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96 pages, Paperback
First published January 1, 1991


Quando era attaccato al continente africano, il Madagascar sporgeva come un tumore disordinato, percorso da una spaccatura, il contorno dell’isola futura, […] simile a una grande incisione, alla fessura che divide il corpo umano. La spaccatura era larga un miglio in alcuni punti, in altri si restringeva a un centinaio di metri. Era una zona di cambiamento e di contrasto esplosivo, percorsa da violente tempeste elettriche, incredibilmente fertile in alcuni punti, completamente sterile in altri.
“Hanno il pollice opponibile ma non fabbricano strumenti; non hanno bisogno di strumenti. Sono indenni dal male che riempie l’Homo Sapiens quando afferra un’arma—ora è lui ad avere il sopravvento. Una terribile sensazione di trionfo viene dalla consapevolezza di essere il più forte. La bellezza è sempre destinata alla sconfitta”.
“C’è una spaccatura dentro l’organismo umano, la spaccatura o fessura tra i due emisferi, quindi ogni tentativo di sintesi resta irrealizzabile in termini umani. Faccio un parallelo tra questa fessura che divide le due parti del corpo umano e la spaccatura che ha separato il Madagascar dal continente africano. Una parte è scivolata dentro un’incantata innocenza senza tempo. L’altra si è avviata inesorabilmente verso il linguaggio, il tempo, l’uso di strumenti, la guerra, lo sfruttamento e la schiavitù”.
una parte è scivolata dentro un’incantata innocenza, mentre l’altra si è avviata verso il linguaggio, il tempo, l’uso di strumenti, la guerra, lo sfruttamento e la schiavitù.
Mission ne tiene in casa uno, che chiama Fantasma. E già nella prima pagina del libro Burroughs si premura di spiegare che nella lingua locale è il termine stesso lemure a significare “fantasma”. Ed è forse il caso di ricordare a questo punto che il titolo originale è Ghost of Chance, che nella sua indeterminatezza potrebbe significare “spettro della sorte” ma anche “(l’) ombra di (un’) opportunità” (la febbre del ragno rosso nel libro c’è ma è secondaria, e credo sia stata scelta principalmente perché ad Adelphi torna comodo avere un colore nel titolo).
La prosa di Burroughs è costellata di simili illuminazioni. A volte apparentemente sconnesse, e in realtà portatrici di una verità più profonda. E d’altro canto non c’è, semplicemente, un altro scrittore che sappia illustrare con altrettanta efficacia gli effetti delle droghe, lo spostamento di prospettiva (“come se i suoi occhi si muovessero su cardini diversi”) e il turbine di immagini dotate di una propria logica. Probabilmente non c’è, semplicemente, un altro scrittore che abbia sperimentato con altrettanta metodicità tutte le droghe mai create. E sia sopravvissuto per scriverne.
La narrazione a volte sembra prendere direzioni del tutto inattese, come nelle pagine bellissime, esilaranti e profondamente vere, sull’ipocrisia di Gesù; il punto è che, come credo di aver dimostrato, questo è un libro che va citato più che recensito, perché le mie parole non saranno mai efficaci quanto le immagini evocate dall’autore. E anche solo quella dei lemuri, delicati, dolci e indifesi, varrebbe il costo del biglietto — del trip. I lemuri, destinati alla sconfitta...