, and most any given spot in this zigzag line has 100's and 100's of years of history and happenings, which author deftly folds into his modern narrative. he totally calls and reports on what has happened in urkraine, and what will happen with this border lands in the future too?
he goes on and on about his partner's photographing, but not one single one in book, and just a hand drawn map, no citations , no index.
a bit maddening, that no-pic policy, as rizzoli ex libris produces mostly illustrated books. but it seems that is situation http://www.rizzoliusa.com/book.php?is...
Profile Image for Philip Dingle.
5 reviews1 follower
February 10, 2017
A fascinating read that sheds light on an under-reported part of the world. Shows how much more an inquiring mind can discover by traveling on public transport rather than by car.
As Rumiz notes, politicians should travel on buses and trains more often.

Was disappointed not to have seen some of traveling companion Monika's photographs; Rumiz is good at painting a picture with words, but photos have their value too.

Highly recommended.
Profile Image for dely.
492 reviews278 followers
March 29, 2024
Come sempre Rumiz riesce a farmi viaggiare e sognare. Inizia questo viaggio nel 2008 con la sua compagna Monika (fotografa e antropologa polacca) muovendosi lungo la frontiera tra Europa e Russia, partendo da Rovaniemi (Finlandia) e arrivando a Odessa (Ucraina). Fa più di 6000 chilometri viaggiando con mezzi pubblici o, se strettamente necessario, noleggiando un'auto. Come bagaglio ha solo uno zaino, per viaggiare leggero. Attraversa villaggi, parla con persone comuni che gli raccontano la loro vita, regalandoci uno sguardo sulla storia dell'Europa, soprattutto della multietnicità tipica delle zone di frontiera. Partendo dalla Finlandia va in Norvegia, poi si sposta in Russia, e successivamente va in Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Bielorussia per approdare in Ucraina, viaggiando sempre lungo il confine.
Rumiz non guarda mai al grande e al vistoso, ma al piccolo, al comune, al nascosto; ciononostante, o proprio grazie a questo, riesce a dipingere un quadro policromatico sulla storia, anche politica e religiosa, dei posti che attraversa. Sembra di viaggiare con lui, sentire i profumi del cibo locale, il freddo pungente della taiga o il calore di una stufa a casa di gente che ospitano lui e la compagna.
Profile Image for Yves Gounin.
441 reviews69 followers
August 5, 2011
Le récit de voyage est un genre toujours florissant. Il suffit d’arpenter les bonnes librairies pour s’en convaincre : les livres de Nicolas Bouvier, d’Alexandra David-Néel ou d’Albert Londres y occupent autant sinon plus de place que les derniers opus de Henry Kissinger, de Thomas Friedman ou de Alexandre Adler. Les ressorts du succès de ces long-sellers ont changé : il y a un siècle, les lecteurs de Pierre Loti ou de T.E. Lawrence étaient initiés à des mondes inconnus et inaccessibles. Aujourd’hui, il n’existe plus de terra incognita. Les vols low cost d’abord, Google maps ensuite ont réduit les distances et tué le mystère qui entourait les contrées les plus reculées du globe.
Pour autant, nous continuons à lire des récits de voyage. Qu’y recherchons-nous ? A nous évader d’un monde occidental aseptisé et uniformisé ? A renouer des liens humains authentiques que la modernité déshumanisée n’autorise plus ? A communier avec une nature dont l’artifice de notre civilisation urbaine nous a éloigné ? Loin de la linéarité et de la trépidance de nos vies modernes, les récits de voyage prendraient le temps de l’errance, du vagabondage, de la lenteur. Ils seraient plein de rencontres inopinées, avec de « vraies gens » dont les témoignages sincères nous en diraient plus que de fastidieux exposés géopolitiques.

