Francia, inizio Novecento. Sophie, una ragazza di provincia, si ritrova immersa nell'affascinante mondo della Belle Époque parigina e si innamora del pittore Édouard. Non è una storia semplice, ma il sentimento che li lega sfocia in un meraviglioso matrimonio d'amore. Una favola interrotta dallo scoppio della Grande Guerra: Édouard parte per il fronte e Sophie rimane sola nella zona occupata dai tedeschi. Quando viene a sapere che il marito è prigioniero e rischia la vita, per salvarlo offre al comandante tedesco ciò che ha di più caro: il ritratto fattole da Édouard. Quasi cent'anni dopo, quel quadro è appeso in casa di Liv Halston, vedova trentenne, dono del marito prima di morire. Quale storia tormentata si cela dietro il dipinto? Un legame insospettabile lega queste due donne, separate da un secolo di storia ma unite dalla determinazione a lottare per ciò cui tengono di più. Costi quel che costi.
Moyes studied at Royal Holloway, University of London. She won a bursary financed by The Independent newspaper to study journalism at City University and subsequently worked for The Independent for 10 years. In 2001 she became a full time novelist.
Moyes' novel Foreign Fruit won the Romantic Novelists' Association (RNA) Romantic Novel of the Year in 2004.
She is married to journalist Charles Arthur and has three children.
La Moyes ci propone due storie in parallelo, intrecciate tra loro. Il primo racconto è ambientato nella sofferenza della prima guerra mondiale, mentre il secondo nell'Inghilterra del 2012. La prima storia, quella di Sophie, mi ha lasciato senza parole: sono riuscita davvero a sentire il dolore di una povera donna che aspetta incessantemente il ritorno del proprio marito dalla guerra. Inoltre, i tanti riferimenti all'arte mi hanno fatto apprezzare ancora di più questo racconto. La seconda storia, invece, è quella di Liv, una vedova trentenne che si scopre essere legata alla coraggiosa Sophie del 1917. Anche in questo caso, la Moyes esprime perfettamente i sentimenti della donna, sottolineando il dolore della perdita.
Non ho dato la quinta stellina per il finale,in quanto mi è sembrato un po' banale. Certo ho apprezzato la fine positiva delle indagini, ma avrei apprezzato un finale un po' più chiaro. In ogni caso, consigliatissimo!!
Che dire, io e i romanzi rosa continuiamo ad essere su due pianeti opposti. Jojo Moyes ha comunque il merito di scrivere bene e questa è una cosa che ho potuto confermare anche in questo romanzo. Per quanto riguarda la trama, il libro sarebbe stato anche passabile se un buon 70% non fosse stato occupato dalla storia ambientata nel 2010, di una noia mortale a dir poco. C’è da dire che a me l’intreccio tra passato e presente non è mai piaciuto. Se leggo un libro ambientato nel passato, questo deve rimanere ambientato nel passato. Diversamente, mi sarei cercata un libro ambientato nel presente. L’ambientazione si staglia nella Prima Guerra Mondiale, in Francia, cosa che onestamente a volte si dimentica perché la trama è strutturata secondo “temi” e “situazioni” che la mente associa più che altro alla Seconda Guerra Mondiale (collaborazionismo, occupazione tedesca, “resistenza”, arte). Non si può non associare questo libro a “La Storia” di Elsa Morante e a “Le Assaggiatrici” di Rosella Postorino, due delusioni a cui devo aggiungere questa perché è sulla stessa scia. Questo simpatico trittico ha la nota dolente di essere incentrato sulle vicende dei civili. E se c’è una cosa che proprio non riesco a mandar giù sono proprio le vicende dei civili. Non sono mai riuscita ad immedesimarmi in esse, mai. Se il romanzo fosse rimasto ambientato nel XX secolo, la cosa avrebbe anche potuto funzionare, purtroppo però l’autrice ha voluto per forza metterci la vicenda giudiziaria legata al quadro, a questo punto direi il vero protagonista della vicenda, ambientata ai nostri giorni (in realtà al lettore fregava meno di zero della vicenda del quadro, era più interessante seguire le vicende legate al conflitto). Alcuni personaggi potevano essere decisamente approfonditi perché avevano del potenziale, come il personaggio di Liliane, Aurelièn, Herr Kommandant. Tuttavia, a causa di questo sproloquio ambientato nel XXI secolo, restano poco più che delle comparse. Occasione sprecata. Il finale ovviamente prevedibile, nel romance è prassi l’happy end anche se il triangolo amoroso avrebbe potuto essere sviluppato maggiormente, ma esattamente come succede ne: “Le Assaggiatrici”, il terzo incomodo se ne va esattamente come è apparso. L’unica consolazione è che almeno Jojo Moyes scrive bene, questo ha reso la lettura un filo più vivibile.
