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No derrames tus lágrimas por nadie que viva en estas calles

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Una novela sobre cómo el arte se convirtió en política y la política en crimen a mediados del siglo XX.

El Congreso de Escritores Fascistas Europeos iba a celebrarse durante tres días del mes de abril de 1945 en el norte de Italia, pero solo duró uno. Treinta años más tarde, sus supervivientes se ven obligados a recordar. ¿Por qué el Congreso terminó tan precipitadamente? ¿Quién fue el escritor Luca Borrello y en qué creía? ¿De qué forma su vida está relacionada con la de un partisano? ¿Qué vínculo hay entre este último y el hombre que interroga a los asistentes al Congreso? ¿Dónde está la obra perdida de Borrello y en qué se vincula con la decisión que alguien debe tomar en 2014, en medio de las revueltas de Milán contra la reforma laboral, acerca de la legitimidad de la violencia?

En No derrames tus lágrimas por nadie que viva en estas calles Patricio Pron profundiza en la Historia, la culpa y lo que nos une a nuestros predecesores, para indagar sobre el significado de la literatura y de cómo esta puede cambiarlo todo, incluso nuestrapercepción de lo que es justo. Más que una novela, lo que Pron nos propone es un juego, pero un juego importante, como lo son todos aquellos en los que nuestra vida y las de las personas que amamos dependen de jugarlos correctamente.

Reseñ «A cada nueva entrega su prosa se vuelve más exigente y sus historias apuntan hacia la universalidad.»La Vanguardia

«Un escritor verdadero [...], una escrituracomprometida consigo misma y con el rescate de la verdad, su máxima expresión, su única meta, su epifanía y su catarsis.»Diario Crítico

«Extraordinariamente penetrante y cautivador.»WDR

«Pron es original, su escritura tiene ritmo, peso y espesor. Un autor maduro y capaz.»Le Scarpe di Joyce

«Muy gratificante, y profundamente perturbador.»The New York Journal of Books

«Cautivador.»The New Yorker

«Terriblemente eficaz.»The Good Life

«Patricio Pron escribe con inteligencia, talento, irreverencia, humor, voluntad política y autoridad.»Stavanger Aftenblad

351 pages, Kindle Edition

First published February 18, 2016

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About the author

Patricio Pron

57 books195 followers
Patricio Pron (1975) es autor de los volúmenes de relatos Hombres infames (1999), El vuelo magnífico de la noche (2001) y El mundo sin las personas que lo afean y lo arruinan (Literatura Mondadori, 2010), y de las novelas Formas de morir (1998), Nadadores muertos (2001), Una puta mierda (2007) El comienzo de la primavera (Literatura Mondadori, 2008), ganadora del Premio Jaén de Novela y distinguida por la Fundación José Manuel Lara como una de las cinco mejores obras publicadas en España ese año y El espíritu de mis padres sigue subiendo en la lluvia (Literatura Mondadori, 2011) que será publicada en las editoriales más prestigiosas del panorama internacional, destacando Faber and Faber en Reino Unido, Flammarion en Francia y Knopf en Estados Unidos. Su trabajo ha sido premiado en numerosas ocasiones, entre otros con el premio Juan Rulfo de Relato de 2004, y antologado en Argentina, España, Alemania, Estados Unidos, Colombia y Cuba. Recientemente, la revista inglesa Granta lo ha escogido como uno de los veintidós mejores escritores jóvenes en español del momento. Pron es doctor en filología románica por la Universidad Georg-August de Göttingen (Alemania). En la actualidad vive en Madrid, donde trabaja como traductor y crítico.

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Profile Image for Gianni.
390 reviews50 followers
August 12, 2024
”Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”, questa è la bella e famosa citazione da Gramsci che apre Non spargere di lacrime per chiunque viva in queste strade.




Forse sarebbe risultato ancora più incisivo citare la frase originale, ovvero:

”La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”

tratta da Passato e presente e datata 1930. Gramsci parla di quell’aspetto ”della crisi moderna […] collegato a ciò che si chiama crisi di autorità. Se la classe dominante ha perduto il consenso, cioè non è più dirigente, ma unicamente dominante, detentrice della pura forza coercitiva, ciò appunto significa che le grandi masse si sono staccate dalle ideologie tradizionali, non credono più a ciò in cui prima credevano ecc. […] Il problema è questo: una rottura così grave tra masse popolari e ideologie dominanti come quella che si è verificata nel dopoguerra, può essere guarita col puro esercizio della forza che impedisce a nuove ideologie di imporsi? L’interregno, la crisi di cui si impedisce così la soluzione storicamente normale, si risolverà necessariamente a favore della restaurazione del vecchio?”.