Le récit de voyage de Paolo Rumiz a cette prétention-là. Grand reporter à La Repubblica, ce sexagénaire Triestin qui est né et a grandi à quelques kilomètres du rideau de fer s’est senti orphelin de cette frontière lorsque la Slovénie est entrée dans Schengen le 21 décembre 2007. Il a décidé, l’été suivant, d’entreprendre un long périple de plus de 6.000 km, zigzaguant le long de la frontière orientale de l’Europe.
Cette longue descente de « l’Europe verticale », de Mourmansk à Odessa, plus longue que ne le serait la traversée d’Ouest en Est du continent européen, est l’occasion de traverser des régions poétiques : la Carélie et ses myriades de lacs, la Courlande des Chevaliers teutoniques, la Polésie qui marque la ligne de partage des eaux entre la Baltique et la mer Noire, la Podolie aux confins de la Slovaquie, de la Hongrie, de la Roumanie et de l’Ukraine.
Elle est surtout l’occasion d’une réflexion sur les frontières. Une frontière entre l’Est et l’Ouest qu’il n’est pas plus aisé de traverser après qu’avant la chute du Mur, mais qui est plus poreuse aux mafieux corrupteurs qu’aux migrants désargentés. Une frontière dont le tracé est moins linéaire qu’on ne le croit : Kaliningrad forme une enclave russe au milieu de l’Europe, la Biélorussie, « dernière dictature d’Europe », fait tampon entre la Pologne et la Russie, l’Ukraine est divisée en deux, voire en trois, entre la Galicie qui n’a jamais tourné la page de l’Empire austro-hongrois et le bassin houiller du Donbass irrésistiblement aimanté à la Russie (et bastion électoral du président pro-russe Ianoukovytch). Une frontière entre le Nord et le Sud qu’on néglige trop souvent : le livre de Paolo Rumiz souligne jusqu’à la caricature la différence entre l’Estonie taiseuse et la Lettonie plus expansive.
Mais la frontière la plus significative divise les hommes plus que les espaces. Elle sépare l’ancien et le neuf, les vieux et les jeunes, les nostalgiques d’un ordre révolu et les profiteurs d’un capitalisme débridé. Paolo Rumiz prend le parti des premiers contre les seconds. Il chante la beauté des paysages, exalte la générosité de ses habitants, met en garde contre les atteintes portées à l’environnement. Sont ainsi réunis les ingrédients qui font le succès habituel des récits de voyage. Pour autant, le genre a ses limites. A trop exalter l’authenticité des « petites gens » et la vérité de la terre qui, elle, ne ment pas, l’écrivain-voyageur – qui derrière une humilité feinte se donne volontiers le beau rôle – n’est-il pas en passe de devenir le héraut d’une idéologie rétrograde ?
Profile Image for Soobie is expired.
7,169 reviews133 followers
November 13, 2018
Dal punto di vista geografico, credo di aver imparato di più da questo libro che da x anni di scuola.

Sto cominciando ad apprezzare Rumiz. Lo conoscevo solo per i suoi reportage su Repubblica, non come scrittore. Poi, quest'estate, ho ascoltato l'audiolibro di La cotogna di Istanbul: Ballata per tre uomini e una donna e ho sentito il profondo amore di Rumiz per i Balcani. E mi piaceva il Max bambino, che vedeva un confine e gli veniva voglia di attraversarlo.

Qua cosa succede? É il reportage di un viaggio fatto nel 2008 da Rumiz e da Monika Bulaj, interprete e fotografa. É partito dalla Norvegia e ha seguito l'asse nord-sud fino al porto di Odessa, in Ucraina, passando sempre vicino al confine russo o attraversandolo. Si attraversa la Norvegia, la Finlandia, i tre staterelli baltici, Kaliningrad, la Polonia, la Bielorussia, per arrivare in Ucraina. Ci sono dei ritratti di persone incontrare durante il viaggio che rimangono impressi nella memoria.

Rumiz è triestino, è gente di confine. E non capisco la sua nostalgia per un confine che non c'è più. Sì, se non c'è il confine, non lo si si può attraversare. Ma... Non è forse più semplice poter viaggiare in un'Europa senza confini?

Anche il discorso della nonnina di Rumiz che andava in treno da Trieste alla Transilvania in un solo giorno mi lascia un po' perplessa. Perfino in Veneto ci sono tratte ferroviarie che sono più lente adesso rispetto a cinquant'anni fa. E sono in Veneto. La nonnina di Rumiz, suddita dell'impero austro-ungarico, aveva il vantaggio di vivere in un grande stato che faceva di tutto per stare in piedi mantenendo le differenze tra le diverse regioni conquistate. Ovvio che il treno fosse il trasporto per eccellenza.

Rumiz prova nostalgia per un mondo che non esiste più. Per le regioni storiche che i confini nazionali hanno cancellato: Galizia (quella in Polonia, non quella in Spagna), Dobrugia, Carelia e altre che non ricordo. E sembra prendersela con l'UE, la causa ultima della cancellazione dell'identità di quest'Europa minoritaria. Sì, dice che dopo la Seconda Guerra mondiale si son mossi - contro la loro volontà - milioni di persone ma lo stesso: tutto era meglio prima. Non sembra nostalgia del periodo comunismo, bensì qualcosa di molto più antico.

L'autore accenna spesso a Monika, la sua compagna di viaggio fotografa e interpreta. E la descrive mentre scatta foto molto particolari. Beh, mi sarebbe piaciuto vederne qualcuna di queste foto. Un libro di viaggi senza neanche un'immagine... Peccato!

A parte tutte queste cose è un libro molto bello e dettagliato. Ecco, forse scorre troppo veloce mentre uno vorrebbe che l'autore si soffermasse e spiegasse meglio un determinato punto. Lo comprerò sicuramente!
Profile Image for John .
791 reviews32 followers
May 26, 2025
Slow start, brisk rise, dull plateau, spirited close

This 2008 travelogue begins confusingly. Rumiz followed first the official EU border in his first vertical "descent" from near the Arctic Circle to the Black Sea. He talks of that rail journey. But then shifts into one closer to the (first) Russian invasion of Ukraine, ca. 2014.