"A volte la storia di un quadro non si limita al quadro. È anche la storia di una famiglia, con tutti i suoi segreti e i suoi peccati."
Un libro che con un tantino di dinamicità ed effetto sorpresa in più mi avrebbe definitivamente convinta e conquistata, soprattutto considerata l'enorme attrattiva esercitata dalla presenza dell'arte parigina, che mi ha sempre affascinata. Per quanto letto finora, i romanzi storici non sono il forte della Moyes, che comunque si riconosce per l'inconfondibile dolcezza che riversa nelle sue storie d'amore, i cui protagonisti sono sempre caratterizzati con immensa maestria.
"Sono stata tua quando mi hai ritratto e mi sono resa conto che nessuno mi avrebbe mai guardato come facevi tu. Come se vedessi soltanto la parte migliore di me. Come se mi vedessi più splendida di quanto fossi in realtà."
"E poi, quando sei arrivato tu, mi sono resa conto che mi ricordava qualcos'altro. La ragazza che ero un tempo. Che non si preoccupava in continuazione. E che sapeva divertirsi che semplicemente... viveva. La ragazza che voglio tornare a essere."
Interessante anche la battaglia legale fra le due parti, e il conflitto che essa genera tra dovere e amore, tra ragione e sentimento, tra mente e cuore. Una lotta interna che, ça va sans dire, non scoppia soltanto nei personaggi.
"Il tempo non rende giusta una cosa sbagliata."
"Non riesco a credere che qualcuno possa semplicemente entrare nella mia vita e pretendere qualcosa che mi appartiene. Qualcosa che possiedo da sempre."
una duplice storia che si intreccia: la prima è quella di Sophie ed Eduard Lefevre, felici sposini della Parigi dei primi del '900. La seconda Liv e David (e poi Paul), più contemporanea del nostro Duemila. Intrecciate a causa di un quadro, "La ragazza che hai lasciato", un'opera di Eduard Lefevre un pittore minore della corrente dei Fauves, se non sbaglio, essendo stato un allievo di Matisse. Quest'opera che nasce a Parigi percorre la storia d'Europa per oltre un secolo prima di trovarsi al centro di un processo. Considerata una delle opere trafugate dai tedeschi durante la guerra viene rivendicata dagli eredi del pittore tramite una delle agenzie che si occupano di queste pratiche. L'opera, finita nella casa di Liv e David, dono di nozze del marito alla moglie, fa precipitare la donna in una storia molto più grande di lei.
Ma alla fine l'happy ending è assicurato.
Due coppie nate a Parigi che subiscono due grandi tragedie: per la prima lo scenario della prima guerra mondiale che porta lui al fronte e lei a doversi ingegnare per sopravvivere nella quotidianità di un paese occupato dai nemici fino a cedersi al comandante tedesco per poter ottenere la salvezza per il marito prigioniero di guerra. La seconda vede un colpo di fulmine e una felicità che viene annullata con l'improvvisa morte di lui a causa di un infarto fulminante. Liv a sua volta deve ingegnarsi per sopravvivere alla quotidianità di tasse ed ipoteche che minacciano di travolgerla. Per poi finire in un vortice ancora più ampio quando il quadro regalatole dall'amato marito finisce nel mirino di un processo di rivendicazione.
Quindi due storie che scorrono parallele per inizio e per processo in cui, alla fine, sono le figure femminili che sembrano prevalere ponendo i corrispettivi maschili in un punto di rilevanza si ma non di predominanza o parallelismo. Anche perché mentre ciò che spinge Sophie ad andare avanti è l'idea di ritrovare Eduard (quindi Eduard resta un piccolo pilastrino della storia) dall'altra parte nasce tutto come un ricordo di David, ma da qui si evolve in un bisogno di proteggere Sophie e il suo coraggio, coraggio non sempre comprensibile considerandone alcune decisioni, che va ben oltre una mera considerazione economica.
