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Il divano di Istanbul

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Il grande Maometto il Conquistatore, nelle stanze del palazzo reale di Costantinopoli appena sottomessa, andava recitando una triste poesia persiana. Trovandosi di fronte all’immensità della sua conquista, il vincitore dell’ultimo basileus non poteva evitare di provare la malinconia della decadenza.
Tra il Trecento e il Novecento gli ottomani edificarono un enorme impero incastrato tra Occidente e Oriente, con il chiaro proposito di unire l’Asia e l’Europa. I suoi sultani si credevano i successori di Costantino il Grande e nutrivano il sogno di conquistare la «Mela rossa», cioè Roma probabilmente.
La storia dei turchi, a noi sempre presente e insieme misteriosa perché sostanzialmente è stata storia dell’altro, racconta di un’orda venuta dalle steppe asiatiche, che si distende rapidamente nello spazio prima occupato dall’impero d’Oriente, che domina per secoli il Mar Mediterraneo e regna in pace interna su religioni e popoli diversi, protetti e spesso favoriti da un sistema di governo che rivaleggiò fino al Settecento con quello occidentale, apparendo a molti una preferibile alternativa. Ma è anche parte della contesa eterna tra popoli stanziali e nomadi, e parte della storia comune dei popoli i cui paesi oggi finiscono in «stan»; è storia di una cultura e di una lingua la cui parola più lunga conta 70 lettere; e storia dell’invincibile sopravvivenza della tradizione delle steppe entro una raffinatissima élite (sino alle riunioni cruciali del divan, il governo imperiale, che si tenevano a cavallo).
Alessandro Barbero del millennio ottomano disegna i quadri complessivi di una civiltà, muove la dinamica dei grandi avvenimenti, delle leggendarie imprese e delle decisive battaglie, restituisce il profumo e la cifra di una forma di cultura tanto estranea quanto modellatasi nel contatto con la nostra, ricrea attraverso la ricchezza degli aneddoti l’atmosfera quotidiana: in una storia che essendo quella di un’altra Europa è tutta storia nostra, densa di significati attuali.

216 pages, Paperback

First published January 1, 2011

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About the author

Alessandro Barbero

116 books847 followers
Si laurea in lettere nel 1981 con una tesi in storia medievale all'Università di Torino. Successivamente perfeziona i suoi studi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e nel 1984 vince il concorso per un posto di ricercatore in Storia Medievale all'Università degli studi di Roma "Tor Vergata".
Nel 1996 vince il Premio Strega con il romanzo "Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo".
Dal 1998, in qualità di professore di Storia Medievale, insegna presso l'Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro".
Oltre a saggi storici, è anche scrittore di romanzi.
Collabora con il quotidiano "La Stampa", e lo speciale "Tuttolibri", la rivista "Medioevo" e con l'inserto culturale del quotidiano "Il Sole 24 Ore". Dal 2007 collabora ad una rubrica di usi e costumi storici nella trasmissione televisiva "Superquark".
Il governo della Repubblica Francese gli ha conferito il titolo di “Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres”.

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5 stars
408 (39%)
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458 (44%)
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12 (1%)
1 star
3 (<1%)
Displaying 1 - 30 of 100 reviews
Profile Image for Outis.
392 reviews68 followers
September 12, 2020
Edit: abbasso il voto da 3 a 2 perché quella questione sul genocidio armeno proprio non mi va giù. Se si vogliono esprimere opinioni borderline, bisognerebbe almeno portare a sostegno dei dati. Questo non era certo il punto centrale del saggio di Barbero, ok, ma in ogni caso uno sguardo simpatizzante non deve portare alla mancanza di obbiettività.

Di Barbero avevo già ascoltato qualche pezzo di conferenza e letto un suo saggio (Carlo Magno. Un padre dell'Europa), avevo delle aspettative alte, purtroppo Il divano di Istanbul, pur non essendomi dispiaciuto, mi ha un po' deluso.

Si tratta della trascrizione di lezioni ad alta voce sull'impero Ottomano: questo legame con l'oralità si sente anche troppo. Ed è questa una delle principali debolezze del libro perché ciò che funziona a voce non è detto che funzioni anche in un testo scritto.

Per quanto riguarda il contenuto, in un agile volumetto vengono trattati per sommi capi i principali elementi di questo longevo impero con una prospettiva evidentemente simpatizzante al fine di sfatare alcuni nostri miti (seppure Barbero non manchi di mettere in luce anche elementi "negativi"); in particolare, vengono sottolineati gli scambi e i legami tra l'impero Ottomano e l'Europa occidentale, d'altronde nell'ultimo capitolo si capisce che quando preparava queste lezioni si discuteva di un eventuale ingresso della Turchia nell'UE.

Data la brevità del libro è chiaro che nulla è molto approfondito, anzi, soprattutto gli ultimi tre secoli e passa dell'impero sono trattati brevissimamente. Non si poteva fare altrimenti, ma io preferisco un approccio più approfondito, quello che avevo trovato nell'altro suo saggio che ho letto.


