Δεκαπέντε χρόνια μετά τον επίλογο του Εκκλησιαστή.
Οι Wu Ming, η κολεκτίβα συγγραφέων που στο ξεκίνημα της υπέγραφε ως Luther Blissett, επιστρέφουν στον κόσμο του πρώτου μυθιστορήματός τους. "Τι είδους σημάδι είναι η εμφάνιση του ουράνιου τόξου, όταν δεν έχει βρέξει και η ατμόσφαιρα είναι ξηρή και καθαρή; Είναι σημάδι ότι η γη θ' αρχίσει να τρέμει κι ολόκληρος ο κόσμος να κλυδωνίζεται."
Βενετία, 1569 μ.Χ. 'Ενας υπόκωφος θόρυβος τραντάζει τη νύχτα, ο ουρανός βάφεται κόκκινος και κρέμεται βαρύς πάνω από τη λιμνοθάλασσα. Το Ναυπηγείο καίγεται, το κυνήγι του ενόχου ξεκινάει. Ένας πράκτορας της Γαληνότατης, που 'χει αλλάξει την πίστη του σαν να 'ταν πουκάμισο, δραπετεύει χαμένος προς την Ανατολή. Η Κωνσταντινούπολη θα είναι ο τελικός του προορισμός. Στο αποκορύφωμα της οθωμανικής ισχύος, θα γνωρίσει τον εχθρό και το φόβητρο της Ευρώπης, τον ισχυρό Εβραίο που από το Βόσπορο εναντιώνεται σε δύο χιλιετίες καταπίεσης και προκαλεί ολόκληρο τον κόσμο, τον Τζουζέπε Νάζι.
Εν τω μεταξύ, από τα σύνορα της Αυτοκρατορίας, ένας άλλος άνδρας ξεκινάει το ταξίδι του για το τελευταίο του ραντεβού με την Ιστορία. Στο λαιμό του φοράει ένα νόμισμα, αναμνηστικό από το Βασίλειο των Τρελών. Επαναστάσεις, ίντριγκες, συγκρούσεις πολιτισμών. Καινούργιες μηχανές υποκινούν απρόσμενες δυνάμεις, συμπιέζουν το χρόνο και τον διαλύουν. Λευκωσία, Φαμαγκούστα, Λέπαντο: άνδρες και πλοία ορμούν προς την τελική σύγκρουση.
Wu Ming (extended name: Wu Ming Foundation) is the collective pen name of four Italian writers: Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi and Riccardo Pedrini, respectively known as "Wu Ming 1", "Wu Ming 2", "Wu Ming 4" and "Wu Ming 5". "Wu Ming" means "anonymous" in Chinese. Although their real names are not secret, the four authors never use them. The quartet was a quintet until 2008, when Luca Di Meo aka "Wu Ming 3" left the group. Wu Ming had previously been using another pen name: Luther Blissett. http://www.goodreads.com/author/show/... Under that nom de plume, Wu Ming wrote the novel Q. Each member of the group also writes as an individual author: Wu Ming 1 http://www.goodreads.com/author/show/... Wu Ming 2 http://www.goodreads.com/author/show/... Wu Ming 4 http://www.goodreads.com/author/show/... Wu Ming 5 http://www.goodreads.com/author/show/...
Prima di leggere questo libro non avevo la minima idea di chi fosse Wu Ming. Pensavo addirittura fosse uno scrittore asiatico e non un collettivo di scrittori, come poi ho scoperto. Avendo già letto "Il mio nome è rosso" di Pamuk, che mi ha permesso di conoscere e approfondire l'Impero Ottomano e le sue bellezze, avevo il presentimento che questo libro mi sarebbe piaciuto, ma non avrei mai immaginato fino a questo punto. È la storia di Manuel che rinnega il suo essere ebreo e che vive in un periodo storico in cui gli ebrei sono considerati la feccia della società. Proprio per questa ragione, Manuel si allontana da Venezia per giungere nella Costantinopoli del Cinquecento caratterizzata da un crogiuolo di etnie: giudaisti, ebrei, musulmani. Proprio a Costantinopoli conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e spauracchio d'Europa che vuole riportare l'ordine e volare come gli altai, i falchi che dominano la città e cercherà di riscattare il suo debito con la storia.
Prima cosa, sorprendente, di nuovo, rendermi conto di come i Wu Ming siano capaci di mutare, adattare, modellare il linguaggio sulla base della necessità che la storia raccontata porta con sé.
Poi.
L'ho sentito diverso. Come se una telecamera, dopo aver ripreso la moltitudine, o la coralità, si fosse concentrato sull'intimo. Se Q è un grido, Altai è un parlato. Se Manituana [o 54] è un coro, Altai è una voce solista. Se Q è una corsa, a perdifiato, fino a sentire i polmoni scoppiare, Altai è un cammino, in salita, in discesa, di nuovo in salita. Raramente faccio paragoni tra i libri dello stesso autore, e soprattutto in questo caso mi ero ripromessa di non farlo, soprattutto con Q, viste anche le "polemiche" sul presunto seguito. Io non mi aspettavo che lo fosse, sono contenta che non lo sia. Ma mi è uscito a fior di labbra, più di una volta, mentre procedevo con la lettura: è diverso. Nonostante alcune similitudini. Meno epico? Non so se è la parola giusta. E comunque, per amor della precisione, non si tratta di raffronti sul piano del meglio/peggio, più bello/più brutto. Ogni libro è una storia a sé. Si scrive seguendo un percorso interno personale.
Bello. Non c'è dubbio. Rimane addosso. Immagini e frasi si insinuano nel pensiero. Ha un suo suono, particolare, che si incolla alla pelle. Questo sì. Certe intimità/paure/pensieri di Manuel [che a tratti mi ha fatto davvero innervosire] restano appuntato sul quaderno che tengo sul comodino.
