Atene, 411 a.C. Siamo in campagna, appena fuori dalle porte della città, dove, in due casette adiacenti, abitano due vecchi reduci di guerra, Trasillo e Polemone. Anni prima hanno combattuto insieme nella ingloriosa battaglia di Mantinea, che ha visto gli Ateniesi sbaragliati dagli Spartani, sono sopravvissuti e ora vivono lavorando la terra e senza mai decidersi a trovare un marito per le loro due figlie, Glicera e Charis, che però iniziano a mordere un po' il freno. Per i due vecchi l'unica cosa che conta è la politica. Atene ha inventato la democrazia ma deve difenderla, i ricchi complottano per instaurare la tirannide: anche il vicino Eubulo, grande proprietario che si ritira in una villa poco distante quando le fatiche della vita nella polis richiedono un po' di riposo, è guardato con sospetto. Ma Charis e Glicera pensano che i padri vivano fuori dal mondo: per loro il giovane Cimone, figlio di Eubulo, ricco, disinvolto e arrogante, è un oggetto di sogni segreti. È così che, quando tutti gli uomini si radunano in città per la prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, le ragazze violano tutte le regole di una società patriarcale e accettano di entrare in casa di Cimone, lontane dagli occhi severi dei padri. Ma mentre in teatro l'ateniese Lisistrata e la spartana Lampitò decretano il primo, incredibile sciopero delle donne contro gli uomini per invocare la fine di tutte le guerre, la notte nella villa di Eubulo prende una piega drammatica. Con la sua straordinaria capacità di far rivivere per noi la storia tra le pagine, Alessandro Barbero compie un'operazione affascinante e spregiudicata: mette in scena nell'Atene classica un dramma sinistramente attuale e al tempo stesso porta sul palcoscenico una commedia antica facendoci divertire e appassionare come se fossimo i suoi primi spettatori. Le Ateniesi è un romanzo sorprendente, a tratti durissimo, che narra con potenza visionaria la lotta di classe, l'eterna deriva di sopraffazione degli uomini sulle donne, l'innocenza e la testardaggine di queste ultime, la necessità per gli uni e le altre di molto coraggio per cambiare il corso della storia.
Si laurea in lettere nel 1981 con una tesi in storia medievale all'Università di Torino. Successivamente perfeziona i suoi studi alla Scuola Normale Superiore di Pisa e nel 1984 vince il concorso per un posto di ricercatore in Storia Medievale all'Università degli studi di Roma "Tor Vergata". Nel 1996 vince il Premio Strega con il romanzo "Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo". Dal 1998, in qualità di professore di Storia Medievale, insegna presso l'Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro". Oltre a saggi storici, è anche scrittore di romanzi. Collabora con il quotidiano "La Stampa", e lo speciale "Tuttolibri", la rivista "Medioevo" e con l'inserto culturale del quotidiano "Il Sole 24 Ore". Dal 2007 collabora ad una rubrica di usi e costumi storici nella trasmissione televisiva "Superquark". Il governo della Repubblica Francese gli ha conferito il titolo di “Chevalier de l’ordre des Arts et des Lettres”.
È un romanzo veramente brutale, per stomaci forti, questo è sicuro.
Barbero ci porta nell'Atene di Aristofane e di Sofocle e ci fa assistere alla prima rappresentazione della Lisistrata e si impegna a rendere con attenzione la reazione che il popolo ateniese (ossia gli uomini liberi) può aver avuto a una simile opera teatrale. Lo sdegno, la vergogna, la furia all'idea che le donne possano avere delle idee, le donne decidano di prendere il controllo della politica e che usino l'unica arma che la società dell'epoca mettesse a loro disposizione: lo sciopero bianco.
È bene ricordare infatti che, sebbene Atene fosse uno dei fari della cultura e della civiltà all'epoca, per le donne e le altre categorie deboli non fosse tutto rose e fiori: le donne avevano pochissima libertà, conducevano spesso una vita da recluse e non potevano disporre della dote consegnata loro dal padre al momento delle nozze, che era amministrata e controllata dal marito. La loro posizione le metteva giusto pochi gradini sopra gli schiavi, per sintetizzare. L'idea che una donna avesse dei pensieri suoi, orrore! Alla fine della rappresentazione, uno dei due popolani che seguiamo nella storia chiede all'amico con un certo terrore: "Ma noi stiamo sempre a lamentarci delle donne tra noi quando siamo in giro... E se loro quando non ci siamo facessero lo stesso???"