Aggiungo un'ultima nota su una cosa che mi ha dato parecchio fastidio. In un paio di righe dell'ultimo capitolo Barbero parla (brevemente e secondo me minimizzandone un po' la gravità) del massacro degli armeni del 1915-16, scegliendo di non utilizzare mai il termine genocidio, lui stesso afferma di essere molto in dubbio sulla possibilità di poterlo definire un genocidio. Credo che ormai sia abbastanza pacifico il fatto che si tratti di un genocidio, checché ne dica il governo turco. L'intenzionalità di sterminare un'intera popolazione, quando si parla di marce della morte nel deserto, può ben poco essere messa in dubbio. E con 1,5 milioni di morti su meno di 2 milioni di armeni turchi e il disinteresse dell'opinione pubblica per decenni, non si può che parlare di "successo".
Profile Image for Andrea Samorini.
882 reviews34 followers
October 27, 2018
Five star (in italiano non voglio più dirlo per associarlo ad una eccellenza...bisognerebbe votare su goodreads in 10 stelle, così le 5 ritornerebbero nel mio vocabolario; scusate la divagazione) + My favorites perchè
- è interessante
- si legge che è un piacere
- mi ha chiarito e sorpreso su mie ignoranze
- mi ha divertito su alcune curiosità
- ora sono fornito di un quadro d’insieme che decisamente mi mancava
- mi ha fatto venir voglia di approfondire molte delle storie descritte, a volte anche solo in due righe, ma che aprono ad un mondo d’indagine; ad esempio queste quando parla delle riforme di Atatürk «Ai turchi viene imposto un cognome: fino a quel momento, per quanto avessero introdotto tanti aspetti della vita occidentale, i turchi non possedevano un cognome, avevano nomi e soprannomi; sembra poco, ma è difficile immaginare di essere europei senza avere una struttura onomastica e familiare basata su nome e cognome. Tutti i turchi che incontriamo oggi hanno il loro bravo cognome, ma è il nonno che se l'è inventato a un certo punto, per disposizione del governo.»
Profile Image for Annalisa.
240 reviews46 followers
July 21, 2020
Barbero è uno storico serio e competente ed ha in più la grande capacità di rendere chiaro e lineare quasi qualsiasi tema senza banalizzazioni e semplificazioni eccessive. Piaciuto: quattro stelline e mezzo.
Profile Image for Dvd (#).
512 reviews93 followers
September 9, 2021
02/03/2020 (****)
Grande verve narrativa, come usuale, in un libro molto agile e di godibilissima lettura, scritto in forma molto discorsiva (forse già pensando a una sua lettura davanti al pubblico o alla radio, come era capitato già con questo altro libro Federico il Grande, edito sempre da Sellerio e anch'esso da leggere, a parere di chi scrive).

Barbero ci accompagna in un viaggio lungo svariati secoli attorno e attraverso l'Impero Ottomano, raccontando del ruolo assolutamente fondamentale che esso ha avuto nella storia del Mediterraneo e d'Europa; che nella storia del Mare di Mezzo il ruolo ottomano sia stato fondamentale, è talmente ovvio che basta una cartina geografica per comprenderlo; che invece l'impatto, diretto e indiretto, che esso ebbe sull'Europa occidentale (quella che noi, scioccamente, siamo abituati a considerare Europa, con una sineddoche carica di gran quantità di spocchia) sia stato altrettanto decisivo, preferiamo considerarlo solo come un effetto collaterale - negativo - dell'incombente presenza alle frontiere orientali di questo gigante minaccioso.

Gigante che fu ammirato e ritenuto invincibile almeno fino al Seicento, dopo che aveva annichilito bizantini, persiani, arabi e slavi, divorato l'impero marittimo veneziano e preso Costantinopoli: secoli in cui l'immane massa della superpotenza islamica (eppure, clamorosamente, così e sempre più europea nei vertici politici e militari) alle porte terrorizzò le classi politiche del continente.

Con Lepanto, che pur essendo militarmente per gli ottomani una sconfitta catastrofica non avrà particolari rilevanze strategiche nell'immediato, comincia a manifestarsi una crepa nell'aura di invincibilità che circonda la Sublime Porta; nel corso del Seicento la crepa si allarga sempre più, a causa delle sempre più frequenti e catastrofiche sconfitte che i turchi subiscono su terra e mare.

Sconfitte che sono un corollario del netto declino a cui l'Impero comincia a andare incontro da quel secolo in avanti: uno stato che era sempre stato all'avanguardia sotto quasi ogni aspetto comincia a essere drammaticamente arretrato rispetto ai suoi rivali europei, in particolare in ambito tecnologico, finanziario e scientifico, avvitandosi in un conservatorismo sempre più inefficiente.

Il resto è storia recente: l'Impero, ancora in larga parte intatto, giunge nell'Ottocento, nel secolo dei nazionalismi, come un curioso relitto d'un altra epoca. E' il grande malato d'Europa, tenuto in piedi da Francia e Gran Bretagna per poterne trarre il massimo profitto ed evitare che il suo imminente collasso porti a un riequilibrio delle forze nel Mediterraneo.
La frana è però inevitabile: prima i greci, poi gli slavi balcanici, e infine gli italiani in Libia, poi la Grande Guerra e il collasso finale, che lascia in dote almeno due aspetti epocali: lo sterminio degli armeni, con tutto il carico che si porta dietro fino ai giorni nostri, e la nascita dello stato turco, nazionalista e per la prima volta etnicamente individuato.