There's a Continental title, Trans Europa Express, for this account, unless I'm still perplexed. Anyhow, the beginning in the isolated, icy Scandinavian-Finnish frontier, where it tips towards Russian Murmansk, and subsequent journeys around Finno-Ugric speaking lands, crossing into the realms of the Bear as symbol and fact, proved lively. I liked the meetings with recluses, writers, priests, and peasants.

And as Rumiz' native Trieste straddles the Balkan crossroads, where Slovenia and Italy meet, the famous entrepot between East + West, Slavic + Romance, Catholic + Orthodox, this familiarity with blended bloodlines, harried functionaries, ridiculous paperwork, smugglers, and suspicious characters provided both welcome European perspective and, as an heir to the Austro-Hungarian Empire, broad context.

It got less engaging as the Baltics began, Kaliningrad failed to leap from the turgid pages, but by Latvia, the Rome-rule squalor takes over from Northern tidiness. Poland didn't do much given the hurry with which he and his companion (a barely noticed photojournalist, and it's frustrating that no photos at all enter the e-book Kindle ed.) rush through. Belarus, unbelievable as it seems, had its moments.

Ukraine, contemplated before its conflict number one (wonder what happened to the hideous nouveau riche Legoland McMansions he decries in passing?) let alone two, simmers with discomfort, as throughout the region, the former Soviets complain of discrimination, impossible languages, and endemic social stagnation. Men drink, women leave, kids loiter. Rumiz, being sixty himself, doesn't chat up the youth or younger females, given propriety and I guess his understandable decorum. He's left dealing mostly with the elderly, who lament the century gone, tell of the near-vanished Jewish presence, and confide their distrust of a KGB operative turned relentless ruler still in power as I type this, whose dominance overshadows the true center of the subcontinent. Which is the Carpathian rver Tibiscus...
Profile Image for Marco Beneventi.
323 reviews8 followers
April 29, 2021
È il Giugno 2008 e Paolo Rumiz, scrittore con la passione per i viaggi, decide di partire, spinto dalla voglia di riscoprire quelle frontiere fatte di reticolati, altane e controlli (cadute con il trattato di Schengen) per un lungo viaggio che taglierà l’Europa verticalmente da Kirkenes in Finlandia, sino ad Istambul in Turchia, assieme a lui Monika Bulaj, fotografa, interprete e intervistatrice che lo accompagnerà in questo tragitto a zig-zag sui confini dell’Europa unita.

"Trans Europa Express", scritto da Rumiz nel 2012 è un meraviglioso diario di viaggio di un uomo assetato di conoscenza, storie e di umanità.
Lungo il racconto che si snoda principalmente in piccole zone fuori dalle rotte turistiche, in territori "vergini" fatti di paesini spesso ancorati al passato, il lettore incontrerà assieme al nostro viaggiatore, una variegata umanità, guardiacaccia, pescatori d’alto mare, minatori, battelieri, ex detenuti, soldati, preti ortodossi, ex sommergibilisti, rabbini, contadini, taxisti, gente di malaffare, contrabbandieri, tutti con un’infinita voglia di raccontare e raccontarsi.
Con una scrittura semplice e senza fronzoli, le pagine si riveleranno molto evocative, svelando infinite suggestioni (forse a volte non troppo approfondite, cosa che non avrebbe guastato) che faranno "viaggiare" con la mente il lettore.
Spazi immensi e incontaminati, vecchie case in legno, campi coltivati, boschi, fiumi, stazioni, castelli, Sinagoghe, bettole, Chiese e cimiteri saranno i fondali di questo meraviglioso viaggio che non sarà solo un semplice diario ma anche e soprattutto uno spunto di riflessione, molto spesso sottolineato dalle parole degli stessi incontri fatti da Rumiz lungo la strada, sul pericolo del progresso ma ancor di più del capitalismo senza scrupoli che sempre più spesso mette a rischio piccole perle del passato giungendo molto spesso in paesi praticamente sconosciuti e che non hanno nulla da offrire se non la volontà di mantenimento di un vivere ormai superato, fatto di usanze e costumi millenari, fagocitato purtroppo senza pietà da quella modernità, spesso asettica e dedita al consumismo sfrenato, che tanto impera ai nostri giorni.
"Trans Europa Express" è diario di viaggio fisico, mentale e spirituale sui bordi di quell’Europa che si dice unita ma che sempre più spesso si vede frammentata e arroccata nei propri nazionalismi, che lascia alla fine della lettura una fortissima sensazione di voler partire, zaino in spalla, per scoprire il mondo oltre il confine.
Profile Image for Novella Semplici.
427 reviews9 followers
March 9, 2022
Forse un po' meno elegiaco e quindi leggermente inferiore al testo sulla guerra che lessi qualche anno fa ("Come cavalli che dormono in piedi"). In ogni caso è come sempre ottimo resoconto di viaggio, in cui, come tutti i buoni viaggiatori dovrebbero fare, ci si documenta su storia, politica, usi, persone, religioni. Classico diario miscellaneo del viaggio per "l'Europa verticale",sulla frontiera est-ovest, dalla Finlandia a Istanbul. Mille le suggestioni, le citazioni degne di memoria. Ma come mi successe anche l'altra volta, verso la fine ci si annoia un po'. In questo testo addirittura l'arrivo a Istanbul è quasi tirato via, come se l'interesse si fosse esaurito prima. È comunque un libro che merita moltissimo perché racconta le regioni sconosciute ai più, le repubbliche baltiche, la Polonia, l'Ucraina, la Russia non frequentare dai turisti. Quelle del melting pot di tanti popoli, e diverse religioni; della persecuzione contro gli ebrei; della mafia, del comunismo ormai finito. La situazione geopolitica odierna la si vede in nuce, essendo un po' datato, ma mantiene il suo fascino.
Profile Image for Once Upon A Book.
97 reviews5 followers
April 9, 2021
Era da tempo che volevo leggere un libro di Paolo Rumiz, ne sono sempre stata incuriosita quando lo vedevo nella sezione “viaggi” in libreria. Ho scelto “Trans Europa Express” perché parla appunto di Europa, e poi perché in questo periodo di lockdown sentivo il bisogno di viaggiare almeno grazie ad un libro...e che libro! Da grande amante di Terzani ho ritrovato le stesse sensazioni che mi trasmettevano i suoi racconti di viaggio, fatti di persone, atmosfere, suoni, odori e tanta Storia. Rumiz è alla ricerca della frontiera, quella cosa che noi Europei ormai abituati alla circolazione libera tra i nostri Paesi, quasi ci siamo dimenticati cosa sia. Lui percorre quella orientale,al confine con la Russia e poi giù fino all’Ucraina, un’Europa “verticale”. Lungo il percorso scopre un angolo di continente affascinante, lontanissimo eppure così vicino, fatto di umanità, di spiritualità e di culture che varrebbe la pena andarle a conoscere di persona prima che svaniscano. È un’Europa complicata, martoriata dalla Storia e segnata dal vuoto che le guerre, i regimi, le deportazioni hanno lasciato dietro di sé. Un racconto molto coinvolgente, lo consiglio davvero moltissimo! Allegra
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January 2, 2021
Recensione pubblicata originariamente sul mio blog Arte della Lettura
Trans Europa Express racconta del viaggio di Paolo Rumiz e della sua fotografa-interprete Marika partendo dal lontano nord, precisamente in Finlandia, scendendo poi in verticale fino al Mar Nero, cercando il più possibile di costeggiare le frontiere che l'autore tanto ama.

