Questo libro, scomodo come il tema che tratta, illustra, attingendo alle fonti originali, il modo in cui l'ayurveda classico comprende, classifica e tratta i disordini mentali, anche quelli più gravi. Entrare nella prospettiva ayurvedica significa compiere un viaggio culturale, antropologico e spirituale alla scoperta di un mondo sorprendente e variegato che si mostra qui in tutta la sua ricchezza, con le sue molte luci ma anche con le sue ombre.
Nonostante pratichi yoga da 13 anni, non ho mai approfondito l'ayurveda perché sono convinta che sia difficile da seguire per gli occidentali dato che è nata in una cultura molto diversa dalla nostra. Ero però curiosa di capire come l'ayurveda concepisce e cura i disordini mentali. Alcune terapie, che molto probabilmente vengono seguite ancora oggi, parlano del riequilibrio dei dosha, massaggi, medicine a base di erbe, mangiare sano, etc. Altre terapie riguardano la tortura dell'ammalato per farlo rinsavire (beh, qui in occidente avevamo la lobotomia e l'elettroshock quindi è meglio non giudicare). Diciamo che è come se avessi letto un testo di psichiatria occidentale scritto nel Seicento. Leggere questo libro è interessante per chi vuole approfondire l'ayurveda antico, e soltanto la parte che riguarda i disturbi mentali, ma non per chi come me cercava un approccio moderno, anche se vi è scritto che alcune medicine vengono tuttora preparate seguendo le ricette trovate nei testi antichi e il riequilibrio dei dosha è intrinseco dello yoga.
Il libro è suddiviso in due parti: nella prima ci sono le nozioni di base sugli unmada (disordini della mente), la classificazione, le cause, i sintomi e le terapie; nella seconda c'è la trascrizione in sanscrito con la traduzione italiana delle parti dei tre principali testi ayurvedici (Charaka-samhita, Sushruta-samhita, Astangahrdaya) che parlano degli unmada. La seconda parte è molto ripetitiva e ci sono soprattutto una sfilza di sintomi e ricette per preparare i farmaci ayurvedici.
Secondo l'ayurveda i disturbi mentali possono essere causati dall'interno o dall'esterno. Nel primo caso si tratta di disturbi mentali "minori" come l'agitazione, le fobie, l'ansia, una mente inquieta, agitata o confusa, etc. Questi sono dovuti a uno squilibrio dei dosha e si possono prevenire in diversi modi: mangiando in modo sano, mantenendo una mente calma, facendo attività fisica, etc. Se non si curano i primi sintomi, questo squilibrio può sfociare in malattie più gravi e difficili o impossibili da curare. Le terapie riguardano la purificazione del corpo, massaggi con oli medicati, attività fisica (e in alcuni punti si accenna al samadhi quindi si potrebbe pensare alla pratica dello yoga), seguire una dieta per ricompensare il dosha in eccesso e alcuni farmaci a base di erbe mediche. In questa categoria rientra anche chi impazzisce per amore, per aver perduto ricchezze o persone care, o a causa dell'alcol. Nel secondo caso, dai sintomi elencati, penso si tratti di malattie più serie come l'epilessia, la schizofrenia, etc. In questi casi la terapia diventa più dura e si parla appunto anche di torture. Viene comunque sottolineato che durante queste pratiche (lasciare il folle in un pozzo a digiuno o dargli da mangiare a giorni alterni, spaventarlo dicendo che sono morti i suoi cari, minacciarlo di morte, spaventarlo con serpenti a cui sono stati tolti i denti, bastonarlo e ustionarlo, etc.) il paziente deve essere controllato in modo che non muoia. Queste pratiche di spavento dovrebbero riportare la mente a uno stato di equilibro (o, secondo me, farlo impazzire del tutto). Anche con questi disturbi, oltre alla tortura, si ricorre a erbe curative, massaggi, purificazione, mangiare sano, etc. In questa categoria, però, rientrano anche le follie causate da possessione. E qui il tutto diventa molto complicato e lontano dal nostro mondo occidentale e cristiano. Secondo l'ayurveda le possessioni possono essere sia da parte di Dei (quindi positive, basti pensare alla danza Theyyam) che da parte di demoni, ed elenca 18 spiriti (buoni e cattivi) che si possono impossessare delle persone. Bisogna anche ricordare che nella filosofia indiana non esiste un'entità soltanto buona o soltanto cattiva: una divinità si può anche arrabbiare e uccidere, e uno spirito maligno ha anche degli aspetti buoni. In questi casi, oltre alla terapia d'urto (che però è sconsigliata a chi è posseduto da una divinità), si aggiungono le preghiere, le offerte, le oblazioni, etc. Oltre alle possessioni ci sono anche le maledizioni che possono essere fatte da veggenti, illuminati, rishi, etc. che conducono se non alla pazzia, a uno stato di squilibrio mentale. Un altro punto interessante è che anche le malattie causate dall'esterno sono riconducibili a una condotta errata del malato in questa vita o probabilmente in una vita precedente.
Tutto sommato il libro è interessante, anche se molto ripetitivo, ma lo consiglio soltanto a chi vuole approfondire l'ayurveda antico, e di questo soltanto la parte che riguarda i disturbi mentali.