Consigliato anche a coloro non particolarmente amanti della storia, dato che è un libro scritto con toni molto colloquiali e si legge con grande agilità (pur non essendo mai banale).
Profile Image for charta.
306 reviews5 followers
August 23, 2017
Bignami
Non ne ho mai fatto uso per cui non so se si tratti di un insulto o un riconoscimento d'efficacia. Valido e denso questo librino lo è di certo. A volo quasi di farfalla si toccano temi come l'orientalizzazione, il concetto di nazione e di etnia, di impero, di convivenza tra diversi da un punto di vista altro, "semplicemente" elencando fatti. Non essendo né trattato né saggio ma collage di servizi televisivi anche lo stile è leggero. E risulta adatto allo scopo: dire e sollevare interrogativi.
Indirettamente conferma quanto l'Occidente in fatto di tessuto e strutture sociali non possieda primati di sorta.
Profile Image for Michela Quarta.
86 reviews9 followers
December 4, 2020
Una piacevolissima lettura breve ma intensa: MAI banale, piena di curiosità e utilissima per colmare le lacune! Scritto benissimo: scorrevole, si legge subito!
Super consigliato..
Profile Image for Giulia Anna.
51 reviews12 followers
March 11, 2019
Saggio storico rigoroso ma affascinante: sono lontani i tempi per me in cui i libri degli storici erano mattoni da sostenere con stoicismo. Sarà una relativamente nuova necessità divulgativa, non più guardata con sottile disgusto dagli storici di professione, sarà l’influsso della scuola francese, sarà il ricambio generazionale, ma i libri di storia sono cambiati e in meglio. Barbero poi è un accademico brillante e un comunicatore fascinoso, che sa farsi ascoltare e leggere. Il libro è un gioiellino che fa accostare alla storia dell’impero ottomano, e precedenti, con occhio scevro dalla paura millenaria dei “mamma li turchi “
Profile Image for irene.
232 reviews14 followers
March 5, 2023
si tratta della trascrizione di un ciclo di Alle otto della sera, quindi il meglio di due mondi: lo stile colloquiale di Barbero (sembra di sentirlo!) e la limpidezza argomentativa dello scritto. la storia dell'Impero Ottomano, dai primordi agli ultimi respiri: coinvolgente, curioso, illuminante.
(tipo che ho capito perché a Istanbul ci sono tanti gatti)
Profile Image for Massimiliano.
409 reviews85 followers
August 19, 2024
Bellissimo... la capacità affabulatoria di Barbero che si trova in forma scritta è la stessa che possiede nei suoi podcasto (o meglio, nelle sue lezioni).

Un grande viaggio nell'universo dell'impero ottomano, dalle origini - il sogno di Osman e il popolo delle steppe - alla caduta finale dopo la prima guerra mondiale, dove ebbe la stessa sorte dell'altro grande impero multiculturale dell'epoca, quello austro-ungarico.

Si imparano molte cose che difficilmente vengono insegnate a scuola, dagli usi e costumi alla sorprendente tolleranza verso tutte le minoranze e religioni, al punto che questo grande impero appariva, quantomeno al suo apice durante il '500, l'istituzione più avanzata in tutto il mondo sviluppato.

Se noi spesso abbiamo solo l'idea del mamma li turchi, senza sapere molto altro, la storia dell'impero ottomano è una storia europea, e ha segnato e segna tuttora i destini di grande parte dell'Europa e del medio oriente.
Profile Image for Gabriele Figoli.
9 reviews
June 29, 2025
Ottimo "Bignami", che non manca di pathos narrativo nonchè di riflessioni importanti, non un mero elenco di fatti. Peccato la, forse faziosa, mancanza nel chiamare il genocidio armeno per nome e cognome, tuttavia son passati 14 anni dalla stesura del libro.
Profile Image for Antonio Fanelli.
1,030 reviews204 followers
December 17, 2014
breve ma esauriente storia dell'impero ottomano. Racconta tutto quello che c'è da sapere e fa venir voglia di saperne di più, non a caso dopo ho acquistato Lepanto, dello stesso autore :)
Profile Image for Simone.
12 reviews
January 14, 2022
Tutti abbiamo sentito parlare della Battaglia di Lepanto del 1571, quanti possono dire di conoscere bene la civiltà che fu sconfitta in quella battaglia? Purtroppo le scuole trattano con superficialità quello che è stato un grande impero che ha portato alla luce grandi uomini come Solimano il magnifico, detto il legislatore, e molti altri. Alessandro Barbero, storico di grande successo, ripropone in questo suo saggio la storia dell' Impero Ottomano, dalla sue origini fino al suo disfacimento nel 1922. Barbero tratta con eleganza e senza mai essere pesante la storia di questo grande impero, illustrando i quadri complessivi della loro società, risultando molto semplice anche per qualcuno alle prime armi con un testo storico.
L'unico difetto che ho trovato è stata la mancanza della bibliografia, in un testo storico che si rispetti bisogna sempre riportare le proprie fonti per quanto lo storico possa essere affidabile.
Profile Image for Livia Hinz.
9 reviews
July 25, 2025
Un libro nato come raccolta di lezioni, accessibile e piacevole anche per un pubblico non specialistico. Due elementi sono particolarmente degni di nota. Il primo è la prospettiva della narrazione, sempre centrata sui rapporti e sulle reciproche percezioni dell’impero ottomano da un lato, e dell’Occidente dall’altro. Il secondo è la riflessione sulle conseguenze della fusione novecentesca tra Stato/nazione/popolo per la costituzione o sopravvivenza dí realtà politiche intrinsecamente multietniche o multi religiose.
Profile Image for Claudio Di Leva.
96 reviews1 follower
August 5, 2024
Una ampia esaustiva finestra sul mondo ottomano aperta con il solito entusiasmo, con dovizia di particolari interessanti ed esaustivi dal prof.Barbero che ci permette di affacciarci in questo mondo così diverso dal nostro per alcuni versi, ma non tanto diverso da quello occidentale di quei tempi per le pagine più tristi e simili della nostra storia, e forse anche di quella attuale.
Da leggere assolutamente.
Profile Image for Lorenzo Cracchiolo.
59 reviews1 follower
October 12, 2024
Una "sintesi" perfetta della storia dell'Impero Ottomano.

