The innovative free verse collection of small-town life that made Edgar Lee Masters a legend
A literary sensation when it appeared in 1915, Spoon River Anthology earned Edgar Lee Masters comparisons to T. S. Eliot and Walt Whitman. The characters who speak here tarnish the pure image of their Midwestern hamlet by holding forth from the grave with tales of illicit love affairs, betrayed confidences, political corruption, and miserable marriages. The first serious work of psychological naturalism, this artful indictment of small-town hypocrisy influenced Theodore Dreiser, William Faulkner, and other luminaries.
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Edgar Lee Masters (Garnett, Kansas, August 23, 1868 - Melrose Park, Pennsylvania, March 5, 1950) was an American poet, biographer, and dramatist. He is the author of Spoon River Anthology, The New Star Chamber and Other Essays, Songs and Satires, The Great Valley, The Serpent in the Wilderness An Obscure Tale, The Spleen, Mark Twain: A Portrait, Lincoln: The Man, and Illinois Poems. In all, Masters published twelve plays, twenty-one books of poetry, six novels and six biographies, including those of Abraham Lincoln, Mark Twain, Vachel Lindsay, and Walt Whitman.
Tutte le foto sono di William Willinghton dal libro “ Spoon River, ciao” del 2006.
Pensavo che fosse il libro più letto al mondo dopo la bibbia. E invece una classifica trovata online e ripresa da più siti non lo posiziona neppure tra i primi dieci, e manco nei pressi. Evidentemente trattasi di successo specifico del paese stivale che prima ha partorito la trilogia dantesca e dopo il capolavoro sattiano. Infatti, è bello ricordare l’amore di Cesare Pavese per questo libro, che lo fece conoscere a Nanda Pivano, che lo tradusse, e Pavese lo portò a Einaudi e fece pubblicare. Nel 1943: nella prima edizione solo una selezione di poesie, non tutte. Ma fu subito successone qui da noi: per i cinquanta anni a seguire l’opera ha venduto una media di diecimila copie l’anno. E quindi fino al 1993 un totale di almeno mezzo milione.
Sono 244 epigrammi che riproducono altrettanti epitaffi. Ciascuno è una storia, un personaggio, una vicenda, tratteggiati in sole poche righe, racchiusi in poche versi che devono più alla prosa che alla poesia.
Ogni epigramma, ogni poesia (ogni canzone) è pronunciata da un morto: a parlare sono i morti. I morti del cimitero di Spoon River, questa immaginaria cittadina americana, nella quale molti concittadini di Masters si riconobbero e protestarono a gran voce per la somiglianza.
Masters trattò ogni morto, ogni anima, ogni concittadino con enorme pietas, senza enfasi, senza retorica, andando a toccare corde universali, raccontando con scarna semplicità i piccoli fatti quotidiani privi di eroismo e impastati soprattutto di tragedia
I morti parlano perché non hanno trovato pace con la morte, come Saunders, se per caso non avessimo compreso, ci ha ribadito col suo magnifico Lincoln nel Bardo. Non hanno trovato pace, e non hanno perso la voce.
Dormono sulla collina. Ma solo in apparenza: a noi suonano svegli e occupati a rimpiangere, a ripercorrere (rimuginare?) la loro vita. Chi ha amato e chi ha ucciso, chi ha odiato e chi ricattato, chi ha invidiato e chi vendicato, chi ha fallito, chi è disperato, chi ha ignorato e parlato, chi sapeva e ha solo ascoltato. Voci lontane, sempre presenti.
Le voci di quell’inesistente vero paese. Le voci del mondo. La voce di chi ci ha preceduto, e sappiamo bene che i morti sono più dei vivi. La nostra voce. E le braccia del tempo.
The dead tell their secrets where they are buried. With no reason to lie we find that all is not what it seemed to be: some of the 'pillars' of the community were rotten to the core and some of the 'dregs' of the town were the best citizens. I think of this book every time I see a homeless person and wonder: has society abandoned this person while (somewhere) a CEO commits crimes that will never come to light?
If you liked Fannie Flagg's THE WHOLE TOWN'S TALKING, Thornton Wilder's OUR TOWN, and/or Virginia Woolf's THE WAVES, you might like this. I read this because of THE WHOLE TOWN'S TALKING. Thanks for reading....and listening!
Edgar Lee Masters was the first poet whose poetry I loved with my whole heart. My high opinion of his work has never changed, notwithstanding the fact that he hasn't been cool for 50 years, if ever. Ha! Neither have I.
The tongue may be an unruly member – But silence poisons the soul. Berate me who will – I am content. (DORCAS GIUSTINE)
Era il 1914, mentre l’Europa si accingeva a cancellare l’esistenza di milioni di esistenze in quella follia chiamata Guerra, l’avvocato-poeta americano Edgar Lee Master iniziò a pubblicare, s’un giornale di provincia, dei brevi componimenti sotto forma di epitaffi.
«Qualcosa di meno della poesia, qualcosa di più della prosa.», così disse lo stesso Master.
Un libro cult che credo sia difficile non rimanga nel cuore. Come resistere alla tentazione di aprirlo e leggere a caso? Io, l’ho fatto tante volte. Dopo averlo letto interamente anni fa ma mi ero ripromessa di rifarne una lettura completa ed ecco fatto.
Coloro che lo hanno letto si divertono a rintracciare l’epigrafe che parla di se stessi. Coloro che non l’hanno letto facciano ammenda il prima possibile.