Vent’anni prima, nel 1909, Filippo Tommaso Marinetti ottiene la pubblicazione su Le Figaro di quello che è considerato il primo manifesto futurista e in cui si può leggere ”1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. […] 7. Non v'è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. […] 9. Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna. 10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa; ”.

Nell’articolo Marinetti rivoluzionario?, pubblicato su L’Ordine Nuovo del 5 gennaio del 1921 e che si rivela un’interessante lettura, Gramsci racconta che, nel corso del secondo Congresso dell’Internazionale Comunista, Lunaciarsky si rivolge in italiano ai delegati italiani affermando che ”in Italia esiste un intellettuale rivoluzionario e che egli è Filippo Tommaso Marinetti”, e Gramsci è certo che ora ”si aggiungerà l’ingiuria più sanguinosa di “futuristi! marinettiani!”.
Gramsci riconosce che ”molti gruppi di operai hanno visto simpaticamente (prima della guerra europea) il futurismo. Molto spesso è avvenuto (prima della guerra) che dei gruppi di operai difendessero i futuristi dalle aggressioni di cricche di letterati e di artisti di carriera.”
Gramsci prefigura che, se nella transizione verso il nuovo Stato guidata dalla classe operaia ”Lo Stato operaio non può essere, per un certo tempo, altro che uno Stato borghese senza la borghesia”, allora ”il campo della lotta per la creazione di una nuova civiltà è invece assolutamente misterioso, assolutamente caratterizzato dall’imprevedibile e dall’impensato. […] esisterà una cultura (una civiltà) proletaria, totalmente diversa da quella borghese […] verranno spezzate le differenze di classe […] verrà spezzato il carrierismo borghese […] esisterà una poesia, un romanzo, un teatro, un costume, una lingua, una pittura, una musica caratteristici della civiltà proletaria […] Cosa resta da fare? Niente altro che distruggere la presente forma di civiltà […] non significa privare l’umanità di prodotti materiali necessari alla sua sussistenza e al suo sviluppo; significa distruggere gerarchie spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, significa non avere paura delle novità e delle audacie, non aver paura dei mostri. I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni, prodotte dalla loro attività, fossero nel complesso, una opera superiore a quella distrutta: hanno avuto fiducia in sé stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l' epoca nostra, l' epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa doveva avere nuove forme di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio […] I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari

Due volte, Gramsci, sottolinea che questa simpatia da parte di alcuni gruppi operai nei confronti del futurismo si era manifestata prima della guerra. Nel 1923 Gramsci risponde alle domande di Trockij sul futurismo italiano con una lettera (testo molto interessante) in cui afferma che ”dopo la guerra, il movimento futurista in Italia ha perduto interamente i suoi tratti caratteristici […] I più importanti esponenti del futurismo d’anteguerra sono diventati fascisti, ad eccezione di Papini che è divenuto cattolico […] Durante la guerra i futuristi sono stati i più tenaci fautori della guerra sino in fondo e dell’imperialismo. […] Marinetti, che aveva sempre elogiato la guerra, ha pubblicato un manifesto in cui dimostrava che la guerra era il solo mezzo igienico per il mondo […] La sezione di Torino del Proletkult (è da leggere Proletkult del collettivo Wu Ming!) aveva chiesto a Marinetti, in occasione dell’apertura di una mostra di quadri di lavoratori membri dell’organizzazione, di illustrarne il significato. Marinetti ha accettato volentieri l’invito, ha visitato la mostra insieme con i lavoratori e ha espresso quindi la sua soddisfazione per essersi convinto che i lavoratori avevano per le questioni del futurismo molta più sensibilità che non i borghesi. Prima della guerra i futuristi erano molto popolari tra i lavoratori. […] Il gruppo futurista di Marinetti non esiste più. […] Si può dire che dopo la conclusione della pace il movimento futurista ha perduto interamente il suo carattere e si è dissolto in correnti diverse, che si sono formate in conseguenza della guerra. […]I giovani intellettuali erano in genere assai reazionari. I lavoratori, che vedevano nel futurismo gli elementi di una lotta contro la vecchia cultura accademica italiana, ossificata, estranea al popolo, devono oggi lottare armi alla mano per la loro libertà e hanno scarso interesse per le vecchie dispute.”

