Qual è il giorno in cui siamo diventati umani? Quale l’attimo in cui questa vitale e spossante consapevolezza ci ha invaso?Questa la domanda che Paolo Zardi fa al lettore. Ma prima lo chiede ai personaggi che animano queste pagine. Un padre che cova l’insopprimibile desiderio che sua figlia non somigli alla madre; una moglie che nell’istante assoluto del pentimento capisce che tradirà ancora; un vecchio che ad ogni compleanno avverte quanto sia difficile morire; una vedova all’ossessiva ricerca di un’alternativa ai ricordi; una dottoressa che, per un momento, vede nel corpo attraente di un paziente la giovinezza che avrebbe avuto suo figlio. Creature sospese tra l’amore e il dolore, tra desiderio e paura, tra la vergogna e la grazia. La delicatezza dei corpi, la labilità delle intenzioni, la precarietà di ogni condizione umana sono i punti focali attorno ai quali i personaggi di questi racconti si muovono, combattono, vivono, fotografati tutti nella loro abbagliante purezza.Con "Il giorno che diventammo umani", Paolo Zardi continua il discorso iniziato con "Antropometria" (Neo Edizioni, 2010) dimostrando quanto il suo rigore stilistico, la sua semplice e inesorabile lucidità siano perfetti per narrare la complessità dei rapporti. Ancora sceglie la forma racconto che nelle sue mani diventa strumento necessario per poter narrare e far deflagrare il più grande di tutti i misteri: l’uomo.
"Io non salvo il respiro, non salvo il battito del cuore, non salvo le funzioni vitali: salvo le storie di quelle vite. I piccoli dettagli di cui si compongono..."
"La paura della morte. Siamo pieni di questa fottutissima paura di morire. Basta fermarsi un attimo, ed ecco che inizi a chiederti: tra quarant’anni, dove sarò? Cosa sarò? Pensaci. Pensaci solo un attimo, e vedrai che ti sei già rovinato la giornata. Ma se lavori, il tuo orizzonte temporale si riduce - Cristo, se si riduce! Perché il tuo problema diventa: riuscirò a consegnare il documento entro sera? E poiché sai bene quella sera sarai ancora vivo - Marinis escluso, ovviamente - sotto sotto ti convinci che lo sarai per sempre. O, come minimo, sai che sei riuscito a rimandare prima di morire al giorno dopo: oggi, mi spiace, ma ci sono cose più urgenti da fare. E come se tutti fossero convinti che si tratti di una questione di concentrazione: se stai facendo qualcosa, la morte si dimentica di te. Sai che c’è una popolazione di non so quale isola del Pacifico che non conosce la parola no? Dicono: "domani". Ecco, finché si lavora, la morte è domani. La morte è no."
"E le venne da piangere perché suo marito spariva nel buio dei morti, e le venne da piangere perché quell'uomo entrava dentro di lei, e la sbatteva con la forza di una bestia; ma suo marito era morto, e lei no - il suo corpo nudo, con le gambe aperte e la testa buttata indietro, era ancora da questo lato del fossato, in questo mondo di sudore e carne, in questa specie di vitale inferno pieno di desiderio e calore. E in quel pianto, tra le lacrime, nell'orgasmo che montava, sentiva, dopo tanti anni di dolore, di essere di nuovo viva."
Penso sia fisiologico quanto il bruciore al culo dopo esserti ingozzato di roba al peperoncino: una raccolta di racconti è difficilmente costante nei racconti che la compongono. Non fa eccezione questa, capace - al contempo - di sfoderare pezzi di inusitata delicatezza e scudisciarti le dolci terga con racconti che fan dell'imbarazzo involontario la propria cifra stilistica. Zardi è una sorta di Paolo Cognetti con minor equilibrio e maggior mira agli orifizi bassi (non è dato sapere quali).