Spoon River è una cittadina americana immaginaria (ma non tanto, il nome è rubato ad un fiume, le storie sono spesso reali tanto che fecero infuriare coloro che si riconobbero). Sulla collina si trova il cimitero e le voci dei morti raccontano in pochi versi storie di amori, di tradimenti, di successi, di fallimenti, di dolori, di gioie... Sono morti che reclamano la verità di ciò che la vita ha loro negato. Li, sotto un blocco di granito uomini e donne hanno spostato il loro sguardo e parlano ai vivi ammonendoli.
Noi ringraziamo Fernanda Pivano per averlo tradotto.
Pavese per averglielo fatto conoscere e che disse:
«Si direbbe che per Lee Masters la morte - la fine del tempo - è l'attimo decisivo che dalla selva dei simboli personali ne ha staccato uno con violenza, e l'ha saldato, inchiodato per sempre all'anima.»
E, ovviamente, Fabrizio De André che, nel 1971, pubblicò l'album "Non al denaro, non all'amore nè al cielo", liberamente tratto dall'Antologia di Spoon River.
De André scelse nove delle 244 poesie e le trasformò in altrettante canzoni.
GEORGE GRAY Ho osservato tante volte il marmo che mi hanno scolpito - una nave alla fonda con la vela ammainata. In realtà non rappresenta il mio approdo ma la mia vita. Perché l’amore mi fu offerto ma fuggii le sue lusinghe; il dolore bussò alla mia porta ma ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma paventai i rischi. Eppure bramavo sempre di dare un senso alla vita. Ora so che bisogna alzare le vele e farsi portare dai venti della sorte dovunque spingano la nave. Dare un senso alla vita può sfociare in follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vago desiderio: è una nave che desidera il mare ardentemente ma ha paura.
Spoon River Anthology by Edgar Lee Masters, published in 1915, is a unique literary experience.
A collection of inter-related free-form poems, each title a person’s name, and each person a resident of the town cemetery. Masters has each relate a short story; some folks talk about their life, many about the circumstances of their death. Husbands and wives relate different perspectives of the same events, lovers and soldiers tell of their history, and each is a distinct, poetic voice.
Masters begins his anthology with “The Hill” a setting for the pageant of ghostly visits to come:
“Where are Elmer, Herman, Bert, Tom and Charley, The weak of will, the strong of arm, the clown, the boozer, the fighter? All, all are sleeping on the hill. One passed in a fever, One was burned in a mine, One was killed in a brawl, One died in a jail, One fell from a bridge toiling for children and wife— All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill. Where are Ella, Kate, Mag, Lizzie and Edith, The tender heart, the simple soul, the loud, the proud, the happy one?— All, all are sleeping on the hill. One died in shameful child-birth, One of a thwarted love, One at the hands of a brute in a brothel, One of a broken pride, in the search for heart’s desire; One after life in far-away London and Paris Was brought to her little space by Ella and Kate and Mag— All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill. Where are Uncle Isaac and Aunt Emily, And old Towny Kincaid and Sevigne Houghton, And Major Walker who had talked With venerable men of the revolution?— All, all are sleeping on the hill. They brought them dead sons from the war, And daughters whom life had crushed, And their children fatherless, crying— All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill. Where is Old Fiddler Jones Who played with life all his ninety years, Braving the sleet with bared breast, Drinking, rioting, thinking neither of wife nor kin, Nor gold, nor love, nor heaven? Lo! he babbles of the fish-frys of long ago, Of the horse-races of long ago at Clary’s Grove, Of what Abe Lincoln said One time at Springfield”
The reader comes away from this two hundred odd visits with the dead of the small town of Spoon River, Illinois with a distinctively American vision of our culture before 1915; many of the poems are from those who died in or before the Civil War. I was reminded of Thornton Wilder's play Our Town and the final act when the dead stand stoically in their graves and observe the procession of living before them.
Exceptional in quality and unparalleled in vision and dramatic design, Master’s Anthology is an early twentieth century treasure of American literature.
« Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate, in un porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio – è una barca che anela al mare eppure lo teme. »
Lasciate che vi racconti una storia. Siamo in Italia, negli anni del fascismo. Una “ragazzina” chiede a un importante scrittore di spiegarle la differenza tra letteratura inglese e letteratura americana. Lavorano insieme, per la stessa casa editrice. Una casa editrice il cui direttore editoriale sarà torturato e ucciso dai nazisti nel 1944, dopo essere stato scoperto a pubblicare clandestinamente il giornale di Giustizia e libertà. È questo il clima in cui la ragazza pone la sua buffa domanda, la cui risposta oggi ci appare così scontata. Il grande scrittore si passa la pipa dall’altra parte della bocca per nascondere un sorriso e non risponde. Una mattina, porta alla ragazza un libro. Si intitola Spoon River Anthology. Lei lo apre, “proprio alla metà”, e resta folgorata da due versi: « mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì ». Colta da un impulso irrefrenabile, comincia a tradurlo in italiano. Per parecchi anni traduce e traduce gli stessi ritratti, finché sono ormai parte di lei. Un giorno, lo scrittore le trova il manoscritto con le traduzioni in un cassetto. Lei si vergogna, aspetta “con un gran batticuore” che lui dica qualcosa. Ma lui dice solo: « Allora ha capito che differenza c’è tra la letteratura americana e quella inglese », e si porta via il manoscritto. Nel 1943, quello scrittore, Cesare Pavese, e quella ragazzina, Fernanda Pivano, curano la prima edizione italiana del capolavoro