Un tuffo al cuore rivedere un vecchio amico, che ve lo dico a fare.
This is a novel set within the historical events in the Mediterranean from 1569 through 1571, beginning with the arsenal fire of Venice, moving on to the household of rich Jewish trader Joseph Nasi in Constantinople, from there on to the Ottoman invasion of Cyprus, on to the massacre following the surrender of Famagusta, then to the naval Battle of Lepanto, and thence back to Constantinople for a description of the consequences of the war.
The story follows a fictional character Emmanuele De Zante through all these events. Emmanuele is half Jewish by his mother, but he has been able to live most of his life as a good Catholic in Venice where he has risen in government ranks as a trusted spy catcher and agent. But he is forced to flee to the Ottomans (enemies of Venice) when his true identity is discovered because of his missing a short piece of skin.
At this time in history the Ottoman Empire seems much more open to religious tolerance than the inquisition filled Spanish and Italian lands. Interestingly, there is a thriving Jewish community in Constantinople filled with refugees driven from Spain, Portugal and the Italian Peninsula. Some of these refugees are quite wealthy and includes individuals such as Joseph Nasi who helps finance the Ottoman military forces in the conquest of Cyprus.
According to this book’s story Joseph Nasi was planning to be King of Cyprus and intended to set up a kingdom that would serve as a Jewish homeland and would be tolerant of other religions. After the successful invasion he was allowed to keep his titles, but little power came with them. So his dream wasn’t achieved, but it is a historical fact that the Jewish community on Cyprus continued to thrive under Ottoman rule.
The reason I was interested in this book is because it is billed as a sequel to the novel Q, a novel about the Reformation. I wanted to know what became of the militant Anabaptist character in the novel Q. (Proto-Communist revolutionary 300 years prior to Karl Marx is better description.) He had managed to be present at every bloody confrontation of the era including the Battle of Frankenhausen where he served beside Thomas Müntzer on the side of the revolting peasants. From there he moved on to the Münster Rebellion, managed to escape alive to find refuge in the low country (Holland and Friesland), and then escaped to Italy where he preached seditious sermons to peasants and connived with the Pope selection process. This character used so many names in the novel Q that I wasn’t sure I’d recognized him in this book. But sure enough, he shows up this time as an old man who has spent a life time fighting for liberty for oppressed poor people everywhere. His latest conflict with the authorities was a rebellion in Yemen against the Ottomans. In this book he functions as an old man known by all the pirates and underworld types whose cooperation was required for some of the plot's activities.
This book as well as Q were written by committee, not a single person. From the narrative I have concluded that the committee is made up of horny male anarchists.
Seguito spirituale di Q, la scena si svolge fra Venezia e Costantinopoli fra il 1569 e il '71, fra la presa di Cipro e la battaglia di Lepanto . Emanuele de Zante è un uomo in fuga dalla laguna che lo ha accolto benevola, che gli ha dato un nuovo nome, nuovi natali, una nuova religione e un lavoro sporco: la spia. Lo stesso uomo si ritrova diverso a Costantinopoli, ritrova le sue origini, il suo popolo e si mette al servizio di chi gli fa salva la vita per necessità e poi per fedeltà. Un quadro in cui i dettagli sono perfettamente delineati da una mano fiamminga, i tetti d’oro che brillano sotto la neve della bellissima Istanbul, la costa che splende dei riflessi del mare, i minareti che si innalzano al cielo mentre si sente il canto del muezzin, i cieli neri delle notti senza luna, con qualche bagliore di stelle. Tutto è perfetto nella bella città d’oro. Ma l’animo è inquieto. Teme nuovi attacchi del nemico e striscia attraverso trame, intrighi sotterfugi all’ombra di tende preziose e palazzi bianchi. Emanuele torna ad essere Manuel, così come la sua madre giudea lo aveva chiamato, la riscopre nel fondo del suo cuore dove ritrova la forza per andare avanti e affrontare nuove prove della sua vita, con due dadi in tasca che gli danno un ordine VI VI. Si ritrova a parlare lingue dimenticate, a cantare nenie ritrovate nella memoria. La libertà che credeva persa gli viene restituita da chi crede di nuovo in lui, da chi prima nemico diventa amico, poi fratello. E qui scopre la sua vera natura: un falco, un Altai rapace pronto a difendere chi lo ha fatto volare libero nel cielo. Un libro sulla religione, sulla tolleranza, sull’amicizia, sulla capacità di vedere le cose sempre da angolazioni diverse, su come i mezzi che si usano siano importanti per raggiungere un fine. La scrittura è molto curata, l’azione è veloce, il pensiero ancora di più e il libro si divora. Una nuova sfida vinta per il collettivo, che scavando nel tempo dimostra che in fondo le cose non sono cambiate. Il potere acceca, rende schiavi e uccide. Un bel giorno, un khalifa si imbatte in un gruppo di uomini, tutti seduti a fare niente. Chiede a loro chi sono, ed essi rispondono: “Siamo quelli che si affidano al volere di Dio. Ci pensera il Clemente e Misericordioso a sostentarci, perche noi abbiamo fede in Lui”. “Siete solo pigri parassiti! – dice allora il khalifa, e intanto scuote il pugno davanti alla faccia di quello che aveva parlato. – Per quelli come voi, io provo solo disgusto”. “Ma perche ci parli in modo tanto duro?” chiede quello che aveva parlato. “Chi ha davvero la fede in Dio, – spiega il khalifa, – prima pianta semi nella terra, e solamente dopo si affida al Suo volere”.
