Il 4 novembre 1954 Trieste festeggia l’annessione all’Italia e tutta la città confluisce in piazza Grande. Arriva Berta, donna giovane ma segnata da una relazione andata male. Lei, ragazza di città, non è riuscita a inserirsi nel mondo contadino romagnolo e a trovare un modo per comunicare con il marito. E dopo dieci anni di matrimonio è da poco tornata a Trieste con le figlie. Arriva Alina, vecchia compagna di scuola di Berta. Di cognome fa Rosenholz e nei lager ha perso tutta la famiglia, e anche se stessa. Rimpatriata a Trieste, non riesce a ricordare nulla di sé e l’unica sua destinazione rimane l’ospedale psichiatrico San Giovanni. Persa in un mondo confuso, Alina è uscita per sbaglio dall’istituto e quella mattina finisce in piazza insieme a migliaia di persone senza sapere esattamente dove si trovi e perché ci sia tutta quella folla. D’improvviso, il suo sguardo cade su una coppia di misteriosi orecchini a trifoglio che riaccendono una luce nella sua mente… Dura un giorno l’azione del romanzo, il 4 novembre 1954 appunto. Ma nel corso della giornata vediamo scorrere le storie di Berta e di Alina, sconosciute a se stesse prima, ma con una speranza di una nuova vita, un nuovo inizio, un nuovo riconoscimento di sé e degli altri
Non è il solito romanzo sull’amicizia con l’aggiunta di una storia d’amore. C’è anche questo ma in Non si può tornare indietro c’è prima di tutto Trieste. Il suo mare, la bora, il suo essere città di confine, la Risiera e le foibe, l’ospedale psichiatrico San Giovanni e i matti. E poi ci sono le donne e le prime timide manifestazioni d’indipendenza. Il tutto narrato con una lingua elegante ed evocativa. Le ciacole, il còcolo, tàco – màco, il ciangottio, il gloglottio, l’agucchiare e il vagolare non mi abbandoneranno presto. Le parole che emergono dal passato, accavallandosi sconnesse nella testa di Alina nelle pagine finali del romanzo, sono un capolavoro.
Da mettere in valigia per un nuovo viaggio a Trieste. Quando conosci già la città, hai visto i caffè e passeggiato sul lungomare, rimandando alla prossima volta la visita al museo della Risiera e una corsa sul tram di Opicina che si arrampica sulle alture del Carso. Arrivata fin lassù, ti fermerai in una delle tante osmizze e leggerai qualche pagina di Non si può tornare indietro bevendo vino locale. E ti sembrerà di tornare indietro nel tempo. Ne parlo qui: https://librinvaligia.blogspot.it/201...