“Zavattini si muove lungo la pista che dal comico porta all’umorismo, vale a dire, procura di inventare senza posa fatterelli, colpi di scena che riscattino la vita dal grigio della routine e dell’abitudine, che ci facciano riassaporare i piaceri dell’imprevisto, dell’emozione. L’autore si colloca nel mondo di una piccola borghesia di impiegati sepolti sotto il peso di interminabili ore d’ufficio, posti di fronte al difficile compito di sbarcare il lunario, di far quadrare i conti, di soddisfare alla scadenza delle cambiali, di placare le attese e i nervosismi della famiglia, di difendersi dalle angherie del principale, del capufficio e dei colleghi petulanti. Un mondo cecoviano, crepuscolare, post-verista, insopportabile se appunto non venisse riscattato dall’accendersi delle mille fiammelle dell’imprevisto.” Dall’Introduzione di Renato Barilli
Cesare Zavattini è nato a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, nel 1902 ed è morto a Roma nel 1989. Intellettuale poliedrico, si caratterizza per la padronanza di diversi linguaggi (narrativa, cinema, poesia, fumetti, pittura, teatro) associata a una spiccata attitudine al rinnovamento e alla sperimentazione nelle diverse forme espressive.
Una riga in otto ore. Una lira, mezzo chilo di pane. Con una riga mezzo chilo di pane: è inebriante. Cinque righe: due chili e mezzo; cinquanta righe, venticinque chili. Quale gioia scrivere e vedersi accumulare panini uno per parola. Anemone: un panino. Artaserse: un panino. Cappello: un altro panino. Essi svolazzano qua e là e poi si allineano con gli altri.