Sarebbe una storia molto divertente e gustosa, se Barbero non la intervallasse con un crimine efferato: mentre gli uomini sono a teatro, due ragazze di campagna, le figlie dei popolani di cui sopra, vengono attirate dal giovane vicino ricco con una scusa nella sua villa, dove lo scopo è uno solo: lui con i suoi due amici intende catturare e violentare le due ragazze. Seguiamo perciò queste due che vengono intrappolate, denudate, picchiate brutalmente e stuprate.
Per quanto la vicenda a teatro sia gustosa, la barbarie che le due ragazzine subiscono preme e angoscia al punto dal pretendere di saltare le pagine. Ho letto che molti l'hanno definita violenza o sesso gratuiti, nelle recensioni, eppure io ringrazio Barbero se, in un momento in cui siamo sovraesposti alla violenza nei prodotti di intrattenimento esposta in maniera veramente gratuita (penso a certe scene di GoT, per dire, ma non solo), mi ha orripilata con il suo romanzo, e mi ha fatto provare una rabbia simile a quella che ho sentito leggendo Tess dei d'Urbervilles. Perché il richiamo a fatti di cronaca molto più recenti è palese (l'autore ha dichiarato di aver richiamato il contesto del delitto del Circeo) e anche oggi sentiamo ancora troppe storie macabre in cui la donna è un oggetto, un possesso, una cosa da usare e di cui poi liberarsi. Non è un libro semplice da leggere perché questo libro non ha alcuna ambiguità, non ci si trova niente di sexy o di ambivalente, è una aggressione brutale.
Nel frattempo, anche la tematica politica è terribilmente attuale: Atene sta vivendo un momento di fragilità dovuto al prolungarsi della guerra, i giovani sono al fronte ma il conflitto prosegue indebolendo la città e i suoi possedimenti, e ci sono dei fermenti antidemocratici che soffiano sulle sensazioni di incertezza e paura per togliere il voto alle classi più basse e far tornare il potere nelle mani di pochi. Il piano, per accelerare il terrore, è colpire e uccidere persone di poco conto (come i due popolani già nominati) per spaventare la popolazione e richiedere un potere forte che assicuri la tranquillità. Suona familiare?
Secondo me è un libro da leggere, anche se ci sono alcune ingenuità stilistiche che ricordano che lo scrittore nasce saggista e non romanziere, tuttavia il libro è davvero molto attuale e io l'ho letto tutto d'un fiato. Lo consiglio.
Dunque. Ero entusiasta di iniziare a leggerlo: Aristofane, Lisistrata, un professore di Storia che scrive, Atene e la Guerra del Peloponneso. Le premesse perchè questo romanzo mi piacesse c'erano tutte, e anche di più. Poi inizio a leggere, a parte lo stile troppo... Scolastico? Canonico? Con palesi errori, quali dialettalismi nel bel mezzo della narrazione di un narratore che dovrebbe essere esterno e onnisciente (spiega le cose)? Se posso accettare che vengano spiegate in maniera un pelo pedissequa molti concetti che rendono il tutto fruibile anche a un pubblico esterno agli studi classici (e ben venga, questo è un punto a favore del libro)... L'Aristofane e la Glicera in bocca al narratore onnisciente no. La cadenza spartana me la puoi spiegare, ma se mi fai parlare personaggi FUORI da una Commedia kon le kappa e ke pronunciano Asana... Ecco, anche questo non mi piace, preferisco che tu mi dia indicazione, narratore, di un accento più duro, palatale, chiuso. In più: non ho sinceramente capito l'intreccio delle due storyline. Non ho molto apprezzato le descrizioni di violenza femminile, un po' troppo accentuate, e la conclusione un po' troppo sbrigativa rispetto al resto... Ma se la storia principale era quella, perchè descrivere nei minimi dettagli TUTTA la commedia di Aristofane? Pensavo ci sarebbe stato un parallelismo, visto l'intreccio di storyline così concatenato... E invece niente, era solo una scusa per tenere personaggi fuori casa, le corrispondenze ci sono, ma troppo vaghe, non ben definite, la denuncia di un fenomeno che accade tutt'oggi è veramente troppo blanda. Troppo blanda, dopo aver passato 100 pagine a descrivermi come due ragazze vengono abusate, e 3 a far denunciare l'accaduto davanti all'Assemblea, che in quest'arco si indigna. E non è una questione di sintesi, per me, è proprio gestita male come approfondimento. "Le nostre figlie son state stuprate!" "Oh, buh! Che brutta cosa, esiliamoli!!". E pum, il libro finisce. Grazie, ma dopo avermi descritto quante botte prende "la Glicera", io mi aspetto di sapere ALMENO se le proposte di Polemone vengono accolte o meno, come reagisce la città, se qualcuno fa 2+2 e collega la Commedia appena vista alle violenze sulle donne che accadono, inizia seriamente a pensare alla pace. No, niente, 3 pagine e via, tutto finito. Peccato, mi è dispiaciuto non apprezzarlo quanto avrei voluto.
