Un'Italia segreta, inquietante in un romanzo che ha il ritmo delle saghe noir americane. Un libro dove i protagonisti sono una banda di giovani delinquenti che decide di conquistare Roma, e diventa un esercito quasi invincibile. Politica, servizi segreti, giudici onesti, poliziotti e il più grande bordello della Capitale in un romanzo basato su una minuziosa documentazione.
Giancarlo De Cataldo è Giudice di Corte d'Assise a Roma, città nella quale vive dal 1973. Scrittore, traduttore, autore di testi teatrali e sceneggiature televisive, ha pubblicato come autore diversi libri, per lo più di genere giallo. Collabora con «La Gazzetta del Mezzogiorno», «Il Messaggero», «Il Nuovo», «Paese Sera» e «Hot!». Il suo libro più significativo è Romanzo criminale (2002), dal quale è stato tratto un film, diretto da Michele Placido, e una serie televisiva, diretta da Stefano Sollima. Nel giugno del 2007 è uscito nelle librerie Nelle mani giuste, ideale seguito di Romanzo criminale, ambientato negli anni '90, dal periodo delle stragi del '93, a Mani Pulite e alla fine della cosiddetta Prima Repubblica. I due libri hanno alcuni personaggi in comune come il Commissario Nicola Scialoja e l'amante, ex prostituta, Patrizia. Ha scritto la prefazione per l'antologia noir La legge dei figli della Casa Editrice Meridiano Zero, e ha curato l'introduzione al romanzo Omicidi a margine di qualcosa di magico, scritto da Gino Saladini, edito da Gangemi. Nel 2006 cura per la Rai il progetto "Crimini", una serie tv scritta da grandi autori italiani, chiamati a trasporre in film di 100 minuti l’estrema diversità, e il fascino, delle realtà locali italiane. Nel 2010 va in onda una seconda serie e il primo episodio è "La doppia vita di Natalia Blum" di Gianrico Carofiglio girato a Bari con Emilio Solfrizzi. Giancarlo De Cataldo dichiara in merito: "è più facile spiegare le contraddizioni di un paese attraverso il giallo che la storia d’amore". Del 2010 è "I Traditori", romanzo ambientato durante il Risorgimento italiano.
Non ho visto né il film né la serie tv tratti da questo romanzo, quindi ho potuto leggerlo senza alcuna influenza o preconcetto. Per essere più precisa, non ho mai visto nessuna serie tv, tantomeno Gomorra e tutte le altre in stile criminal e gangster che hanno imperversato in tutti questi anni, quindi ancor meno soggetta a condizionamenti. Cito @Ferrigno da una discussione nel torneo degli italiani perché ha fatto un efficace riassunto di questi "condizionamenti": "Anni dopo, credo sull'onda di Romanzo Criminale, il noir spopolò per più di un decennio per motivi che evidentemente andavano al di là del "raccontare in modo efficace l'Italia dei segreti" e sconfinavano nell'urgenza di cavalcare un'onda che trovava riscontro nei gusti del pubblico pagante."
Dunque, mentre l'onda passava io me ne sono rimasta sulla spiaggia a guardare in aria, e ora me lo sono gustato con tutta calma.
Buona la scrittura: scarna al punto giusto, con un'impostazione vagamente giornalistico-giudiziaria, la narrazione è sempre affidata alla voce esterna onnisciente che non parteggia per nessuno, non si perde in fronzoli inutili ma non dimentica che c'è un lettore che sta leggendo e quindi non dà le cose per scontate. Nel complesso si gusta come un buon western: le scene epiche guadagnano largamente dalla assenza di auto-compiacimento così come dallo stile asciutto.
Buona l'ambientazione: anni '70 e '80 riproposti senza banalità, senza didascalismo e soprattutto senza nessuna pretesa di creare un'aura di "favolosi anni". La storia romanzata della banda della Magliana, dalla fine anni '70 all'inizio anni '90, è affascinante e avvincente nel suo essere "gattopardesca" ossia nel descrivere un'Italia fluida in cui tutto cambia affinché tutto resti com'è.
Da metà romanzo in poi la trama inizia un poco a sfilacciarsi in diversi filoni ed in luogo del racconto unitario e compatto dell'inizio emerge un po' di più il carattere frammentario da sceneggiatura di serie televisiva. Un altro difetto (in comune con tante altre opere letterarie e cinematografiche del genere) potrebbe essere il fatto di proporre in chiave alquanto positiva degli eroi che invece, nella realtà, sappiamo essere stati peggio che anti-eroi, peggio del peggio e basta. Ma è un romanzo, e come tale lo si deve leggere: io personalmente ho preferito gustarmi la storia vivendola più che altro come invenzione. E me la sono gustata veramente: considerando che non sono amante dei gialli-thriller-noir-polizieschi, sono portata a credere che questo abbia una marcia in più della media del suo genere. Il suo essere capostipite dell'ondata di cui sopra, ne è una dimostrazione. Tornando al discorso degli eroi positivi/negativi: si sa che nella realtà difficilmente i buoni vincono, ancor più raramente si può vedere trionfare la giustizia, e forse la parte realistica di questo romanzo sta ancor più in questo che non nell'essere ispirato dalla storia vera della banda della Magliana. La maturazione e trasformazione del commissario Scialoja è una parte molto interessante e molto sostanziosa dell'opera. E forse alla fin fine si tratta di un'opera persino troppo legata alla realtà: per il finale mi aspettavo un guizzo in più, un'idea che fosse un tantino più brillante; è evidente invece come l'autore abbia voluto inserire riferimenti a personaggi realmente esistenti e questioni da lui ampiamente approfondite ma la cui esistenza io ignoro bellamente essendo, oltre che ignorante in Storia, anche alquanto schifata dalla politica. A voler essere precisi il giudizio finale sarebbe un poco inferiore alle quattro stelle, ma anche in questo caso si può meritare l'arrotondamento in eccesso, era da tanto che volevo leggerlo e ora sono soddisfatta della lettura.
