Το "Όνειρα γλυκά" είναι η ιστορία ενός µυστικού κρυµµένου µέσα σ’ έναν φάκελο για σαράντα χρόνια. Είναι, επίσης, η ιστορία ενός παιδιού (και στη συνέχεια ενός ενήλικα), που αντιµετωπίζει τον µέγιστο πόνο, την απώλεια της µητέρας του, και το πιο ύπουλο τέρας: τον φόβο της ζωής... Είναι ένα βιβλίο αφιερωµένο σε όσους στη ζωή έχουν χάσει κάτι σηµαντικό: έναν έρωτα, µια δουλειά, έναν θησαυρό. Και, αρνούµενοι να αποδεχτούν την πραγµατικότητα, καταλήγουν να χάνουν τον εαυτό τους. Όπως ο ήρωας αυτού του µυθιστορήµατος. Που περπατά στις µύτες των ποδιών του µε σκυµµένο το κεφάλι, γιατί ο ουρανός τον τροµάζει όσο και η γη.
Nato a Torino da una famiglia originaria della Romagna, all'età di nove anni perde tragicamente la madre Giuseppina che, malata di cancro, si suicida buttandosi dalla finestra di casa. Verrà a conoscenza dei dettagli dell'episodio, attraverso una persona vicina alla famiglia, solo nel 2010, dopo la pubblicazione del suo romanzo "L'ultima riga delle favole". Dopo la laurea in giurisprudenza, nell'autunno del 1985 incomincia a collaborare con la redazione torinese del Corriere dello Sport-Stadio. Un anno dopo viene assunto come praticante nella redazione sportiva del quotidiano milanese Il Giorno, dove racconta il primo scudetto del Milan di Silvio Berlusconi e i principali tornei di tennis del mondo. Nel dicembre 1988 si trasferisce alla redazione romana de La Stampa, con frequenti trasferte a Napoli per seguire le attività sportive e non di Maradona. Continua a scrivere di sport fino ai Mondiali del 1990, durante i quali un suo articolo su Gianluca Vialli provoca il silenzio-stampa della Nazionale. L'anno seguente passa dal calcio alla politica, diventando corrispondente da Montecitorio. Da lì racconta la stagione di Mani pulite e la nascita della cosiddetta Seconda Repubblica. Nell'estate del 1993 è inviato di guerra nella Sarajevo sotto assedio. Nel 1998 torna a Milano per dirigere Specchio, il settimanale de La Stampa, dove dirige tra l'altro una rubrica di posta sentimentale, Cuori allo Specchio. L'anno successivo è di nuovo a Roma e dal 12 ottobre 1999 incomincia a scrivere sulla prima pagina de La Stampa, in taglio basso, il Buongiorno: un corsivo di ventidue righe a commento di uno dei fatti della giornata. La rubrica, negli anni, si impone come un cult. Nell'ottobre 2005 lascia Roma e ritorna a Torino per assumere la vicedirezione de La Stampa. Collabora con la trasmissione televisiva Che tempo che fa di Rai Tre, dove ogni sabato sera commenta con Fabio Fazio le sette notizie più importanti della settimana. Ha pubblicato alcuni saggi che trattano della società e della politica italiana, un almanacco sui 150 anni della storia d'Italia (con Carlo Fruttero) e due serie di racconti sulla sua squadra del cuore, il Toro. Il 29 aprile 2010 è uscito il suo primo romanzo, L'ultima riga delle favole, una favola esoterica sull’amore che in Italia ha venduto oltre 250 mila copie ed è stata tradotta in vari Paesi. Il primo marzo 2012 è uscito il suo secondo romanzo, Fai bei sogni, che in meno di due mesi ha già venduto 500mila copie.
Mi avevano detto che avrei affrontato un libro bello ma emotivamente difficile.
Lo sapevo.
Eppure, come tante volte accade, sapere e sentire sono cose ben diverse.
L'ho letto con curiosità.
Ho perso a mia madre a 22 anni (e non a 9, come l'autore) per cui conosco bene il dolore di cui parla, so cosa vuol dire affrontare la mancanza, la delusione, il senso di colpa, il senso dell'ingiustizia. Lo so bene.
Eppure all'inizio è andata "bene": simpatizzavo, capivo, sentivo, ma riuscivo a mantenere un sano distacco.