Ladies and gentlemen, historical fiction at its best.
Come si fa un romanzo storico-avventuroso? Si prende un protagonista mediamente esperto di affari militari e/o politici, possibilmente lacerato dai dubbi relativi al soggetto in cui riporre la propria lealtà; si sbatte il protagonista in mezzo alla scena politica mondiale facendogliela vivere da comprimario, ma in modo che il suo apporto sia decisivo per le sorti di quella medesima scena politica; si dà al protagonista un po' di tenerezza e umanità e poi lo si lascia scegliere dicendogli "o lei/lui o il tuo ideale". E... BAM!
Avendo letto Q uno potrebbe aspettarsi qualcosa di simile, leggendo Altai. Infatti, il mio primo pensiero è stata la paura, perché Q non è un libriccino facile facile da leggere... E invece no, non è il secondo capitolo delle guerre di religione in Europa, è più uno spin-off: alcuni personaggi ricorrono (Gert è ormai un mito, più che un uomo... e Yossef? Un uomo che vive nel futuro, ... E David? La fedeltà fatta persona), alcuni sono nuove conoscenze (Manuel è uno dei personaggi più capaci di suscitare empatia che mi siano capitati ultimamente); la narrazione è ugualmente avvincente, ma molto più semplice e lineare; l'ambientazione si sposta più a oriente, ma il tema è lo stesso. Il tema. Quello che accomuna Q ad Altai è la visione utopica di un'umanità tollerante, la speranza in un futuro fatto di fratelli, la libertà del singolo di professare il proprio credo... e dei potenti che, poi, riducono in polvere questo sogno, a colpi di spada e di cannone.
Menzione speciale per Mimi Reis, maomettano barese. Un grande. A lui la battaglia di Lepanto fa un baffo.
[anobii, Sep,2010 (qualche mese prima avevo, per la prima volta, incontrato il signor Blissett ed il suo "Q". Ed ero rimasto ... incantato ...] “Uccidiamolo e gettiamolo in un pozzo” (Genesi 37,20) “- Volevate fondare il regno di Dio sulla terra, non è così? Volevamo giustizia. E una ragione per vivere e morire.” Venezia, il Mediterraneo, Costantinopoli, la conquista ottomana di Cipro ed i suoi orrori, la Battaglia di Lepanto … è De Zante/Cardoso a condurci per mano, non più Gert dal Pozzo, ma il risultato è lo stesso. La Storia ci affascina e ci si disvela come mai ci era apparsa: un prodigioso strumento di conoscenza e comprensione della realtà. Qualcuno ha scritto: “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”. Conoscere il passato aiuta quindi a comprendere il presente e ad immaginare (e a … prevenire?) il futuro … “- Machiavelli ha scritto che bisogna guardare il fine, non i mezzi. Sì, anche Yossef me lo ha ripetuto spesso. […] Con gli anni, ho invece imparato che i mezzi cambiano il fine.” Non sarà la psico-storia di Asimov, ma il signor Collettivo WuMing, pur raccontando del passato, apre squarci (inquietanti) sul futuro. E questo, in un momento in cui la nostra storia, anche quella più recente, sta subendo una manipolazione mediatica degna del 1984 di Orwell: “la menzogna diventa verità e passa alla storia” …
Many of us in the English speaking world and elsewhere in western Europe convince ourselves that we've been at the centre of the world since the 16th century if not before, but how wrong we are. As John Darwin shows in his compelling After Tamerlane western Europe and its North Atlantic offshoots were marginal players in a world centred on west Asia and the tensions between the descendants of the eastern Rome (by this stage, Istanbul as the centre of the Ottoman world) and the resurgent but barely coherent Catholic world. In this, Wu Ming’s sequel to the marvellous Q (under their earlier nom de plume, Luther Blissett), we are taken into this world, the tensions between the mutually dependent Ottoman and Venetian worlds (little was it to know, the late 16th century was to be Venice’s swan song).
In this case we have the Venetian spy Emanuele De Zante investigating an explosion at the Arsenal only to find himself become the prime suspect resulting in his decision to flee Venice, eventually finding himself at the heart of an Ottoman conspiracy to force a war with Venice. Wrapped up in this is a plan for a Jewish national home/kingdom in Cyprus – there is no sound historical evidence to suggest that the Ottoman occupation of Cyprus after 1570CE/978AH had anything to do with a Jewish kingdom, but as with all good historical novels there is enough of the real here to give the story a sense of verisimilitude. There was an Ottoman/Venetian was from 1570-1573 that resulted in the Venetian withdrawal from Cyprus, Venice was joined by a Catholic alliance that saw the defeat of the Ottoman fleet at Lepanto even though they held Cyprus. On top of that, many of the characters, especially in the Ottoman Court, were players in that war, but key figures in the book such as Joseph Nasi and his aunt Gracia Mendes Nasi as well as many other peripheral characters did much as they do (this is a usual aspect of Wu Ming’s fiction – see for instance Manituana). Wu Ming paint a rich and elegant picture of multi-ethnic Istanbul with its hierarchies of power but relatively tolerant multi-faith space, open especially for this story to the Ladino (Jewish) communities expelled from Spain and Portugal and eventually elsewhere in the Catholic world.
There is much, then, that this book does well; they debunk the Orientalism of dominant version of western European history, they challenge to view that paints Islam as a closed religion, they remind us of the potency of class as a dynamic in medieval history, they challenge the Zionist myths of Jewish victimhood all the while developing a rich tale of diplomacy, political chicanery and mistrust along with gruesome battle scenes of mayhem and ferocious deaths. Some of the most compelling characters are the ‘minor’ players some of whom turn out to be vital: Gracia’s former maid Dana and Nasi’s wife Donna Reyne reveal women to be significant independent players in politics and diplomacy; Hafiz and Mukhtar, brother and sister Indian warriors travelling with Q’s rival, the now elderly German Anabaptist conspirator now living in southern Arabia and also a significant player in this tale especially stand out.