Il 28 giugno 2023 su Audible è stato pubblicato l’audiolibro di questo romanzo di Giancarlo De Cataldo, ambientato a Roma dal 1977 al 1992. De Cataldo, con questo romanzo avvincente e ricco di colpi di scena, inaugura il filone dei thriller storici, quelli cioè in cui i fatti criminali realmente accaduti sono romanzati.
Nella Roma di fine anni settanta, la criminalità e lo Stato sono spesso dalla stessa parte dell’illegalità. La lotta tra bande per controllare i traffici di droga, prostituzione, gioco d’azzardo, nei quartieri della capitale, si intreccia agli affari di Stato, dal rapimento di Moro in poi.
Mi è piaciuta la scrittura avvincente, mi è piaciuto il lato umano dei vari personaggi: i miei preferiti Scalpia e il Freddo.
Ora non mi resta che recuperare il film (2005) e la serie.
- Rimpiangerete questi tempi che ora considerate oscuri. - Rimpiangere Moro? Il Pidocchio? Bologna? - Vedrà. Lei ha la fortuna di vivere a stretto contatto con gli ultimi uomini veri. Uomini che hanno passioni e identità. Ma, ahimè, tutto questo avrà breve vita! L'oggi muore e il domani sarà dominio esclusivo di banchieri e tecnocrati. Ah, e ovviamente di ragazzini rincoglioniti dalla Televisione!
Pur godendo di un successo di vari ordini di grandezza inferiore a quello di Gomorra di Roberto Saviano, anche Romanzo criminale è diventato quasi un brand: al film diretto da Michele Placido ha fatto seguito una serie televisiva, per la regia di Sergio Sollima, senza contare gli spin-off, i prequel etc. De Cataldo, scrittore di polizieschi e gialli con una carriera nella magistratura romana, si è pure guadagnato un posto come giudice di Masterpiece (insieme a Andrea De Carlo e Taiye Selasi), il trasandato e sfortunato talent-show nato dalla collaborazione tra Raitre e Bompiani che avrebbe dovuto far conoscere nuovi scrittori e ha totalizzato uno share da prefisso telefonico (come direbbe Travaglio). Il libro è del 2002 e io, con gran ritardo, mi sono deciso a leggerlo soltanto ora, stimolato anche dal desiderio di saperne di più sulla famigerata Banda della Magliana.
Roma, anni Settanta. Quattro delinquenti di media grandezza, soprannominati il Libanese, il Freddo, Dandi e il Secco, trovano il modo di concretizzare un famoso aforisma attribuito a Churchill in margine al patto Molotov-Ribbentrop (quello che combinano i mariuoli quando litigano è niente rispetto a quello che combinano se si mettono d'accordo). Il Libanese, in particolare, ha le doti del leader e sa che è il momento giusto per impadronirsi della capitale, riunendo sotto la propria guida un piccolo esercito e acquistando il controllo del traffico di stupefacenti, del gioco d'azzardo, dell'usura e della prostituzione. Il capitale iniziale viene acquisito con il sequestro di un nobile romano che finisce sottoterra. Si passa poi al reclutamento del personale, con la fedina penale come curriculum. Si elimina il precedente boss, il Terribile. Una volta che la banda si è ingrandita abbastanza e gli introiti sono costanti e in crescendo, i quattro decidono di fare il salto di qualità e stringono accordi con la camorra di o'Professore, con la mafia siciliana di zio Carlo, grazie ai buoni uffici di Nembo Kid, con i servizi segreti deviati guidati dal Vecchio e con alcuni esponenti della destra neofascista eversiva, fra cui il Nero, che diventa grande amico del Freddo. La banda viene così coinvolta nelle stragi terroristiche, negli omicidi di personalità del mondo della politica e della finanza e nei delitti di mafia. Tra le forze dell'ordine soltanto il giudice Borgia e il commissario Scialoja comprendono che esiste una regia unica per tutti gli episodi di cronaca nera che insanguinano la capitale, ma dovranno penare molto prima di far emergere la verità.
