В последния си роман аржентинският писател Аролдо Конти доказва отдавна известното: че изкуството, "този ранобудник на човечеството", е оръжие - от най-силните и всепроникващите, от най-вечните - и го прави с дълбочина, с богато въображение и с рядка дарба да превръщаш необикновеното и най-обикновеното от дните на живите в чудо, което не може да съзреш, без да станеш по-добър, по-смел, по-храбър.
"Маскаро - Американския стрелец" събира в себе си достойнства, който не тъй често срещаме в литературата с основна тема борбата за правда и за свобода: сочен и образен език, живо, увлекателно повествование, преливащо от тънко чувство за хумор и добра ирония, дълбочина и прозрение, висок полет на въображението и могъщ заряд на протест и решимост, на революционен зов.
Haroldo Pedro Conti (Chacabuco, 25 de mayo de 1925 - secuestrado y desaparecido en Buenos Aires el 5 de mayo de 1976) fue un escritor y docente argentino, considerado uno de los más destacados de la generación del sesenta, junto con Rodolfo Walsh, Antonio Di Benedetto, Héctor Tizón y Juan José Saer. En 1975 fue galardonado con el Premio Casa de las Américas por su novela Mascaró el cazador americano.
Conti became a secondary-school teacher of Latin, but his passion was for writing, especially for the cinema, and considered putting aside fiction for this at one stage; South-East was first conceived as a cinematic script, and film directors have brought other of his literary work to the screen, taking advantage of its preference for visual strength in the narrative.
Each of Conti’s four novels was awarded a literary prize, culminating in the prestigious Casa de las Américas prize for his last novel, Mascaró, el cazador americano [Mascaró, the American Hunter] (1975). To date, only South-East appears in English translation. Conti also wrote short stories.
Politics forces its way into the story of Conti’s life, but his political instinct was an expression of his interest in ordinary folk: to men as individuals, not to man in the abstract. Conti’s interest in the lives of others wasn’t merely intellectual: he became a keen fisherman, and decided to build a boat; he spent a lot of time with an otter-hunter at one point – and all of this investigation went into his writing, of which South-East was the first important published expression.
Political repression in Argentina intensified following the military coup of March 1976, and Conti was warned by someone with links to the military that his life was in danger. But he decided against exile, and offered his home in the capital as a place of refuge for others under threat of kidnap and murder. Until he was taken from the streets in the early hours of May 5 1976, and is since then listed amongst the many thousands of the "disappeared".
"La vida es una entera travesía, se erraba desde el nacimiento, ese puertito de luces tan recogido, tan breve, suceso pequeño como todo lo que viene después. [...] Uno es historia. ¿Qué hay para adelante? Caminos... [...] Todo sucede. La vida es un barco más o menos bonito. ¿De qué sirve sujetarlo? Va y va. ¿Por qué digo esto? Porque lo mejor de la vida se gasta en seguridades. En puertos, abrigos y fuertes amarras. Es un puro suceso, eso digo. ¿Eh, señor Mascaró? Por lo tanto conviene pasarla en celebraciones, livianito. Todo es una celebración..."
Este libro fue prohibido y Haroldo Conti sigue desaparecido.
In quella notte di maggio ti hanno strappato ai tuoi figli e alla tua compagna, anche lei massacrata di botte. Probabilmente sei stato torturato nelle segrete dell'Esma, forse hai fatto anche tu il volo nell'oceano. Terribilmente, in questo libro lo avevi previsto.
Ma via l'orrore e la tristezza, voglio ricordarti con i colori e la gioia e la musica e l'alcol e il sesso e l'umanità varia e viva di questo libro. In quella osteria di Arenales, quel piccolo guscio di legno, dove suona la Trova e si attende il Mañana, per la traversata in mare, per un nuovo "domani". E poi on the road, attraversando paesi e deserti, con il tuo gran circo e tutti i suoi personaggi. Il Principe Patagón, Oreste il trasformista, il lottatore Carpoforo, Sonia la maga, Nuño l'attore, il nano Perinola, il leone Budinetto. E sullo sfondo Mascarò, alias Joselito Bembé, il cacciatore americano, il guerrigliero.
Ci hai lasciato in quest'ultimo lavoro, pubblicato poco prima di "desaparecer", la voglia di vivere, di seguire e cogliere senza paura il momento, di trovare effluvi e comunicazione ("celesta e composta"!) con gli altri e gli amici, di curare lo spirito e l'immaginazione più del transitorio corpo, di inseguire l'arte in qualunque forma perchè aiuta a sorvolare la vita ed è rivoluzionaria, è guerriglia contro gli oppressori del mondo. Con quel pizzico di malinconia dolce, inevitabile vista la transitorierà del tutto: malinconia negli addii, nei paesaggi fatti di dune mare tramonti luci e ombre, nel relitto di una nave, nelle predizioni di una maga, nelle visite allo zoo di un padre e un figlio.