Domenica pomeriggio (sodomia in macchina e pranzi al McDonald's) ★★★★ L’ultima sigaretta (riscoprire la vita dopo un’asfissia notturna) ★★★1/2 Fiat Duna(Moglie non bella e vergogna per la figlia condannata) ★★★★★ Il pranzo di Pasqua (attesa del nonno con la pasta sfoglia) ★★1/2 La stella marina (ovvero come razionalizzare un tumore e vivere) ★★★★ L’addio al celibato (ballerine nude e scarsezza di pompini) ★ La forza dell’amore (ritagliarsi una nuova vita; marito violento) ★★★ Acido desossiribonucleico (non partorire per i difetti estetici) ★★★★ Il bacio(il valore di una vita: notte al pronto soccorso di Padova) ★★★★★ Perturbazioni (perdere marito e figlio; bambino visitato al pimpinello) ★★1/2 U.S.T. (rivedere un’amica di gioventù per guadagnare il culetto) ★★★ Il giardino dell’Eden (tradire un marito e la famiglia: nulla accade per caso) ★★ TAC (non vedere tuo figlio crescere; epitaffio al Salone di Torino) ★★★1/2 Prima di essere un uomo (leggenda delle tedesche scopatrici ad Abano) ★★ Centocinque(trisavolo; ricordi frammentati delle vite di chi venne dopo) ★★★★★ Braci (colleghi al bar; perdita dell’ardore giovanile; vedova sarda) ★★★ La camera della vicina (bambina baby-sitter impegnata con il guardaroba altrui) ★ La cagna (amante perde l’uomo che ama; funerale con il fratello e famiglia) ★★★ Ardore (perdita del marito; avances di un professore; istinto atavico) ★★★★★ 5 minuti (la vita fa schifo, ma stasera fa un’eccezione) ★★★
Adoro i racconti. Mi piace il modo immediato con cui toccano l'anima. Per questo, quando mi hanno consigliato di leggere Il giorno che diventammo umani di Paolo Zardi, ho afferrato il libro al volo e ho cominciato la lettura.
Il tipo di orientamento narrativo che i racconti di Zardi sembrano avere viene prontamente messo in chiaro sia dal titolo, sia dalla citazione su Charles Darwin riportata all'inizio: "Soggetto del presente volume è la parte che i lombrichi hanno avuto nella formazione dello strato di terra vegetale che copre tutta la superficie della crosta terrestre in ogni contrada discretamente umida." Come è ovvio, nei racconti non sono presenti i lombrichi, ma piuttosto il riferimento rimanda al substrato ancestrale della natura umana, agli istinti primordiali e a quella parte della psiche avvolta nella bruma oscura dell'inconscio, tenuta sempre celata grazie ai meccanismi che la mente mette in piedi per resistere agli attacchi dei sensi di colpa e delle verità inaccettabili le quali, in determinate condizioni dell'esistenza, possono affiorare...
Il primo racconto è forse il più crudo di tutti. In esso, si narra di un uomo rimasto solo dopo una vita sentimentale piuttosto travagliata, che assume un atteggiamento di violenta sopraffazione nei confronti di una persona inerme: il tutto consumato nel corso di una banale domenica pomeriggio di un giorno qualunque e senza che egli si renda pienamente conto della bestialità del suo comportamento...
Ne L'ultima sigaretta, invece, un uomo di mezza età si sveglia con una sensazione di asfissia, una paura liberamente fluttuante, lo spettro di un oscuro presagio che lo porta a riflettere sui suoi insalubri comportamenti di vita. Decide dunque di migliorare la propria esistenza eliminando il vizio del fumo. Peccato che certe abitudini siano dure a morire e la disattenzione di un momento può costare veramente cara...
I venti racconti di Zardi, sono spaccati di quotidianità, istanti di vita comune fissati sulla carta. Sotto un' impietosa lente, le debolezze umane si dispiegano senza pietà davanti all'occhio del lettore: nulla viene risparmiato, anche i sentimenti più reconditi, quelli di cui ci si vergogna e che si conservano in un cassetto chiuso a chiave della mente, quelli che non si vuole vengano scoperti perché incrinerebbero l'immagine che gli altri hanno di noi...
Ogni storia è caratterizzata dall'agnizione. Ciascun personaggio, infatti, realizza una sorta di consapevolezza, un piccolo momento di lucidità che però non desta mai speranza, ma un senso di vuoto e di ineluttabilità.
I dialoghi sono perfetti e magnificamente strutturati. Rendono senza forzature la naturalità delle conversazioni senza suonare mai falsi.
Un'opera notevole sotto molti punti di vista. Consiglio questo libro a coloro che hanno voglia di una lettura interessante, che fa riflettere, e a coloro che non hanno paura di misurarsi con gli aspetti reconditi della non sempre lodevole natura umana.
In una raccolta di racconti è facile trovarne alcuni di livello diverso, che svettano sugli altri. Quando ne trovo anche uno solo che vale il prezzo del libro ed il tempo dedicato alla sua lettura, mi ritengo adeguatamente soddisfatto. Quando ne trovo più d'uno (e qui ve ne sono diversi: Il Bacio, Centocinque, TAC, il brevissimo Cinque minuti..) la soddisfazione è ancora più completa.