di Masters, che esce con il titolo di Antologia di S. River, ammiccamento a un improbabile Santo, al quale la censura concede il lasciapassare. Salvo poi rimangiarselo qualche giorno dopo e sequestrare il libro per “immoralità della copertina” – una copertina bianca orlata di verde. Se oggi la differenza tra letteratura inglese e letteratura americana ci appare così scontata, pensiamo a quei due truffatori, Pavese e la Pivano, che per primi portarono in Italia non soltanto Edgar Lee Masters, ma Melville, Whitman, Hemingway, Fitzgerald, Kerouac… Portarono il mondo da noi, portarono noi nel mondo. L’Antologia di Spoon River ha un doppio cuore: un cuore pulsante di poesia e un cuore pulsante di narrativa. In versi, infatti, vengono narrate le sorti degli abitanti di Spoon River, immaginario paese americano traversato dal fiume Spoon. Sono gli abitanti stessi, dal cimitero sulla collina, a narrare la propria vita o soltanto un momento di essa, a raccontare la storia di qualcun altro, a offrire un giudizio definitivo ma incompleto sulla propria esperienza terrena. Gli abitanti di Spoon River si compongono epitaffi, ognuno secondo le proprie capacità. Ci sono epitaffi sublimi ed epitaffi scialbi, quelli che strappano un sorriso e quelli che strappano una lacrima, quelli che avvincono e quelli che lasciano completamente indifferenti. La genialità di Masters consiste in questo: nell’umiltà di aver messo in bocca le parole giuste per ciascuno. Il poeta non cerca di impressionare con la propria tecnica, non compone una raccolta di soli pezzi magnifici, non sceglie soltanto i frutti migliori. No, egli lascia che la vita entri nella poesia in tutte le sue sfaccettature, da quelle più lustre a quelle più opache. Così la sua poesia e i suoi personaggi sono davvero vivi. Credo che Edgar Lee Masters mi abbia insegnato che anche la poesia è racconto. Credo che, senza di lui, avrei impiegato molto più tempo per capirlo. La poesia è un modo per parlare della vita e del mondo, non soltanto ed egoisticamente della nostra vita e del nostro mondo interiore. Solo in questo modo la poesia può diventare davvero generosa e umana. Sono tanti, troppi, i componimenti che mi hanno lasciato qualcosa, i personaggi femminili specialmente. La traduzione della Pivano è bella, davvero, ma è il testo originale a fronte a rendere straordinaria l’esperienza di lettura, permettendo al lettore di assaporare il ritmo e la grana del verso. È un libro che regalerei a quelli che dicono – sì, esistono – « Io non leggo poesia, non mi piace ». Esiste tanta altra poesia rispetto all’oscura – e tuttavia magnifica – Ginestra leopardiana, tanta poesia che aspetta di aprire i nostri occhi alla bellezza.
One of the few books that I would take to a desert island. A book that must be read many times, over the years, because every time you discover new ideas, new beauties. A book that you want to read many times, because it always provides new emotions. That's why it has inspired great songwriters, among all the great Fabrizio De Andrè, the only Italian singer-songwriter worthy of the name. Spoon River is basically the collection of all the epitaphs (about 200) of the people in the cemetery of this small remote American rural town, transformed into a collection of poems. The author is a desecrator and transforms these inscriptions, which one imagines lyrical, epic, religious, into a denunciation of true human nature, putting on the paper what is usually considered private and inviolable. The names of the deads are invented but it seems that many of Masters' contemporaries recognized themselves in his invectives. And given that these invectives spoke of meanness, greed, cowardice, betrayals, shady deals, murders and maltreatment, it is clear that they were not very happy. Reading Spoon River you can perceive (and share) Masters' desire to stop with romance, sweetness, false love yearnings, and you perceive his need for truth and reality. A reality that unfortunately was not very pleasant, but this was certainly not Masters' fault: the fact is that he was exiled from the town and removed from those people with whom he had grown up but whom he had publicly shamed. He continued to write, but in my opinion he was never able to write books as powerful and symphonic (like real heavy metal) as the Spoon River Anthology. But I think he is happy anyway, because as he wrote on Dorcas Gustine's plaque: "The tongue may be an unruly member—But silence poisons the soul. Berate me who will—I am content".
Molto originale nella struttura e nell'idea, questa antologia non si limita ad essere un epitaffio degli abitanti di Spoon River per ricordali semplicemente alla posterità, ma è un miscuglio di dubbi esistenziali, rimpianti, pensieri aforistici (ma non necessariamente) sulla vita.
È esattamente ciò che i morti direbbero se potessero parlare.
Sarei tentato di credere che a Spoon River sia seppellita la maggior parte di noi. Io ci sono, sono uno di quei personaggi. Impermeabile alla poesia, sono stato alluvionato da una raccolta di epitaffi. In molti sono arrivati all'Antologia per merito di Fabrizio De Andrè, (l’album “Non al denaro non all'amore né al cielo” è interamente ispirato da alcuni personaggi del libro di E.L. Masters) io vi sono arrivato leggendo per caso l‘iscrizione sulla mia tomba. Con De Andrè ho il medesimo problema che ho con Calvino e Moretti, un problema di onde medie.
Ernest Hyde
La mia mente era uno specchio: vedeva ciò che vedeva, sapeva ciò che sapeva. In gioventù la mia mente era solo uno specchio in un vagone che correva veloce, afferrando e perdendo frammenti di paesaggio. Poi con il tempo grandi graffi solcarono lo specchio, lasciando che il mondo esterno penetrasse, e il mio io più segreto vi affiorasse, poiché questa è la nascita dell’anima nel dolore, una nascita con vincite e perdite. La mente vede il mondo come cosa a sé, e l’anima unisce il mondo al proprio io. Uno specchio graffiato non riflette immagine, e questo è il silenzio della saggezza.