"Queste sono cose che non ritornano, ragazzo mio. Cose che succedono una volta sola. ... – È la Strada che te le offre. Inutile cercarle altrove. E sono tante, e tanto più spesso, quanto più uno sta fresco e in bolletta. ... – Perché è proprio allora che riuscirai a vedere l’invisibile."
"– È stata una grande avventura – riprese con un sorriso, senza alzare gli occhi dal tavolo. – Lo è stata eccome! Vi ricorderò per il resto della mia vita, tutti e ciascuno..."
”Bisognava metterci un po’ di fantasia per infilarsi in quello sporco tendone e vedere le cose prodigiose che finivano per vederci anche i più rozzi bifolchi”, e non possono essere che prodigi quelli che l’accogliente Circo dell’Arca, una sorta di “corte dei miracoli”, può mostrare, quando la personalità immaginifica e il sogno trasformano uomini in artisti capaci di suscitare negli altri meraviglia, stupore e un senso di liberazione, e lo spettacolo serve a tutti, artisti e spettatori, per trovare la propria strada. È difficile, però, trovare la propria strada e mantenerla, perché questa liberazione, l’arte, è temuta dal potere, sempre all’erta per stroncare con la violenza ogni velleità, ”- Sarebbe a dire che in un modo o nell’altro abbiamo continuato a cospirare per tutto questo tempo - disse Oreste quasi divertito. - Non in qualche modo: in tutti. L’arte è una cospirazione per natura - disse il Principe. - Non lo sai? È la sua principale attrattiva, la sua più alta missione. Va sempre avanti, è l’alba dell’umanità.” E la violenza del potere è sempre in agguato, ”Oreste si svegliò dietro a un’inferriata. […] Il gorilla spuntava a qualunque ora e lo caricava di botte con la stessa prolissità. Oreste arrivò perfino a farci l’abitudine. I colpi avevano un certo ritmo, si succedevano con ordine, non sia frettavano, e lui li accompagnava col corpo. Petto, testa, schiena, petto, testa, schiena. Un dué, un dué, un dué... Un altro giorno o un altro anno lo trasportarono in una saletta ben illuminata, lo fesero su una branda, lo legarono mani e piedi, sicuramente per farlo riposare in assoluta sicurezza, perché magari nel suo stato fantastico poteva cadere a terra, e quando stava per addormentarsi ebbe la sensazione di trasformarsi in una lampadina da 150 watt. Aprì gli occhi e vide che un altro gorilla lo punzecchiava qua e là, preferibilmente sul membro virile, con una stecca che finiva con una punta.”. Con una bella scrittura, il gusto del dettaglio e delle descrizioni evocative che ne fanno quasi una graphic novel, Haroldo Conti ha confezionato un grande libro. È il 1975 quando viene pubblicato Mascarò con cui l’autore vince a Cuba il Premio Casa de las Américas e anno in cui, scrive Gabriel Garcia Marquez nella prefazione, ”Haroldo Conti, uno dei massimi scrittori argentini, fu avvisato che le Forze Armate lo avevano inserito in una lista di ‘agenti sovversivi’”; nel 1976 l’arresto e la scomparsa. Quattro anni più tardi il generale Videla, in un’intervista, ”per la prima volta parlò di Haroldo Conti. Non chiarì nessuna data, nessun luogo, nessun’altra circostanza, ma rese noto senz’alcun dubbio che era morto.”
He leído la edición 1975 de Casa de las Américas (Cuba), de la que la novela fue ganadora. En la contratapa se habla mucho sobre rigor ideológico, rigor estilístico y por último, rigor imaginativo (si acaso eso quiere decir algo). Se habla sobre grandilocuentes referencias a la mitología griega y se subraya que la novela es un llamado a la revolución…
Al día de hoy, todas esas proclamas quitan lectores a la novela y después de disfrutarla no creo que sean justas para con ella. Durante 250 páginas de 300, yo leí algo diferente a lo que la edición/el jurado/ el Partido, decían. Leí una novela satírica, sumamente graciosa e inteligente, con la imaginación liderando un trio de factores que deja la ideología a la cola. Una novela que se podía llamar “el gran circo del Arca”, “el Príncipe Patagónico o, simplente, Orestes. Desde hoy y desde acá, el desenlace de la obra me resultó forzado, me resultó un parche al servicio de lo que la contratapa manda. Entendí que el autor obliga a la novela a ponerse al servicio de una época, causa, ideología concreta, y que todo lo que “ganó” por entonces se pierde en universalidad hoy.
