Anatole France pubblicò questo racconto nel 1902. Da allora, e fino agli anni Venti, ha avuto un destino di splendido isolamento: edizioni numerate, rare, ornate di incisioni originali, tipograficamente perfette. È un isolamento che il racconto merita e che continuiamo a dargli presentandolo nella traduzione di Leonardo Sciascia a un pubblico più vasto. È - come dice Sciascia - un apologo e un'apologia dello scetticismo: forse particolarmente salutare in un momento in cui muoiono le certezze al tempo stesso che di certezze si muore.
French critic Anatole France, pen name of Jacques Anatole François Thibault wrote sophisticated, often satirical short stories and novels, including Penguin Island (1908), and won the Nobel Prize of 1921 for literature.
Anatole France began his career as a poet and a journalist. From 1867, he as a journalist composed articles and notices.
Skeptical old scholar Sylvester Bonnard, protagonist of famous Le Crime de Sylvestre Bonnard (1881), embodied own personality of the author. The academy praised its elegant prose.
People elected him to the Académie française in 1896. People falsely convicted Alfred Dreyfus, a Jewish army officer, of espionage. Anatole France took an important part in the affair, signed manifesto of Émile Zola to support Dreyfus, and authored Monsieur Bergeret in 1901.
After the nearsighted Abbot Mael baptized the animals in error, France in later work depicts the transformation into human nature in 1908.
People considered most profound La Revolte des Anges (1914). It tells of Arcade, the guardian angel of Maurice d'Esparvieu. Arcade falls in love, joins the revolutionary movement of angels, and towards the end recognizes the meaningless overthrow of God unless "in ourselves and in ourselves alone we attack and destroy Ialdabaoth."
People awarded him "in recognition of his brilliant literary achievements, characterized as they are by a nobility of style, a profound human sympathy, grace, and a true Gallic temperament" in 1921.
In 1922, the Catholic Church put entire works of France on the Index Librorum Prohibitorum (Index of Prohibited Books).
He died, and people buried his body in the Neuilly-sur-Seine community cemetery near Paris.
"È da saggio guardare all'incerto avvenire senza paura e senza speranza. Che ci importa di quello che gli uomini penseranno di noi? Non abbiamo altri testimoni e giudici che noi stessi."
Sui Ponzi Pilati Un librettino esile esile, di un autore francese premio Nobel, 24 pagine tradotte da Leonardo Sciascia; si legge un un'oretta, ma diventa occasione di riflessioni. È un dialogo immaginario tra un personaggio fittizio tal Lucio Lamia funzionario romano e l'ex procuratore della Giudea Ponzio Pilato, ormai anziano, lontano dai tumulti della vita pubblica e ritiratosi nelle sue proprietà in Sicilia. Sollecitato dal suo interlocutore, Pilato rievoca gli anni trascorsi in Giudea il suo rapporto con gli ebrei definiti stizzosi, litigiosi tra loro e con gli altri, ribelli e molto difficili da gestire restii a piegarsi a Roma e agli dei romani
E' un grave problema" disse Lamia "quello di sapere se agli uomini si deve imporre una felicità che non vogliono.
Ponzio Pilato è un personaggio storico che probabilmente sarebbe caduta nell'oblio se non fosse stato - arbitro muto - nel processo a Gesù. Reo non di aver condannato il Cristo, ma di aver lasciato che fosse condannato dal Sinedrio causandone la morte, dando però occasione alla Storia di compiersi. Figura ambigua, divenuta archetipo dell'inazione, della sospensione di giudizio, di una forma di scetticismo, come dice Sciascia nella sua nota di postfazione, inteso come impossibilità di raggiungere qualsivoglia verità. Pilato mostra una certa miopia di vedute, non ebbe intuizione della rivoluzione che la figura di Gesù avrebbe operato. In questo suo atteggiamento Sciascia paragona Pilato allo storico latino Tacito che negli Annali (una delle fonti storiche di Anatole France) cita Gesù solo una volta, con una discutibile non-memoria, una profonda insofferenza o forse una più lungimirante preoccupazione ...
Libretto con un finale spiazzante che è estremamente moderno per qualcosa di scritto nel 1902, vraiment chapeau Monsieur Anatole France! Quel gesto della mano cosa nasconde, cosa scaccia: un confuso ricordo o una bugia?