All’interno di questa cornice può essere meglio compreso e apprezzato, secondo me, il bel libro dell’argentino Patricio Pron. È un libro dall’architettura complessa, a tratti è un saggio, in altre parti prevale il metodo dell’intervista con il cambio del narratore, che sa tutto e spesso anticipa molte cose, ha l’ampio respiro del tempo snodandosi per almeno sessant’anni ma mostra anche una cura maniacale per i dettagli, non è Storia pur usandone il contesto e buona parte dei personaggi, ma neppure solo fiction: né vero, né falso, ma verosimile, direi.
Pron ricostruisce il contesto e l’organizzazione di Congresso internazionale degli scrittori fascisti tenuto a Pinerolo nell’aprile del 1945 e al quale sono invitati anche intellettuali di fama internazionale; il Congresso sarà interrotto prima della conclusione per il rinvenimento del cadavere di un ospite inatteso, Luca Borrello.
A ricostruire la vicenda e cercare di individuare l’eventuale assassino di Borrello, è Pietro o Peter Linden, un affiliato all’organizzazione terroristica delle Brigate Rosse che nel 1977 viene in possesso di alcuni libri che un vecchio professore, che lui sta pedinando, ha ordinato presso una libreria e che non ritirerà mai perché verrà giustiziato da un commando brigatista. Luca Borrello costituisce il legame tra i libri, alcuni partecipanti al Congresso degli scrittori fascisti e il padre di Peter, membro delle brigate partigiane.
Il libro si apre con una serie di interviste ad alcuni degli scrittori ancora in vita che hanno partecipato al Congresso del 1945, tutte risalenti al marzo del 1978 e la prima delle quali porta la data fatidica del 16 marzo. È interessante lo stralcio di una delle prime della conversazioni in cui Attilio Tessore afferma che ”non bisognava mai mescolare arte e vita, mai ricongiunte perché la loro riunione spalancava un abisso al quale era meglio non affacciarsi e al qual noi ci eravamo affacciati appena, prima di indietreggiare spaventati, sapendo, dico,, che l’opera di Borrello poteva concludersi soltanto nel modo in cui lo fece o in cui le voci sostenevano che l’avesse fatto - dimostrava che lui aveva camminato lungo un via stretta, inclassificabile, con due marciapiedi, su uno dei quali c’era l’arte, mentre sull’altro si trovavano la follia e l’annientamento.”
E Spartaco Boyano riflette lo spirito del tempo asserendo ”che cosa avevamo sconfitto, esattamente? La ridicola ricetta della pace usuraia e timorata della borghesia e la mercificazione della vita. Scommettevamo su un’estetica della violenza e uno spirito di rivolta, e pensavamo che la guerra fosse l’unica maniera di ripulire il mondo.”
È la tensione totale tra vita, arte e violenza che ha caratterizzato il tentativo di rottura tra il vecchio e il nuovo che è analizzata da Pron che la rappresenta di nuovo, prima nella logica terroristica incarnata da Peter quando Afferma ”un’epoca nuova, in cui l’arte e la vita tornino a riunirsi dopo decenni di manifesta incomprensione reciproca, di reciproco disdegno”, successivamente lo anticipa nei pensieri di Tomas nel 2014, il figlio di Peter: ”nel corso della sua vita, inoltre, penserà che le vite di tutte quelle persone delle quali avrà saputo tutto e allo stesso tempo non saprà mai nulla si potrebbero raccontare come la storia del modo in cui l’arte si trasforma sempre in politica e la politica, non importa di che segno, in delitto, e penserà che lì c’è un compito in sospeso per persone come lui: boccare gli elementi criminali della politica e trasformarla in qualcosa di simile all’arte,, in un’attività che dica qualcosa di significativo sull’essere qui, un qui che può essere quel che si vuole, il mondo o la società.”

Molta “carne” al fuoco in questo libro, una scrittura non sempre facile da seguire, in alcune parti ricca di incisi che fanno perdere il filo. Altre parti forse un po’ ridondanti e talvolta pesanti, anche se non manca lo sguardo ironico qua e là. Mi trattengo dall’assegnare le mie personalissime 5 stelle.
Profile Image for Jean Ra.
415 reviews1 follower
October 7, 2022
Una historia atractiva que se amolda a un esquema puramente bolañesco y que finalmente naufraga.

El epicentro narrativo se sitúa efectivamente en un congreso de escritores fascistas, celebrado en la República social de Saló, cuando el fascismo ya estaba en retroceso y también los nazis. Era un evento que debía celebrarse a lo largo de tres jornadas pero que se redujo a una sola debido al desarrollo de los eventos de la II Guerra mundial.

Las primera parte nos habla de una muerte, la siguiente está escrita con profusas y extensas frases del que será el entrevistador de los escritores supervivientes en 1978, que en la tercera parte evocan las memorias de ese evento, así como una serie de figuras que fueron invitadas y nunca fueron junto con los que sí que aparecieron, incluidos Agustín de Foxá y Sánchez Mazas, en representación de la Falange española. Continua una especie de narración fragmentaria, que emula ser las piezas de una novela inacabada y sin coser acerca del devenir de uno de los personajes de ese congreso, un confuso futurista que no se sabe si era fascista o no, que sobrevive en la campiña mientras el fascismo de Mussolini se descompone y se encuentra con precisamente el personaje del entrevistador, que está en huida. Más tarde saltar a 2014, hablando del nieto del entrevistador, lo que evoca la idea de la herencia cultural, y luego ya una especie de catálogo de los personajes aparecidos, escrita con bastante retranca.