The novel is tighter than previous outings – especially 54 – but that is not always a good thing; the narrative drive here at times loses the richness of the context and ambience of the era some of their other work has evoked. It also feels a little more pessimistic as those who do well out of the events are not those I necessarily felt the most politically desirable, which may be an aspect of, for instance, De Zante’s seeming naïveté, paradoxical for an investigator. I enjoyed this but it didn’t engross me in the way some of their other work has. That said, it is recommended.
Questo libro parte temporalmente da dove Q il romanzo del collettivo Wu Ming, quando ancora si chiamava Luther Blisset, era finito. Come in quel testo la scrittura è accuratissima e serrata, la ricostruzione storica è rigorosa, ma invece che nel Nord Europa qui si sta quasi sempre nel Mediterraneo, partendo da Venezia per toccare Durazzo, Cipro e Costantinopoli e finire nella battaglia navale di Lepanto, la grande sconfitta della potente flotta musulmana da parte della Lega Santa. Tutti gli avvenimenti si svolgono in un biennio tra il 1569 e il 1571. Una noia? Tutt'altro! La trama, intricata, ma sempre plausibile, ti avvinghia da subito e seguendo le orme e le conversioni del protagonista, un ebreo rinnegato e cristianizzato che ritorna giocoforza alla proprie radici, ti senti catapultato dalla Venezia, potente ma ancora isolata, che spinge per una guerra santa contro gli Ottomani, nella speranza di aggregare le forze cattoliche, a una Costantinopoli ottomana che è un melting-pot di etnie e fedi, che accoglie la diaspora della comunità ebraica il cui ricchissimo leader visionario Yossef Nasi finanzia e promuove la guerra alla Serenissima. In gioco c'è il predominio sui traffici del Mediterraneo e il sogno degli ebrei esuli di avere una patria che potrebbe essere Cipro. Ci sono intrighi di palazzo, tradimenti, accordi, amori, amicizie. Sembra solo un romanzo storico, ma è anche un testo molto moderno, forse ancora di più oggi rispetto a quando è stato scritto (nel 2009), denso di riflessioni profonde e suggestioni perché ci parla del concetto di nazione, di cittadinanza, di identità, di riconoscimento di e in un sistema di valori, di tradizione e religione. Ci parla di convivenze (tra persone e popolazioni) e convenienze. Ci parla di politica come i politici non vogliono fare, e di storia come gli storici non sanno fare. E ci parla infine della sconfitta, delle speranze svanite, delle aspettative tradite. Forse la figura più emblematica e inquietante è proprio il vecchio protagonista di Q, l'uomo dai mille nomi che ha visto svanire, spesso in un bagno di sangue, tutti i sogni libertari e anarchici che qui compare ormai vecchio e assiste impotente, ma non immobile anche al tramonto di un nuovo sogno
forse sarei una cattiva maestra, di quelle che danno i voti bassi agli allievi prediletti quando ritiene che non siano all'altezza delle sue aspettative.
perche' comunque "Altai" e' un prodotto avvincente e ne ho tratto un'esperienza sufficientemente immersiva da farlo fuori in due sere a scapito delle mie -yawn- gia' poche ore di sonno.
eppure.
eppure che?
il background e' animato e stimolante, gli odori, i suoni, le sensazioni in genere sono percettibili e persistenti, le scelte linguistiche sono -al solito- deliziose per l'orecchio interiore e per la mente.
eppure questo libro mi lascia titillata ma non nutrita. come se avessi assaggiato un ottima selezione di campioni narrativi ed esercizi di stile. come se mancasse qualcosa di solido e concreto da masticare e digerire. come se avessi cenato ad amuse-gueule.
che poi, riflettendoci sopra, ci sta.
un compositore non scrive solo marce trionfali o opere concettuali, ma anche danze e divertissement. ci sta che sia cosi' anche per chi produce materiale da lettura.
Selten, allzu selten blitzt sie in „Altai“ auf, die Kraft von „Q“:
Das Geheimnisvolle, Rauschhafte, Unbotmäßige des Erzählens und des Erzählten. Die Präzision. Die kluge Weitschweifigkeit. Der politische Furor.
Allzu häufig hingegen das Kraftlose hier:
Haspelnder Kompositionseifer. Mäanderndes Erzählen. Ermüdende, bezugsarme, selbstzweckhafte Detailversessenheit. Unsauberkeit in Ausdruck und Handlungsführung. Repetition der Repetitionen. Sinndürftige Aufgeblasenheit von Motivkomplexen. Schemenhafte Figurenzeichnung. Überbordende Fachbegriffsbesoffenheit. Stückelung bis hin zum Stückwerk. Missglückter Humor. Gelungene Grausamkeitshuldigung. Viel Banales.
Wohin geht die Reise? Wie geht Geschichte? Warum geht alles so langsam?
Premessa: questa sarà una recensione-fiume, perché della bellezza di questo libro potrei discutere per ore. Se non avete abbastanza tempo, vi bastino le 5 stelle stracolme di felicità ^_^
Mi sono imbattuta in questo libro per caso. Leggevo degli articoli che riguardavano l'assedio di Famagosta del 1570 ed ero rapita dalla portata eroica dell'evento. In calce, l'autore suggeriva la lettura di Altai. Il primo libro dei Wu Ming per me, che non avevo mai affrontato, ma nemmeno apertamente evitato il collettivo (non ne avevo motivo, a parte una recentissima, lieve antipatia per aver difeso a spada tratta la traduzione di Fatica de Il Signore degli Anelli, ma quella è una mia patologia).
