Questo è un libro che l'autore non poteva non scrivere, e che si è portato dentro per quattro decenni. Perché fu più di quarant'anni fa che, reduce dai fervori e dai clamori del maggio '68, Hervé Clerc ebbe «un'esperienza incommensurabile rispetto a tutte quelle che avrebbe poi fatto nella sua vita e, ovviamente, a quelle fatte in precedenza»: scoprì il buddhismo nella sua essenza – nudo, immobile, vuoto. Allora non sapeva che cosa fosse. Oggi, riprendendo il filo della propria biografia, riesce a renderci partecipi di un insegnamento plurimillenario, e nella forma più semplice e spoglia possibile, scardinando cliché, tic accademici, gerghi, mode. Il tutto in un parlato ricco e saporoso, che invoglia alla lettura.
Anche se Clerc dichiara immediatamente i limiti della sua opera (un tentativo di rendere comprensibile al lettore occidentale non solo il buddismo, ma anche la sua personale esperienza del "nirvana"), non nascondo di aver avuto l'impressione di aver letto una sorta di bignami: volenteroso ma approssimativo se non proprio confuso (e a tratti vagamente pedante). Se mai mi verrà voglia di approfondire l'argomento, non sarà certo per merito di questo libro.
Come il suo amico Carrere, Clerc ha il pregio di spiegare una cosa complessa con una narrazione che incanta e a tratti molto personale. In questo caso la cosa è il buddhismo, ma non importa: divulgazione eccellente.
Titolo molto fuorviante. È una autobiografia di Clerc, poco stimolante, che nulla ha a che fare con chi davvero vuole crearsi una infarinatura sul buddismo. I concetti esposti, quando accade che lo siano, restano in superficie
Niente è più vago della parola «meditazione» (tranne forse la parola «saggezza»). Così inizia questo lungo viaggio attraverso l’ottuplice sentiero per nobilitare il proprio animo e riscoprire le cose come sono, il vero punto di partenza per raggiungere il nirvana.
Questo «riposare nell'essere» è l'essenza della meditazione.
L'autore fa finta di conoscere poco il buddhismo, dice a più riprese di non essere un esperto, che non vorrebbe metter piede in un campo dove c'è chi, gli specialisti, la sanno ben più lunga di lui, ma da tutte le citazioni che fa si capisce che ha letto davvero tanto e a me sembra di aver afferrato parecchio della materia, molto più di altri (presunti?) specialisti. Il risultato è comunque un libro rapsodico, quasi disordinato, a metà strada tra la testimonianza personale e l'intento, comunque, di far capire al lettore comune cosa sarebbe questa cosa chiamata buddhismo, una tradizione prima filosofica e poi religiosa con circa 2.500 anni di storia, al cui interno si può trovare un po' di tutto, e spesso difficile da afferrare.
La lettura è piacevole, l'autore scrive bene e sa molte cose, forse è un po' troppo entusiasta per la materia che tratta, almeno io fatico a capire come si possa dar per scontato che una singola esperienza mistica (o quel che è stata), vissuta dall'autore, sia il caso specifico di una verità più generale, e che questa verità sia proprio quella annunciata da Siddharta Gautama, ovvero dal buddhismo. Ma forse è un limite mio, quello di non capire come mai chi ha determinate tensioni o esperienze "spirituali" (uso questo termine che non mi piace, ma è per intendersi), vada poi a farsi rinchiudere in una singola tradizione storica, con tutti i limiti che le singole tradizioni storiche comportano (persino una aperta all'innovazione e in teoria lontana dal dogmatismo come il buddhismo).
Poi magari qualcuno solleverà un sopracciglio quando verso la fine del libro (beccatevi questo spoiler!) si scopre che quello che l'autore afferma essere il nirvana l'ha raggiunto durante un viaggio sotto effetto di droghe. Ma se c'è la storia del giocatore d'azzardo che raggiunse l'illuminazione quando aprì il portafoglio e lo vide vuoto capendo allora che, come dice il buddhismo, è vuoto l'intero universo, se ci sono gli aneddoti su discepoli che hanno raggiunto l'illuminazione a suon di bastonate da parte del maestro... be', allora perché non anche le droghe? In fondo le vie del dharma sono infinite.
An interesting and honest essay on what buddhism is. Clerc writes about what he calls "common buddhism": a sort of generic buddhism, which is not a part of any specific movement (which seems to be really close to the original form of buddhism, before the disgregation into many different groups and schools).
The only thing that left me confused is that sometimes he indulges too much on concepts like buddhist gods (really?), karma and reincarnation. It's not easy to understand if he's just talking about some of the traditions of primitive buddhism, or if he's really convinced about what he writes about. Despite this, there are some pages that makes the entire book worth it.
purtroppo non è come me lo aspettavo. piuttosto che un testo di introduzione al buddismo, è il racconto di *come l’autore ha scoperto il buddismo*; buttandoci dentro qualche nozione e varie citazioni che, personalmente, sono confusionarie e rendono la lettura un po’ pesante. sicuramente approfondirò la tematica del buddismo, ma non attraverso questo libro