Está claro que a Pron lo que más le preocupa a la hora de escribir es cincelar su prosa bajo la idea del ritmo y la fluidez sintáctica, de la que apenas queda un leve resto de sentido y significado. No hace falta ser un genio para darse cuenta que con esa idea el riesgo es notorio y lo cierto es que a mí, a partir de la página 100, se me ha hizo muy cuesta arriba, pues Pron no logra mantener la tensión narrativa, se pierde en montañas de palabrería superflua, de información accesoria irrelevante que sólo está puesta ahí para que los párrafos abulten más, mero vehículo para que Pron luzca gran estilo y un notorio dominio de la sintaxis.

De todo el presupuesto, al final apenas queda unas pocas gotas, que se hacen insuficientes tras páginas y más páginas de escaso interés, dónde se nota que Pron sólo pretende cumplir con recetas estéticas alargando los párrafos, mezclando estilos y hechos reales con los ficticios. El lector o aplaude sin rechistar o se deja ahogar por el tedio. No satisface su retrato del desmoronamiento del fascismo, tampoco interesa el devenir de sus personajes, su descripción de las obras imaginarias de estos autores quizás sean lo más simpático y desde luego no se puede decir que a nivel político posea encanto alguno. O quizás lo tenga y en medio del marasmo se me pasó de largo. Un aburrimiento oceánico.
Profile Image for Gavin Armour.
612 reviews127 followers
August 12, 2020
[Text bezieht sich auf die Hardcover-Ausgabe]

Allgemein wird es für einen Künstler schwierig, wenn er mit allen möglichen Größen seines Fachs verglichen wird. Erst recht, wenn man ihn in bestimmten Regionen der Welt noch gar nicht besonders gut kennt. So ergeht es momentan dem Schriftsteller Patricio Pron, in unseren Breiten ein noch eher Unbekannter, dem die Ehre zuteilwird, mit Jorge Luis Borges und Roberto Bolaño, mit Julio Cortázar und Pier Paolo Pasolini verglichen zu werden – alles Größen der lateinamerikanischen, bzw. italienischen Literatur, die in ihren langen Künstlerbiographien neben vielem andern auch politisch Relevantes geschrieben haben. Und zumindest ist nicht von der Hand zu weisen, daß Pron mit Borges die Lust am freien Fabulieren vermeintlich wissenschaftlich Exaktem teilt, mit Bolaño jene an der Auseinandersetzung mit der Literatur allgemein und im Besonderen, mit Pasolini, der meist als Regisseur von Skandalfilmen erinnert wird, zumindest das Interesse an der Entstehung und Wirkmächtigkeit des Faschismus spezifisch italienischer Provenienz. Und doch erhebt sich hier eine vollkommen eigenständige Stimme, die in Südamerika bereits deutlich vernehmbar ist und dies auch bei uns in Europa bald sein sollte.

VERGIESS DEINE TRÄNEN FÜR KEINEN, DER IN DIESEN STRASSEN LEBT (Dt. erschienen 2019, Original 2016 unter dem Namen NO DERRAMES TUS LÁGRIMAS POR NADIE QUE VIVA ES ESTAS CALLES) lautet der sperrige Titel seines Romans, in dem er sich mit dem italienischen Faschismus auseinandersetzt und spürbar macht, wie Geschichte fortdauert, wie sie generationenübergreifend wirkt, wie sie Handlungen bedingt, die scheinbar wenig bis nichts mit den Ursprüngen zu tun haben, die ihnen zugrunde liegen, und eben doch immer präsent sind. Ein junger Mann, der sich offenbar im Umfeld der Brigate Rosse bewegt, jener linksextremen Terrorvereinigung, die Italien in den 70er Jahren ähnlich in Atem hielt, wie seinerzeit die Rote Armee Fraktion, kurz RAF, die Bundesrepublik Deutschland. Aufgrund verschiedener Verwicklungen begreift dieser junge Mann – Peter oder Pietro Linden – daß seinen Vater, einen ehemaligen Partisanen im Kampf gegen die italienische Sozialrepublik, jenen Marionettenstaat, den die italienischen Faschisten noch unter der Führung von Benito Mussolini und von Hitlers Gnaden am Gardasee installiert hatten, eine geheime Geschichte mit einem Schriftsteller verbindet, der dort an einem Kongreß futuristischer und faschistischer Autoren im April 1945 teilgenommen hatte. Linden sucht die noch in Italien lebenden Vertreter dieser Gattung auf und befragt sie nach den damaligen Vorkommnissen und dringt so immer tiefer in das historische Gewebe aus persönlicher und politischer Geschichte vor.