Dicho todo esto. La novela es lo que es y este lector no pretende juzgar malamente a un autor que hoy tendría más de noventa años pero no lo sabemos porque lleva casi cincuenta en calidad de Desaparecido. Tampoco atacar o disminuir una época revoltosa de latinoamérica en general o las guerritas de nuestros padres. Nada de eso. Este lector solo pretende destacar lo que sintió con su lectura; empecé envalentonado pero temeroso por creer que la encontraría histórica, pesada e ideológicamente empalagosa; descubrí en sus páginas (en lo que realmente es) todo lo contrario; así avancé riendo, admirando y creyendo que iba a tener que bajar la valoración de mis dos lecturas anteriores porque ésta lo superaba todo…
Pero después, como ya dije, la novela envejeció cincuenta años y se condenó a quedarse ahí. De todas maneras es una muy recomendable y, no, no le doy ocho "gallos rojos". Le doy ocho osos polares.
So davvero poco della storia e della letteratura argentina, forse perché tutto il mio amore si è finora concentrato su quella cilena (Sepulveda è il mio primo autore dell’età adulta). Le storie dei due paesi, uno di fianco all’altro, si somigliano drammaticamente: da un lato la dittatura di Pinochet, che prende il potere uccidendo il capo di stato democraticamente eletto Allende (di cui Isabel Allende è nipote), dall’altro la dittatura di Videla, che segue il governo già militare di Peron (e consorte). Entrambe le dittature hanno una nota in comune, atroce: la sparizione degli oppositori politici, torturati e fatti sparire. I desaparecidos.
Il romanzo di Haroldo Conti, che è l’ultimo dell’autore, sembra non avere niente a che vedere con tutto questo, eppure non è così. Parla di un circo, il Circo dell’Arca, fondato dal Principe Patagon e da quelli che raccoglie per la via: Oreste, che istrada a Principe, il cantante cuoco marinaio Nuño, la locandiera Sonia, il leone Budinetto, lo strongman Carpoforo e poi Mascarò, un uomo dall’identità segreto, esperto di pistole. La loro strada è il deserto, il loro pubblico sono gli abitanti di piccoli paesi, che li ricompensano come possono. Ovunque si esibiscano creano una magia, quello della rinascita delle coscienze grazie al potere imaginifico dell’arte. Ma si sa, lo Stato repressivo non può permettere che l’arte risvegli gli animi, e i rurales vanno subito a caccia di questo circo...
L’atmosfera del romanzo è magica, da sogno, da circo: animali feroci che sono in realtà docilissimi, le canzoni per rinfrancare l’animo, la strada polverosa dove non ci si perde, ma ci si ritrova, solo guardandosi dentro.
A differenza dei miei romanzi cileni, qui l’influenza italiana è ovunque: nei nomi, nelle manciate di pasta che il Nuño butta dentro una zuppa per arricchirla. Mi ha fatto sentire a casa, in un ambiente di sabbia e sale. Il romanzo è tristemente profetico: appena qualche mese dopo averlo terminato Haroldo Conti viene sequestrato e non basteranno le parole di autori famosissimi come Marquez per farlo tornare a casa. Ormai Haroldo è desaparecido, in mare. Un romanzo da leggere con rispetto, ma anche con la voglia di farsi inondare dall’amore per l’arte in ogni forma, che porta sempre un pizzico di follia ma tanta, tantissima, libertà.
"E ti sei reso conto che i piedi vanno avanti da soli, che la Strada non è soltanto un luogo di transito, ma una forma di vita. E a questo punto non puoi più fermarti. [...] Significa che sei vivo. Il mondo ti appartiene. Non sei un dannato stronzo che cammina solo per quel tanto che gli è permesso dalla lunghezza della catena."
Mascaró è un viaggio. Senza meta. Servirà solo fare un passo e andare, lasciarsi trasportare dal vento. Un'avventura indimenticabile. Bisogna salire sulla vecchia nave Mañana con Oreste e intraprendere la Strada. I personaggi che si incontrano saranno compagni di viaggio sorprendenti. Il Principe Patagón, guida saggia ed esilerante, convincerà Oreste e Nuño a mettere su un circo itinerante che partendo da Palmares approderà ed animerà paesini quasi disabitati, poveri e polverosi. Lungo la Strada si uniranno a loro altri scapestrati personaggi: Maruca, che diventerà Sonia la veggente e la danzatrice orientale, Budinetto un leone vecchio e stanchissimo, un nano clown, un pugile ombroso e fortissimo e altri strambi figuri. E naturalmente comparirà, in tempi e modi inaspettati, Mascaró che non si sa cosa faccia: "Dipende da come lo si guarda...Avrai tempo di scoprirlo".