Il primo, grande, difetto del romanzo è lo stile, tanto semplice da diventare noioso. Sebbene raggiunga quasi 600 pagine (non le supera, se si considerano le numerose pagine bianche che fanno da intermezzo superfluo tra le varie parti e capitoli del romanzo), è scritto usando un vocabolario ridottissimo e ricorrendo in pratica solo ad anafore e metafore. Le frasi sono brevi, secche, ripetute in parte o del tutto e si susseguono senza alcuna variazione stilistica. Trionfano la paratassi e scarseggiano i congiuntivi. Non ci sono avverbi, pochissimi gli aggettivi, solo sostantivi e verbi. Le parti descrittive sono ridotte all'osso. Nei dialoghi i personaggi parlano con un'ombra di romanesco (o di siciliano), ma non abbastanza per dare credibilità e spessore. Talvolta De Cataldo usa espressioni un po’ sorprendenti sulla bocca di criminali incalliti (“sono 25 anni nella malavita”, dice il Puma) o si esprime in modo involontariamente parodistico quando afferma che un certo personaggio è “gentile con le donne”. A tratti sembra di ascoltare Ferruccio Amendola che doppia Pacino o De Niro.
Il secondo difetto riguarda la trama, che è di una linearità imbarazzante: i fatti vengono proposti in semplice ordine cronologico (come denunciano anche le date che costituiscono i titoli dei capitoli). Per quanto De Cataldo affermi che il suo libro non vuole essere una cronaca delle vicende della Banda della Magliana, si tratta proprio di questo: personaggi ed episodi sono in larga parte modellati sulla realtà di quegli anni, con un dettaglio che rasenta il giornalismo di cronaca nera e che distrugge qualsiasi pretesa di fare della narrativa. L'intreccio è fortemente schematico: ogni volta che la Banda si allarga, entrano in scena nuovi personaggi, che cominciano a interagire con i precedenti, poi qualcuno sgarra e finisce ammazzato, mentre l'elastico della tensione si allenta, per riprendere a tendersi al capitolo successivo. Gli unici momenti in cui ci si distacca da questo schema è per seguire le vicende “romantiche” del commissario Scialoja con la prostituta Patrizia/Cinzia, che si divide tra lui e Dandi (i personaggi femminili sono gli unici - insieme ai due rappresentanti dell'ordine - ad avere nome e cognome, probabilmente a sottolineare il carattere maschilista della banda): la liaison tra i due è peraltro ai limiti dell’inverosimile per un libro che intende essere estremamente realistico. Il profluvio di soprannomi dopo un po’ annoia: a un terzo del libro non si riesce a distinguere più fra il Sardo, il Secco, Scrocchiazeppi, il Cravattaro, il Pischello, il Sellerone etc. De Cataldo è talmente concentrato sull'inventare soprannomi che li inserisce persino nei rapporti della polizia, togliendo altri punti al realismo del libro. Del resto egli preferisce concentrarsi su alcuni personaggi per umanizzarli attribuendo loro qualche elemento positivo: ciò riguarda in particolare il Freddo, che stringe un'ambigua amicizia virile con il Nero e una relazione con una giovane donna, Roberta, estranea al mondo della criminalità. Per contro, insiste molto sugli aspetti negativi di Scialoja (l'unico personaggio che subisce una piccola evoluzione caratteriale), quasi per farne un doppio antitetico del Freddo. Tuttavia, se la maggior parte dei personaggi pecca di semplicismo, il Freddo e Scialoja sono troppo costruiti per risultare credibili. Nel film il Freddo è interpretato da Kim Rossi Stuart, e credo che anche qui abbia contato il desiderio di umanizzare il personaggio, rendendolo una sorta di angelo della morte. Sempre per umanizzare i protagonisti e tentare il lettore ad immedesimarsi in loro, De Cataldo introduce vari antagonisti (il Terribile, i fratelli Gemito, gli agenti dei servizi deviati etc.) che, in virtù dell'essere ancora più spregevoli, dovrebbero far risaltare "in positivo" i protagonisti, ma poiché azioni e intenti sono gli stessi per gli uni e per gli altri, la cosa non riesce.
Lo scopo di De Cataldo è costruire un’epica della malavita romana, adoperando uno stile formulare e scarsamente retorico, rivestendo i personaggi principali di un'aura mitologica e nel contempo radicandoli fortemente nella cronaca romana di quegli anni. Secondo alcuni, il modello è il noir americano (Chandler, Ellroy), ma mi pare che siamo più dalle parti di Mario Puzo e del cinema politico di Giuseppe Ferrara. L'operazione decataldiana però fallisce in pieno, a mio parere. Romanzo criminale non è certo un romanzo storico, ma non è nemmeno un noir o un poliziesco (non c’è alcun mistero da indagare e i fatti sono snocciolati in pedissequo ordine cronologico). Per esplicita ammissione dell’autore non è nemmeno una ricostruzione cronachistica (anche se lo sembra decisamente). Risulta anche piuttosto distante dal romanzo di Saviano, che costruisce un'epopea della malavita, senza mitizzarne i protagonisti e, anzi, rendendoli più realistici nella loro cruda esistenza criminale. E allora che cos'è? La mia personale impressione è che si tratti di una sorta di Padrino in salsa romanesca: una storia connotata come mito di una criminalità violenta e senza scrupoli che si salda con le trame oscure – mafia, politica, terrorismo, servizi deviati, strategia della tensione - dell'Italia degli anni Settanta e Ottanta, senza il respiro e l'epica che caratterizzano i film di Coppola. Lo confermano le vicende del Freddo, cui accennavo prima, soprattutto la deriva misticheggiante della sua amicizia con il Nero e la relazione con la dolce Roberta che rappresenta l'oasi di felicità che attende il guerriero reduce dalla cruenta battaglia. Il problema è forse che per dare spessore a simili personaggi ci vuole un buon regista piuttosto che uno scrittore: l'immaginazione, dirò forse una banalità, può essere sollecitata in questo caso soltanto dalle immagini di un film e non da una narrazione così volutamente naïve e scarna, con personaggi così poco caratterizzati.