No, non sono Ernest Hyde, potrei esser sbriciolato in una decina di personaggi diversi, consumato dal tempo, ma cosa conta. Nell’Antologia troverete voi stessi e chi vi sta a cuore, i vostri molti vizi e le sporadiche virtù
Quanti ricordi con l'antologia di Spoon River.... Al liceo facevo parte di un gruppo teatrale (i maltrainsema) e questo testo è stato per noi la nostra sceneggiatura. Non ricordo chi interpretai, so che era tristissimo tutto, ma al tempo stesso ci siamo divertiti moltissimo. Chissà se rileggendo mi verrà in mente....
I, like many people, had read some of the pieces in "Spoon River Anthology" in college, but I have to recommend reading the entire work. It is a unique and very fulfilling experience. Edgar Lee Masters' greatest work was published as a unified whole in 1915 and is 244 individual poems, each from the perspective of a different dead person in the cemetery. Their name serves as the poem's title. Woven throughout the 244 pieces are 19 stories that are pieced together through interwoven portraits from the dead. It is a different and surprisingly accessible way to create a history of a town and its people. With only a handful of obtuse and esoteric pieces, the vast majority of the poems are easily understood and interesting. Their themes run the gamut of possibilities, and "Spoon River Anthology" is an excellent choice for book clubs. The text continually reminds us of the variety of perspectives every event in a community or family engenders and one of the joys of the text is seeing how different people interpreted and reacted to the same events. Great examples are the contrasting pomes of "Albert Schrding" and "Jonas Keene" which beautifully demonstrate how one's attitude and perspective affects the events of our lives. One criticism I have heard readers level at this book is that it is so dark and that none of the people were happy in life. While I agree that a lot of the pieces in the text are dark, bitter, and weary in their tone I don't think that Masters is being nihilistic about life. Rather I think he is pointing the finger at us and telling us that we take this gift and make it that way by our thoughts and actions. There are harsh pieces in this text, especially the "Indignation Jones" and "Minerva Jones" pieces. They resound with the cruelties of life. Abortion is even rather openly addressed which I was surprised to find considering the time of publication. However for every dark storyline, like Indignation and Minerva's, there is a poem like "Fiddler Jones" which resounds with the love and joys of life. There are lots of great moments in this text, my favorite being the wonderful poem "Lucinda Matlock" which is one of the most encouraging and uplifting poems in all of literature. It extols the simple joys of life, and finds satisfaction enough in that. There are many pieces I could talk about, but you need to decide on your own which poems and characters speak to you. I will conclude by saying that the "Epilogue" will need to be reread. There is an elusive beauty and depth to it that a second reading will open up. It is a fine ending to this masterwork.
Spoon River è un luogo immaginario, perso nell’America del Nord. Dal suo cimitero adagiato sulla collina, gli abitanti ormai sepolti sotto una lapide tratteggiano in poche righe le loro esistenze, là lungo le sponde del fiume, poche parole dense e ficcanti che delineano con esattezza le parentele, i sogni, le aspirazioni, le attività, i successi o gli insuccessi professionali, la passione politica, le colpe, i delitti, la malattia, gli amori e i tradimenti, tutti quegli eventi che danno forma ad una esistenza. Dopo aver letto ogni singolo frammento pare proprio di possedere e conoscere l’intero percorso delle loro vite.
Sono morti, spogliati dal corpo che parlano come voci che provengono da un altro luogo. Guardano retroattivamente le loro esistenze, ora la morte li ha resi onniscienti, una onniscienza che in vita è prerogativa soltanto di Dio o di un mago o di un bugiardo, in maniera lucida e con un impietoso senso etico si ergono a giudici accorti di colpe o meriti altrui e personali, operando post mortem quella quadratura di conti che ci è negata in vita, noi troppo occupati a cercare di vivere ma con gli occhi e il cuore sempre offuscati.
Stupefacente constatare che su circa 373 epitaffi, solo una decina, e a voler largheggiare, inneggiano ad una vita soddisfatta e piena e che si desidererebbe vivere una seconda volta, i restanti epitaffi sono frammenti di vite dolenti, tormentate, malriuscite, andate come non doveva andare (è dunque così difficile vivere?)
Queste epigrafi tombali a ben vedere non sono capolavori della letteratura, leggo che sono poesie anche per lettori non specialisti e credo sia vero perché si offrono pressoché senza metrica e di facile approccio (pur celando alcuni riferimenti di cronaca del tempo che a conoscerli illuminano il percorso di lettura), sono brevi ritratti a metà strada tra poesia e prosa, versi che ad ogni istante stanno lì per lì per diventare prosa ma rimangono indecisi sulla forma da assumere se trasformarsi in mini-racconti o rimanere epitaffi di sepoltura.
Leggo pure che Edgard Lee Master è stato un autore abbastanza prolifico, rimasto famoso quasi esclusivamente per questa sua antologia che ebbe una larghissima diffusione fuori dai confini degli Stati Uniti, in Italia scoperto da Pavese, tradotto per noi da Fernanda Pivano ed entusiasticamente sponsorizzato da Montale, ai quali dobbiamo un doveroso ringraziamento. Quella che segue è una limitata scelta degli epitaffi che ho prediletto e che soprattutto mi paiono emblematici di tutta la raccolta:
Johnnie Sayre
Papà, non saprai mai l'angoscia che mi strinse il cuore per la mia disobbedienza, quando sentii la ruota spietata della locomotiva affondarmi nella carne urlante della gamba. Mentre mi portavano dalla vedova Morris vidi ancora nella valle la scuola che marinavo per saltare di nascosto sui treni. Pregai di vivere fino a chiederti perdono- e poi le tue lacrime, le tue rotte parole di conforto! Dalla consolazione di quell'ora ho ricavato una felicità infinita. Sei stato saggio a incidere per me: «Strappato al male a venire».