Mascaró celebra la libertà: di essere se stessi, di essere diversi, di errare, vagabondi in questa terra di mare e polvere. Celebra l'arte come espressione del proprio mondo interiore, qualunque esso sia; come riscatto, come spinta verso la trasformazione e il progresso individuale e sociale. Senza giudizio, solo contemplando la bellezza insita dentro ogni persona.
"L'arte procede senza lasciarsi imprigionare negli stampi".
Ma si sa che le persone che vivono libere danno fastidio..e quindi i personaggi continueranno il loro cammino da soli e si ritroveranno a dover fare i conti con gli arresti e le torture.
Un libro evocativo, una scrittura stupenda, capace di accendere l'immaginazione e il sentimento universale delle anime in cammino. Salpate sul Mañana, navigate e godetevi la dolce malinconia del mare, scopritevi artisti del Grande Circo dell'Arca e attraversate questa Strada liberi e felici di essere voi stessi, fino alla fine.
Cuando decidí releer este libro, fue con la cosciencia de que había sido el último de Conti. La gota que desbordó el vaso y provocó su secuestro el 4 de mayo de 1.976. Su nombre continúa en la lista de desaparecidos, ya que jamás se encontró su cuerpo.
Es difícil, al menos para mí, ser objetiva. Esta es una obra que va más allá de lo literario: personajes, paisajes, historia son todos parte de un momento, de un discurso, de una parte de nuestra historia.
Si has leído otros historias de Conti, vas a reconocer a Orestes y a Basilio Argimón, cambiados y evolucionados, pero aún ellos. Pero hace falta conocer su obra previa para entender esta historia.
Orestes es la libertad, el hombre que empieza a andar y descubre que ese es su destino; El Circo del Arca su (nuestra) forma de rebelión; los pueblos que recorren, nuestros pueblos, todos sumergidos en una terrible miseria.
'El arte es un arrebato', dice el Príncipe Patagón y tiene razón.
Esta es una obra diferente a todas las anteriores de Conti; existe un humor que solo encontramos antes en 'Devociones', una galería de personajes pintorescos y excéntricos, y un permanente coqueteo con el absurdo y la fantasía.
Es una novela maravillosa, en la que el compromiso no disminuye la belleza de su arte. Es, probablemente, el mejor testamento de un hombre que se autodenominó vagabundo y que erigía culto a la libertad.
En sus propias palabras:
Nací para la libertad, que hasta ahora es el dolor del mundo.
"Mascaró, el cazador americano" Es muy difícil hacer una sinopsis del argumento de esta novela. Simplemente hay que experiemntarla. La narración está cargada de simbolismos, y se ambienta en los años previos de la dictadura militar en Argentina. Un grupo de artistas de circo inverosímiles, visita diferentes pueblitos perdidos en el campo, llevando su espectáculo, único entretenimiento de la zona...hasta que una serie de sucesos los irá separando.... Los personajes y su entorno te sumergen en una atmósfera surreal. El potagonista es Orestes, un jóven sin futuro que de pronto, no se sabe cómo, deviene en artista de circo cuando un día conoce al estrafalario Príncipe patagón. Este príncipe, un poco filósofo y otro poco brujo, se autopublicita sin reparos. Perinola, un payasito de circo que se burla de todos y hace piruetas sin parar, recuerda a un duende travieso y atrevido; y Sonia, la seductora y carismática bailarina exótica, cada vez más bella... - Con un lenguaje bellísimo, Conti logra atrapar al lector y te hace soñar con esos locos personajes que se quedarán contigo por mucho tiempo.
Voy a darle el mérito de nunca haber leído algo parecido. No me movió, pura descripción. En esa misma forma oscila entre drama y humor, en la misma clave, es algo buscado y muy extraño. El dispositivo en sí es llamativo. Lo mantiene, pero no pienso que le funcione. O capaz no me da la cabeza, me gustaría que más gente lo leyera. Creo que me estoy dejando llevar por este aura inevitable que aparece cuando se tiene algún tipo de contacto con un desaparecido. A pun: Siempre me preguntan si tengo algo que ver con él porque tenemos el mismo apellido; me siento Sofia Coppola toda naif vs las películas de gángster del padre.