Il racconto del viaggio di per sé è molto scarno e ridotto al minimo. Le descrizioni sono poco dettagliate, non si riescono a immaginare i luoghi solamente leggendo. Alcuni concetti vengono invece ripetuti più volte: belle le frontiere militarizzate, brutta l'Italia, schifo l'Unione Europea e viva l'Unione Sovietica. Rumiz ci tiene a far presente che lui preferiva le cose come erano un tempo, che l'Unione Europea ha tolto molte cose bellissime, come le frontiere militarizzate, e rimpiange i bei tempi andati in cui l'est Europa viveva sotto dittatura. Leggendo un libro di narrativa di viaggio mi aspetto un minimo di politica, per forza di cose, ma in questo caso si esagera.

Una parte molto interessante del libro sono gli incontri e i discorsi con i locali, ben trascritti dall'autore e mai noiosi.

L'autore spesso parla delle foto scattate da Marika, ma nessuna di queste è presente nel libro, una grave mancanza. Forse sono presenti nell'edizione più costosa del libro, quella nella collana Narratori Feltrinelli.
Altre recensioni sul mio blog Arte della Lettura
Profile Image for Ylenia.
12 reviews14 followers
June 20, 2020
Da un punto di vista geografico e geopolitico questo resoconto di viaggio è molto affascinante. Rumiz descrive regione geografiche e città dell'Est Europa che personalmente non avevo mai sentito nominare, nonostante non mi reputi del tutto ignorante in materia. Il viaggio fa emergere la storia, la politica, le religioni e i costumi dei paesi attraversati (tutti aspetti che si dovrebbero approfondire quando si viaggia) raccontati attraverso le esperienze dirette delle persone incontrate lungo il cammino. La caduta dell'Urss, le conseguenze sociali-economiche, l'incontro-scontro fra popoli di culture diverse. Alla fine della lettura ti senti piuttosto arricchito culturalmente.
Due punti che mi hanno fatto un po' storcere il naso sono questa specie di idealizzazione nostalgica dell'ex Unione Sovietica, che è piuttosto palese, e l'aspra critica all'Occidente e alla globalizzazione, a cui lui sembra attribuire la perdita dell'identità dei luoghi e delle minoranze etniche che si ritrovano oggi rimescolate "nel minestrone insipido del Globale". Non sono molto d'accordo e per essere un giornalista l'ho trovato molto di parte.
Inoltre non ho potuto fare a meno di notare il modo in cui venivano descritte le donne incontrate nel viaggio: mentre gli uomini venivano presentati come "lo scrittore" o "il capotreno" le donne erano sempre "la bionda" o "la bruna", quindi ridotte quasi sempre al loro aspetto fisico con commenti personali un po' fuori luogo - forse sto esagerando e l'ho notato solo io, ma mi ha un po' infastidito.
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January 25, 2019
L’autore si chiede se sarà riuscito a rendere la densità umana del suo viaggio. Io credo di sì, ma penso anche che abbia fatto trasparire chiaramente la sua antipatia per l’Unione Europea. Secondo l’autore il cuore della vera Europa risiede proprio in queste regioni attraversate in questo suo lungo viaggio. Ne fa un bel ritratto. Però lui stesso ammette che il confine di tutti gli stati con la Russia è labile..non certo forte come quello tra gli stati aderenti all’UE, i quali, proprio grazie all’idea di Europa unita, riescono a collaborare e a vivere nella pace.
Spesso l’autore commenta sottolineando che i problemi di integrazione e di povertà dei paesi che attraversa sono dovuti ad un’integrazione europea, che lui vede come forzata. Non sono d’accordo e credo che il fatto di aver fatto parte dell’Unione Sovietica abbia giocato un ruolo alquanto determinante.
Profile Image for Roberta.
2,006 reviews336 followers
November 18, 2020
In questo 2020 in cui viaggiare è impossibile, Paolo Rumiz mi ha accompagnato in uno splendido viaggio nella sua Europa verticale, di qua e di là dalla frontiera UE, dal profondo nord norvegese a Costantinopoli. Ho zigzagato tra Europa e ex Unione Sovietica e incontrato così tante etnie che nemmeno sapevo esistessero, gente e paesaggi con storie interessantissime.
Questo è IL LIBRO del 2020. Arrivata a novembre credevo che non lo avrei trovato, invece sono stata fortunata.

Un solo appunto a chi ha curato l'edizione audiobook: ricercare come si pronunciano le parole straniere presenti nella storia.
Profile Image for Vale Severin.
54 reviews
June 14, 2020
Una lettura che è stata un viaggio, lento ma non pesante. A metà percorso ho avvertito stanchezza, ma la guida Rumiz ha saputo infondere nuova energia alla lettrice-viandante con le sue digressioni storiche letterarie e filosofiche.
Profile Image for Svalbard.
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November 18, 2020
La dialettica del dentro e del fuori…