Poi, alla fine, il tutto è esploso. Il magone, le lacrime agli occhi, il dolore che mai scompare, al limite ci si convive. Non ci è voluto molto a capire il motivo: la parte iniziale del libro narra del primo dolore, di quello lancinante, che ovatta i sensi, che abbatte e sostiene; ricordo bene quel dolore, ma è nel mio passato, remoto per quanto riguarda mia madre, recente per quanto riguarda mio padre.
E' la seconda parte che mi ha steso. Un uomo ormai adulto che scopre che parte del suo passato è ben diverso da quel che credeva. Un uomo che scopre di essere diventato ciò che è anche per merito di ciò che gli è mancato, che si rende conto che se avesse avuto ciò che ha perso probabilmente non si sarebbe piaciuto tanto. Un uomo il cui padre l'ha amato "nonostante" quel che era e non "per" quel che era.
Un uomo che avrei potuto benissimo essere io. Parole che avrebbero potuto essere mie. Lacrime che erano mie.
E' un libro da leggere con consapevolezza, con empatia, con il rispetto per un uomo che ha voluto scrivere non (o non solo) per essere letto, bensì per chiudere un percorso di vita e iniziarne un altro.
Riporto due frasi che mi hanno segnato. Una avrei potuto dirla io, l'altra (in modo lievemente diverso) mi fu detta da mio padre pochi giorni prima di morire.
"Sarebbe stato troppo facile, però. E una vita così non mi sarebbe servita a niente. Tutto sommato mi preferivo con una scheggia piantata nel cuore. Avevo passato la prima parte della mia esistenza a rimpiangerne un'altra che non avrei desiderato vivere"
"Non ho capito mai niente di te. Però sì, ti ho voluto bene. Sulla fiducia"
Jedna od poslednjih knjiga koje sam odabrala i uredila za Evro Giunti... I veoma sam ponosna na nju... Objavili smo je samo mesec dana posle Italijana... U međuvremenu je postala veliki hit u Italiji i objavljena je u mnogo izdanja... I još uvek je u vrhu njihovih bestseler lista... Proverite zašto... :)
Da qualche anno leggo con un certo divertimento i “Buongiorno” che Massimo Gramellini confeziona per il taglio basso della prima pagina della Stampa: dotato di un’ironia bonaria, mai troppo cattiva, e di un certo equilibrio fra morale e moralismo, Gramellini non se la cava male nel raccontare la notizia del giorno, prendendosi gioco delle malefatte dei politici e stigmatizzando i vizi degli italiani. Ho sempre però un certo timore quando mi accorgo che l’articoletto è dedicato ai mali e alle tragedie del nostro tempo (dall’emigrazione ai bambini soldato, dalle stragi terroristiche alle mense vietate ai figli di genitori insolventi, dalla violenza di gender a quella razzista): timore per il pervasivo patetismo che il nostro non lesina mai, ma riversa sul lettore in ondate di lacrime e malinconia, empatia ed emotività, in grado di sciogliere anche il più granitico cuore di pietra. Sinceramente non riesco ad apprezzare il patetismo e il ricorso ai toni smaccatamente sentimentali e vittimistici nel raccontare una storia, anche la più commovente. Naturalmente questo è un limite personale, dal quale però non intendo emendarmi, al momento. Con comprensibile inquietudine ho quindi iniziato a leggere “Fai bei sogni”, il secondo romanzo, intensamente autobiografico, di Gramellini, acclamato su giornali, tv, radio e internet come uno dei bestseller del 2012. Purtroppo i miei timori si sono rivelati fin troppo fondati.
La mia recensione si limita strettamente agli aspetti letterari del libro, dato che non ho alcun titolo né interesse a commentare la dolorosa vicenda familiare di Gramellini, a cui va tutta la mia solidarietà per un lutto che lo ha colpito due volte, prima all’età di 9 anni e poi a quella di 40, ed è difficile dire in quale occasione sia stato più terribile per lui. Detto questo, mi pare che la prima cosa da notare è che, contrariamente a quanto scritto in copertina, non ci troviamo di fronte a un romanzo.
“Fai bei sogni” è in effetti una lunga seduta di psicanalisi, per quattro quinti nettamente auto-assolutoria e per un quinto auto-accusatoria. Nelle prime decine di pagine si avverte un debole tentativo di costruire una trama, prendendo le mosse dalla morte della madre, ma poi Gramellini getta rapidamente la spugna, rifugiandosi nell’aneddotica in stile “Buongiorno” e nell’alternarsi delle ondate di dolore per un lutto che prova a elaborare in modi diversi, senza mai riuscirci. Dall’infanzia all’adolescenza, dagli studi all’avventura giornalistica, dai rapporti con i parenti a i due matrimoni, agli esordi come scrittore, tutto viene proposto in forma di brevi fatterelli, episodi buffi o patetici, tristi o ironici, annegati in un’indistinta melassa sentimentale, che talvolta diventa terribilmente stucchevole.