Solito stile chiaro, lineare e organizzato di Barbero. Si approfondisce il giusto, senza perdere lo sguardo d'insieme.

Veramente molto bello e consigliato, specie per capire il panorama dei Balcani e del Medio Oriente moderno e contemporaneo.
Profile Image for Giollas.
13 reviews
January 20, 2022
Un salto nell'Impero Ottomano che manda in frantumi ogni stereotipo o preconcetto. Prosa di Barbero come sempre fluidissima. Una ventata d'aria fresca tra i tanti noiosi libri di storia.
Profile Image for Nazcro.
73 reviews2 followers
August 28, 2023
Si legge che è un piacere. Breve excursus sull’impero Ottomano con fare simpatizzante, mai pedante e che getta le basi per nuovi approfondimenti.
Profile Image for Alessandra.
80 reviews1 follower
August 6, 2021
Un saggio interessante, si sente proprio lo spirito narrativo di Barbero.
Profile Image for Raffaele Capasso.
12 reviews1 follower
Read
March 7, 2024
Notebook per

Il divano di Istanbul (Alle 8 della sera Vol. 27)

Barbero, Alessandro

Nota

Evidenzia (blu) - Pagina 5

Fokstugu in Norvegia,

Capitolo I

Evidenzia (blu) - Pagina 11

Il governo dell’impero si chiama divan, è presieduto dal gran visir, e si riunisce regolarmente nel palazzo; ma quando c’è da prendere una decisione particolarmente importante il sultano convoca un divan a cavallo. Il cerimoniale prevede che tutti i giannizzeri siano schierati in una grande spianata e che i ministri siano lì, in sella, ad aspettare l’imperatore.

Capitolo II

Evidenzia (blu) - Pagina 12

In realtà i bizantini erano pur sempre romani, tanto che quando i turchi selgiuchidi si affacciano in Anatolia e chiedono che paese è quello, la gente del posto gli risponde: questa è Roma, e i turchi chiameranno sempre Rum l’Anatolia.

Evidenzia (blu) - Pagina 15

L’impero ottomano comincia allora ad assumere quella che sarà poi la sua caratteristica più vistosa, cioè il fatto di essere un impero che mette insieme turchi e slavi, albanesi e greci, musulmani e cristiani.

Capitolo III

Evidenzia (blu) - Pagina 19

L’assedio turco di Costantinopoli nel 1453– una data che in qualche manuale viene ancora presentata come la fine del Medioevo, talmente grande è stato l’impatto di questa conquista– è uno degli assedi leggendari della storia.

Evidenzia (blu) - Pagina 21

Nella metropoli sul Bosforo Maometto organizza una straordinaria struttura multinazionale di governo. Per i suoi sudditi greci nomina un patriarca greco- ortodosso a cui affida non soltanto la cura delle anime, ma anche l’incarico di governare tutti i greci che stanno tornando ad affluire nella città, adesso che è tornata la pace. E non fa fatica a garantirsi la loro obbedienza, perché gli ortodossi non amano i musulmani ma amano ancora meno il clero latino, amano ancora meno Roma. L’ultimo imperatore Costantino, nei mesi dell’assedio, quando disperatamente aspettava aiuto dall’Occidente ed era disposto a tutto, aveva messo Santa Sofia a disposizione del clero latino, tanto che durante l’assedio erano i cattolici latini che vi celebravano messa e i bravi greci ortodossi non vi mettevano piede per paura di contaminarsi. Dunque il sultano non fa fatica a trovare un erudito uomo di chiesa greco nemico dei latini, Gennadios, e lo nomina patriarca di Costantinopoli; rimette in uso ventisei chiese della capitale al servizio del clero ortodosso, dà a Gennadios un grado nello stato, parificandolo a un pascià a tre code, e a partire da quel momento il patriarca cristiano di Costantinopoli è un altissimo funzionario dell’impero ottomano, con l’incarico di governare i greci. Poi la città è piena di ebrei: ce n’erano già tanti e altri arrivano adesso che l’imperatore vuole favorire i commerci e lo sviluppo della metropoli. Arrivano ebrei, commercianti e uomini d’affari, e anche per la loro comunità ci vuole un responsabile: Maometto II fa venire un rabbino da Gerusalemme e lo nomina rabbino capo, non soltanto guida spirituale ma giudice e governatore di tutti gli ebrei dell’impero. Fa venire il patriarca armeno dalla vecchia capitale ottomana di Bursa perché governi tutti i cristiani di rito armeno. E dunque la città rivive, nasce una nuova incarnazione dell’antica Costantinopoli, che continua a chiamarsi così, perché i turchi a quell’epoca non la chiamano ancora Istanbul come oggi.

Evidenzia (blu) - Pagina 21

Durante la vita di Maometto II, che vivrà fino al 1481, gli eserciti ottomani arrivano fin quasi al Danubio.