Nello scrivere la mia review ho avuto occasione di leggere molte recensione favorevoli (sorprendentemente persino dai Wu Ming). Mi ha colpito in particolare quella di Francesco Martini, che consiglio di leggere e che credo individui correttamente i due elementi di forza del libro di De Cataldo, che però per me sono in realtà punti di debolezza. L'elemento “gattopardesco”, nel suo essere abusato, non apporta alcuna novità al romanzo e anzi lo condanna un po' al deja vu. L'elemento “pulp” secondo me non è abbastanza spinto per poter caratterizzare il romanzo quanto basta a renderlo speciale.
Consigliato a chi ama inventare soprannomi
Sconsigliato a chi odia le storie prive di personaggi positivi.
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La nascita, crescita e caduta di una banda criminale nella Roma tra gli anni '70 e '90. Ho sempre sentito parlare moltissimo di questo libro e della fama che l'accompagna ma devo dire che non mi ha convinta completamente. L'argomento ed i fatti li ho trovati molto interessanti ma penso che lo stile di scrittura abbia reso meno la forza finale di questo libro. Inoltre, a mio parere ci sono troppi personaggi che si incrociano e che finiscono per somigliarsi l'un l'altro (fatta eccezione per i "capi" che si distinguono molto chiaramente, gli altri vanno a mescolarsi, fatto dato soprattutto dagli infiniti soprannomi e mai nomi propri, come Sorcio, Botola, Bufalo, Secco etc.) Alcune scene le ho trovate un pò inverosimili, quasi da fiction. Peccato, speravo in molto di più.
Cronaca e finzione si mescolano alla perfezione in questo libro dallo stile un po' giornalistico e un po' quasi epico, che pesca a piene mani dalle vicende della banda della Magliana e del periodo critico degli anni settanta e ottanta in Italia per darci... questo.
La storia della nascita, dell'ascesa e della caduta di una banda criminale a Roma. Della Banda criminale a Roma, creata dall'unione di due piccolissimi gruppi ambiziosi, guidati da due capi con una visione e con molto cervello e sangue freddo.
Il Libanese, con la sua nostalgia di Mussolini, e il Freddo, calcolatore e distante. Dietro a loro, nomi che si sarebbero fatti pian piano lungo la strada: il Dandi e il Bufalo su tutti.
E poi, tra vicende reali e vicende fittizie, tra attentati e servizi segreti deviati, tra regolamenti di conti, nuove bande, legami con la mafia e intrecci amorosi, la storia si dipana quasi da sola, sviluppandosi verso il finale già scritto, già segnato.
Il prologo mi ha fregato, ero sicuro si riferisse al Dandi e invece solo alla fine ho capito chi ne fosse il protagonista.
Lo stile, asciutto, senza fronzoli, essenziale, aiuta a dare un taglio giornalistico alla storia, così come i capitoli che riprendono verbali, gli incroci con eventi fondamentali della storia recente italiana e le indicazioni temporali prima delle parti in cui si suddivide il libro. Mentre l'epica viene direttamente dalla storia, dalle visioni dei capi che vogliono costruire qualcosa, creare un'organizzazione duratura laddove tutto è sempre stato finora effimero, frammentato, diviso. E poi dalla crescita dei personaggi che sopravvivono alla strada e ai tradimenti, la loro evoluzione, la ricerca di un modo per ripulirsi, uscirne in parte. E anche l'utilizzo di soprannomi aiuta l'epica, ovviamente.
La storia è segnata, certo, ma come per i libri di Don Winslow si rimane incollati alle pagine, incapaci di staccarci da quella strana sorta di fascino perverso che il Male reale esercita da sempre sula gente, pur con tutte le distinguo sullo stile diversissimo dei due autori.
Volevo leggere questo libro da parecchi anni, e non ho mai visto la serie tv per ora. Adesso sono contento di averlo letto e ho intenzione di recuperare le due stagioni televisive.
"L'oggi muore e il domani sarà dominio esclusivo di banchieri e tecnocrati. Ah, e ovviamente di ragazzini rincoglioniti dalla televisione!"