Alcuni anni fa, con l’adesione al trattato di Schengen della Slovenia, lo strettissimo confine alle spalle di Trieste venne improvvisamente meno, e la bella città adriatica si vide improvvisamente restituita la libera circolazione in un retroterra che nel passato aveva fatto la sua storia, arrivando fino alla Capitale Vienna, di cui essa era l’importante porto. Per festeggiare la caduta di quel confine claustrofobico, in una piccola osteria a ridosso di un valico di frontiera si ritrovarono alcune persone, tra cui il giornalista triestino Paolo Rumiz e il suo amico ebreo Moni Ovadia e, allo scoccare della mezzanotte, assieme ad alcuni sloveni fecero a fette la barra di confine con una sega elettrica.
Fu quell’episodio che fece venire in mente a Rumiz, grande raccontatore di geografie e di viaggi, di andare a vedere dove fosse il nuovo confine dell’Europa, che nel giro di pochi anni si era spostato di svariate migliaia di chilometri verso est. Così, assieme alla sua compagna, una fotografa polacca grande esperta di culture, popoli e religioni, partì verso Kirkenes, il porto più settentrionale della Norvegia, confinante con la Russia, per percorrere con mezzi di fortuna, quasi da hippy saccopelista (a sessant’anni) la nuova linea di confine da nord verso sud, e raccontarne i luoghi e gli eventi.
Il racconto è questo libro. Ovviamente si tratta di una narrazione di viaggio ai massimi livelli, che dà ampiamente conto di tutti gli incontri, fortuiti o no, che avvengono nel corso del viaggio. Le tundre e i boschi di betulle artici, lo sfruttamento indiscriminato del suolo, le privatizzazioni, la sopravvivenza degli indigeni con il loro sciamanesimo naturalista e le forme cristiane ortodosse, gli ebrei che non ci sono più (non tanto per via di Hitler, ma per la fine dell’Unione Sovietica che li ha resi liberi di andare altrove) ma hanno lasciato spirito e memoria, i Paesi baltici sui quali già sventola la bandiera stellata dell’Unione Europea e pieni di astio e livore nei confronti degli ex-dominatori russi, l’arroganza e la cafonaggine dei nuovi ricchi - russi e non solo - che si comprano tutto il comprabile, compresi boschi e terreni, estromettendone quelli che da millenni ne erano i legittimi occupanti...
Rumiz non fa sconti a nessuno, e non nasconde la sua palese antipatia per l’Unione Europea, fin dall’introduzione: “Varcando il confine dell’Estonia o della Polonia avevo una sensazione bruciante: ad ovest l’avventura finiva, nel taccuino le annotazioni erano destinate a rarefarsi e nell’aria c’era quell’impasto inconfondibile di zuccheroso perbenismo cattolico e ossessione protestante del “fare” che avvelena il mio mondo. Ho provato fastidio immediato per il suo moralismo, la sua pulizia farmaceutica, i suoi noiosi fiorellini alle finestre, la sua immotivata presunzione di innocenza. E anche la sua convinzione di essere il cervello di uno spazio politico capace di autocontrollo, non il suo stomaco, esposto a mali di pancia di bassissima origine” O ancora, a proposito dei russi costretti a rinunciare alla loro identità e ai loro diritti politici per il fatto di vivere in Lettonia, ammessa nell’UE assieme ad altri Paesi con la stessa incomprensibile fretta che ne ha allargato i confini in maniera dissennata, senza dare tempo ai medesimi di fare qualche decennio di adeguati esercizi di democrazia: “Tira fuori il passaporto, mostra una stampigliatura in lingua lettone: NEPSILONA PASE. Poco sotto, la traduzione inglese: ALIEN’S PASSPORT. Cioè: alieno, non persona, uno che non può votare nemmeno alle comunali. “Che vuoi, non sono abbastanza lettone, non sono più russa, e il mio primo documento era sovietico. Siamo