Evidenzia (blu) - Pagina 21

Skanderbeg,

Evidenzia (blu) - Pagina 22

principe Vlad Ţepeş,

Evidenzia (blu) - Pagina 22

presa di Otranto rappresenta uno shock enorme per la cristianità, perché ci si rende conto che una volta crollato l’impero bizantino i turchi sono alle porte di casa;

Segnalibro - Pagina 22

Evidenzia (blu) - Pagina 22

I turchi stessi si stanno convincendo di essere un popolo predestinato al dominio del mondo, e cominciano a correre fra loro leggende a questo proposito: in particolare ce n’è una radicatissima, quella della Mela Rossa, che in realtà potrebbe anche tradursi come Mela d’Oro. Secondo la leggenda, una notte il profeta Maometto è apparso in sogno al sultano e gli ha detto questa frase misteriosa: «La vostra generazione conquisterà la Mela Rossa e il mondo intero vi sarà sottomesso». A partire da quel momento tutti si chiedono cos’è la Mela Rossa; c’è accordo sul fatto che con questo termine nella visione si voleva indicare una grande città nel paese dei franchi, cioè in Occidente, come diremmo noi. Questa grande città forse era Costantinopoli? No, perché adesso Costantinopoli è presa, eppure c’è ancora altro da conquistare; secondo l’interpretazione più corrente la Mela Rossa è Roma, e qualche studioso ritiene che in epoca più tarda l’immagine della cupola di San Pietro si sia identificata con quella della Mela d’oro come obiettivo finale della conquista. In Occidente circola anche una versione più rassicurante di questa leggenda, secondo la quale quando i turchi prenderanno la Mela Rossa il loro impero giungerà alla fine, forse perché saranno sconfitti, forse perché si convertiranno al cristianesimo. E in Ungheria corre un proverbio che continua a evocare quest’immagine, come una specie di indovinello: «Che cos’è la Mela Rossa? Nessuno lo sa, se sia Vienna, Györ, Roma o Colonia». In ogni caso, la Mela Rossa è un poderoso simbolo dell’espansione musulmana sotto la guida degli ottomani, e la leggenda per i turchi non ha nessun aspetto limitativo o negativo: la Mela Rossa vuol dire la promessa della conquista del mondo. A partire dalla fine del Cinquecento ogni nuovo sultano dopo

Evidenzia (blu) - Pagina 23

essere stato incoronato passa davanti alla caserma dei giannizzeri a Eyüp e li saluta con le parole: «Ci rivedremo alla Mela Rossa».

Capitolo IV

Evidenzia (blu) - Pagina 25

Ma prima di arrivare a quel punto, quando viene a sapere che Maometto II ha conquistato Costantinopoli, papa Pio II gli scrive una straordinaria lettera in latino in cui lo esorta a convertirsi al cristianesimo e per convincerlo gli dice: non c’è niente di più naturale, in fondo tu ormai sei il padrone di Costantinopoli, sei il nuovo imperatore di Roma, perché Costantinopoli è la nuova Roma e se tu accetti di convertirti, io, il papa, ti proclamerò imperatore dei cristiani. Questa offerta di Pio II è accompagnata da tutto un ragionamento su come in realtà Islam e cristianesimo siano due religioni gemelle: gli ecclesiastici del Medioevo e del Rinascimento sapevano, molto meglio di come non sappiamo noi oggi, che l’Islam e il cristianesimo nascono dalla stessa matrice ebraica. Pio II scrive al sultano dicendogli: tutti conoscono la tua devozione religiosa, la tua pietà, la tua giustizia, il tuo amore della penitenza, insomma per essere cristiano cosa ti manca? Giusto un po’ d’acqua– che sarebbe quella del battesimo, naturalmente.

Evidenzia (blu) - Pagina 26

Mamma li turchi!»).

Evidenzia (blu) - Pagina 26

Il «turco che debbe passare»:

Capitolo V

Evidenzia (blu) - Pagina 29

dall’Occidente: per esempio a Costantinopoli è di gran moda il formaggio parmigiano, che allora, peraltro, da noi si chiamava piacentino, dunque non parmigiano e neppure reggiano.

Evidenzia (blu) - Pagina 30

Gentile Bellini e si vede benissimo rappresentata la fisionomia orientale di Maometto

Evidenzia (blu) - Pagina 31

Nobel Orhan Pamuk, si intitola Il mio nome è rosso,

Capitolo VI

Evidenzia (blu) - Pagina 34

Solimano il Magnifico è un contemporaneo di Martin Lutero, di Calvino, del Concilio di Trento.

Evidenzia (blu) - Pagina 36

turchi sunniti e i persiani sciiti si odiavano, i

Capitolo VII

Evidenzia (blu) - Pagina 41

Al tempo di Solimano il Magnifico, dunque, lo Sheikh ul- Islam Ebussuud, che terrà la sua carica fino a più di ottanta anni d’età, è l’uomo che risolve qualunque dubbio che i sudditi dell’impero possano avere su come devono comportarsi. Ci sono descrizioni straordinarie del suo modo di lavorare: Ebussuud se ne sta nella sua casa a Costantinopoli al primo piano, e lavora; fuori c’è la folla della gente che ha dei quesiti da porre. Chiunque abbia un dubbio su cosa impone la legge islamica in una qualunque situazione pratica scrive il suo quesito su un bigliettino; dalle finestre i dipendenti del muftì calano dei cesti in cui la gente mette questi bigliettini. Gli impiegati di Ebussuud tirano su questi cesti, esaminano tutte le richieste, le classificano: devono essere tutte formulate in modo che il muft�� possa rispondere sì o no. Ebussuud sul suo tavolo riceve continuamente queste richieste di parere. Nei casi più semplici, in pochi secondi decide: sì o no? È lecito fare questa cosa? Sì, no, non è lecito. In questo modo si dice che Ebussuud fosse in grado di produrre migliaia di responsi ogni giorno,

Evidenzia (blu) - Pagina 41

Quella è l’epoca in cui nell’impero si diffonde la moda del caffè, e qualche buon credente si chiede: ma sarà lecito bere il caffè per i musulmani? Si fa la domanda a Ebussuud e lui in pochi secondi risponde: sì, è lecito bere il caffè. E da quel momento il caffè diventa un fondamento della vita collettiva del mondo ottomano.