Pron erzählt seine Geschichte keineswegs stringent. Er setzt sie vielmehr in acht „Bücher“ genannten Abschnitten aus Berichten – Abschriften der Tonbandaufnahmen, die Linden mit den wesentlichen noch lebenden Autoren führen konnte – , Erzählung und lexikalischen Einträgen zusammen, wodurch ein vielstimmiger Kanon anhebt, in dem die Tatsachen sich ergänzen, oft auch widersprechen, in dem sich nach und nach ein tiefsitzendes Geflecht aus Schuld, Verletzung, Mißtrauen, aber auch Freundschaft und an Liebe grenzender Zuneigung einiger der damaligen Protagonisten offenbart. Stilistisch bedient sich Pron dabei völlig unterschiedlicher Mittel. Die Erzählung um Linden, der später eine lange Gefängnisstrafe für eine wenn auch eher nebensächliche Beteiligung an einem Attentat der Brigate Rosse absitzen wird, ist in jenen Endlossätzen gehalten, die oftmals die Bekennerschreiben der linksextremen Terrororganisationen der 70er und die theoretischen Schriften jener Jahre prägten, dabei nutzt er gern und viel das Futur II, jene grammatikalische Form, die so selten ist und aufgrund ihrer Konstruktion meist einen ironischen Unterton vermittelt, auch wenn sie durchaus Schreckliches berichtet. Die Erzählungen der Futuristen hingegen, alle in ihren 70ern und 80ern mittlerweile, sind direkt, manchmal ausladend, ihnen ist die Eitelkeit jener eingeschrieben, über die die Geschichte hinweggegangen ist und die der Meinung sind, ihr Anteil an eben dieser Geschichte sei niemals genügend gewürdigt worden.

An die acht „Bücher“ schließt sich ein über 50seitiges Kompendium an, das lexikalisch vom Leben und Werk der meisten im Text erwähnten Autoren erzählt. Dabei mischt Pron fröhlich Fakten und Fiktion und lässt der eigenen Spottlust freien Lauf. Einige dieser Einträge sind zum Schreien komisch, andere schreckenerregend, alle offenbaren die Verstrickung gerade der Futuristen in den Aufstieg des italienischen Faschismus. Ebenso wird aber auch deutlich, wie zeitgebunden diese letztlich kurzlebige künstlerische Richtung gewesen ist. Daß auch sie ihren Anteil an der Moderne hatte, das lässt Pron den Leser allerdings ebenfalls spüren und wirft ihn, der sich wohl aufgeklärt wähnt, damit auf sich selbst zurück. Man kann hier viel über die Verflechtung der Kunst mit dem Leben – oder, wie es der Begründer des Futurismus, Filippo Tommaso Marinetti, forderte, der Deckungsgleiche der Kunst und des Lebens – und darüber lernen, wie noch dem theoriegläubigsten Aktivisten die eigene Begehrlichkeit, die eigene Eitelkeit und vor allem der Neid, die Mißgunst, in die Quere kommen und das ganze Leben, innerhalb wie außerhalb der Kunst, bestimmen und, ja, auch das: vergällen kann. Zudem wird gerade in diesen Kurzbiographien deutlich, daß der faschistisch angehauchte Nationalismus eben doch eine internationale Komponente hat, daß es keine Eindeutigkeit gibt hinsichtlich derer, die „dafür“ und/oder „dagegen“ waren. Wofür schon der Name Ezra Pound steht, an dessen Verstrickungen gerade in den italienischen Faschismus hier noch einmal erinnert wird.

Pron, der, in Argentinien geboren, lange in Göttingen gelebt und gelehrt, schließlich auch dort promoviert hat und heute in Madrid lebt und arbeitet, durchdringt die europäische Schreckensgeschichte ebenso, wie er sich mit der Literatur und ihren Ansprüchen auf Exklusivität wie Totalität auseinandersetzt. So sehr man hier etwas über die Spezifika des Futurismus lernen kann, so sehr kann man auch etwas über das Verhältnis von Literatur und Leben, Literatur und Wirklichkeit lernen. Und dazu kommt die Erkenntnis, all das nicht allzu ernst zu nehmen. Denn so brutal und schrecklich die reale Geschichte gewesen sein mag – und sie war es, zweifelsohne – so entfremdet und irreal ist dieselbe Geschichte zwischen den Deckeln eines Buches.