Triglia, Seppiolina e un volo d’aquila Sono stata subito attratta da questo libro perché apprezzo molto le doti di divulgatore di Alessandro Barbero, docente di storia medievale che sa rivolgersi anche a un pubblico più vasto e non specializzato. Inoltre trovo affascinanti le letture che mi offrono uno sguardo trasversale su argomenti che ho frequentato in modo più convenzionale. In questo caso, Atene osservata da vicino, che svela il suo popolo, la sua democrazia scricchiolante, gli aspiranti oligarchi. Nonostante il chiaro intento divulgativo, il libro si presenta come un romanzo che segue le vicende di due veterani di guerra e delle loro figlie. I veterani sono gente modesta e dignitosa che sta abbarbicata alla democrazia e rischia di essere spazzata via dai ricchi che intanto tramano la tirannide. Le figlie adolescenti fanno sogni da ragazzine e cercano di concretizzarli. La commedia Lisistrata alla quale assistono i genitori si intreccia con la tragedia che si addensa intorno alle due famiglie. Tragedia a tinte molto forti. La realtà della Grecia classica era evaporata dalla mia mente, pensavo solo all’impareggiabile contributo dato all’arte e alla cultura occidentale (l’invenzione della democrazia). Ma la vita era grama. C’erano gli schiavi, che non godevano di alcuna democrazia, e non solo sciti o traci, anche greci alleati di Sparta: in realtà, solo le donne, gli uomini erano stati tutti trucidati. Le donne, al di fuori della commedia di Aristofane, non contavano proprio niente. Sul palco gli attori vestono abiti femminili; le flautiste, Triglia e Seppiolina, che allietano un banchetto di uomini, alternano la musica all’intrattenimento erotico; la schiava tracia Moca e la schiava greca Andromaca sono alla completa mercè del padrone che le usa come vuole. Del resto, non erano neppure indispensabili, dato che gli uomini si potevano lecitamente innamorare dei fanciulli e anche frequentarli col beneplacito dei genitori. Per tutto il tempo sono stata col fiato sospeso perché volevo il lieto fine, che, al suo modo purpureo, c’è stato. Andromaca è la deus ex machina e il libro finisce con un gratificante volo d’aquila. La commedia Lisistrata ora fa ridere, ma al momento della prima rappresentazione era molto inquietante, con l’idea sovversiva delle donne in sciopero dalla mansione principale e della pace con Sparta.
Ciò che colpisce di questo romanzo storico è che utilizza perfettamente la forza narrativa di questo genere letterario. Le ateniesi, infatti, parla ai contemporanei di tematiche che li riguardano attraverso il racconto di un passato remoto. Siamo nel 411 a.C. e sta per andare in scena la prima della Lisistrata. I capitoli dedicati a quest'opera scandalosa e irriverente che porta il pubblico a ridere e a riflettere sono alternati al racconto di una vicenda drammatica, di tutt'altro tono, ma che risulta speculare al testo di Aristofane. Nella vicenda delle due ragazze povere, che vengono attirate nella casa di un giovane aristocratico dove le attenderà un inferno, il richiamo agli eventi del Circeo è immediato. Il romanzo è durissimo; non fa sconti al lettore così come le vicende narrate non fanno sconti alle protagoniste. Da bravo storico Barbero sembra volerci ricordare che passato e presente sotto alcuni punti di vista sono più vicini di quanto possiamo pensare. Barbero parla della democrazia che diventa tirannide con il consenso popolare, quella che oggi chiamiamo democratura, della sperequazione che c'è sempre fra classi diverse, dell'emancipazione femminile che è tema di dibattito da più di duemila anni. All'inizio ho faticato ad abituarmi allo stile di Barbero che, richiamando molto quello del Barbero divulgatore, risente di un'eccessiva invadenza del narratore. Nel complesso però la narrazione è efficace e coinvolgente. Troviamo la durezza e la brutalità che si alternano ai momenti di ilarità e riflessione della commedia di Aristofane, che parlando della democrazia dell'Antica Grecia racconta anche della nostra.