Capitolo IX

Evidenzia (blu) - Pagina 50

A partire da questo momento i ragazzini reclutati nei villaggi cristiani diventavano tecnicamente schiavi del sultano, che aveva diritto di vita e di morte su di loro; e questo spiega come mai fossero reclutati soltanto fra i sudditi cristiani, perché la legge islamica vietava di ridurre in schiavitù i musulmani.

Capitolo X

Evidenzia (blu) - Pagina 57

«Serenissimo, cristianissimo, potentissimo e antichissimo per successione, più onorevole fra molti altri principi e signori, più grande e valoroso e scelto principe, colmo d’ogni virtù e rinomanza, tu che sei sempre stato e sempre sei più che approvato e conosciuto amicissimo della Sublime Porta e del nostro potentissimo imperatore, alla serenissima e cristianissima maestà del re di Francia, con gli odorosissimi fiori, la felicissima e freschissima aria del mattino inviamo innumerevoli migliaia di saluti da parte della nostra affezionatissima e cordialissima amicizia».

Evidenzia (blu) - Pagina 58

Tutti sapevano che i sontuosi palazzi, la quantità di schiavi e di schiave, gli harem, le ville sul Bosforo, le barche, le navi, tutto ciò che formava il lusso della vita dei pascià derivava in gran parte da ricchezze acquistate male. Gli occidentali a volte si stupivano che i sultani tollerassero questo sistema, per cui tutto nell’impero si doveva pagare e in ogni circostanza bisognava tirar fuori dei soldi che si distribuivano a tutti i livelli della gerarchia, ma soprattutto al vertice, dove si accumulavano ricchezze colossali.

Evidenzia (blu) - Pagina 58

Nei regni cristiani un ministro importante era quasi sempre un uomo che aveva alle spalle una famiglia, una dinastia, degli antenati; nell’impero ottomano un ministro importante era figlio di povera gente, di pastori dei Balcani. In Occidente un ministro era un grand’uomo già per il nome che portava, a casa sua aveva possedimenti enormi, latifondi e palazzi, che aveva ereditato dagli antenati e che avrebbe trasmesso ai suoi figli, perché era e si sentiva parte di un lignaggio antico e destinato a durare; nell’impero ottomano niente del genere, ogni politico era solo di fronte al suo sultano che poteva fare di lui un uomo ricchissimo e strapotente o poteva farlo uccidere schioccando le dita.

Evidenzia (blu) - Pagina 59

Nell’impero ottomano, insomma, non esiste la nobiltà, non esiste un ceto che sia privilegiato per nascita e che abbia diritto di perpetuare i propri privilegi: i potenti sono tali in quanto singoli individui.

Capitolo XI

Segnalibro - Pagina 62

Capitolo XII

Segnalibro - Pagina 67

Capitolo XIII

Evidenzia (blu) - Pagina 71

«Noi siamo i credenti fin dall’antichità. Noi riconosciamo l’unità del Tutto. Noi siamo gli ubriachi. Noi siamo le falene della fiamma divina»

Capitolo XIV

Evidenzia (blu) - Pagina 77

La differenza è netta: pirata è un delinquente che fa quello che vuole e attacca chiunque; il corsaro ha un’autorizzazione del suo governo e attacca, in teoria, soltanto le navi nemiche

Capitolo XVII

Segnalibro - Pagina 95

Capitolo XVIII

Evidenzia (blu) - Pagina 97

stampa è proibita. Nel 1515 il sultano Selim il Terribile emana un decreto

Evidenzia (blu) - Pagina 97

libri rimangono scarsi come erano scarsi da noi nel Medioevo, anziché moltiplicarsi centinaia di volte come succede in Occidente

Evidenzia (blu) - Pagina 100

E dunque Ibrahim si rivolge al muftì di Costantinopoli chiedendogli di emanare una fatwa in cui dichiara che la stampa è conforme alla legge islamica. Si apre un conflitto molto duro, perché alcuni religiosi si oppongono sostenendo che la stampa è un’invenzione pericolosa per l’ordine pubblico, e poi non è affatto un bene che circolino troppi libri; e naturalmente c’è la corporazione dei calligrafi, che fino a quel momento aveva l’esclusiva sulla produzione dei libri a mano, e che inscena una protesta davanti al palazzo. Ma il muftì emana un parere favorevole: la stampa è permessa

Capitolo XIX

Evidenzia (blu) - Pagina 106

Anche nell’élite turca si rinuncia al sogno ottomano, al sogno di un impero multietnico capace di tenere insieme tutti. I politici turchi più influenti a inizio Novecento hanno ormai altre idee, ancora una volta vogliono fare come fanno gli occidentali: in Europa e nel mondo non si parla d’altro che di nazione, di stato nazionale; e anche nella politica turca nasce per la prima volta l’idea di creare uno stato non più ottomano, ma turco.