Altai mi ha aperto gli occhi sulla meraviglia. Già dopo poche pagine ero completamente rapita dalla bellezza della lingua. Credetemi, avrebbero anche potuto parlare del nulla, ma lo stavano facendo in maniera divina. Le parole sono cesellate, le frasi perfettamente calibrate, tutto è racchiuso in un periodo perfetto, ed evocativo in maniera stupefacente. Ho attraversato Venezia, viaggiato per mare, scorto i minareti di Istanbul, ho assaporato spezie, percepito odori e colori, ho visto il sangue. La scrittura è avvolgente...
"Il sole di mezzogiorno cancellava le ombre dal molo di Scutari, spargendo gocce d’oro nelle pozze di pioggia notturna. Il riflesso offendeva gli occhi. Faceva caldo, forse per la prima volta da quando ero giunto in città, e il colore acceso del mare parlava una lingua estiva".
Un attimo dopo sei già nel cuore di Emanuele De Zante/Manuel Cardoso. Tocchi con mano le sue ansie, la sua resistenza, la sua lacerazione interiore. A quel punto vivi la sua fuga e la sua avventura come fosse la tua, pregando soltanto di restare in vita. Fino a quando non ti imbatti in lui, l'altro personaggio immenso (e stavolta anche storico) del libro, che nelle pagine arriva strisciando, poco a poco. All'inizio è solo un nome o un'ingiuria o un sospetto. Fino all'ultimo non sai se fidarti o no:
"– Immagina una terra in cui potremo vivere in pace, commerciare, coltivare la vite, l’ulivo e la tolleranza. Un luogo dove potresti scegliere la dimora che ti abbiamo promesso. Una libera nazione, che sia rifugio per tutti noi, per i libri invisi ai despoti, e per chiunque sia perseguitato. Vuoi aiutarmi a costruirla, Manuel? Era una domanda sincera e mi venne da rispondere con un’altra domanda, altrettanto schietta. – Ho un’alternativa? – Puoi uscire di qui e camminare fino al cancello, – disse. – Nessuno ha l’ordine di bloccarti. – Perché mi offri questa opportunità? – Perché io non sono il Consigliere Nordio. Lui ti ha chiesto di essere fedele a Venezia. Io di essere fedele a te stesso".
Stop. Taglio. Sfondo nero. Ormai non si torna più indietro. Percepisci quanto Yossef possa essere grande. E la grandezza, si sa, si associa spesso con la sciagura (Alessandro docet!), ma ormai ti ha preso il cuore e non puoi fare altro che seguirlo.
Non ripercorrerò fatti e personaggi (tutti splendidi, contrastati tra luce e ombra, perfettamente caratterizzati in una giostra di dialetti, usi e costumi che li rendono unici) che si alternano tra le pagine. Altai si legge à bout de souffle, quindi non occorre riassumerlo. Mi soffermo solo sulla Terza Parte, sulla descrizione dell'assedio di Famagosta, che è terribile, cruda, violenta e bellissima.
"Ben prima che si scorgesse la città, pezzi di Famagosta ci vennero incontro. Rottami, assi annerite, botti sfondate. Una veste femminile galleggiava sulle onde, insieme a uno stendardo sfilacciato e crivellato di colpi. Si vedevano ancora il tronco e le ali dorate del Leone di San Marco. Al posto della testa crinita e del libro, si apriva un largo strappo. Il profilo distante delle mura era in frantumi, mucchio di pietre in un paesaggio arido e disseccato. Folate polverose s’alzavano col vento di terra e non c’erano alberi a contenerle. Portavano alle orecchie una lenta cadenza, come un tamburo battuto nel centro della terra. Erano i turchi che sparavano contro la città. Tratti di fortificazione crollavano, detriti rovinavano giù tra nubi di sabbia. Attorniata da forti d’assedio più alti delle mura, Famagosta resisteva ancora".
Pur se l'avevo già studiata sui libri di storia, ho tremato a ogni colpo di spada e ho pianto Bragadin. E ho sperimentato tutta la caduta di Manuel: colui che ha occhi di falco, vede meglio e vede prima, ma ciò non significa che abbia il potere di evitare ciò che sta per accadere.
.
"È nelle notti senza luna che si compiono i misfatti, quando soltanto le stelle sfavillano sul manto nero del cielo e i nocchieri scelgono la rotta con il naso all'insù, la mano salda sul timone".
This is a superb historical novel that follows the themes of Q and we even get to see Q's hero a little more though he is not the main hero/narrator here; I hope it will get translated into English soon since my Italian is only so-so and I wish to make sure I got the finer points too.
Taking place from 1569-1571 so much more compressed in time than the sprawling Q (1519-1551 with an epilogue in 1555) and this time having the them the fate of Jewish refugees from all over Europe that find in Joseph Nasi (who is an important character as Joao Miquez in Q too) a protector at the Sultan's court
His aunt and mother-in-law Dona Gracia who was such a luminous character in too appears also briefly as her dying wishes bring Q's hero back from his desert exile to help Nasi with his great dream - found a state for the oppressed, especially the Jews of Europe but not only
The narrator who starts as an agent of the Venetian's inquisition (Emanuele Zante aka Manuel Cardoso), a Jew hater and hunter of Nasi's and ottoman's agents is the son of a venetian hero and a Jewish girl from Ragusa who grew for 15 years in the community there that ostracized his mother for "immorality" so he took his father's offer to become his heir, with a careful recreated past as a full Christian and all (his legitimate sons dead, the "old man" turned to Manuel as a comfort in his old age when the boy was 15)
Of course there is one physical characteristic that marked him as a jew, so Emanuelle who became the #1 agent of the venetian secret police never frequented brothels but preferred to hire a courtesan for his own exclusive use, hoping the money he paid her are enough to keep his secret; for a while it worked, but...