Tra l'altro Ponzio Pilato si presta ottimamente in letteratura, Dante lo ficca all'Inferno
Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto / vidi e conobbi l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto.» INFERNO Canto III vv. 58-60.
E mi ha dato occasione di rileggere (e lo sto facendo in questi giorni) il memorabile "racconto dentro il racconto" racchiuso nel romanzo di Bulgakov Il maestro e Margherita, che si può leggere anche come una gemma a sé stante e che è di una bellezza impari, ancora un'altra versione dell'enigmatico Ponzio Pilato: la versione di Bulgakov. Nota a margine Anatole France fu uno degli autori più amati da Marcel Proust, lo prese a modello del personaggio di Bergotte che nella Recherche rappresenta per Marcel, che vuole diventare scrittore, il suo idolo letterario. Come spesso accade un unico libro, ma tanti collegamenti.
Questo è l'effetto che si prova leggendo il breve testo d'Anatole France.
Cosa ricorda Ponzio Pilato, ormai vecchio possidente ritiratosi a vita privata in Sicilia, della sua esperienza in terra di Giudea? Come visse quei sensazionali eventi che avrebbero cambiato per sempre la storia dell’umanità? Qual è la sua versione dei fatti?
La risposta è la più scontata e al contempo la più incredibile che si possa immaginare.
13/09/2020 (****) Racconto che si legge in un'oretta. Tecnicamente, costruito veramente in maniera perfetta.
Lucio Elio Lamia è il protagonista, che France inventa a partire da un oscuro riferimento preso da Tacito. Sotto il regno di Tiberio, Lamia viene accusato di intrattenere una tresca amorosa con la moglie di una senatore e, per questo, spedito in esilio fuori d'Italia; passa molti anni in quello che oggi è il Medio Oriente, finché Caligola, succeduto allo zio, lo grazia e Lamia può far ritorno in Italia. E' in Campania, nei pressi di Baia, quando per caso intravede su una lettiga un amico, un vecchio funzionario ritiratosi dalla vita pubblica e venuto in zona a prendere i fanghi per curare i suoi acciacchi e dimenticare la deludente conclusione della sua carriera: arrivato a diventare procuratore della Giudea (in realtà prefetto, France come Bulgakov nel Maestro e Margherita sbagliano grado), un miserevole ma assai turbolento distretto della ricca provincia di Siria, viene esautorato dall'incarico e invitato a ritirarsi per la cattiva gestione dell'ennesima ribellione di ebrei, genia che odia e maledice con tutto sé stesso.
Non servirebbe dire chi sia il vecchio e deluso funzionario: Ponzio Pilato, ovviamente.
I due vecchi amici si ritrovano quindi a cena e nella villa di Pilato rievocano i ricordi di quegli anni, con visioni diametralmente opposte. Pilato odia gli ebrei, disprezza profondamente la loro cocciutaggine, la loro cultura conservatrice e esclusivista, il loro persistente rifiuto a civilizzarsi secondo gli usi e le leggi di Roma: ritiene inutile governare tale razza di gente, l'unica responsabile del naufragio della sua carriera. Lamia invece è meno categorico, più aperto alle influenze anche positive della cultura ebraica, che ha potuto conoscere a più stretto contatto dell'ex procuratore/prefetto, chiuso nei palazzi a dover dirimere questioni politiche di una cultura a lui estranea, senza capirla e con l'unico scopo, alternativamente, di compiacere e di intimorire, per prevenire nuove ribellioni.
Dopotutto, Pilato è un funzionario capace e tutto d'un pezzo, un ingranaggio della macchina burocratica romana, che deve governare il mondo; Lamia è un irrequito intellettuale, libero di muoversi e di osservare. I due non potevano vivere e vedere il mondo nello stesso modo.
Alla fine Lamia ricorda, e si perde al pensiero di una bellissima prostituta ebrea di cui si era invaghito e che aveva perso di vista poiché, smessa l'attività, aveva cominciato a seguire un giovane predicatore, uno dei tanti che affollavano quelle terre in quegli anni.