Zardi è uno scrittore indubbiamente interessante. Il suo stile è maturo ed elegante nella sua essenzialità. Le sue storie sono a volte atroci, ed il suo sguardo sui personaggi sembra talvolta quello di un freddo vivisezionista, ma c'è una consapevolezza di fondo che l'umanità è frutto anche di componenti ignobili o meschine che è inutile nascondere. Forse è proprio quando vengono a galla e le riconosciamo il momento in cui prendiamo coscienza di appartenere al genere umano.
Ad essere onesti non le vale tutte le cinque stelle, del resto è normale in un'antologia, ma questo è il quarto titolo di Zardi che leggo e la sua scrittura è così zeppa di brani, immagini, pensieri, pagine intere da cinque stelle lusso che 'sta volta, ecchecazzo, quale tardivo risarcimento, gliele do tutte!
(Menzione speciale per: Domenica pomeriggio, Fiat Duna, Il bacio, Centocinque, Ardore)
Un fiume in piena che parla di questa vita, di attimi per altri insignificanti, ma così importanti per ciascuno. Un libro di racconti che parla di ciò che ci rende umani: fragilità, piccole e grandi angosce, perdite e nuovi entusiasmi, pensieri meschini e purissimi. Che bello questo libro, quanta sincerità e abbacinante umanità.
Lacrime da dieci euro Ho apprezzato i racconti di Zardi, che colloca le storie in un ambiente che conosce bene, la provincia veneta. In realtà non sono particolarmente legati al territorio, ma la scelta di uno sfondo domestico suscita in me un pregiudizio positivo, di onestà intellettuale. I temi dei racconti sono scelti pescando nelle ossessioni contemporanee, la morte propria e dei congiunti, la malattia, la bellezza assente o da conquistare, il sogno umano di trovare un compagno amabile. Diversi racconti mi hanno fatto rabbia e pena e questo è il chiaro segnale della bravura dell'autore nel frugare negli aspetti meno nobili degli esseri umani. Il primo racconto è una manata in faccia, perchè il protagonista è un candido che si è sempre comportato normalmente nella vita sessuale; però è rimasto senza compagna e va con le prostitute e con loro, una volta concordata la prestazione, l'idea di comportarsi rispettosamente non gli attraversa la mente. Non è intenzionalmente un bruto, crede che vada bene così. Un racconto che mi è piaciuto molto si chiama Il bacio e rappresenta il riscatto di una donnina sessantenne e poco istruita, che in un momento critico della vita fa una cosa semplice, ma che la innalza su un piedistallo marmoreo di intelligenza ed empatia, sopra l'idiozia del perbenismo standard e sopra il figlio laureato e sprezzante dei genitori, gente semplice che gli ha permesso di studiare, cosa che non ha fatto di lui una persona migliore. Confermando la mia idea che un idiota che completa gli studi è un idiota istruito, persona che ha meno diritto alla comprensione del suo prossimo. Altri racconti sono mi hanno impressionata meno, ma comunque lo stile di Zardi è breve, incisivo e vero, di persona che ha guardato il mondo con attenzione.
"Antropometria", "Il giorno che diventammo umani", Paolo Zardi, NEO. I 36 racconti presenti in queste due antologie sono stati la mia lettura del Natale 2021. Se ad essi aggiungiamo i 24 di "La gente non esiste" (di prossima lettura) arriviamo giusti giusti a sessanta racconti, che casualmente (ma non so fino a che punto) é proprio il titolo di una importantissima raccolta di Dino Buzzati, Premio Strega nel '58. E, senza voler scomodare i santi, c'è tanto di Buzzati in questi scritti di Zardi. C'è l'ovvietà del quotidiano, la banalità della provincia, le piccole miserie della gente comune, le vite che si intuiscono sempre troppo uguali a se stesse pur nella brevità delle narrazioni. Ma poi arriva l'imprevisto che nasce dal nulla, il perturbante, l'unheimlich di freudiana memoria, l'evento improvviso che spesso muta la vita in tragedia e qualche volta pure in farsa. Ma da Buzzati ci separano ormai più di sessant'anni e il mondo è parecchio cambiato. E se allora l'imprevisto poteva essere un banalissimo "fischio al naso" che faceva scalare al malcapitato e inconsapevole protagonista tutti i "sette piani" di un misterioso ospedale, oggi c'è un microcosmo fatto di violenze pubbliche e private, di uso e abuso di sostanze stupefacenti, di perversioni sessuali ai limiti del morboso, di iperconnessioni reali e virtuali ad arricchire la paletta delle sfumature narrative a disposizione di uno scrittore. In ultima analisi, Zardi potrebbe essere un Buzzati 2.0, che ha scoperto il web e il sesso estremo, che fa la spesa nei centri commerciali, che ha letto Mauro Covacich e pure Foster Wallace. Ed è sicuramente un grande scrittore.