And so it starts with Emanuelle hunted by the Venetian as a secret traitor Jew, reluctantly and then openly embracing "his" people and finally finding in Joseph Nasi (his former bete noir) a kindred soul who more or less adopts him (as Joseph jad no interest in women including his wife Reyna, the daughter of Donna Gracia with no kids)
Strepitoso e impressionante romanzo storico. I Wu Ming ricostruiscono alla perfezione il contesto del Mediterraneo orientale nella seconda metà del '500, in particolare alla luce delle relazioni veneziano-ottomane prima della guerra di Cipro (1570-73). L'intreccio funziona benissimo, la ricchezza delle descrizioni e dell'eloquio dei personaggi rendono questo libro assolutamente imperdibile.
"Imparo a conoscerti, Byzantium, Nova Roma, Rumiyya al-Kubra, Qostantiniyye, Istanbul, città dall'aria umida e greve. [...] Ogni città ha un odore di fondo: Venezia è muffa e salmastro, Salonicco sa di piscio, Costantinopoli di terra bagnata e fatica e sogno."
"Con gli anni, ho invece imparato che i mezzi cambiano il fine."
Non posso dare due stelle solo perché l'immane lavoro di ricostruzione storica dei Wu Ming traspira da ogni riga, e perché fondamentalmente è scritto davvero bene, soprattutto a livello descrittivo. Che poi in realtà è anche un buon libro, solo che a livello emotivo non mi ha dato nulla: non mi sono appassionata in alcun modo né alla storia né ai personaggi. Yossef Nasi è di un'ingenuità e al tempo stesso di un'arroganza quasi snervante: i suoi intenti sono buoni, ma non si rende conto che il suo sogno non è altro che un'impresa militare cruenta e sanguinosa della quale non è lui a muovere i fili e nella quale egli non è che uno strumento nel disegno di qualcuno di molto più potente e astuto di lui. Imperdonabilmente stupido. Manuel, invece, non mi è piaciuto per la sua mancanza di personalità: nonostante i suoi dubbi sull'impresa di Nasi, non ha opposto particolari resistenze e anzi si è lasciato trasportare dalle parole e dagli entusiasmi di Yossef, rendendosi conto dell'errore soltanto quando lo ha avuto davanti al naso. La storia non fa particolarmente onore neanche a Ismail: il grande generale Gert dal Pozzo esiliato ai margini del quadro, anche lui peccatore di inerzia di fronte al gigantesco errore di Nasi. Insomma, il tutto non mi ha convinto per niente. Una lettura che non mi ha fatto né caldo né freddo. So che sono due libri discinti e diversi, sia scritti che ambientati in periodi differenti, ma purtroppo a lettura ultimata il paragone sorge spontaneo: se Q mi aveva straziata e fatta innamorare, Altai è riuscito appena appena ad interessarmi.
I read the original Italian edition but now I want to see what I missed (as my Italian reading skills are moderate-to-low and Altai was the first complete book I read in Italian) so when i found about the recent release of the English language edition, that became a huge asap
see here for the impressions based on my Italian edition
Finished the English edition and I discovered that I "got" the whole book in the Italian edition, so no surprises; this being said, Altai reads as superbly in English as in Italian, very immediate, energetic and making one turn pages to see where it goes next.
The conflicted narrator Emanuele Zante aka Manuel Cardoso is as enthralling as before and the nameless German freedom fighter who is the hero of Q and even now in his late 60's, early 70's - not to forget that Altai takes place in 1569-1571, while the German/Ismail/Tiziano as student was with Luther in 1519 at the nailing of his famous theses - keeps the flame alive, is as powerful as before
Wu Ming is the pseudonym adopted by four Italian writers. Altai is their second book, after Q. Both are set in sixteenth century, in the chaotic world of empires and city states and religions and Reformation. Altai opens in 1568, when Venice’s arsenal explodes one bright morning. Emmuele de Zante leaps into action to find the culprits. When he reveals to his boss that it was just an attempt by the arsenal workers to get a raise, de Zante is told that Venice demands a “perfect culprit.” The explosion must have been the work of Ottoman agents. Our hero realizes that he has to flee because that perfect culprit is himself...
Read the rest of my review at A Bookish Type. I received a free copy of this book from NetGalley for review consideration.
Non sono professionale, non sono professorale - non ne ho né i titoli, né le capacità - ma credo che qualunque opera ti restituisca il brivido di ritrovare un vecchio amico, meriti solo per questo d'essere sfogliata. La chiosa su Machiavelli - il fine giustifica i mezzi, ma è il mezzo che qualifica il fine - varrebbe del resto molto più di un posto in libreria.
A quindici anni di distanza dalla prima lettura, confermo il giudizio: piacevole e coinvolgente, ma nulla a che vedere con la narrativa potente e l'ampiezza di respiro di Q. Tre stelline.
Denso, questo ultimo libro dei Wu Ming, pieno di spunti e di rimandi, con più piani di lettura. E' una bella storia, intensa, avvincente, ma volendo ci si possono trovare tanti riferimenti all'oggi, a come ci siamo arrivati, a questo oggi drammatico. E, forse, se la storia insegnasse davvero qualcosa, ci si potrebbe anche trovare stimoli per migliorare la condizione di questo tormentato mondo e dei suoi figli più deboli.