Così chiede a Pilato se si ricorda di quel taumaturgo, che fu crocefisso per un qualche delitto e che chiamavano Gesù il Nazareno. Pilato ricorda molte cose, fra cui gli innumerevoli processi a cui ha presenziato da massima autorità e nei quali condannava, senza capire, tutti coloro che i notabili e i religiosi ebrei ritenevano pericolosi, soprattutto in materia di fede. E mentre rievoca ricorda anche di quell'episodio in cui un pazzo - senza nome, nei suoi ricordi - gettò a terra i banchi dei mercanti nel grande Tempio. Ricorda le rivolte e i progetti urbanistici.
Ma riguardo a quel predicatore di cui Lamia gli chiede, dopo averci riflettuto un attimo, dice solo: "Gesù?" mormorò "Gesù il Nazareno? No, non ricordo.".
E così, seccamente, si chiude il racconto, costruito su una serie di dialoghi serrati in cui si attende sempre che quel nome lì, e solo quel nome, salti fuori prima o poi nei ricordi dei due vecchi amici, rimanendo delusi fino al colpo di martello conclusivo.
In 30 paginette France costruisce un racconto incalzante, perfetto nell'evoluzione, che può dare luogo a diverse letture. Di ordine storico, innanzitutto: in questo frangente il Cristianesimo appare ai Romani come un accidente del tutto marginale della turbolenta storia giudaica, l'ennesima setta sviluppatasi all'interno del mondo ebraico; considerare anche solo importante e degna di nota la predicazione di questo taumaturgo straccione appare senza senso. E infatti come una setta ebraica abbia potuto, fra le tante opzioni possibili, diventare la religione unica e ufficiale del più importante impero della storia del mondo, è effettivamente una delle più incredibili e inaspettate svolte che siano mai avvenute.
Poi c'è la lettura psicologica e umana, universale: l'importanza delle cose che avvengono intorno a noi non solo dipende dal punto di vista di chi le vive o le osserva (vale anche per gli storici), ma alle volte prescinde totalmente da questo. Così finiamo per concentrare la nostra attenzione su questioni che i posteri dimenticheranno subito, non vedendo l'evento più importante della storia dell'umanità, che passa sotto i nostri occhi senza quasi lasciare traccia. Da lì la conclusione che trae Leonardo Sciascia, traduttore e commentatore dell'opera, nelle note: il racconto è una presa d'atto dell'umana consapevolezza di non poter cogliere il fulcro delle cose, quel nucleo profondo che è l'unica cosa che davvero importa; da qui deriva l'impossibilità umana di vedere (e prevedere) il futuro, essendo troppi gli argomenti secondari di distrazione e troppo nascoste le poche cose decisive.
Così Pilato, uomo pur intelligente, fedele a Roma e devoto al lavoro, non vede nemmeno che sotto il suo naso passa la figura più importante della Storia e non può nemmeno prendere in considerazione la caustica e ironica profezia che Lamia a un certo punto gli fa (pensa Ponzio se un giorno il misconosciuto Dio degli ebrei arrivasse fino a Roma e venisse adorato da tutti: cosa direbbero di te i suoi adoratori, tu che hai odiato il suo popolo così profondamente, ben ricambiato?). Pilato è solo un uomo, e non può giungere all'essenza delle cose. Lì ci può arrivare solo una categoria di persone, i geni visionari, elite ristretta e inconsapevole del proprio dono.
Noi altri si vive la storia capendola solo in parte, al più da spettatori e qualche volta casualmente da protagonisti, incapaci di valutare fino in fondo le cose e di coglierne l'essenza, il fondamento. E proprio per questo, ripetendo sempre gli stessi errori, di epoca in epoca, di generazione in generazione.
Lo que más me ha gustado de esta pequeña obra maestra de Anatole France es el estilo limpio y elegante del relato. La forma en ocasiones eclipsa al fondo, pero en este caso no, pues en las pocas páginas que nos brinda, el autor consigue hacernos reflexionar a la vez que nos deleita con su pulcra prosa. Hemos de dar las gracias a Leonardo Sciascia, primero, por haber rescatado el relato del olvido en los años 80 del siglo pasado, y a la Editorial Contraseña, después, por permitirnos disfrutarlo con las bellas ilustraciones que en su día realizase Eugène Grasset.
Il palazzo della memoria Ovvero, lo sgabuzzino che diventa open space, e viceversa. Con buona pace di Agostino e dall'occupazione coatta del sopraddetto palazzo.