ALBERT SCHIRDING
Jonas Keene si riteneva sfortunato perché i suoi figli erano tutti falliti. Ma io conosco una sorte peggiore: essere un fallito quando i tuoi figli hanno successo. Allevai una nidiata di aquile che finirono per volare via, lasciandomi come una cornacchia sul ramo abbandonato. Poi, per l'ambizione di farmi chiamare onorevole, e per conquistarmi così l'ammirazione dei figli, mi candidai sovrintendente alle scuole della contea, spendendo i miei risparmi per farcela-e fui sconfitto. Quell'autunno mia figlia ricevette a Parigi il primo premio per un quadro intitolato Il vecchio mulino- (il vecchio mulino ad acqua prima che Henry Wilkin ci mettesse il vapore). L'idea che non ero degno di lei mi uccise.
FRANKLIN JONES
Se avessi vissuto ancora un anno avrei potuto finire la mia macchina volante, e sarei diventato ricco e famoso. Per questo motivo ha agito bene l'artigiano che ha tentato di scolpire una colomba per me e l'ha fatta che assomiglia a una gallina. Che cos'è mai la vita se non uscire da un guscio d'uovo e correre intorno all'aia, fino al giorno del colpo d'accetta? Salvo che l'uomo ha il cervello di un angelo e vede la scure fin dal primo momento!
IL GIUDICE SOMERS
Come mai, ditemi, io, il più dotto degli avvocati, che conoscevo Blackstone e Coke quasi a memoria, che feci la più bella arringa mai sentita in tribunale, e scrissi una difesa che, meritò l'elogio del giudice Breese- come mai, ditemi, mi trovo qui senza un segno dimenticato, mentre Chase Henry, l'ubriacone del villaggio, ha un blocco di marmo, sormontato da un'urna, su cui la Natura, in vena d'ironia ha seminato un'erbaccia in fiore?
KNOWL HOHEIMER
Io fui il primo frutto della battaglia di Missionary Ridge. Quando sentii la pallottola entrarmi nei cuore mi augurai di esser rimasto a casa e finito in prigione per quel furto dei porci di Curl Trenary, invece di fuggire e arruolarmi. Mille volte meglio il penitenziario che avere addosso questa statua di marmo alata, e il piedistallo di granito con le parole "Pro Patria". Tanto, che vogliono dire?
244 dead residents of the Midwestern town of Spoon River (some based on real people and some fictional) tell the stories of their triumphs, frustrations, unrequited longings, their secrets -- often harboring lingering grudges about people buried alongside them. Whole families and neighbors, cross-talking in death. Each poem is titled with the name of the person speaking; each is short and most of them are heartbreaking. The wife and husband and the doctor, all scandalized by an abortion, the boyfriend who caused the pregnancy, the wife of the doctor, defending her husband. The respectable judge, resentful that the town drunk is more remembered than he is...
With its revelations of spousal abuse, sexual dalliances and more, this book was almost as controversial as Whitman's "Leaves of Grass." It's appropriate to be reading this at the same time I'm getting through "Leaves..." and Sinclair Lewis' expose of small-town secrets, "Main Street." It would probably make a good companion to "Winesburg, Ohio," I'm thinking.
The poetry is free verse, so the short pieces are easy to understand. This is such a beautiful, and cleverly conceived work of American poetry and literature.
"É più coraggioso, credo, strapparsi il lupo di dosso e combatterlo apertamente, magari per strada, tra polvere e urla di dolore. La lingua sarà forse un organo ribelle - ma il silenzio avvelena l'anima. Mi biasimi chi vuole - io sono contento."
Leggere l'Antologia di Spoon River è un po' come quando da piccolo mi obbligavano ad andare al cimitero a trovare i cari estinti. All'epoca mi era tedioso, perchè ero un bambino, ma quando vi ci entravo, ecco che dagli epitaffi (all'epoca non conoscevo questa parola, per me erano le scritte e soprattutto le foto dei morti e un po' m'inquietavano) si levava la "voce" dei defunti, in modo figurato, ma quei luoghi, appunto i cimiteri, mi hanno sempre affascinato quanto inquietato: tutte quelle anime che ormai hanno lasciato questo mondo, si ritrovano ora in un altro e il cimitero è come una sorta di androne di passaggio. Ecco la lettura di questo libro, che altro non è che una serie di epitaffi che ci raccontano Spoon River, città immaginaria, ma che ricalca la città natale e molti dei suoi abitanti, dell'autore, ne è un perfetto esempio. Vediamo anime che si ribellano al fato avverso, la loro "voce" è ricca di ansia e rabbia, ad altri malinconici, altri ancora che hanno lasciato la speranza o anzi hanno lasciato che la vita decidesse per il proprio destino. E così conosciamo queste anime "imprigionate" lì, che pian piano s'intrecciano ad altre, come normale che sia in una cittadina, tra storia, satira sociale, drammi familiari, misteri e tanto amore/odio. Alla fine mi sono sentito come in quei momenti, di tanti anni fa, di fronte alle lapidi e con lo sguardo che vagava tra una lapide e l'altra, pensavo a chi fosse quella determinata persona, come viveva, quando viveva cosa c'era lì intorno, chi era la sua famiglia e tutto quello che gli girava intorno. Magico, da leggere e rileggere all'infinito!