Romanzo Criminale è un capolavoro di genere. Ci sono due aggettivi che, a mio avviso, possono rispecchiare i due principali motivi per cui un libro del genere possa piacere. Il primo è gattopardesco : è un libro che racconta l'"italiaccia" dei marci e dei corrotti, che racconta profeticamente le radici del nostro "Paese Criminale". Il secondo è pulp : è un libro pulp, criminale, noir, molto più pulp di Scarpa, Nove, Pinketts o Ammaniti. Ok, forse non più pulp di Ammaniti (perdonatemi, non ho saputo resistere). In ogni caso, io ho scelto il secondo motivo.
Indipendentemente dal sapere se sia aderente o meno alla vera storia della banda della Magliana (non lo è, a quanto pare), questo libro, come dicevo, è un capolavoro di genere. I dialoghi sono brillanti (non è vero che sembrano di plastica, chi li vede come tali è fatto per un altro genere di romanzi), gli intrecci sono perfetti e la storia è imprevedibile quanto deve esserlo quella di un romanzo che, aderente o non aderente, è comunque ispirato da fatti realmente accaduti. Non è giusto soffermarsi sugli aspetti "gattopardeschi", perché quelli lo accomunano, invece che differenziarlo, ai libri di tante persone che amino il proprio paese.
In definitiva, un libro da leggere: assolutamente, nel caso come me siate amanti del suddetto pulp; probabilmente, se siete amanti della buona letteratura.
E' un testo dal ritmo serratissimo. I fatti si susseguono in una scrittura velocissima, al limite del nevrotico, dove ci sono passaggi repentini da una scena all'altra. Situazioni che ad altri scrittori avrebbero richiesto pagine e pagine, qui vengono risolte in poche battute. Questo stile può far storcere il naso agli amanti del 'bel dire', ma di certo non si può ignorare la sua innegabile forza, senso della sorpresa, un forte straniamento.
E' un testo per gli amanti delle narrazioni: una lunghissima sequenza di fatti che intreccia le vite di un gran numero di personaggi. Non aspettatevi analisi psicologiche dettagliate: i personaggi sono delle maschere, degli stereotipi, sono caratterizzati da pochi tratti distintivi che li accompagnano fino all'ultima pagina.
Anche se il tema è bello pesante, non ci sono lunghe dissertazioni moralistiche. La denuncia nasce dal contrasto: questo dovrebbe essere un 'romanzo' (tanto che è scritto anche nel titolo), la stessa scrittura ricorda quegli accumuli di fatti tipici dei romanzi cinquecenteschi. Eppure, più si va avanti con la lettura e più quel termine, romanzo, sembra una presa in giro. La realtà ci aggredisce, senza che quest'ultima si palesi apertamente.
E' un testo che, però, va letto con la dovuta leggerezza, anche se è stato fatto passare come un grande capolavoro, come una svolta epocale delle letteratura italiana. Ci sono molti elementi di originalità, molti elementi interessanti, ma è come se non riuscisse mai a convincere pienamente della sua genialità. Ma è un buon testo, il non essere geniale non può essere annoverato tra le pecche. Consigliato agli amanti delle trame intricate, anche se grosso si legge molto velocemente.
quando un libro ti fa stare sveglio fino alle tre del mattino a divorare un capitolo dopo l'altro, quando i personaggi sembrano uscire dalle pagine, è difficile non usare la parola "capolavoro".
Il tentativo di organizzare la criminalità romana a partire dalla seconda metà degli anni 70 prende il nome di "Banda della Magliana". A modo loro ce l'hanno fatta, un'illegalità tentacolare che, tra sequestri, traffico di droga e gioco d'azzardo, oltre alla dominazione del territorio e strizzatine d'occhio ai gruppi di Destra, si è infilata anche in qualche 'ufficio' dei servizi segreti.
De Cataldo mostra una Banda che, intenta a perseguire lo scopo di diventare padrona di Roma, nel corso degli anni non riesce a imporre a se stessa la necessaria mentalità organizzativa, oscurata da quelle incomprensioni e gelosie interne che a lungo andare sfilacciano i 'buoni' propositi. A parte la violenza presente nelle loro azioni, e la manciata di 'capi', nel romanzo sembra di avere a che fare con un mucchio di ragazzini felici di godersi il momento ma incapaci di guardare avanti in quanto 'gruppo', incapaci di avere una visione che si discosti da quella di ragazzi di borgata. Un po' poco, considerando gli autorevoli colleghi mafiosi.
Da un punto di vista 'Storico', tra cose non dette e altre viste di sfuggita, il romanzo sfiora superficialmente i punti salienti del periodo di vita della Banda, concentrandosi più sui vari soprannomi e dando l'impressione di una lunga scampagnata tra amici/nemici, con qualche ammazzatina quando serve (ma anche no) e molti litigi, egoismi vari e visioni incomprese di pochi 'illuminati' in materia di criminalità.
As a tale of the rise and fall of a criminal organisation it is thrilling, sometimes savage and always gripping.
The main characters, of which there are many, are developed compellingly throughout the book. Friendship, loneliness, ambition, guilt, loyalty and betrayal are some of the themes that De Cataldo shows us from a variety of perspectives, through the band members' interwoven relationships with each other, but also with themselves.