Strana cosa, i ricordi: capita che avvenimenti che riteniamo fondamentali si rivelino poi completamente irrilevanti, e l'inverso. Su scala personale e globale.
A latere, anche altre questioni:
"E' un grave dilemma", osservò Lamia, "quello di comprendere se è giusto imporre agli uomini una felicità che essi rifuggono".
Anatole France regala un cortocircuito narrativo che ribalta ogni aspettativa. È lo scambio di battute tra il filosofo Lamia e Ponzio Pilato, in una Campania Felix diversi anni dopo la crocifissione di Gesù Cristo. Un racconto che sorprende nel contrasto tra la vivida memoria di quegli anni trascorsi insieme in Giudea e una improvvisa, finale amnesia selettiva: il Nazareno? Un perfetto sconosciuto. Pilato dimentica l'evento cruciale che ha cambiato il mondo. E forse France vuole indicare quanto la memoria sia legata al potere, e dunque questa potrebbe essere una critica al potere stesso e alla relatività della memoria. Sciascia, che traduce e confeziona l'opera per Sellerio, ritiene invece che la dimenticanza di Pilato è una forma di negazione, un tentativo di rimuovere dalla coscienza la colpa terribile delle mani lavate.
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Ambientato nelle prima Roma imperiale, questo racconto narra l'incontro casuale tra due vecchi amici che si erano persi di vista negli anni dopo aver vissuto per un certo periodo entrambi a Gerusalemme: rievocano, chiacchierando amabilmente, quel tempo ormai passato in cui uno dei due era Procuratore dell'Imperatore in Giudea e l'altro un nobile romano in esilio in medio oriente; un dialogo brillante reso più interessante dal fatto che l'ex procuratore altri non è che il famoso Ponzio Pilato...fino al folgorante epilogo!
Pontius Pilate is living a life of retirement as a gentleman farmer in Sicily. He is a widower and is taken care of by his widowed daughter. At a hot-spring resort he runs into Aelius Lamia, who was a Roman exile in Palestine during Pilate's time as the Procurator of Judea. Pilate invites Lamia over to his house for dinner. They spend a relaxing evening over wine and good food reminiscing their time in Palestine over 30 years ago. Pilate considers Jews to be bigoted people. He resents the fact that all his efforts to bring the fruits of Roman civilisation to Palestine were frustrated by the Jews. He recalls that in the face of Jewish rebellion all he could do was to implement their laws without application of mind which also meant sending many innocents to death over trifling matters. Lamia has a slightly different perspective about the Jews. After all he lived among the common folk of Palestine. He was not an official. He recalls a particularly attractive Jewish prostitute who was a favourite of his and who left her profession after coming under the influence of a miracle working Jewish teacher. Lamia asks Pilate whether he remembered this Jewish teacher by the name Jesus who was eventually crucified. Pilate replies after a while: "Jesus. Jesus. From Nazareth? No. I can't bring him to mind." The story ends. This is a stunning story. We remember Pilate only because of Jesus. Yet Pilate can't remember Jesus. “The stone that the builder’s rejected has become the cornerstone,”
Puoi trovare questa recensione anche sul mio blog, La siepe di more
Aaaaah, France, France… è sempre una garanzia: in venti paginette (tanto dura questo apologo, se non includiamo la Nota di Leonardo Sciascia, che ne è anche l’illustre traduttore), riesce a far arrivare a lettrici e lettor* il suo messaggio.
Devo confessare di essere arrivata in qualche modo preparata al finale perché conosco Anatole France e ho capito fin dalle prime pagine dove sarebbe andato a parare, e un po’ mi dispiace: sento come se mi fossi persa una parte della forza con la quale avrebbe potuto colpirmi.
Quindi, il mio consiglio, se non conoscete questo autore, è di iniziare proprio da Il procuratore della Giudea, visto che è facilmente reperibile nel catalogo di Sellerio (e, con i libri di France, la reperibilità nella nostra lingua non è proprio da dare per scontata).
Non voglio dirvi di più perché è una di quelle storie delle quali meno si sa e più ci si godono, ma spero di avervi incuriosito perché France è un autore abile a ricordarci concetti che di questi tempi non sembrano poi tanto diffusi...