Cassius Hueffer
Sulla mia pietra hanno inciso le parole: “La sua vita fu generosa e gli elementi così commisti che la natura potrebbe levarsi e dire al mondo intero: questi fu un uomo.” Coloro che mi conobbero sorridono leggendo questa vuota retorica. Il mio epitaffio doveva essere: “La vita non fu generosa con lui e gli elementi così commisti che fece guerra alla vita e ne fu ucciso.” Da vivo ho dovuto soccombere alle malelingue, ora che sono morto mi tocca sopportare un epitaffio scolpito da uno sciocco.
Per me leggere questo libro è stato come ascoltare un concerto per pianoforte: l’iniziale ritrarsi della mia mente dietro la barricata dei pensieri – delle incombenze, delle scadenze –, d’improvviso ha ceduto ogni resistenza alla misteriosa magia dell’inseguirsi – delle poesie, delle note. Circondato dal silenzio, sostenuto solo dai rumori meccanici dello strumento – i tonfi leggeri, lo spiegazzarsi delle pagine, gli scricchiolii del legno, il frusciare della pelle contro la carta, la tensione raccolta e rilasciata –, ho trascorso ore sospese nelle ripetizioni e nelle iperboli. Solo con un suono, quello della mia stessa voce. Accordato da questi versi sciolti, intonato dalle vite delle oltre duecento figure che in Antologia di Spoon River reclamano attenzione. Ho cercato per giorni la giusta atmosfera, quella dell’abbandono. Si è riproposta spesso, tra le liriche degli abitanti della Collina. Come si verifica quando resto incantato per un bravo pianista, mi è capitato di commuovermi all’improvviso, di sentirmi descritto e capito, d’avvertirmi raccolto e confortato. E ho avuto paura, come ogni essere umano dovrebbe avere d’innanzi al mistero della morte, ma ho provato anche quel conforto che, oramai so, la letteratura sa concederti. Non c’è vita minuscola abbastanza da non poter essere celebrata in un epitaffio, non c’è pietra che, ad un certo punto, non la restituisca comunque all’oblio dell’obsolescenza. Morire è una forza che ci sembra contraria, me ne rendo conto, ma c’è, al di là di questa spinta repulsiva che si ritiene quasi incompatibile con la vita, una calma rincuorante nell’accettare l’insignificanza del proprio esistere. [Forse, vivere è questo. Seminare alle nostre spalle quello che perdiamo per attrito avvicinandoci, in ogni istante, alla nostra fine]. L’arte ha questo pregio: pospone la sparizione, senza rimuoverla. Offre, in un certo senso, un ultimo anestetico, uno riservato a ridurre soltanto la ferocia della paura.
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Potrei riaprire ora, Spoon River, e ricominciare tutto da capo. Penso stia in questo la grandezza di quest’opera. Molto è da attribuire alla struttura di questa raccolta. È slegata, eppure ogni suo singolo elemento è infilato nella medesima cornice narrativa: si può ammirare la bellezza di una nota, o di un passaggio, per poi discostarsene un poco e inserirla in un paesaggio, in un componimento. Qua e là si richiama, si fa eco. E poi, ovviamente, la tematica. Ci sono così tanti modi per vivere la morte, e quindi così tanti modi d’esprimerla e di parlarne. Antologia di Spoon River ne è un po’ la sintesi, abbondante abbastanza da permettere di capire l’estensione potenziale. Non c’è persona che in questa pagina non troverà un suo sembiante, probabilmente diverso oggi da quello di domani e di ieri. Io non parlo mai di poesia, non mi azzardo a ridurla ad un numero di stelline. Qui lo faccio perché credo d’essere inciampato in uno di quei libri che mi seguiranno in tutte le mie librerie, in tutte le miei giornate e quindi in ogni tramonto. Fino all’ultimo.
Sono tante le storie racchiuse tra le pagine di questa celeberrima antologia. Storie di rimpianti, disillusioni, recriminazioni; alcune sono come pugni nello stomaco, altre malinconiche carezze di poesia. Opera decisamente originale, questa di E.L. Masters che finalmente ho avuto occasione di leggere, nella quale si dà voce a coloro che voce più non hanno, e che forse, a seconda dei casi, non l’ebbero mai. Davanti agli occhi del lettore sfila una umanità variegata, al di là di ogni tempo e luogo, poco importa che lo sfondo sia quello dell’America puritana tra Otto e Novecento: timorati di Dio e ministri del culto dediti all’alcool, idealisti e avidi di denaro, soldati caduti pro patria che avrebbero preferito finire i loro giorni lontano dal fronte, poeti e scrittori o aspiranti tali, vittime e carnefici, calpestati senza alcuna speranza di riscatto e derisi a cui arride la rivincita, chi non ha compreso niente della vita e chi, infine, tutto… come la buonanima che così sentenzia:
“Da giovane le mie ali erano forti e instancabili ma non conoscevo le montagne. Da vecchio conoscevo le montagne, ma le mie ali stanche non potevano seguire la visione – Il genio è saggezza e gioventù.”
E intanto “Tutti, tutti, dormono sulla collina”, mentre l’inarrestabile scorrere del fiume Spoon lungo il suo corso, superba metafora dell’esistenza, si porta via tutte quelle piccole storie di ordinario vivere (e morire) per consegnarle all’eternità.
Curatissima edizione di un classico della letteratura americana, offre oltre al testo originale un' ottima traduzione e un ricco apparato critico che tramite analisi e commento dei singoli testi permette di capire a fondo le radici di questa scrittura.