A me è piaciuto. Spente le aspettative, già alle prime righe, di trovarmi davanti un “Quo vadis” o a “Q”, un romanzo storico di uno che di storia se ne intende, mi sono abbandonata alle affabulanti spiegazioni di un professore travestito da narratore che nel pentolone dell’Atene del 411 a.C. mescola politica e società e cultura: Aristofane – il Gaber del quarto secolo prima di Cristo: cos’è la destra cos’è la sinistra, per intenderci - e la sua Lisistrata, i cospiratori che vogliono abbattere la democrazia con l’inganno, la democrazia simulacro di se stessa e i poveri come strumenti nelle mani dei pariolini. E soprattutto la stupida, stupidissima guerra del Peloponneso affrontata a testa bassa dalle donne dell’Ellade con lo sciopero del sesso, che non sarà il top per noi ma che all’epoca era una cosa rivoluzionaria.
width="250" height="350" alt"/>
Quella di Barbero è grande bravura di storico: farci vedere quanto fosse deflagrante quella commedia scollacciata, piena di doppi sensi e chiarissimi riferimenti al sesso conditi da gestacci più intonati ai saturnali che a un autore per noi divenuto sacro. Di cui però abbiamo colto, almeno io, solo il canovaccio su cui fu costruita la canzone “ Chi non lavora non fa l’amore” che, in piena rivoluzione sessantottina, fu tacciata di oscurantismo – cosa vera – e di superficiale approccio alla emancipazione femminile, oltre che una stigmatizzazione degli scioperi operai. Così Aristofane fu per me il reazionario.
Con un occhio al palcoscenico e uno agli spalti, il narratore ci dice non solo del pacifismo propugnato dall’ antimilitarista Lisistrata ma soprattutto la feroce critica alla cosiddetta democrazia ateniese in cui il popolo bue (facciamo i peones del nostro parlamento?) è chiamato a votare leggi che non capisce (e le meno importanti) ma per cui è pagato con un obolo di presenza che gli permette di sopravvivere: il famoso vitalizio dell’epoca ( mi vengono in mente anche i numerosi lavori inutili e clientelari che, però, impediscono le rivolte di popolo e sostituiscono il reddito universale, cosa sacrosanta).
Democrazia solo sulla carta, manovrata dai soliti pescecani di tutte le epoche che credono di potersi permettere tutto, loro e i loro degni figlioli, basta concedere il voto e l’obolo a dei babbei. E in questa ottica, Barbero inserisce il celebre delitto del Circeo, alternandone i capitoli con le scene e le reazioni del pubblico che assiste alla Lisistrata. Il finale del rapimento e le sevizie subite dalle ragazzine è diverso da quello del delitto del Circeo, ma per il lettore (la lettrice in questo caso) è una liberatoria catarsi che raramente si verifica nella realtà. I Poveri, offesi, alla fine si prendono la rivincita nell’Assemblea umiliando e ammutendo i cospiratori che già avevano la vittoria in pugno. Aristofane sta coi deboli e oltre gli Aristoi non sopporta nemmeno la democrazia. Mi ci sono voluti più di cinquanta anni per capirlo. Il tutto, tengo a ribadire, immerso nel contesto socio politico maschilista e “aristocratico” ( i Migliori, logicamente, erano i cittadini ricchi e sfruttatori) dell’epoca: disprezzo del diverso, dello schiavo, dello straniero, del povero o donna che fosse. Dell’epoca? E ora? La storia cambia e non siamo più nel IV secolo a.C. Il problema è che l’uomo tende a reagire, date alcune circostanze, con gli stessi strumenti mentali ma approfittando degli sviluppi tecnici per affinare le crudeltà. Lo stile? Mica Barbero crede di essere Walter Scott. Lo stile è il suo: divulgatore di fatti e idee, non scavatore di psicologie e caratteri umani. Gli spartani che parlano con la “K” aspirata come i calabresi? Ma i dorici colonizzarono la Calabria, ai tempi dei tempi. Un cammeo, quindi.
Premetto subito che adoro Barbero quindi il mio giudizio potrebbe non essere oggettivo (se mai si possa parlare di vera oggettività in un giudizio personale). Il romanzo è ambientato ad Atene, durante la guerra del peloponneso. Polenome e Trasillo, due contadini, discutono dui rischi della democrazia e la possibilità di un imminente ritorno della tirannide. Intanto un gruppo di aristocratici organizza incontri segreti proprio qllo scopo di rovesciare la democrazia e limitare i poteri dell’assemblea. Il problema è che il popolo non accetterebbe mai, occorre quindi che si genere paura attraverso una serie di efferati omicidi che porti lassemblea stessa a richiedere delle leggi speciali. La storia di Arene si intreccia con le storie personali di Charis e Glicera (figlie di polemone e trasillo) e Cimone, Argiro e Cratippo (figli di alcuni confiuranti). Cimone riesce a convincere le due ragazze ad andare a casa sua dato che saranno tutti in in città (è giorno di festa e in teatro danno la Lisistrata di Aristofane). Le ragazze, ingenuamente, accettano, dato che anche i loro genitori saranno in città. Il romanzo prosegue narrando un serata in cui, mentre a casa di Cimone si consuma un’inaudita violenza, in teatro la commedia di Aristofane riscuote grande successo. In fine, i personaggi femminili, si riveleranno determinanti.