A intriguing short story of Pontius Pilate in his old age reminiscing with an old friend about his time in Jerusalem. The discussion lead to him trying to remember Jesus of Nazareth.
"Jesus? He murmured. "Jesus - of Nazareth? I cannot call him into mind."
No esperaba que fuese un relato tan breve, más bien creí que sería una novela cortita, pero le sirve a France de vehículo para presentarnos material para reflexionar sobre la xenofobia, la intolerancia, el racismo, el supremacismo... Bien.
Chi, tra noi, può affermare con certezza che le proprie scelte ordinarie e quotidiane siano del tutto ininfluenti sul destino del mondo? Chi, al contrario, sospetta che ogni suo gesto possa avere un’eco di portata incommensurabile?
Per quanto anonima e ripetitiva possa sembrare la nostra vita, nulla ci è dato sapere in merito al cosiddetto “effetto farfalla” a causa del quale, anche il più impercettibile tra i nostri sbadigli è potenzialmente in grado di innescare, a cascata e in un domani più o meno lontano, effetti dirompenti.
Tra le pagine di questo brevissimo racconto, accade così che Ponzio Pilato, uno zelante procuratore della Giudea - nella realtà storica era un prefetto -, decide di condannare, non senza una certa (incolpevole?) leggerezza, quello che ritiene essere un taumaturgo. Lo stesso ligio amministratore, anni dopo, confesserà a uno suo vecchio collaboratore di non ricordare alcunché di questa sua sentenza.
Ed ecco a voi l'effetto farfalla: quel condannato di cui l'ignaro prefetto ha deciso le sorti è nientepopodimeno che Gesù Cristo e la sua morte, per effetto della sentenza che Pilato ha addirittura scordato, segnerà la vita di una moltitudine di persone nei secoli a venire.
Questa è la tematica intorno alla quale Anatole France scrisse, nel 1892, "il procuratore della Giudea", racconto che Sciascia definirà "perfetto".
Ora, non so se si possa definire perfetto, ma sicuramente lo considero godibile e insolito.
Tra l'altro, la cosa che più mi ha fatto riflettere è che l'autore, sebbene estremamente popolare in vita - nel 1921 gli fu assegnato il Nobel - è stato quasi completamente dimenticato dai posteri, autori e lettori. Io stessa sono arrivata a conoscerlo solo indirettamente e grazie ad uno scrittore decisamente più noto, Marcel Proust. Nella Recherche, infatti, il personaggio di Bergotte ha come modello di riferimento proprio Anatole France.
L'infausto destino, che ha guidato l'autore francese quasi all'oblio, sembra confermare la tesi da lui sostenuta nel testo: la nostra vita è in balia di forze che, per fortuna o purtroppo, non dipendono solo ed esclusivamente dalla nostra volontà o condotta.
Del resto, mi viene da pensare, anche uno tra i peggiori dittatori mai venuti al mondo, Adolf Hitler, avrebbe potuto diventare un artista, senonché la bocciatura all'esame di ammissione dell'Accademia delle Belle Arti di Vienna ne smorzò ogni ambizione estetica. Accidenti allora a quell'assemblea esaminatrice priva di ogni preveggenza!
L'arte, ancorché mediocre, avrebbe forse impedito tante sofferenze.
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Fun (and deep) little fan fiction of history's famous villain, Pontius Pilate.
(Not ironically, this was the outspoken favorite short story of another one of ~*NYC*~ history's famous villains: Robert Moses.)
That above tidbit can be found in the ocean of The Power Broker, and adds an element of timelessness to The Procurator of Judea; rulers, governors, tyrants from all ages always die--always seemingly betrayed--their names and accomplishments forgotten to time. This saddens them. Power is intoxicating, and when it diminishes, it is replaced with a pathetic self-pity.
Jesus Christ, a Jewish rebel, put to death by PP is also forgotten by PP (gospel of the resurrection never reached Pilate). PP, representing the state, was encouraged by Christ's own Jewish people to crucify him! Yet, Christ did not wallow in any self-pity. Christ was a man, a true God; PP was a big baby.
Robert Moses, a secular Jew with conceited pride in his genius humbly converted to Christianity before his death. A voracious reader throughout his 93 year lifespan, I think this little story had something to do with it.