Si tratta di testi poetici brevi, spesso assimilabili al metro del sonetto italiano, altre volte più lunghi dei canonici quattordici versi, più frequentemente invece più corti. Danno voce alle anime degli ormai scomparsi abitanti di Spoon River, cittadina immaginaria, e ricostruiscono una rete di relazioni che nella loro totalità immergono in un tessuto sociale ben definito, caratterizzato da drammi personali, da giudizio collettivo, da fatti di cronaca impressi nella memoria del villaggio. Alcuni componimenti sono disposti in serie e hanno come protagonisti membri della stessa famiglia o coniugi, altri richiamano concittadini dei quali si è già letto l'epitaffio, altri ancora anticipano futuri protagonisti.
I temi affrontati hanno una matrice filosofica e facilmente si ritrovano le voci dei più noti pensatori, gradualmente si sconfina verso lo spiritualismo e la metempsicosi, in bilico sempre tra laicismo e ateismo. Spesso domina l'insoddisfazione verso il proprio vissuto, altre volte la denuncia del marciume che regge l'ordine sociale, alcune volte un'epifania improvvisa che avvicina allo svelamento del senso della vita. La raccolta inoltre abbonda di riferimenti culturali riconducibili a una solida matrice classica e ancor più biblica.
La galleria dei personaggi è riccamente assortita e sarebbe riduttivo richiamare solo quelli rielaborati da De André, tra l'altro i più noti, la sensibilità individuale permette infatti di trovare quelli più significativi per ciascun lettore, personalmente ho prediletto coloro che come me faticano a comprendere le parabole a base di un'oscura e ingiusta giustizia divina.
"non mi rassegno alla reclusione dei cuori appassionati nella nuda terra"... recitava Edna St.Vincent Millay. di questa fattura dovevano essere i pensieri di Edgar Lee Masters. sembra che a Spoon River non ci siano uomini o donne tiepidi. ognuno di loro cova un'ambizione, ognuno di loro ha un segreto, ognuno di loro è pronto a fare una confessione. duecento epitaffi immaginari che possono parlare di una tragedia così come di una beffa, con lo stesso tono. leggiamo la storia di questa cittadina del midwest e ci sembra di bere l'oceano, eppure come direbbe Flaubert continuiamo a pisciare in una tazza: quanta vita è racchiusa nella letteratura! ma c'è che leggendo questi epitaffi ho sempre avuto l'impressione che tutti questi uomini sembrino ancora troppo giovani per morire. hanno come un'urgenza. di essere vendicati, ricordati, amati. e mi sono emozionato, perché potrei essere uno di loro. quando Auden diceva che se si trovava in una stanza con alcune persone, aveva sempre l'impressione di essere quello più giovane diceva una cosa che anche a me capita spesso di provare, nonostante l'anagrafica incominci ad andare a mio sfavore. forse Auden pensava che la sua vita intima pullulasse così tanto di emozioni vitali che non c'era spazio per le rughe dell'anima. Si cessa di essere giovani, dice Pavese, quando si capisce che dire un dolore lascia il tempo che trova. Quindi è in questo che consiste forse la giovinezza perenne degli uomini e delle donne di Spoon River: nel coraggio di dire a tutti il proprio tormento, sperando anche da morti di trovare nell'ascolto altrui un conforto, una consolazione.
«Amico, ti racconterò la storia della mia vita; e se fosse soltanto la storia della mia vita credo che non la racconterei, perché che cosa è un uomo per dar importanza ai suoi inverni, anche quando sono già così numerosi da fargli piegare il capo come una pesante nevicata? Tanti altri uomini hanno vissuto e vivranno la stessa storia, per diventare erba sui colli. È la storia di tutta la Vita che è santa e buona da raccontare, e di noi bipedi che la condividiamo con i quadrupedi, e gli alati, e tutte le cose verdi; perché sono tutti figli di una stessa madre ed il loro padre è un unico Spirito» (da Alce Nero Parla)
Impossibile non ritrovarsi in almeno uno degli epitaffi presenti in questa meravigliosa antologia. In una full immersion di due giorni, in cui ho vissuto nella ridente Spoon River, ho imparato a conoscere i suoi abitanti come amici fraterni, anche i più dissoluti e libertini. La storia di un piccolo paese di provincia in cui tradimenti, intrighi, rivelazioni e semplici incomprensioni diventano il motore dell'azione. Ammetto di aver faticato a trovare il mio preferito, ma dovendone selezionare uno solo direi: Non ero amato da quelli del villaggio, ma tutto perché non avevo peli sulla lingua, e affrontavo chi m'insultava con una protesta diretta, senza nascondere o nutrire segreti rancori o rammarichi. È molto lodato il gesto di quel ragazzo spartano, che nascose il lupo sotto il mantello, e si lasciò divorare, senza un lamento. È più coraggioso, credo, strapparsi il lupo di dosso e combatterlo apertamente, magari per strada, tra polvere e urla di dolore. La lingua sarà forse un organo ribelle- ma il silenzio avvelena l'anima. Mi biasimi chi vuole - io sono contento.
Last but not least, le illustrazioni di Gioz sono meravigliose, vivide ed efficaci per dare vita a questi incredibili personaggi. 5 meravigliose stelline.
Letto e commentata una “ poesia “ al giorno con un gruppo di amiche. È stata lunga la salita alla collina ma, assieme ce l’abbiamo fatta ! Grazie Donna Elvira ,Elettra e Fausta! Bellissimo averlo letto tutto !
When I'd see the title of this book, published more than one hundred years ago, it always sounded as if it were written by a Southern writer. In a sense, it was. Though the author grew up in small towns in Illinois and eventually went to practice law with Clarence Darrow in Chicago, his family had Southern roots. He always maintained sympathy for the Confederacy and wrote scathing "biographies" of both Abraham Lincoln and Mark Twain.