in mille così nel paese. Dovremmo passare un esame di lingua e uno di lealtà nazionale, ma che vuoi, io il lettone sono troppo vecchia per impararlo. Sai, all’inizio ero molto abbattuta, oggi non ci faccio caso.” La ascolto pieno di vergogna. Vorrei diventare alieno anch’io, urlare contro questo fascismo perbene che invade l’Europa, Italia inclusa”. Ancora: “Poiché tutti i generi alimentari non targati Ue sono considerati “impuri”, ecco che panini, prosciutti, dolci e salami fatti in casa devono essere mangiati sul posto o buttati in una discarica fuori dal treno. (...)“Signora, il salame,” insiste una giovane in divisa con una moscovita che non si rassegna a mollare il suo tesoro. “La prego, sono arrivata da Mosca, non lo farò mai più... Me ne lasci almeno la metà.” “Non posso, signora.” “Sapesse come è buono, non ce ne sono da voi di così buoni. È il più buono e il più caro.” Dal borsone esce una cosa enorme, roba di tre chili, dal micidiale odore di aglio. “Va bene, glielo do.” “Signora, io non lo posso toccare, deve portarlo fuori lei.” Così la russa si alza ed esce, scortata, fino al cassonetto della vergogna. Benvenuti in Eurolandia, mesdames et messieurs.” (...) “ La frammentazione del mondo sovietico e poi il muro della Fortezza Europa hanno distrutto gran parte dei vecchi collegamenti transnazionali. Nessuno mi toglierà la certezza che l’Europa era più Europa un secolo fa, quando mia nonna andava in treno in giornata da Trieste alla Transilvania.” . Né all’Italia va molto meglio: “La memoria: ecco il tema chiave. Se la Germania ha pilotato il suo allargamento è anche perché ha ammesso le sue colpe storiche, e questa ammissione l’ha resa leggera e meno ambigua anche in territori dove ha compiuto i peggiori stermini. L’Italia no. L’Italia continua a far finta di non essere stata fascista e di aver vinto la guerra. Invece è stata fascista eccome; e ha perso la guerra, proprio nelle mie terre. La Germania ha fatto dei suoi “giorni della memoria” il tempo della responsabilità e del pentimento. Da noi, la parola memoria fa quasi sempre rima con autoassoluzione. Vi prego, non parlatemi di “italiani brava gente”, perché abito sul luogo del misfatto. A Trieste Mussolini ha proclamato le leggi razziali contro gli ebrei, e quella scelta sciagurata ha avuto il suo preludio quasi vent’anni prima con lo schiacciamento politico, economico e linguistico della vasta comunità slovena. So che durante la guerra non ci furono solo campi di sterminio nazisti, ma anche lager gestiti dal fascismo, con migliaia di morti di stenti. Perché di questo si parla poco? Perché continuiamo a rivangare il tempo delle atroci vendette jugoslave del dopoguerra come se fossero nate dal nulla? L’Italia non ha avuto la sua Norimberga. Ecco perché non ha l’autorevolezza per chiedere ai vicini di fare pulizia nella loro memoria. Per questo, un pezzo del mio golfo resta ancora spazio extracomunitario”. La conclusione è che Rumiz trova il centro della sua Europa proprio in quello che ne viene percepito come il margine est-erno, in un coacervo di popolazioni diversissime tra loro come etnia, religione, atteggiamenti. Ma è proprio lungo quel margine che Rumiz avverte anche pericolose tensioni, non soltanto etniche, e una fortificazione della frontiera ben peggiore di quella dell’epoca della guerra fredda.
Un libro che fa pensare, e che fa venire subito una gran voglia di partire…
Profile Image for Mitch.
784 reviews18 followers
May 21, 2020
This book gets an average rating not because of the writing quality, which was excellent, but because of the place and purpose of his travels. I just couldn't find much there that spoke to me.