Un libro che si lascia leggere, una scrittura chiara, ma che mi è sembrata forzata in alcuni passaggi come nell'ottimismo/pazzia di Sophie che attraversa l'europa convinta che il comandante, un uomo che ha visto uccidere un prigioniero e che l'ha cacciata via inveendo contro di lei dopo esserci andato a letto, mantenesse una promessa che, in fin dei conti, non aveva mai palesemente fatto. nella signora Marianne che pur volendo difendere la madre nelle sue azioni pare dimenticarsi, fino all'avvento del principe azzurro, i diari in soffitta.
Per finire un lieto fine che mi piace ma che non mi soddisfa fino in fondo perché mi sembra in un certo modo un contentino dato anche se, forse, la storia meritava un epilogo diverso.
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Bellissimo libro, ma straziante! Ho pianto tantissimo! La capacità della Moyes di descrivere le storie, le emozioni, di far vivere l’aspettativa e la curiosità è assolutamente estasiante!
"Ciò che è fatto non può essere disfatto." In questo libro della Moyes troviamo due storie di donne che intrecceranno le loro vite a causa di un quadro: La ragazza che hai lasciato. Sophie è una donna forte e appassionata, innamorata del suo Eduard Lefevre, un pittore che ama ritrarla nei suoi splendidi quadri, tutto cambia allo scoppio della Prima guerra mondiale, lui viene chiamato alle armi e lei trova ospitalità da sua sorella Helene, insieme mandano avanti tra mille difficoltà l'osteria di famiglia le Coque Rouge. Sophie non smetterà mai di lottare: contro la fame, le malattie e gli odiati tedeschi, non perderà mai la speranza di poter un giorno riabbracciare il suo amato Eduard ed il quadro appeso alla parete ogni giorno le darà la forza per andare avanti. "Non ho mai conosciuto la vera felicità finché non ho incontrato te." Liv è una ragazza che vive ai giorni nostri, ha perso suo marito David, improvvisamente per un infarto e tutto il suo mondo si è infranto, tutto cambia quando incontra casualmente Paul, ma niente sarà facile, tra di loro si frapporrà il quadro La ragazza che hai lasciato, che suo marito le aveva regalato durante la loro luna di miele, da apatica, svogliata e triste, diventerà ostinata, cocciuta e determinata, lotterà per quello che è suo, affronterà tutto e tutti, ma soprattutto tornerà a vivere. Toccante e bella è la storia di Sophie, che ci porta a rivivere i terribili giorni della Prima guerra mondiale, mentre ho trovato noiosa e pesante la parte che riguarda la vita di Liv, la Moyes ha trascinato troppo la storia sul possesso del quadro e sulla sua restituzione. "Talvolta la vita è una serie di ostacoli, lo sforzo di mettere un piede davanti all'altro. Altre volte, Liv capisce d'un tratto, è semplicemente una questione di fede cieca." E' un libro con un finale scontato, a tratti banale e troppo mieloso. La Moyes con questo libro ha fatto un passo indietro rispetto allo splendido Io prima di te!
Libro carino ma niente di più. All'inizio la storia mi ha preso molto, ho trovato l'idea originale e sviluppata con una scrittura semplice ma non banale, che si lasciava leggere piacevolmente (scrittura della Moyes che ho adorato in "Io prima di te") però devo ammettere che man mano che mi avvicinavo alla fine le cose si sono fatte troppo "ingarbugliate" per i miei gusti, a tratti surreali in maniera esagerata e il finale non mi è piaciuto affatto perchè l'ho trovato un po' banale. Insomma sufficienza garantita dall'inizio del libro che prometteva molto bene! Peccato poi per uno svolgimento che non sono riuscita ad apprezzare fino in fondo.
Il racconto "Luna di miele a Parigi" è il prologo al romanzo "La ragazza che hai lasciato". In entrambi i testi, la Moyes narra due storie, che si intrecciano: la prima è ambientata nel primo ventennio del Novecento e la seconda in epoca contemporanea. L'idea di base sarebbe intrigante, se solo lo sviluppo della vicenda non si rivelasse estremamente monotono. La parte che si svolge a inizio Novecento è ben sviluppata, con personaggi accattivanti e un intreccio coinvolgente; la parte che si svolge ai giorni nostri è assurda, a tratti patetica, con personaggi stralunati e poco verosimili. È un libro che si presta a una lettura pesantemente selettiva.