Non vi sono veri e propri personaggi: la madre è una figura mitizzata nel bene e nel male e appare in forma quasi angelica, scarsamente concreta; il padre non acquista mai alcuna solidità e i numerosi parenti sono figurine di contorno, quasi caricaturali. Alla prima moglie sono dedicate pochissime righe, mentre la seconda, Elisa, sembra incarnare quella psicanalista alla quale Gramellini sta raccontando la sua storia. Non c’è evoluzione dei caratteri (se non nell’io narrante e in modo limitato alle ultime pagine). La narrazione procede in forma piatta, a tratti noiosa, a tratti evanescente, fino al colpo di scena finale, che però, essendo stato ampiamente “spoilerato” da Fazio e dallo stesso autore in tutte le salse, arriva a dare il colpo di grazia all’attenzione del lettore e anche all’elaborazione del lutto, cui vengono sbrigativamente concesse le ultime venti, rapidissime, pagine.
Per contro, lo spazio narrativo viene quasi completamente invaso dall’articolato armamentario del patetismo, volto a suscitare una straordinaria partecipazione emotiva nel lettore dalla lacrima facile. Si va dalle chiare allusioni freudiane e junghiane (il complesso edipico non risolto con entrambi i genitori) all’infantilismo (i parenti indicati con la maiuscola: Mio Zio, Madrina etc.), dal mammismo di marca tipicamente italiana, che nella disastrosa ricerca di un sostituto materno condiziona e deforma i rapporti con il gentil sesso, alle pesanti iniezioni di solidarietà e generosità che spesso hanno esiti negativi (vedi la vicenda del piccolo Salem, che avrà fatto versare molte lacrime a tanti lettori), fino alle molteplici ispirazioni deamicisiane (la biografia del buon Edmondo ha peraltro vari punti di contatto con quella di Gramellini). Particolarmente esasperanti sono le disavventure del protagonista con l’altra metà del cielo, a cominciare dalla sadica tata, che hanno lo scopo di strizzare l’occhio sia al romanticismo delle lettrici di indole materna e/o affette dal complesso della crocerossina, sia al vittimismo dei lettori maschi, timorosi di femmine mantidi e vedove nere. I punti di riferimento si alternano fra il calcio (il Grande Torino, Paolo Pulici), la tv degli anni Sessanta e Settanta (Belfagor), il buddismo e i grandi romanzieri dell’Ottocento, da Dickens a Kipling a Hugo.
Quanto allo stile, anche qui siamo lontani dal romanzo. La scrittura è semplice e lineare, giornalistica, e permette una lettura veloce, forse troppo veloce perché qualcosa rimanga dopo la conclusione del libro. I singoli capitoli, intervallati da varie pagine bianche, sono brevi, hanno come titolo gli incipit e assomigliano molto ai “Buongiorno”, come conferma il fatto che si concludono con frasi ad effetto, anche queste intensamente sentimentali e spesso altrettanto intensamente banali, quasi da dolcetto della fortuna: “Il mondo che avevo dentro avrei dovuto cercare di disegnarlo con le parole” (pg. 16), “Non riuscivo più a trovare i nemici. Erano tutti dentro di me” (pg. 23), “Certe domande mi facevano paura. O forse mi spaventavano di più le risposte” (pg. 40), “Non sapevo niente di lei. La condizione ideale per trasformarla in un mito” (pg. 86) etc. Sono frasi del genere anche quelle che si affollano nelle ultime pagine del libro e che ne costituiscono la cifra esplicativa.
A chiusura del volume sono riportate due interviste di poche pagine, sulla scia del successo del libro, che riportano Gramellini al suo periodo di direttore del settimanale “Specchio”, quando curava una rubrica di posta del cuore: la pubblicazione del libro gli ha permesso di entrare in contatto con molte persone che hanno avuto una storia simile alla sua e di commentarla insieme. Sono pagine che si limitano a ripetere quanto già presentato nel libro e non aggiungono niente alla lettura.
Consigliato a chi si sente orfano.
Sconsigliato a chi non sopporta le “lacrime napulitane”.