La narrativa è lineare e la tra a avvincente. Si poteva evitare di soffermarsi così tanto sui particolari delle violenze, ma forse lo scopo era proprio quello di soffermarsi sulla brutalità di cui è capace l’uomo. Gli spunti sono davvero tanti e le tematiche risultano attualissime: i pericoli per la democrazia, i populismi, le disuguaglianze, i diritti delle donne, la guerra. La prosa semplice e diretta aiuta a comprendere la storia (intesa come periodo storico) che si intreccia con le storie dei personaggi. Personaggi che sono ben caratterizzati e le donne, protagonste della Lisistrata, si rivelano protagoniste anche nel romanzo. Tutto sommato il mio giudizio è molto positivo
Così come non si fanno processi alle intenzioni ed i motivi sono, di regola, irrilevanti nel diritto civile, anche nella letteratura contano i fatti. Forse c'erano delle buone intenzioni, ma il risultato è ampiamente deludente. Il prof. può fare di più ma non si impegna. Riesce anche a rendere meno godibile la lettura della Lisistrata, compressa da questa operazione di collage fra parti che non combaciano.
Il romanzo si articola attraverso due linee narrative: la rappresentazione, durante una ricorrenza religiosa dedicata a Dioniso, della Lisistrata di Aristofane e la violenza subita da due ragazze mentre i loro padri si trovano a teatro. Moltissimi sono gli spunti narrativi che Barbero ci offre: la fragilità della democrazia, il ruolo della cultura (ad Atene veicolata con il teatro, oggi con libri, televisione e internet) come antidoto alla semplificazione della realtà, la discriminazione tra chi detiene il potere e chi invece non ha alcun diritto (o quasi) e, soprattutto, l'incapacità di cogliere tale discriminazione e l'impoverimento della società che essa comporta. La messa in scena della commedia è la linea narrativa che ho trovato più convincente, dove si manifesta la capacità dell'autore di raccontare la Storia collegando i grandi eventi con la realtà quotidiana, in particolare ho trovato ben scritto il continuo passaggio tra la situazione rappresentata e gli stati d'animo suscitati negli spettatori. Mi è piaciuto meno il racconto della vicenda di Charis e Glicera, le due ragazze diciassettenni violentate da un terzetto di ricchi figli di papà educati all'idea che il denaro e il potere consentano di avere il potere su tutto; la motivazione non è legata alla violenza delle scene descritte (necessarie nell'economia del racconto per dar forza alla descrizione del contesto) ma alla debole caratterizzazione dei personaggi la cui personalità è poco articolata e scivola nello stereotipo della ragazza sciocca e ingenua da un lato, dei ricchi figli di papà dall'altro. Si discosta da questo cliché Andromaca, la donna libera resa schiava che per sopravvivere deve recitare una parte, l'unica del resto che interessa al padrone che su di lei ha potere di vita e morte.
Leggo l'autore per la prima volta, calandomi nella vita dell'Atene del 411 a.C., data della prima rappresentazione della Lisistrata di Aristofane. La vicenda segue, a capitoli contrapposti, la rappresentazione teatrale e un fatto piuttosto crudo che si svolge in contemporanea. Seguiamo i due contadini Trasillo e Polemone, reduci della battaglia di Mantinea che assistono alla commedia di Aristofane, mentre le loro figlie tornano a casa perché alle donne non è permesso partecipare. Le ragazze, contravvenendo le regole della società patriarcale che relegano le donne in casa a far da serve ai padri e ai mariti, si recano nella casa di campagna di Eubulo dove hanno appuntamento con suo figlio Cimone, che non ha certamente le stesse aspettative romantiche delle due ingenue amiche. Mentre la commedia inscena il primo originale sciopero delle donne, in campagna si consuma un fatto drammatico, che avrà dei risvolti su tutta la comunità. Rappresentazione molto realistica della ricca cena offerta dal proprietario terriero Eubulo ai suoi amici con l’intento di rovesciare il governo della città e dello svolgimento della commedia, con i vari personaggi e i cori che intervengono sulla scena. Voto 4 per la ricostruzione storica, ma 3 per la trama, a mio giudizio un po’ troppo particolareggiata nel descrivere la violenza sulle due ragazze, nonostante i riferimenti al delitto del Circeo. In totale 3,5 stelle.
E’ un omaggio ad Aristofane e alla sua Lisistrata, alle sue posizioni pacifiste e alle idee di femminista ante litteram. Certo, i tempi sono cambiati, ma è molto gradevole la variazione del registro linguistico, e così si passa dalla commedia a scene che fanno pensare ad “Arancia Meccanica”, mentre vengono ordite trame di congiura e “colpo di stato”! Molto carino.