Ein futuristisch-faschistischer Schriftstellerkongreß im April 1945 im Norden Italiens, zu dem allen Ernstes Vertreter aus Deutschland (noch denkbar), Frankreich, Spanien und natürlich ganz Italien anreisen? Durch die Wirren der vorrückenden Frontlinien auf dem italienischen Stiefel? Während die Alliierten bereits die Grenzen des Deutschen Reichs überschritten haben, Berlin seinen letzten Kampf kämpft? Unvorstellbar, möchte man meinen – und doch passt genau diese Idee zum Größenwahn der Regime, die lieber untergingen, als sich zu ergeben. Es passt zu einer Ideologie, die in ihrem Kern den Größenwahn und den eigenen Untergang längst eingeschrieben hat. Und an dieser Stelle, das stimmt, werden natürlich Erinnerungen an Pasolini und dessen letzten Film SALÒ O LE 120 GIORNATE DI SODOMA (1975), diese einzige wahre Verfilmung eines Werkes des Marquis de Sade, hervorgerufen. Die Erinnerung daran, wie die „Herren“ in diesem Film darüber schwafeln, daß sie, die Ausübenden der absoluten Macht, die „wahren“ Anarchisten seien, wie sie den Tod allen ihren Handlungen immanent betrachten und letztlich – man denke nur daran, wie sie es genießen, nicht nur zu foltern und zu demütigen, sondern auch selbst den Schmerz und die Demütigung zu spüren – das eigene, gewaltvolle, Vergehen geradezu herbeizusehnen scheinen. Auch an anderer Stelle verweist Pron direkt auf Pasolini, der sich eine leidenschaftliche Auseinandersetzung mit den Studenten von 68 lieferte, denen er das wirklich revolutionäre Moment absprach und unterstellte, im Grunde nur selber ein Stück vom Kuchen der Macht anzustreben. Und der in seinen Freibeuterschriften immer wieder vor einem Warenfaschismus warnte, der den „wahren“ Faschismus abgelöst habe und mit weitaus subtileren Mitteln um die Macht kämpfe, als es die „Bewegungen“ der Vorkriegszeit getan hätten.

Gerade in dieser Verbindung mit dem Erbe von 68 versteht es Patricio Pron, die Fortdauer von Geschichte zu verdeutlichen, er greift Muster und Schemata auf, die bspw. Götz Aly in seinem wegweisenden Band UNSER KAMPF 1968 – EIN IRRITIERTER BLICK ZURÜCK (2008) so klar herausgearbeitet hatte. Da wird eine Kontinuität deutlich, die das Radikale vom rechten, dem faschistischen, zum linken Rand umbettet, in seiner Härte und Skrupellosigkeit aber dem historischen Vorbild der Väter in kaum etwas nachsteht. Aly hat über ein spezifisch deutsches Trauma geschrieben, Pron gelingt es, diese Kontinuitäten so aufzudecken, daß man darin ein klares, allgemeingültiges geschichtliches Muster erkennen kann. Die Erinnerung an jemanden wie Pasolini und dessen Abneigung gegen die studentische Revolte 1968 ff. ist da nur einer von vielen geschickten Winkelzügen und Verweisen, die der Autor vornimmt. Allerdings ein exemplarischer.