He traveled along a vertical axis, back and forth as practicality demanded, along the eastern edge of the EU which often brought him into or near Slavic nations I know so little about. Unfortunately, much of what he wrote about involved historical power struggles and slaughters of millions.

More interesting were the small scenes he recorded involving brief conversations he had with local people he met.

The physical geographies were generally not all that interesting.

I most liked the incident he had on a train involving a cigarette smoker who held everyone up while questioned by the police, then returned and took apart the seats to retrieve cartons of cigarettes they hadn't found that he was smuggling. (The author had to get up from his seat; there were cigarettes under him he hadn't known about.) And the other passengers who had been held up didn't condemn the man; they merely thought he had a family to feed and their acceptance helped him.

Not a bad book, but not the most engrossing travel book either, all things considered.
Profile Image for Nathan Albright.
4,488 reviews161 followers
September 14, 2016
Reading this book as part of my contextual reading for my upcoming trip to Estonia [1], I was struck by the elegance of this author's prose as well as the general sense of melancholy the author demonstrated in his desire to go to fault lines and to explore the unfinished business of the 20th century in Eastern Europe, which is peripheral in terms of knowledge and familiarity but central in terms of sheer geography. For those who enjoy sad tales of forgotten lands inhabited by people whose lives and whose struggles form the fuel for the fires of revolution and warfare, and who are the inheritors of a difficult destiny of oppression and the horrors of nationalism and fanatical political movements like fascism and communism. The role of psychology and personal background in influencing a writer's path is also notable, given the fact that as an Italian of Trieste, with personal experience in living on the fault lines of complicated geography it is not surprising that the author would be drawn to other such places in his own backyard. What is surprising is the degree of poignancy about his writing, and the pervasive sense of sadness about the trip, despite the fun it must have been for the author and his companion.


The book consists of a series of thoughtful travel essays that begin at the end of the journey and that take the reader on a fascinating and elegantly told trip from the frozen reaches of the Arctic Ocean to the sunny shores of the Black Sea, and through many contested and forgotten borderlands and small regions in between. A great deal of time is spent in the Barents Sea, in Kola, around the White Sea, and in Karelia, that Finnish territory stolen by the wicked Soviets in the Winter War [2], before the author examines the silence of the Estonians, the friendliness of most Russians, the tension between Orthodox, Catholic, Jewish, and Pagan in the pale of former imperial Russia, the way to tell beautiful Austro-Hungarian cities in Poland, Belarus, and Ukraine, and continual discussions with commonfolk on the rapacity of corrupt elites and the dangers of nationalism as well as criminal organizations, which at times includes the government, as in Belarus and its overly paranoid police state. The author shows himself to be full of startling insights and a strong willingness to share his stories and belongings with those he meets, with a generosity of spirit as well of possessions, and possessing a good way with words and even a willingness to help provide cover for some smugglers along the way.


The author is not necessarily the most appealing person in terms of his leftist and somewhat anarchic political worldview, but it cannot be overestimated just how gorgeous the prose of this book happens to be [3]. It takes a special kind of person, someone not entirely sane, to go to the frozen north and to willingly trek along an epic vertical cultural boundary within Europe that is only imperfectly represented on maps while recovering from a broken foot. This author may not be perfectly sane, but in many ways I found myself rooting for the old man, appreciating his sensitivity and generosity of spirit to the people around him, enjoying his love for Old Believers and his respect and regard for the importance of Jewish culture and the immense violence done against them by Hitler and Stalin and others of their ilk. This book in many ways is haunted by the ghosts of the past, like any good book about the area, and the author appears like the best sort of remnant of a more tolerant and ecumenical Austro-Hungarian mindset, like the explorers of Franz Josef Land who he praises so heartily in these pages. Anyone writing a travelogue would do as well to be as quirky and as pleasant to read as this man, who appears like the sort of writer one would like to get to know personally, and spend a few hours eating and chatting with along one's mutual journeys.


[1] See, for example:


https://edgeinducedcohesion.wordpress...

https://edgeinducedcohesion.wordpress...

https://edgeinducedcohesion.wordpress...

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https://edgeinducedcohesion.wordpress...

https://edgeinducedcohesion.wordpress...


https://edgeinducedcohesion.wordpress...


[2] See, for example:


https://edgeinducedcohesion.wordpress...

[3] See, for example:


"We cross the tracks of platform one, our legs turned to mush from sadness, our black rosary in hand. Alexander. We'll carry in our hearts forever the gaze of this orphan with the tender heart, stranded on a troubled road (84)."


"We stop at a bar. It's full of well-mannered, round-faced Estonians, and the place is, obviously, silent as a tomb. A family is sitting at a table eating a quick lunch in perfect silence. I begin to understand Adamov. It's impossible to learn a language from people who never talk (136)."