Una delle storie del libro racconta il sogno di un ebreo - Yossef Nasi, un ricco ebreo fuggito dal Portogallo nel 1492, quando i cristiani riconquistarono la Spagna dopo quasi 800 anni di dominio islamico, obbligando mussulmani ed ebrei a convertirsi o a emigrare altrove - che dopo tanto peregrinare approda a Costantinopoli, alla corte del Sultano Selim II, che ne fa suo uomo di fiducia. Sogno che è quello di dare una nuova patria agli ebrei dispersi per tutto il mondo allora conosciuto, e a tutti coloro che non hanno una terra o sono cacciati dalla loro. Una patria di libertà e tolleranza.
E qui abbiamo uno tanti tanti possibili:
con la reconquista cristiana sono costretti a fuggire dalla Spagna e dal Portogallo non solo i mussulmani, ma anche gli ebrei, che sotto i mussulmani erano prosperati senza problemi. E dove vanno a rifugiarsi? Ancora nei territori mussulmani, in gran parte, a cominciare dai paesi nord africani, per continuare nei Balcani fino al cuore dell'Impero Ottomano, Costantinopoli. Rifugi dove non solo possono continuare a professare la loro fede e a vivere la loro vita, ma anche dove, come nel caso di Nasi, possono salire velocemente la scala sociale fino a diventare intimi nientemeno che del Sultano.
E in Europa? La vicenda del protagonista del libro, Emanuele De Zante, ci racconta la condizione degli ebrei sotto i cristiani. Un ebreo per "far carriera" a Venezia deve convertirsi al cristianesimo e stare attento a farsi scoprire le sue origini, perché se succedesse rischierebbe seriamente la vita. Cosa che accade al Nostro, obbligandolo a ripercorrere la strada di tanti suoi correligionari, fino a Costantinopoli, dove non sarà più costretto a nascondersi e ad abiurare la sua cultura.
Riescono a fare un gran bel lavoro i Wu Ming, in questo libro, regalando al lettore il profumo di Costantinopoli e delle sue tante genti, delle sue strade, delle sue spezie, dei suoi colori. Un libro pieno di rispetto verso gli esseri umani e verso le diverse culture.
Fiacco, e minato da alcuni errori piuttosto gravi, riferiti ad episodi che nell’economia della storia hanno un’importanza fondamentale e che la lettura di “Vele e cannoni” di C.M. Cipolla (da cui traggo le notizie in appresso) avrebbe potuto evitare: Fitch dice: “Elisabetta I (…) ha impedito per legge la vendita di quelle artiglierie (i cannoni in ferro fuso) agli Stati cattolici”. Il primo cannone in ferro fuso risale al 1543, ma solo nel 1574 (tre anni dopo Lepanto) Elisabetta I ne regolo’ l’esportazione. Il protagonista verso la fine del libro ha un’illuminazione: i veneziani devono aver scoperto come annullare il rinculo dei cannoni, potendo quindi armare le loro navi! La flotta turca rischia la sconfitta a Lepanto! (1571) Peccato che il problema del rinculo dei cannoni per il loro uso a bordo dei velieri in realta’ fu risolto gia’ nel 1501, quando venne ideato il posizionamento dei pezzi d’artiglieria su “affusti mobili a quattro ruote che permettavano di evitare che il rinculo dei pezzi si trasmettesse direttamente al corpo della nave minacciandone la stabilità”. Gia’ da quella data, dunque, fu possibile montare i cannoni “non solo sul ponte di coperta o sui castelli, ma anche sottocoperta (ponte di batteria)”, con l’apertura di portelli nello scafo. E questo non era certo un segreto, dato che la “Harry Grace à Dieu” (184 cannoni tra i quali due da circa 4.500 libbre ciascuno) fu varata nel 1514 ��alla presenza della corte, di ambasciatori dell’Imperatore e del Papa e di un pittoresco gruppo di dignitari laici ed ecclesiastici”. La Harry fu la nave sensazione del tempo e “l’effetto dimostrativo fu immediato”, tanto che Francia, Spagna, Portogallo e Svezia seguirono l’esempio a breve (tra il 1527 ed il 1554), armando velieri con numerosi pezzi di artiglieria (la portoghese “Sao Joao” del 1534 ne aveva 366). Tali fortezze galleggianti vennero del resto sostituite dal piu’ manovrabile (ma non meno armato) galeone gia’ nel 1550. D’altra parte, i cannoni non ebbero un ruolo decisivo nella battaglia navale di Lepanto: ancora Cipolla rileva che “Lepanto fu una battaglia anacronistica, combattuta con galere e abbondanza di speronamenti e di abbordaggi in un’epoca in cui nuovi tipi di navi e di armi andavano aprendo una nuova era nella guerra sui mari. A Lepanto i vincitori non furono meno anacronistici dei vinti: entrambe le parti erano prigioniere di tradizioni e di tecniche sorpassate. Alla luce della storia a Lepanto tutti rimasero sconfitti”.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Fin dalle prime pagine è facile ritrovare la base della cifra stilistica tipica degli autori: la straordinaria cura del dettaglio originata da una conoscenza che non è solo la ricerca documentata di uno scrittore scrupoloso ma proprio la passione accorata di uno studioso.
Da questo lavoro nasce il quadro del romanzo che è scenografia (ambienti, oggetti, paesaggi, città) ma anche capacità di restituire lo spessore culturale reale dell'epoca, attraverso linguaggi, sapori, idee, odori, in un luogo (Costantinopoli 1570) che all'epoca è l'ombelico del mondo conosciuto, crogiuolo di razze, religioni e ideologie. Il meticcio è l'inevitabile simbolo di tutto ciò, come il falco che dà il titolo al libro e nel quale il protagonista si identifica ed il meticcio ha come obiettivo/ossessione la ricerca dell'identità, uno dei principali concetti ispirativi di Wu Ming, identificata anche dalla mutabilità dei nomi.