In seiner Vielstimmigkeit und Vielschichtigkeit ist Patricio Pron ein im besten Sinne des Wortes postmoderner Roman gelungen, unkonventionell, radikal, provokant, den zu lesen nicht schwerfällt, den zu lesen aber immer wieder dazu führt, innezuhalten, abzuwägen und sich der eigenen Position als Leser in einem Gefüge zwischen Realität und literarischer Wirklichkeit, zwischen Fakt und Fiktion und als historisches Subjekt wie Objekt gewahr zu werden. Ein gefährliches Buch, ebenfalls im besten Sinne. Und also: Große Literatur.
Profile Image for Jennifer Nelson.
452 reviews36 followers
June 4, 2020
Received through FirstReads...
I knocked this down from two stars to one, because I had such high hopes for it. I read the first few pages and thought, yes, I'm really going to like this, because I usually enjoy books done in oral history or interview format. But it was such a letdown. I can imagine some praising this book as being very "literary". I rarely rate books this poorly, but it was so boring, and so repetitious. After 20 pages I thought, it will pick up soon...nope. Same thing after 50, 100, 150 pages. Even an unsolved death was dull. Completely lifeless. The people were flat and unmemorable. I don't mind pointless, but it's got to be somewhat witty or clever.
Profile Image for Paul.
1,402 reviews72 followers
June 11, 2020
I'll agree with the descriptions of "bold" and "ambitious" as long as neither are considered a synonym for "successful." Mr. Pron is attempting to satirize Fascism, which, as Spike Jones and Mel Brooks have demonstrated, is best accomplished through broad comedy. Subtly ridiculing the Futurist roots of Fascist philosophy by imagining a writers' convocation during the waning days of the Salo republic reads like an in-joke which ten academics might get, a number which drops by half when Mr. Pron relates his narrative through the reminiscences of several verbose old Italian poets talking to an undercover Red Brigade operative in 1978. But "Don't Shed etc etc" is educational, at least - I now know more about Futurism than I ever have (or wanted to). Researching this book must have been painful, and the author is successful in conveying that.
Profile Image for Francisco.
34 reviews39 followers
August 9, 2018
La intención del autor es buena pero la historia y la fuerza del relato se diluyen hasta perderse. En mi caso me terminó aburriendo. A pesar de que Pron me parece brillante, el libro me decepcionó bastante. En primer lugar, porque las anteriores novelas que leí de su autoría me resultaron excelentes. Y segundo, porque la historia, los personajes y los entrecruces son forzadamente bolañescos (quizás tampoco ayudó que haya leído 2666 hace un par de meses). Más allá de todo, la escritura de Pron es irreprochable.
Profile Image for Mario Soares.
220 reviews6 followers
November 5, 2016
muy largo, tal vez fuese la trama ideal para un cuento. En el
más P. Pron se cre un Bolaño pero de Bolaño no tiene nada.
Profile Image for Aleister.
267 reviews8 followers
September 12, 2019
No sé por dónde partir, pero debo decir que es un libro que aborda tantos tópicos que, a primeras, pareciera perder el hilo de la historia principal.
Pero la historia principal son los distintos hilos que se tejen en torno a la pregunta de hasta dónde llega el arte, la literatura o la política.
Dentro del libro hay diversos ensayos (compuestos a través de unas entrevistas a personajes muy llamativos del movimiento futurista italiano) que debaten en torno a la acción de sus propias obras y vidas.
Si bien uno puede estar en desacuerdo con ellos, el debate que surge sobre el actuar que tiene la literatura es, por lo menos, interesantísimo. Despierta opiniones e incentiva la acción de pensar.
El principal problema de No derrames... está en lo mismo que provoca que sea un gran libro: pareciera estar descomponiéndose, cayendo en una trama dispersa e inconexa. Pero, creo yo, si uno logra diferenciar entre lo planteado en el primer párrafo se puede encontrar un gran texto que debate sobre distintas problemáticas de la literatura.
Profile Image for El Lector Enmascarado.
340 reviews7 followers
June 20, 2020
En otra parte escribí que prefiero los relatos de Pron a sus novelas, pero esa regla tiene en esta novela su excepción. Estuve a punto de abandonarla a la mitad, algo enfangado en los morosos testimonios sobre el congreso de literatos fascistas; por suerte no lo hice, porque lo verdaderamente sensacional es la segunda parte.

En cierto modo, esta novela puede leerse como un reflejo especular de Soldados de Salamina: aquí hallamos a fascistas arrepentidos y humanitarios, a partisanos desnortados y a antifascistas violentos (también, por supuesto, a nazis sanguinarios). No veo en ello una «equidistancia» del tipo «fascistas y comunistas cometieron crímenes y por lo tanto ninguno de ellos tenía razón», sino más bien una perspectiva olímpica que desdeña en general la ingenuidad de recurrir a la violencia, al mismo tiempo que invierte la dialéctica horizontal del espectro político en otra vertical, en la que las élites económicas se oponen a las clases subalternas. Así, al menos, entiendo yo que todo desemboque —no es realmente un spoiler, lo anuncia la contracubierta— en las manifestaciones anticapitalistas de 2014.

Conviene no pasar por alto la nota bibligráfica, que revela cómo la novela se ha construido sobre innumerables atribuciones apócrifas, pastiches anacrónicos, ventriloquía y mistificación, como si en la intrahistoria del futurismo las identidades fueran equivalentes o anodinas, y es argüíble que ese sea el tema principal de la novela, o uno de los temas principales: la relación entre textos y autores, la jerarquía entre ambos —es decir, entre vida y obra—.