Capitolo XX

Segnalibro - Pagina 107
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Profile Image for Matte.
1 review
September 14, 2024
Una narrazione agile della storia dell'impero ottomano. Chiaramente se cercate un manuale approfondito non è il libro che fa per voi; ma per farsi un'idea è perfetto. Scrittura sempre molto gradevole e ricca di aneddoti
7 reviews
July 21, 2021
Il libro ha la stessa trama di uno dei suoi podcast caricati su YouTube. Anche il ritmo narrativo lo ricorda, e, a tratti, sembra di leggere la trascrizione del parlato. Questo però non inficia il piacere della lettura che risulta scorrevole e incalzante. Utile per chi vuole farsi un'idea della cultura dell'impero ottomano e dello scontro/incontro con quella occidentale. Gli ultimi due secoli trattati più superficialmente degli altri. Accende curiosità e da spunti da approfondire in altri testi che andrò a cercare.
14 reviews
February 6, 2022
Avvincente come un romanzo, una panoramica su un mondo, quello ottomano e quindi Turco, tanto lontano quanto vicino.
Profile Image for Nicola Di Leva.
177 reviews7 followers
June 3, 2025
Scorrevole e appassionante, con un tono informale (con citazioni a memoria e senza bibliografia) che mi fa credere che sia tratto da una serie di conferenze.
La storia che racconta è importante per noi europei, ma inevitabilmente poco raccontata a scuola, il che rende il libro ancora più interessante.
Barbero ha proprio un dono per la divulgazione: l'unico difetto del libro è che ad un certo punto finisce. Avrei voluto dire: "ancora una storia, dai!".
128 reviews1 follower
January 10, 2024
Il Divano, che inizia spiegando l’importanza del Divano del Sultano nell’amministrazione stalate ottomano, affronta la portata di una vasta gamma di argomanti come gli equilibri (e squilibri) politici nell’impero ottomano, le relazioni tra i governanti/soldati origine turca e le “nazioni” non musulmane e la loro vita quotidiana al loro interno, le relazioni dell’impero ottomano con il mondo occidentali e le visione reciproca di entrambe le parti l’una sull’altra.

Il libro, scritto da un academico, professore di Studi medioriantali e storia all’Universita del Piemonnte Orientale, assomiglia piu a quello di un giornalista che deve aver trascorsoi I suoi anni attraverso i seicento anni dell’Impero Ottomano. Commette anche alcuni gravi errori storici. Riferendosi a Selim I, che conquista tutta la penisola Arabica e si padronisce della Mecca con lo sceriffo della Mecca, custode dei luoghi santi, riconesce la sua autorita, afferma, “A partire de questo momento... il sultano ottomano e anche califfo”. Sbagliato! Selim I assunse il titolo e diritto di Califfo con tutte le sacre reliquie che erano detenute fino ad allora dal Sultano Mamelucco che era il Califfo.

Finge di essere aggiornato sui dettagli non così imperiali quando dice: “Il patriarca ortodosso risiedeva nell’antico quartiere si chiama Fener e si affacciato sul Corno d’Oro… Qualche appassioanato di calcio conoscera la squadra Fenerbahçe… che e proprio la squadra di quell quartiere.” Sbagliato! Il Fenerbahce è nato nel quartiere di Fenerbahce dove si trova tuttora, ospitando i suoi rivali nell'immensa arena del Fenerbahce.

Deve essersi perso nella geografia turca quando colloca che Stretto dei Dardanelli e Gallipoili “…a pochi chilometri dalla..” Istanbul. La distanza e piu di due ciento chilometri.

In un altro capitolo, riferendosi alla rivoluzione culturale di Ataturk dopo la fondazione della Repubblica turca, menziona l'obbligo per legge del paese per ogni cittadino di avere un cognome, afferma che è stato lo stato a decidere cosa sarebbe stato, il che è totalmente sbagliato in quanto era il capofamiglia la cui prerogativa era quella di prendere quella decisione. Si contraddice, però, quando dice che è lo stesso Mustafa Kemal che ha adottato il cognome Ataturk per se stesso. Nel suo caso particolare è stata l'Assemblea Nazionale Turca a dargli il cognome di Ataturk, Padre dei Turchi.

D'altra parte, Barbero presenta una valutazione brillantemente accurata dell'idea megalo della greca come gonfiata dagli alleati vittoriosi della Prima Guerra Mondiale che spinsero e aiutarono i greci a rovistare nella carcassa dell'Impero Ottomano. Egli dice, “I greci pensano seriamente di poter riprendere l’Asia Minore... Uno dei comandanti che si sono spoerti di gloria nella guerra mondiale, l’uomo che ha sconfitto gli inglesi e francesi a Gallipoli, Mustafa Kemal , riesce a construire un esecito, e sotto la sua guida viene combattuta la guerrra contro la Grecia.. Alla fine i greci sono ributtati in mare...”.

L'autore ha un'acuta percezione sia della mentalità, degli istinti e del tradizionalismo ottomano, sia della loro diffidenza, sminuzione e disapprovazione nei confronti dell'Occidente. Essendo un uomo dell'Occidente, è ancora più consapevole dei propri pregiudizi, dei propri sospetti, delle proprie ambizioni e del proprio timore reverenziale nei confronti di questa valanga inarrestabile che si sta rapidamente impossessando di tutto ciò che hanno. Ha un certo stile casual che usa per far emergere alcuni dettagli interessanti: “Per il governo ottomano la citta sara sempre Constantinopoli, Konstantiniyye in turco, e Mametto II (Mehmet II) se da un lato rivendica di essere un triano che finalmente ha sconfitto i greci, dal’altra parte si considerare sempre il successore di Constantino il Grande.”