Alessandro Barbero’s The Athenian Women is a complex tale highlighting the class struggles of women subjugated under a patriarchal system and of common citizens defending their democratic principles. It is set toward the end of the Peloponnesian War during the Athenian coup of 411 BC, when a short-lived oligarchy replaced the democratic government. The story centers around two humble farmers, veterans of the infamous battle of Mantinea, and their two daughters. When the men travel to Athens to see Aristophanes’ latest comedy, their daughters secretly accept an invitation by the son of a wealthy nobleman to visit his house. The story alternates between scenes depicting the enactment of the play by actors dressed as women to protest against misogyny and war, and the abuse carried out by three young noblemen on the two girls. These seemingly unrelated scenes and chance encounters ultimately tie together in a satisfying climax with unexpected twists.
Barbero masterfully uses the omniscient point of view to capture the universal message that common men can rise to defend their freedoms and effect change. It is also a compelling story of women’s valiant struggles to maintain their dignity in a misogynistic society. The author skillfully weaves the ancient Athenian culture and political backdrop into the dramatic storytelling. The scenes of the noblemen’s mistreatment of the two girls are at times disturbing and incite raw emotions, but leave a powerful impact for embracing the theme that oppressed men and women can find the courage to fight against the status quo. The story has modern-day relevance in which we must continue to defend our democratic principles against the corruption of power and wealth.
The Athenian Women is highly recommended for readers who enjoy compelling ancient historical fiction. I voluntarily reviewed this book for the Historical Novel Society, and the review is posted in the Historical Newsletter HNR Issue 84 (May 2018).
Questo romanzo è ambientato, come si può dedurre dal titolo, ad Atene alcuni secoli a.C., e si sviluppa su due linee che procedono in parallelo: da una parte la commedia, dall'altra la tragedia.
Gli uomini si trovano a teatro ad assistere alla prima rappresentazione di una commedia di Aristofane, la Lisistrata, che presenta la figura della donna come una figura forte, capace di prendere decisioni e di farle rispettare. Contemporaneamente, però, nella campagna circostante, ha luogo lo stupro di due ragazze, descritto senza risparmiare nulla al lettore.
Offre dei temi e degli spunti di riflessione molto interessanti e soprattutto molto attuali, però non sono riuscita ad apprezzare completamente lo stile di Barbero e ho trovato alcune scene di violenza eccessive e gratuite, non necessarie ai fini del messaggio e della trama.
"Il pubblico ascoltava impietrito. Possibile che anche la mia?, pensava ciascuno. Possibile che sapesse tutto? E quando veniva a fare la gattina e fra una carezza e l'altra chiedeva su cosa avevamo votato, non era solo perché loro non sono capaci di tenere la bocca chiusa, e dicono tutto quello che gli passa nella testolina, ma invece le importava davvero? E soprattutto, possibile che quella volta che abbiamo votato la spedizione in Sicilia, e quell'altra volta che abbiamo respinto la tregua, che poi lei a casa faceva il muso e la notte si è girata dall'altra parte, possibile che loro lo sapessero già, che era una cazzata? Ma allora, che cosa ce l'abbiamo a fare, il péos? Dopodiché, gli uomini essendo quelli che sono, metà dei presenti rimpiangeva di non averle dato abbastanza botte, alla moglie; e si riprometteva di sistemarla così, la cosa, la prossima volta. Così imparano a impicciarsi di affari che non le riguardano!"
Overall very very mixed feelings about this book. Pretty interesting setting and historical stuff, feel like I learned a bit about this time period in Greece and interesting juxtaposition between class struggle and gender struggles at the time. Kind of hard to overlook the graphic rape scene that takes place over like an entire half of the book though :/
One half of this book I loved. It’s such a great approach to Lysistrata, and the staging details and audience reaction were a novel addition. The rest���that whoever wrote the flyleaf decided to brand a “romantic comedy” (??)—wasn’t worth reading. Exactly 2.5 stars.