A sense of moral ambiguity prevails as the never-banale sequence of events unfolds, with the author refusing to draw a line between good guys and bad guys. The story starts with a few petty criminals in Rome but De Cataldo expertly broadens the book's perspective bit by bit, so that by the end we are left with much more than we bargained for: not just a 'Crime Novel' but a thought-provoking look at a very difficult and controverial period of Italian history.
Let's hope it is translated into English so it can be enjoyed by more people. The TV series based on the book is also excellent and the first series has been broadcast in the UK on Sky Arts
Inizia tutto verso la fine degli anni settanta, e finisce sulla soglia dei novanta, raccontando di un'altra faccia di Roma, quella che vedono tre ragazzi, che portano avanti un sogno, e lo realizzano, nel peggiore dei modi, ma anche quel sogno è il peggiore dei sogni. Eppure il lettore li sostiene, li conosce, si affeziona a quei tre e a chi finisce per girargli intorno. Dall'altra parte un poliziotto ossessionato dalla faccenda, ma che finisce per rimanerci intrappolato dentro. Due schieramenti senza possibilità di vittoria. Personaggi potenti. Una storia bella (ma cruda) che inizia e finisce. Cataldo scrive da Dio. È lunga, è pesante, ma la fine vale tutta la noia che arriva a metà romanzo.
Awfully boring and surely overrated. I can understand it was a good script for a movie, but taken as a book, it is far from being a good one. The story is pretty simple - rise and fall of a criminal organisation - and I found the book quite poorly written. It presents an endless series of facts, and the description of the characters is always pretty superficial (there is a big difference between saying 'he was an ass' and let the reader understand it). There is no sympathy, no empathy. You don't like them, but you don't hate them either. They're just there, page after page, while you read facts.
rilettura deludente: l'ho trovato sciatto e approssimativo, con dialoghi improbabili e personaggi bidimensionali. sarà che son passati anni dalla prima volta- e dopo film, saggi e serie tv sull'argomento vedo tutte le pecche della storia che l'autore ha dovuto (necessariamente) semplificare. resta il fatto che si legge bene e, a modo suo, parla di storia.
Non avendo visto né il film né la serie, pensavo fosse un giallo classico ed invece ho scoperto trattarsi di una storia di gangster. La banda della Magliana. Non è il mio genere.
I personaggi e gli eventi mantengono alta l'attenzione e la curiosità del lettore fino alla fine della storia. Mi é piaciuto, ho provato diverse emozioni, positive e negative, e questo per me é importante in una lettura.
Libano is a young, small-time hoodlum with big plans; to completely dominate the Roman underworld. He enlists the help of long-time friend Dandi, and a fellow small-time hoodlum, Freddo. They decide to raise funds for their operation by kidnapping an aristocrat. Rather than waste the proceeds, Libano convinces his accomplices to use it to set up a criminal organisation that they can all have shares in, rather than reporting to bosses.
The gang grows, initially by investing in the drug trade, and then moving into gambling. They enforce their dominance with ruthless and murderous efficiency, and eliminate or sideline all of their major rivals. As their power grows, they start to form covert links with government, the police, the secret service, fascists, terrorists, and other criminal brotherhoods.
From the kidnapping that started it all, the implacable Inspector Scialoja is on the trail of the gang. Desperate to prevent their rise, he sometimes stoops to dubious methods, and is endlessly frustrated by the leniency the gang gets from the judiciary through their political contacts. Scialoja is also bedevilled by his lust for a woman involved with Dandi.
This sprawling novel is rooted very firmly in fact, based on the story of the Banda della Magliana, which terrorised Rome during the "years of lead", from the 1970s to the early 1990s. All of the main characters of the gang are identifiably based on real criminals, and many of the crimes recounted are based on actual events. Cataldo's characters, especially Freddo, Scialoja, Dandi and his moll Patrizia, leap off the page and are presented in all their corruption, intensity and internal conflicts.
Very good story about hoodlums who try and conquer Rome's criminal society between 1977 and 1992. In addition to their rise to power , the book describes the way they are used (along with far right extremists) by the powers that be in their "strategy of tension" to fight against the far left subversive organizations (like the infamous Red Brigades, Brigate Rosse in italian) during the "Years of lead" (Anni di piombo). Having some knowledge of the period can't hurt to understand some events better (Moro's kidnapping and assassination, the bombing of the Bologne's station...) It tragically describes the violence and the corruption of this sad period of recent history in Italy, but sometimes with a delicate touch of (black) humour which makes me regret that I'm not fluent enough in italian to read it in that language to get all the subtleties of the original text. The translation clearly makes me feel that De Cataldo went to great length to get local slang and accents the way they should be. Readers shouldn't miss the movie adaptation by Michele Placido.
La storia sanguinosissima della Banda della Magliana, che spadroneggia a Roma tra la fine degli anni '70 e gli '80 incastrandosi tra Brigate Rosse, mafia siciliana e stragismo di destra con le relative coperture di stato, viene romanzata da De Cataldo con stile asciuttissimo, spostandosi senza sosta tra le visioni dei tantissimi personaggi e quella del narratore onnisciente, pure questa spesso in romanesco.