"My journey along the new Iron Curtain is over. I went looking for a real frontier, and I found it. At times it coincided with national borders; at other times, not. In Ukraine I had the impression that it was dangerously threatening to split the country in two, and now in Istanbul I have the impression that this white line runs right through me and is cutting through my soul like barbed wire. I wonder what will become of the old Europe, of its martyred peasant and Jewish heart swept away by too many wars. The train for Belgrade is waiting for me at the Sirkeci Station. I've got very little time to close the circle (253)."
Profile Image for Cecilia Chiappari.
3 reviews6 followers
February 25, 2022
- Avvertenza! La lettura di questo libro può causare gravi danni alla stabilità mentale in quanto ad ogni capitolo si potrebbe percepire l’irrefrenabile stimolo a lasciare qualunque cosa abbiate, riempire uno zainetto con lo stretto indispensabile e partire sul primo treno in direzione est. -

Storia di un viaggio che parte su nelle terre iperboree della Finlandia e finisce giù nel mar Nero che bagna l’Ucraina, zigzagando per i confini che separano l’Europa occidentale da quella orientale.
Più che raccontare un viaggio, Paolo Rumiz ha composto un’ode al viaggio lento che non teme le attese, ma anzi in esse trova il tempo di osservare, domandare e conoscere il mondo.
Con l’immensa diversità dei territori e delle culture europee a fare da sfondo, le vere protagoniste sono le storie indimenticabili degli uomini e delle donne incontrati sul cammino e proprio da queste traspaiono l’umanità e la generosità che fanno da denominatori comuni a tutto il libro.

Soprattutto in giorni come questi è una lettura essenziale.
Profile Image for Tintinnabula.
104 reviews26 followers
September 1, 2024
C’è un po’ di racconto di viaggio in questa retorica nostalgica.

Come già chiarito ampiamente in altre recensioni, Rumiz ha un’opinione su ogni singolo luogo che visita, anche se ci resta a malapena 24 ore. E l’opinione si può riassumere in: che fantastici i popoli dell’Est, che schifo l’Unione Europea senza più frontiere.
Deve avere anche una fortissima avversione per l’acqua e il sapone, perché per “offendere” le città baltiche europee le chiama spesso “farmaceutiche”.
Tutti quelli con cui parla rimpiangono l’URSS, ma diciamo che se li sceglie appositamente per ottenere queste risposte.
Mi è parso un po’ il rantolo costante di mia suocera, quel classico “una volta la gente era solidale e cortese, c’era ordine e rispetto, ora tutti i giovani sono debosciati”.

L’unica cosa che ha aggiungo al mio bagaglio culturale è la scoperta dell’esistenza dei granchi giganti della Kamchatka.
107 reviews1 follower
September 2, 2023
Un bel libro di viaggi, pur contaminato dai continui, a tratti quasi insopportabili, commenti anti Occidente e contro il “Globale”, come lo chiama lui (qualsiasi cosa intenda con questo termine: è poco chiaro e pare un po’ incoerente).
L’autore e la sua compagna di viaggio Monika s'imbarcano in un lento viaggio, per lo più ferroviario, di frontiera, tra Europa occidentale e orientale, scoprendo gente comune e interessante, e facendo assaporare anche al lettore i loro incontri.
Non è proprio ai livelli che ho idealmente per questo tipo di libro, raggiunti da autori come Terzani o Kapuscinski (citato giustamente nel testo!), ma lo consiglio.
Profile Image for Debora.
193 reviews12 followers
August 26, 2021
4.5 ⭐

È incredibile il modo in cui Rumiz riesce a portarti con sé, descrive perfettamente i luoghi, le persone che incontra, l'anima dei popoli slavi.
Non ci sono le grandi città, i monumenti, i pomposi personaggi storici, ma persone comuni da l'ospitalità e generosità decisamnete fuori dal comune; la natura, i laghi, le montagne, dal freddo artico al caldo ucraino, da Murmansk a Odessa. C'è il viaggio sì, ma c'è politica, religione, discriminazioni, sfruttamento ambientale, guerra, il pacchetto completo.
Non credo che riuscirò ad uscire molto facilmente da questo mondo.
Profile Image for Federica Stefani.
55 reviews
March 16, 2024
Amo la scrittura di Rumiz, che con indomabile curiosità ci porta lontano dalle località turistiche, patinate, "instagrammabili", e regala degli scorci di vita dai margini, dialoghi con persone che solo viaggiando piano e leggeri si possono incrociare.
La penna è pennello colorato, talvolta coltellino o cesello - le descrizioni di Rumiz hanno un che di pittorico, un po' esercizio di stile un po' gioco.
È bellissimo immergersi nel suo racconto e seguire questo viaggio strampalato ma che da scorci e visioni che fanno molto capire della situazione geopolitica corrente.
Profile Image for Davide Tierno.
228 reviews3 followers
January 11, 2019
L'ennesimo racconto autentico e appassionante di un viaggio al limite orientale del continente Europa. Un limite chiaro dal punto di vista geografico ma non da quello culturare come Rumiz chiarisce piu' volte e come risulta chiaro al lettore "ascoltando" le storie narrate. Rumiz riesce come pochi a ricreare tramite le parole le atmosfere da lui vissute, al confine, ancora una volta labile, fra sogno e realta'.
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