Il libro è molto piccolo, ma perché il testo pervenuto, benché d’importanza letteraria purtroppo è parziale. Ci fu riportato prima dal Premio Nobel Anatole France e poi è arrivato a noi grazie a Sellerio e al traduttore illustre Leonardo Sciascia. Si tratta di un dialogo tra Lamia e Ponzio Pilato che si incontrano da anziani e a mene lucida si ricordano di alcune vicende e di alcune scelte fatte da giovani che hanno determinato il destino di popoli. È di facile lettura in quanto il linguaggio è diretto e pulito. Diverso invece per le note di Sciascia che secondo me potevano essere più approfondite in modo da contestualizzare meglio il dialogo e le sue fonti, il cui linguaggio potrebbe essere ostico ai più, (motivo per il quale secondo me molte persone non si avvicinano a determinate letture). Sciascia è una delle più grandi figure letterarie del Novecento italiano ed europeo, ma purtroppo il linguaggio contemporaneo ha subito un profondo deterioramento, ed io nel 2024 ho avuto più facilità a comprendere il testo (del 1902 e tradotto da appunto Sciascia) piuttosto che le note (redatte sempre da Sciascia nel 1980). Ne consiglio la lettura a tutti perché questo testo che fu perso e che poi finalmente fu ritrovato ci consegna una testimonianza e un profilo di Ponzio Pilato che da buon dipendente dell’Impero Romano compie il suo lavoro guidato da buoni propositi e grandi ambizioni a beneficio della comunità. Un dialogo che nella sua schiettezza apre gli occhi ad punto di vista interessante e che a me è piaciuto molto. ⭐️⭐️⭐️⭐️
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Molti commenti a La moglie del procuratore di Elena Bono rimandano a questo racconto di Anatole France. Entusiasta del primo, non potevo resistere a cercare questo e me ne rallegro. Due vecchi amici, Lamia e Ponzio Pilato, si incontrano dopo tanti anni e ricordano gli anni trascorsi insieme a Gerusalemme. Pilato pieno di astio verso gli ebrei, Lamia con distaccata benevolenza. Entrambi hanno notato qualcosa di speciale in quel popolo... ma lascio a voi scoprire che cosa ne abbiano ricavato. Bella e interessante la Nota conclusiva di Leonardo Sciascia. Consiglio anche di rifarvi gli occhi dando un'occhiata all'edizione originale: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv...
Lo cercavo da anni e l'ho scovato quasi per caso, pagando il costo della spedizione un euro in più del libro stesso. Ma ne valeva la pena: è un libriccino prezioso, un gioiello. Secondo Sciascia, fenomenale traduttore-commentatore, si tratta di "un apologo e un'apologia dello scetticismo". In realtà è molto, molto di più. S'incontra qui Ponzio Pilato primo (primo?) teorico dell'annientamento, lucidamente convinto che Gerusalemme debba essere distrutta dalle fondamenta. Non riporto la frase conclusiva per non togliere a nessuno il piacere della lettura. Solo un piccolo consiglio: alla fine, cercate e leggetevi "Troppo Natale" di Buzzati (se ne trovano diverse versioni online). Così, per guardare di nascosto la differenza che fa...
Became aware of this short story in Robert Caro's "The Power Broker" which is a biography on Robert Moses. Robert Moses declared this the best short story of all time. Can't agree with that statement, but it's a good short story that has many take lessons. Among those lessons is the knowledge one believes is important may be historically irrelevant while the real events shaping history are right under your nose and you miss it. In this example, you may actually be a key part of the historical event and may not even be aware of your place in that historical turning point. I would, and will, read again.
Libro corto para no sufrir de "bloqueo lector". Como lector decido creer o no.
Un cuento coherente, aunque el amigo del Procurador, siempre fue muy sutil para hablar con él. Nazareth no existía en el s. I d.C.??? (Ese dato si tengo que investigar).
First of all, now I want to read more Anatole France. This book had such a light touch of theme but that really was all it needed; short, sublime, naturally wending its way towards a final line, and nothing more. The last words wrap it all up, Faulkner-style. Or really, France-style?
Reading this reminded me of The Gospel According to Jesus Christ by Saramago; on of my favorite books. The dialogue here was good at engaging me at the time but failed to be memorable.