This book of blank verse poetry, focusing on the character and fate of different people, is intended as a blunt expose of small town life. In 2008, during the presidential campaign, vice presidential candidate, Sarah Palin lionized small towns. "We grow good people in our small towns, with honesty and sincerity and dignity," she said. She was quoting journalist Westbrook Pegler, a Mencken-like critic of politicians, who became more extreme as he got older, with his last gig at the John Birch Society.
But this version of small towns appealed to some. I have a friend who grew up in LA who bought the whole thing. One of his favorite TV shows as a kid was "Andy of Mayberry"and believed that's what small towns were like.
I was born and grew up for awhile in a small town in northern New Hampshire. My father was the town doctor. The main sources for civic revenue were a paper mill, that heavily polluted the river that ran through town (I can still remember the smell) and tourism. At age 45, my father had a mid-life crisis and through a series of events we ended up in the SF Bay Area, where I still live.
He told me many stories of the small town and observed that the novel and soap, Peyton Place, were based on a town like ours in New Hampshire. My hometown was more Twin Peaks than Mayberry.
The thrust of Spoon River is that people are people, they are no different than people in big cities except that people in small towns know a good deal about the personal business of their neighbors. There is no privacy. These towns do not match Palin's fantasy. (And, indeed, accounts of Palin's own family in small town Alaska underline the dark side). But students of human nature should not be surprised.
Not a bad book, but not one I would read again or recommend to others. It's a collection of free-verse poems, crafted as epitaphs of the former citizens of the Midwestern town Spoon River. While there were some meaningful poems and well-developed characters, there were quite a few sections that I did not care for at all. I've never been an ardent fan of poetry, though, and this one, while a good read, did nothing to change that.
Here's my favorite poem from the book:
"George Gray: I have studied many times The marble which was chiseled for me- A boat with a furled sail at rest in a harbor. In truth it pictures not my destination But my life. For love was offered me and I shrank from its disillusionment; Sorrow knocked at my door, but I was afraid; Ambition called to me, but I dreaded the chances. Yet all the while I hungered for meaning in my life. And now I know that we must lift the sail And catch the winds of destiny Wherever they drive the boat. To put meaning in one's life may end in madness, Of restlessness and vague desire- It is a boat longing for the sea and yet afraid."
Trattandosi di poesie in versi liberi e in forma di epitaffio, è un libro piuttosto curioso, in sé e perché mi ha reso sempre più curiosa di andare avanti nella lettura. Ogni abitante di "Spoon River" ha il suo epitaffio personale collegato a quello di tutti gli altri abitanti, per vita, fatti o anche solo momenti. Con la differenza che sono i defunti a parlare di se stessi e del loro vissuto, a dispetto di quanto indicato sulle loro lapidi. Chi si descrive con gloria, chi con amarezza, chi con rabbia, chi con serenità, chi con sarcasmo, chi con ironia. Un insieme anche un po' tragicomico di tante esistenze. Un libro che strappa sorrisi, sviluppa empatia e commuove. Il suo messaggio principale dice che questa grande occasione che è la vita non deve farci dimenticare che è qualcosa che passa, nella gioia e nel dolore. Presto o tardi sarà finita. E si spera senza troppi rimpianti.
Dall'Antologia: Samuel Gardner I who kept the greenhouse, Lover of trees and flowers, Oft in life saw this umbrageous elm, Measuring its generous branches with my eye, And listened to its rejoicing leaves Lovingly patting each other With sweet aeolian whispers. And well they might: For the roots had grown so wide and deep That the soil of the hill could not withhold Aught of its virtue, enriched by rain, And warmed by the sun; But yelded it all to the thrifty roots, Through which it was drawn and whirled to the trunk, And thence to the branches, and into the leaves, Wherefrom the breeze took life and sang. Now I, an under-tenant of the earth, can see that the branches of a tree spread no wider than its roots. And how shall the soul of a man be larger than the life he has lived?
E come non accompagnarle con l'ascolto dell' arte musicale indimenticabile del grande Fabrizio de André che, traendo spunto da questa antologia, ha musicato storie che appartengono al patrimonio di tutti con l'album "Non al denaro non all'amore né al cielo" "Avrò avuto diciott'anni quando ho letto Spoon River. Mi era piaciuto, forse perché in quei personaggi trovavo qualcosa di me. Nel disco si parla di vizi e virtù: è chiaro che la virtù mi interessa di meno, perché non va migliorata. Invece il vizio lo si può migliorare: solo così un discorso può essere produttivo."
In quest'antologia Lee Masters dà voce al mondo dei morti di un villaggio americano del Midwest, Spoon River, appunto. I morti vogliono raccontare la loro verità, che è stata molto spesso taciuta e ignorata. In quest'antologia Lee Masters dà voce al mondo dei morti di un villaggio americano del Midwest, Spoon River, appunto. I morti vogliono raccontare la loro verità, che è stata molto spesso taciuta e ignorata per ipocrisia, convenienza, ecc. Un'antologia di imprecazioni, lamenti, epitaffi sulla vita e la morte raccontata con grande semplicità e maestria. Sono epitaffi sulla vita e la morte che fanno male al cuore, struggenti, ma sublimi.
Maybe we never really die as long as we are remembered. Only after we are forgotten can we find the peace of the soul and get rid of our burden of guilt, mistakes and regrets; it is the oblivion of the living that allows us to leave the world behind and enter the life we were truly meant to live. If so, the best we can do for our beloved is to set them free from the snares of our sorrow until we meet again.