L’impronta di Barbero si sente: dalle prime pagine è come ascoltare la sua voce che racconta una storia ambientata nell’Antichità. Perfetto come riesce a calarci nel tempo e nello spazio che descrive, rendendo vivi i personaggi. Tuttavia non è il migliore Barbero che abbia letto. La storia intreccia capitoli che man mano ci portano su due piani narrativi: la rappresentazione teatrale di Lisistrata di Aristofane, a cui assistono i padri delle ragazze (Le ateniesi) e in contemporanea seguiamo quello che accade alle ragazze stesse. Alla commedia in scena si alterna la tragedia della realtà, che ricalca i fatti del massacro del Circeo. Non posso dire che non mi sia piaciuto, anzi, ho trovato interessante il fatto di trasporre una storia di cronaca contemporanea nella Grecia Antica. È come se acquisisse una certa solennità epica. Le parti della commedia di Lisistrata (riportate pari pari), fanno da forte contrasto con la vera tragedia in atto nella casa di campagna fuori dalle mura. L’impatto è molto forte, così come è forte il linguaggio usato. Quindi cosa non mi torna? Forse il senso di fastidio in alcune parti. Mi chiedo se fosse proprio questo l’intento di Barbero (che continuo ad adorare). Sicuramente fa riflettere. ___________________________ ⌛ Viaggio nel Tempo 2022 🔠 Alphabet autori 2022 - Lettera B
Questo è uno di quei libri che vogliono costringerci a pensare. Al ruolo della donna, alla democrazia, alla crudeltà, alla quotidianità in una città di cui sappiamo tutto, ma che non abbiamo mai visto coi nostri occhi.
Eppure c'è qualcosa che non mi quadra. Tutta quella violenza per esempio, troppo da film horror di serie B, e i costanti, ripetuti e noiosissimi doppi sensi e riferimenti sessuali. Apprezzo sempre i romanzi storici in cui i personaggi sono persone vere (sudano, mangiano, hanno delle ossessioni), ma qui sono portati all'estremo. Questo è il racconto di un maniaco sessuale con probabili tendenze omosessuali represse, calato in un contesto storico specifico. E se lo avessi capito prima, mi sarei risparmiata questa lettura.
La parte dedicata alla Lisistrata mi è sembrata un po' "coatta", e dubito che gli Spartani usassero comunemente la parola minchia. Visto che non ho letto la commedia, pur conoscendone i temi, coglierò l'occasione di colmare questa lacuna (per la serie: non tutte le letture mediocri vengono per nuocere).
Non mi sento di consigliarne la lettura a nessuno, forse solo a quelli che amano molto le storie di cronaca violenta.
Non so bene come parlare di questo libro: si vede ovviamente che l'autore è un'esperto di storia, ma come narratore mi ha lasciata perplessa. Lo stile è molto semplice, ma questo ci può stare, il problema è che ci sono alcuni errori narrativi, come appunto il narratore che a volte è onnisciente e a volte no. L'alternarsi di due vicende mi è piaciuto, anche se leggere gli ultimi capitoli non è stato facile per via dei contenuti crudi.
Si tratta del primo libro di Alessandro Barbero in cui mi cimento. Sara’ stata la scelta giusta per cominciare? Sicuramente mi ha molto colpito (e coinvolto, l’ho finito in una notte di insonnia!) e mi ha spinto a farmi delle domande sia sull’autore e sui prossimi libri suoi che vorrei leggere, sia su quanto ha raccontato e come.
Quanto della narrazione, delle sue modalita’, e’ storicamente corretto? Cioe’, gli ateniesi dell’epoca presa in considerazione parlavano davvero cosi’? Avevano davvero conversazioni del tipo riportato? Perche’ a leggerle sembrano moltomolto attuali, roba che si potrebbe sentire alla televisione oggi stesso. E non e’ una critica, la mia. Che sia una trasposizione accurata di dialoghi ritrovati in fonti storiche o che sia una trasposizione moderna poco cambia: questi ateniesi, centinaia di anni fa, gia’ avevano a che fare con problematiche ancora attuali. E questo getta un’ombra sul cosiddetto progresso (nonche’ sulla superiorita’) del genere umano. Come e’ possibile che cosi’ tanti secoli siano passati, cosi’ tante societa’ si siano succedute, e ancora oggi ci sono uomini che pensano che la loro condizione sociale privilegiata gli consenta di prendersi liberta’ nei confronti di chi e’ piu’ svantaggiato? Come se la dignita’ e il rispetto andassero di pari passo con il portafoglio. E poi, le lotte politiche, le guerre, le disuguaglianze tra uomini e donne, le prepotenze.
E’ un libro duro e crudo, che fa male nella sua schiettezza e nella sinteticita’ con cui racconta eventi terribili, che possono avvenire tra le mura domestiche o nella pubblica piazza e da cui nessuno e’ al sicuro nel momento in cui qualcuno inizia a pensare di essere meglio degli altri. Pero’. Pero’ credo che la conclusione del romanzo, per quanto, diciamocelo, non sia un lieto fine in senso letterale, apra la porta alla speranza, alla fiducia nel genere umano (che per lo piu’ e’ mal riposta ma che quella volta che e’ giustificata ripaga di tutte le altre volte e ritempra l’anima).