Questo era già presente in "Q", l'opera più famosa del collettivo di autori di cui Altai rappresenta come noto una sorta di prosecuzione. Ma mentre lo scenario dell'opera prima si svolgeva interamente nel fosco paesaggio di un'Europa centrale attraversata da apocalittici eserciti di lanzichenecchi portatori di carestie, epidemie e stragi nello scontro fra l'imperatore cattolico e i principi protestanti, qui, almeno per quatro quinti della narrazione, l'atmosfera è più soffusa e quasi malinconica.
E' la brezza del Mediterraneo che pervade questa città scenario, centro e passaggio obbligato di flussi di mare e di terra, densa di reliquie, costruzioni, filosofie che ancora una volta hanno l'ibrido (il meticciato) come comune denominatore. Questo precario equilibrio esploderà dopo una lunga preparazione di intrighi, progetti e sogni nella violenza della presa di Famagosta e della battaglia di Lepanto, descritte da vicino con tecnica quasi cinematografica, attraverso lo sguardo sofferto e partecipato dal protagonista che vede approssimarsi anche il suo destino ineluttabile.
Un romanzo storico di alto livello, coinvolgente e vibrante, pieno di ritmo. La maggior parte della storia è ambientata a Costantinopoli, di cui sento ancora addosso profumi e intrighi. La scrittura fluida e la ricchezza di contenuti hanno impregnato la lettura di sensazioni intense, facilitando il mio viaggio indietro di 450 anni e rendendo reali personaggi, quartieri e fatti narrati. Ben riuscito il mix di finzione e realtà storica, con menzione speciale alla capacità di trasmettere le emozioni e la situazione di Venezia in poche pagine.
I was really excited for this book, because Ottoman Empire + Central Asian falconry + Ottoman Jewry + potboiler spy novels + anarchist writer collectives is totally my venn diagram. So a warning to begin this: you may get less milage out of certain things than I did, just because you're not totally all about those topics like I am.
Pot-boiler spy novels with ~5-page chapters don't need a lot of help. Altai is long, but it's a quick read just because the pace keeps pumping and because the story goes to lots of exciting places. And it's fun to read an Italian (or many Italians') take on a story where Italians (ok, Venetians) are the "bad guys," in the same way they did in the past with Q and with Americans in Manituana.
That said, it's hardly a "fun" read because there's nothing fun about being an anti-government type in the 16th century. The book gets plenty bleak in many of the same ways Q does and what may now be recognized as an awfully Game-of-Thrones-style where awful things happen to beloved characters not as character development or as a tacking point for redemption, but just because awful things sometimes happen. The fun of having Gert come back and of seeing people do pleasant things is counterbalanced quickly and decisively at all points, because that's what makes historical sense.
Less preachy than Q, Altai goes into depth about how people can become states and how people can interract with states. This is not positive territory, but it is good territory for a spy novel. And it's a good book, able to go into deeper conversations about troubling things without being arch or theoretical about it. Light books about the wonderfulness of anarchist theory are great. They're even better when they take place in 16th-century Istanbul.
A good read but did not blow me away like its predecessor Q. Several reasons: 1) Much of the history presented I already knew from reading Roger Crowley's exceptional Empires Of The Sea: The Final Battle For The Mediterranean, 1521-1580. Crowley's book is in my opinion a far better read about this period. 2) I struggled with the conversion of Emmanuele De Zante from Venetian spy to Jewish champion and Ottoman sympathizer. It didn't feel like enough of a struggle. In fact, if I had written Altai I would have included a narrative thread where De Zante is challenged to return to Venice after becoming embroiled in Nassi dealings to give him a more weighty choice. 3) I could not buy into the character of Joseph Nasi around whom much of the novel revolves. Through his political acumen he is supposed to be the savior of the Jews. To me he came across as a self-styled king-maker with little understanding of the real politics at play. And perhaps that was what the authors intended given the reveal behind his failure in the end. 4) The character of Ishmael cared over from Q was largely a waste. He added little to the story. His contributions could been accomplished more cleanly with other plot devices. In the end, a solid read, particularly if you are interested in the history of the Mediterranean, but no where near the epic of Q. On my buy, borrow, skip scale--a borrow.
Commentare Altai è molto difficile, per due motivi: - la storia in sé è accattivante ma il finale lascia l'amaro in bocca e la sensazione "che manchi qualcosa" - amo la scrittura narrativa dei Wu Ming, li odio cordialmente per il loro pensiero politico e per il loro voler sempre e comunque scrivere "a tema".
Altai se non altro è molto meno "a tema" di Q, però ugualmente si sente che il quid è nella costante lotta per la libertà individuale che solo a volte e solo parzialmente può essere "messa da parte" per calcolo personale. Altai infatti è il nome di un uccello rapace originario delle steppe asiatiche, fortemente indipendente ma che si lascia addomesticare dal proprio falconiere perché questi gli offre una relativa libertà in cambio di cibo sicuro. Lo stesso fa in fondo Manuel de Zante, . E questo, mi spiace, è un movente molto meno forte di quello che aveva spinto Q a girare per mezza Europa.
Non posso però non dare 5 stelle a questo romanzo perché è oggettivamente scritto bene e soprattutto ambientato nel periodo di una delle battaglie navali più famose di tutta la storia, cioè Lepanto.
Non eccezionale ma comunque piacevole. Paga la narrazione in prima persona che elimina ogni pathos e la magrezza della storia. Per fortuna però non ci sono quei ridicoli passaggi in finto slang che sono il maggior difetto degli altri romanzi di Wu Ming che ho letto...