Le pagine sono tante ma scorrono rapide scandite dai brevi paragrafi che raccontano solo fatti e mai descrizioni o riflessioni: queste sono lasciate al lettore che di volta in volta è chiamato a meditare sulla storia patria, la psicologia dei personaggi (come ho letto in una recensione su Anobii: "attenti di chi vi innamorate"), la politica.
Mi ha preso dalla prima pagina e alla fine mi ha lasciato l'amaro in bocca, come in ogni noir che si rispetti.
A parte che mi hanno ammazzato troppo presto e non ci sto, perché io facevo il tifo per lui; a parte che Patrizia è una grandissima stronza e mamma mia quanto l'ho odiata; a parte che "il bene" rappresentato da Scialoja mi ha messo il prurito addosso e proprio non ce l'ho fatta a fare il tifo per lui; a parte che QUANTO SEI BELLA ROMA, OH.
Ecco, a parte tutto ciò, ci sono rimasta come una fessa quando entusiasta parlavo con i miei del libro e.. "Eh, sì, è la storia romanzata della banda della Magliana" "... Eh?" "... Non lo sapevi?!" "EVIDENTEMENTE".
Ecco, io non voglio fare il tifo per i cattivi veri, avrei voluto rimanere nella mia ignoranza e godermi il romanzo, lì borderline con la mia coscienza e con l'ansia di essere presa (IO, mica loro!).
Sono indecisa, ora però vado a cercarmi un libro meno romanzato sulla banda, va.
Mi è piaciuto il lavoro che ha fatto De Cataldo con il personaggio di Scialoja. All'inizio del romanzo Scialoja è un poliziotto giovane, un po' ingenuo, idealista. Ma non resta congelato su quest'immagine, si fa cinico e si libera degli scrupoli. Alla fine è completamente inserito nel Sistema, riceve dalle stesse mani del Vecchio l'eredità di potere e misteri occulti. Un vero Noir come lo intende Deleuze ( http://www.carmillaonline.com/archive... ) senza una deduttiva risoluzione di misteri: i misteri si moltiplicano, si fanno insondabili e la giustizia non trionfa affatto.
4.5 stelle che c'è da dire?? romanzo capolavoro del noir crime italiano.. avevo visto la serie anni fa, e ho aspettato di dimenticarla a grandi linee per godermi di nuovo il romanzo.. e devo dire che mi è piaciuto addentrarmi di nuovo nella torbida storia romana e italiana.. fantastici i mille riferimenti alla nostra reale storia.. stile di scrittura asciutto, sferzante e con una struttura positivamente "caotica" che salta da una parte all'altra, un narratore onniscente davvero ben riuscito.. (mi ha ricordato molto Luthar Blissett/Wu Ming di Q).. personaggi crudi, realistici e appaganti.. la mezza stella che manca è a causa delle ultime pagine, dove la storia è un po' troppo trascinata per le lunghe avvolgendosi un po' su se stessa.. ma il risultato finale è davvero spettacolare!!
Una lettura sicuramente molto interessante, sia da un punto di vista formale e stilistico, sia da un punto di vista prettamente contenutistico. Rimango tuttavia fedele e ancorata alla serie TV - ideata sempre dallo stesso autore, Giancarlo de Cataldo, e prodotta da Cattleya e da Sky Italia - in quanto molto più coinvolgente e cruda, con una maggiore attenzione alla psiche dei personaggi, nel romanzo molto più debole, e una linearità maggiore per quanto riguarda la trama e le vicende narrate. È stata una lettura/visione molto formativa in relazione anche alla presenza di elementi prettamente tecnico-giuridici, si riconosce la mano di un magistrato come autore. Paradossalmente consiglierei di vedere prima la serie TV e poi di leggere il romanzo, nonostante la prima sia stata ispirata dal secondo.
No spoiler ma il Libanese best character ever >>>.
Deprimente. Le donne, i cavalier, l'armi e gli amori, Roma capoccia e irriducibile " palazzo", pingui epigoni del machiavellismo, una speranza che si dipana velocemente lungo le pagine per terminare bruscamente con l'ultima di esse, rendono dolorosa la lettura. Non è un romanzo d'inchiesta ma la storia presente e probabilmente futura del belpaese.
- Come dice, prego? Lo stile? Ironico, asciutto e terso. Niuna sbavatura, niuna concessione, si rifrange sul lettore come faccette di diamante, ognuna personaggio chiave, necessario ma non fondamentale, luminoso ma non abbacinante, del libro. Un insieme disomogeneo che realizza un prezioso gioiello.
- Desidera ulteriori ragguagli? Allora le suggerisco l'acquisto. Condensati e anticipazioni qui sarebbero svilimento.