Breve excursus di Barbero nell'antica Grecia, ai tempi del conflitto tra Sparta e Atene, con un affaccio sulle vicende di due ragazze contadine ateniesi che si trovano nella casa di un ricco mercante e vivono un'esperienza inaspettata, mentre i padri (che hanno combattuto insieme anni prima) sono in città per una festa. La narrazione si sviluppa su due piani alterni: un capitolo segue la vicenda di Glicera e Charis, un altro le vicende politiche della città, riassunte nella commedia di Aristofane. Chiaramente questo è l'espediente per criticare i problemi della città (la guerra che impoverisce la nazione e i potenti che vogliono rovesciare la democrazia) ma è anche l'espediente di Barbero per riflettere sul ruolo della donna nella società del tempo - e, indirettamente, anche del tempo attuale - e sulle disuguaglianze sociali. Mi è piaciuta questa scelta, anche se ho seguito con più facilità i capitoli sulle ragazze. Alla fine è una storia di oppressi che cercano di liberarsi, di oppressori che non sono mai sazi e di come credere di essere migliori di chi è diverso possa portare ad azioni sconsiderate, che non sempre arrecano vantaggio. Manca qualcosina nel finale.
Alessandro Barbero è un eccellente divulgatore e un maestro affabulatore, questo si sa: come scrittore però non si solleva dalla media, almeno a giudicare da questo romanzo. Si nota che è stato scritto da chi la storia la conosce veramente, ma a mancare è proprio quel brio che rende le sue lezioni coinvolgenti. La semplicità e l'immediatezza, che nel parlato aiutano a conquistare il pubblico, in forma scritta risultano scialbe, mentre il lessico crudo e a volte sboccato appiattisce la narrazione. La vicenda sulla carta sarebbe drammatica e disturbante, ma risulta prevedibile e poco avvincente, probabilmente perché in parallelo viene descritta scena per scena una rappresentazione della Lisistrata di Aristofane: espediente che spezza completamente la tensione e che ha l'unico scopo di mettere in mostra la grande cultura dell'autore. Per finire, i personaggi sono poco più che macchiette al servizio della trama, non c'è alcun tipo di approfondimento psicologico. Si legge volentieri e con facilità, ma non c'è nulla di memorabile in questo libro: mi aspettavo di più dal genio istrionico di Barbero.
Nemmeno in più esplicito dei giallisti avrebbe scritto una storia così dura. Di fatto si immagini di leggere il resoconto dettagliato dei delitti del Circeo. Alternato a questi fatti la rappresentazione de "Le Ateniesi" Di Aristofane che mostra la dura struttura gerarchica ateniese che vede le donne all'ultimo gradino della classe sociale, la cui unica arma di ricatto verso gli uomini, sempre pronti ad ammazzarsi l'un l'altro, è lo sciopero sessuale, ma neanche tanto convinto. Forse Barbero ha messo in macabra luce le origini delle nostre tradizioni ancora dure a morire, di come la "civiltà" greca abbia ribaltato a favore del maschio possessivo e violento le culture precedenti, di cui ancora subiamo le conseguenze. E noi chiamiamo eroi coloro a cui piace giocare facile. Contraddizioni.
I loved this book from the point of view of a history lover. I'm a big fan of Barbero but I think that his writer skills are not the best: he knows how to make a reader laugh by depicting hilarious aspects of men as Sofocle that maybe we just identify as flawless giants. At the same time, he adopts verbal uses that might seem strange in wrote language.
However, his capability to describe history from the point of view of a researcher and not of a full fiction writer emerge in this book by surprising the reader in different ways.
Un po' romanzo storico che fissa gli accadimenti di un anno molto difficile per la democrazia ateniese, un po' riflessione sulla democrazia, un po' storia nera che sembra ripercorrere gli orrori del delitto del Circeo, le Ateniesi è una storia che scorre in fretta, ma non convince fino in fondo. Il linguaggio è quello del Barbero divulgatore che ben conosciamo, ma talvolta appare fuori contesto; la violenza rappresentata è forse un po' gratuita; alcuni momenti della rappresentazione della Lisistrata stancano. Le ultime 30 pagine salvano il romanzo in corner.
3.75 stelle ma il discorso finale dovremmo leggerlo tutt*. In una società come l'antica Grecia dove le colpe dei padri ricadono sui loro figli, questo libro esplica come, invece, le azioni dei figli sono collegate alle colpe dei padri. Molto bello il messaggio ma purtroppo in alcuni momenti non mi sentivo rapita dalla storia, dai personaggi e dalle loro emozioni. Peccato ma è sicuramente molto piacevole
Un altro bel romanzo di un autore che ci spinge sempre a ragionare; in questo caso sull'inutilità della guerra e su come sia pericolosamente facile spingere il popolo verso la tirannia sfruttando la paura e il senso di insicurezza, questioni quanto mai tristemente attuali, ahimè...