Per quanto riguarda le relazioni diplomatiche degli Ottomani con l'Occidente durante l'ascesa esponenziale della loro potenza, di solito si tratta della Spagna, della Francia e, in misura minore, del Sacro Impero Romano. Invece, l'autore sottolinea l'importanza per gli ottomani di un altro stato, minuscolo per dimensioni ma enorme per potenza economica, è la Serenissima Repubblica di Venezia, grazie alle capacità combinate della sua marina e della sua flotta mercantile che rivaleggiano anche in una certa misura con la presenza navale ottomana nel Mediterraneo. E' il Duce di Venezia, tra tutti i potentati occidentali, ad essere concesso nella corrispondenza diplomatica il titolo più onorifico: “Serenisssimo, cristianissimo, potentissimo e antichissiomo per successi, piu onorevole fra molti altri principi..." anche se un po' accondiscendente, indirizza: “...tu he sei sempre stato e sempre sei piu che approvato e conoscito amicissimo della Sublima Porta e del nostro potentissimo imperatore...”.

Il libro eccelle nella descrizione dettagliata della battaglia navale di Lepanto, facendo luce su alcune oscurità e molte falsificazioni da parte degli occidentali per lo più nutriti di arroganza. Egli riassume le ragioni dietro la sconfitta degli ottomani come l'esaurimento della marina. Le loro navi da battaglia, essendo costantemente a galla e attive durante gli anni precedenti la battaglia ("La flotta turca attaca Creta, poi risale, attaca le isole Ionie e risale...") erano gravemente logore, a corto di rifornimenti, a corto di personale e la loro flotta in inferiorità numerica. L'autore sottolinea che ci vollero solo pochi mesi agli ottomani per ricostruire la loro flotta e su una scala sufficiente per strappare Cipro ai veneziani “...e in questo senso c’e qualcosa di vero nel comento che fa il gran visir all’ambasciatore veneziaono: noi, dice, abbiamo perso la battaglia, ma intanto Cipro l’abbiamo conquistata; noi prendo Cipro vi abbiamo tagliato un braccio; voi distrugendo la flotta avete solo tagliato la barba del soltano. Un braccio tagliato non ricresce, ma una barba tagliata piu folta.” L'autore conclude la sua valutazione del Lepanto dicendo: “I turchi hanno di nuovo una flotta, Cipro rimane nelle mani… Lepanto rappresenta un parodosso di un vicenda che passata all storia come un grande avvenimento, ma se si dovessedire effettivamente che risultati ha prodotto questo grande avvenimento, si e tentati di dire che non ne ha prodotto qiasi nessuno”.

Il Divano di Istanbul è un pratico libro da comodino per acquisire una comprensione delle dinamiche interne ed esterne che hanno plasmato il carattere e la struttura civile e militare dell'Impero Ottomano, la sua visione e le sue relazioni con l'Occidente, e come l'Occidente ha ricambiato in reazione prima all'espansione e all'assalto e poi alla ritrattazione e al ritiro dello tsunami di uno stato così diverso nei suoi modi e mezzi.
Profile Image for Blackcal.
55 reviews
November 29, 2016
Une petite introduction intéressante sur un sujet que je connais mal. Raconter cinq siècles d'histoire ottomane en deux cents pages implique forcément de faire des choix et l'auteur couvre un grand champ de sujets. Néanmoins je pense qu'il y a des sujets qui auraient dus être approfondis, tels que la conquête du Maghreb, la gestion des terres arabes et la colonisation de l'Europe de l'est, au-delà des dates de début et de fin. Bien sûr que le livre est court, mais il y a plusieurs occurrences où l'auteur répète des anecdotes au lieu de développer ces sujets. En outre, j'ai trouvé que l'historien était trop présent. Il y a plusieurs fois des "je pense" ou "je ne sais pas" et on ressent l'admiration à peine cachée de l'auteur pour la culture et l'histoire ottomane, comme lorsqu'il approuve pratiquement le système des janissaires (des enfants chrétiens, enlevés aux territoires d'Europe de l'est, convertis à l'islam, entraînés militairement et qui étaient renvoyés faire la guerre aux états chrétiens ou autres) en disant que ces enfants pouvaient obtenir un grand rôle dans l'empire ottoman (jusqu'à grand vizir) alors qu'en Europe ils seraient restés fils de bergers pauvres, ce qui me dérange dans un livre d'histoire. De plus, le plaidoyer à peine voilé pour la Turquie dans l'UE n'a pas, selon moi, sa place en conclusion du livre. Cela aurait dû être une note personnelle à part, ou bien cela aurait dû être un essai selon la Turquie. Cependant, j'ai appris beaucoup de choses, c'était un livre intéressant, et s'il n'avait pas été si subjectif pour un livre d'histoire, j'aurais donné cinq étoiles.
Profile Image for Luigi Malabrocca.
6 reviews1 follower
March 1, 2018
Gli Ottomani ... tradizionalmente "gli altri": nemici, barbari, crudeli e infedeli.
Leggendo scopriamo che non è esattamente così e che le relazioni con il nostro mondo sono molte di più di quelle che sospettiamo.

Alessandro Barbero, a mio giudizio, è più interessante e originale quando racconta le cose dal vivo.
Qui mi sembra che cerchi di riprodurre lo stesso registro che usa nelle conferenze.
Nelle pagine scritte però la cosa non sempre riesce a produrre gli stessi risultati.
In questi casi allora il divano diventa un comodo rifugio per abbandonarsi alla pennichella ...
Profile Image for Marzia S..
78 reviews
January 30, 2022
Argomento interessante, Barbero è molto bravo a tratteggiare i punti salienti di qualsiasi storia.
Non sopporto però la narrazione, capisco che sia la trascrizione di una serie di discorsi, ma avrebbero potuto gestire meglio la punteggiatura. Alcune frasi devo "recitarle" nella mente per dargli senso!
Displaying 1 - 30 of 100 reviews

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