Entre los aspectos que la deslucen sobresalen el título y la cubierta, que no solo no guardan ninguna relación con el contenido del libro, sino que tampoco cumplen otras posibles (e importantes) misiones del envoltorio editorial, como son la de picar la curiosidad de los lectores o la de ubicar la lectura en un ambiente debidamente sugestivo. Los lectores deberán también descender por frases infinitas, sobre todo al principio, interferidas por incisos de diez o doce líneas, que obligan a los ojos a dar saltos sacádicos con pértiga. La mayoría de esas frases me resultan, sorprendentemente, inteligibles.
Profile Image for Jim.
3,098 reviews155 followers
October 7, 2021
A significantly tougher read than his debut novel, but much of that struggle I attribute to my own lack of knowledge of the subject Pron uses as the heart of his tale. But I can also say I was less enamoured with Pron's prose style in this book. he still utilizes the lengthy, heavily punctuated, run-on sentences, which often give the narrative, and the interviews inside it, the air of being not entirely honest or factual. In toto, the novel speak to fascism's affinities or refusals of art, politics, "action", and violence. As a result, we get less of a plot-directed piece, and more of a philosophical or argumentative screed going on in detail about fascism and its attractions, or repulsions, as it were. The questions the book presents as a sort of conundrum are answered, through movement back and forth in time, but they feel more like a method or means to speak on and unravel the manner in which fascism took hold in Italy, and for such a time. We are peppered with actual people and writings and facts, which give the book an air of believability, even though we are well aware it is not at all being truthful with us. I will be spending some time reading up on the Red Brigades (and refreshing my knowledge of the Red Army Faction, though I know much about the RAF already) and on fascism in Italy, which means the book does what any good book does for me: make me think about things and seek more knowledge. A quite trying read which demands attention, if only to keep track of the argumentation about fascism, and not a book I would label as enjoyable, more so rewarding, albeit obliquely.
Profile Image for Sarah-Hope.
1,470 reviews210 followers
May 9, 2020
I found Don't Shed Your Tears for Anyone Who Lives on These Streets to be a frustrating read. The premise is interesting—a look back at a murder that occurred at a Fascist writers' conference in WWII Italy. This set-up raises lots of interesting possibilities about the relationship between politics and art, the ways people can delude themselves for a time about the ethics of a stance they're embracing. Unfortunately, the writing style was so Baroque and jumpy that I was never able to really engage with the story. There were moments when I'd think "OK, now I see how this is playing out," but those leads always seemed to turn out to be diversions or blind alleys. If you enjoy prose-heavy, stylized Latin American fiction, you may well find this book more interesting than I did. It made a splash when it was originally released in Argentina. If you're looking for a real that is more character- and narrative-driven, this title is likely to disappoint.

I received a free electronic review copy of this title from the publisher via EdelweissPlus. The opinions are my own.
Profile Image for Sebastian Camacho Millan.
118 reviews
December 20, 2023

Lo que inicia como una novela atractiva que termina naufragando.

Muy al estilo de Bolaños, Patricio Pron nos lleva en este libro por un congreso de escritores fascista en una región de Italia cuando los nazis van en retroceso y se asoma ya la derrota.

La primera parte es buena, no hay duda de ello, pero después la novela que parece inacabada y que va hilvanado fragmentos del congreso, de la muerte de un personaje importante, de las frases del entrevistador a los sobrevivientes y que en la tercera parte estos evocan los acontecimientos del congresos, y así, hasta no lograr no cuajar muy bien del todo.

El proyecto es arriesgado, la prosa de Pron tiene ritmo y fluidez pero con un sentido y significa leve en este libro.
Profile Image for Antonio Parrilla.
439 reviews54 followers
September 11, 2022
Las doscientas primeras páginas es Los detectives salvajes. Tiene poetas jóvenes tomándose la poesía corporalmente en serio, tiene un grupo de estos poetas semi-mitificado, tiene a un tío un poco al margen hasta que te enteras de quién es que entrevista a todos los otros para averiguar de uno en particular.
Las otras cien siguientes es una resolución de análisis generacional a la disyuntiva literario-fascista previa. Me ha gustado mucho, pero sí es verdad que es Los detectives salvajes revisited.
Profile Image for Alan M.
744 reviews35 followers
April 16, 2020
I struggled with this, I'm afraid. Very heavy-going, relating to a period I was a bit sketchy about in the first place and which needed a lot of trying to work who/what/why. Page after page of block text, with no paragraph breaks and long convoluted sentences. I skipped whole pages, just skimming to see if I could get any sense of what was going on.

Intellectual, Probably very worthy. But not what I need to read at this time!
Profile Image for Nancy.
470 reviews
May 30, 2020
I won this in a Goodreads giveaway.
Difficult to read. Seemed disjointed and some parts were incomprehensible.
Profile Image for tartaruga fechada.
349 reviews1 follower
October 28, 2021
Manufactured Trilogy #22: Pandemic traveling through the eyes of traveling detectives through crime fiction
- The Forgotten Dead (France and Spain by way of Sweden) (Alsterdal)
- Don't Shed Your Tears for Anyone Who Lives on These Streets (Italy by way of Argentina) (Pron)
- April in Spain (Spain by way of Ireland) (Banville)
Profile Image for Alejandro Orradre.
Author 3 books109 followers
June 13, 2016
Primera novela que leo de Patricio Pron y curiosamente la última que ha publicado. Con una prosa densa y muy particular se nos sumerge en la Italia fascista a través de la historia de un grupo de escritores italianos que fueron afines al régimen de Mussolini y cuya amistad entre ellos se truncó cuando los primeros síntomas de arrepentimiento emergieron a la superficie.

Un tanto confusa en ciertos puntos, con tendencia excesiva a la subordinación en los párrafos, "No derrames..." sigue siendo una excelente novela recomendable a todo amante de la Europa de entreguerras, de su literatura y de los personajes que de ella surgieron.
Displaying 1 - 18 of 18 reviews

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