Feeedback from A.:
No comment, perxhé rimango ammiratamente ssenza parole. Mi limito a dare il mio modesto punticino utilità. Pertinace scrive nel gruppo"Pert a Sinistra ma non in fondo". E le banche paghino l'IMU ha detto il Dec 2, 2009
I tuoi valgono triplo, perchè sono "oculati" :-) charta ha detto il Dec 3, 2009 Rimuovi
Posso aspirare almeno al valore doppio, 'che sono oculata pure io? :) capobanda-anche su Goodreads ha detto il May 4, 2011
Eccerto :-) charta ha detto il May 4, 2011
eddai!
De Cataldo ci campa ancora su 'sto libro: l'unico che gli sia riuscito... ercole ha detto il May 29, 2011
Mica lo critico, anzi!! È deprimente perchè ha colto benissimo molti aspetti del bel paese... :-( charta ha detto il May 29, 2011
Per i miei gusti c'era troppa America de 'noantri. Diciamo un L.A Cofidenzial all'amatriciana. La tragedia è che questi tipi esistono. Maria Francesca: anche su Goodreads senza capirne nulla! ha detto il Jun 23, 2011 Rimuovi
Il libro non mi attira(va) Dopo questa recensione di gran classe mi sa che ci ripenso Complimenti :) Gianfrancesco ha detto il Jul 21, 2012
Da questo romanzo sono stati tratti un film (che dalle recensioni mi pare neanche passabile) e una serie tv in due stagioni decisamente ben fatta, tanto che non sembra neanche una serie italiana. Del romanzo ho scoperto l'esistenza vedendo la suddetta serie, al che mi sono incuriosita e sono passata alla lettura del testo originale. Il romanzo è bello, segue le vicende di una banda criminale di Roma (De Cataldo prende spunto dalla banda della Magliana, però poi cambia alcuni dettagli) nella sua ascesa verso il potere che porterà i componenti a essere i Re di Roma. I protagonisti sono tanti, quelli più carismatici sono però Il Libanese, il Freddo e il Dandi, ovvero le figure più di spicco della banda, Scialoja, commissario di polizia votato all'incarcerazione dei componenti della banda e Cinzia, ovvero Patrizia prostituta a cui il Dandi è legato. Oltre a questi ci sono anche mafiosi, giudici, spacciatori, contabili e uomini dei servizi. Il punto di vista si alterna tra la banda e il poliziotto fino alla costruzione della storia completa. Purtroppo il romanzo l'ho letto dopo aver visto l'omonima serie e rispetto alla realizzazione televisiva a mio parere perde. I due prodotti non sono proprio speculari: la serie parte da un buon prodotto e lo arricchisce con episodi che aumentano il coinvolgimento dello spettatore e non segue pedissequamente lo svolgimento del romanzo.
La folgorazione del primo anno di università: la docente di storia contemporanea che ci invita a disertare l'uscita cinematografica e a recuperare il romanzo. Mi sorprende oggi la semplicità con cui mi precipitai in città e lo comprai a scatola chiusa, senza aver ancora maturato fiducia nelle opinioni della prof. Molto lontano da quello che leggevo allora e che leggerò in seguito, sconosciuto alla mia confort zone, mi lascio rapire da più di cinquecento pagine di ferocia, ma anche poesia, sensualità, letteratura, intrighi, sentimenti. Avvincente come un thriller e profondo come un romanzo splendidamente riuscito. Non so se lo apprezzerei così tanto oggi, ma a 20 anni è stato uno dei miei battesimi letterari.
per chi crede alla teoria del grande vecchio. io non ci ho mai creduto, ma riconosco che è affascinante. il resto è assolutamente realistico: un'immagine di un paese stretto nella rete di collusioni tra politica, mafia, criminalità organizzata, terrorismo, giudici corrotti e poche persone che fanno il proprio lavoro (dovere è una brutta parola, qui) con passione e dedizione. fa incazzare, soprattutto quando ci si illude che gli eroi siano buoni, mentre sono criminali come tutti gli altri. chi ne esce peggio è la polizia carceraria.
troppo lungo e senza acuti, ma appassionante. da leggere in fretta per non interrompere il ritmo, altrimenti si smonta come un soufflé.
Tutti accomunati dal sogno di contare finalmente qualcosa, tutti insofferenti dei vecchi capi e degli stranieri che vengono a spadroneggiare in casa nostra. Tutti accesi dalla fantasia di prendersi una buona volta la vecchia mignotta eterna co’ tanto de lupa e gemellini.
Storia romanzata della Banda della Magliana, dagli anni '70 ai primi anni '90. Affascinante e anche parecchio inquietante. Unico punto debole secondo me il perdersi in mille storie periferiche che rischiano di rendere il romanzo un po' dispersivo.
Lungo, noioso e ripetitivo, poco coinvolgente, si risolleva un pelo andando verso il finale. Tutto questo potrebbe far pensare che l'intento dell'autore sia stato solo quello di mitizzare dei pericolosi criminali piu' che raccontare e testimoniare una pagina di storia italiana, anche se ovviamente e' un idea molto difficile da dimostrare. E questo e' un peccato, in quanto la vicenda poteva benissimo essere raccontata in ben altro modo, catturando meglio l'attenzione del lettore.