لقد تمنت لصغيرها أحلام سعيدة ...ولكن ما كان بإنتظاره بعد موتها كان مأساة من الفقد ، نصبت جداراً عازلاً عن الحياة وظل هو مُختبئاُ وراءه ، كلما حاول أن يتلصص على المستقبل ، يتلقى ضربات مؤلمة تُذكره بخسارتها ولا يملك سوى أن يتألم...فقد القدرة على أن يتأقلم مع الفقد ، بات ضحية للتشكك الوجودي وتدمير الذات ، ينكر الحقائق لكي لا يواجهها بمزيد من الألم ، يتظاهر بالحياة بينما كان كل يوم يموت خوفاً منها ، تمكن الخوف من قتل الحب ، لقد كان ينتظر من كل امرأة يقابلها الحب اللامشروط والعطاء اللامحدود ولم يتلق سوى الخذلان لأنه لم يكن يعرف ماهية الحب....كان يبحث عن الحب كغاية وليس كوسيلة للوصول إلى قلب الآخر.... كلما تقدم خطوة على الطريق ، يتعثر بحبائل الماضي ، كان هو من يحكم عقدها ومن ثم يتساءل لِما لا أمضي قُدما... إن كان ثمة هدية قد أهداها القدر له فهى زوجته ، امرأة رائعة فكلما ترنح إثر الصدمات ، تراها تسانده بالحب ، الإنصات وتربت على قلبه بالكلمات ، كلمات ليست ناعمة بقدر ما هى صادقة تدعو للثبات في مواجهة الحقائق وأن يدع الماضي في سلام.... فكر في جميع الأوقات بأن والدتك لاتزال على قيد الحياة ، فكر وكأنها تعلمك كيف تهنأ بحياتك ، إنها بجانبك دائماً ترثى لحالك لأنك لا تؤمن بالحب ، فهى تعرف جيداً ما هو الحب ، أشكرها على الخير الذي تتمناه لك وجاهد ألا تعير شكوكك أي اهتمام .....
When Massimo was just nine years old, he awoke to find his mother’s dressing gown at the end of his bed. In the living room, two men were holding his father up. This would be the scene that would haunt him forever. This was the day he was told his mother had died.
Growing up with just his father he found life hard. He was sad, grieving for his mum. He became a shell of his former self, bullied by his peers and he needed someone, anyone, to love him, truly love him, but no-one did.
Growing into an adult, Massimo still found it hard to move on. The loss of his mother at such a young age had left a hole in his heart; one that he didn’t know how to mend.
‘Sweet Dreams Little One’, is a very poignant book, often heart-wrenching and gut-twisting. It is advertised as a work of fiction, but as you read from chapter to chapter you get the sense of that not being entirely accurate. The book is told as a chronological memoir, with the main character having the same name as the author, making me very suspicious as to whether the publisher was being entirely truthful.
Massimo (the character), is one that you just want to throw your arms around, to tell him that everything will be okay, and to love and protect him. However as the years went by, Massimo still harboured that self-pity. He became a character that I didn’t much care for or like anymore.
The book is beautifully written. It is often painful, and will have you reaching for the tissues more than once. It is a great work of fiction, if that’s what it really is!
Gramellini racconta una storia molto intima e autobiografica. Il delicato punto di vista di un bambino che deve affrontare una delle perdite peggiori per un figlio, ovvero la morte della madre. La scrittura è dolce, talvolta struggente ed è capace di far immedesimare il lettore nella vicenda narrata. Essendo un libro emotivamente forte, consiglio la lettura ad adulti.
Come si legge ancora nella seconda di copertina, Fai bei sogni è un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. E lui, quel bambino rimasto orfano di madre ad otto anni, è riuscito a superare il suo dolore, quel tarlo che lo mangiava dentro, quella fame d'amore che l'ha accompagnato per tutta la sua adolescenza e giovinezza. Quel bambino ce l'ha fatta ad andare oltre i propri limiti, è riuscito ad amare una vita che era iniziata nel modo peggiore, è riuscito a ripartire, a ricominciare, ad amarsi. Provo sempre una sincera solidarietà verso chi decide di raccontare la propria vita, immagino quanto sia difficile regalare a tutti un pezzetto della propria intimità, un pezzetto della propria solitudine, un pezzetto del proprio senso di inadeguatezza. Ci vuole coraggio per pubblicare un libro così, non perché sia un libro pericoloso o un capolavoro della letteratura contemporanea, semplicemente perché è un libro vero, dove non c'è un personaggio fittizio che avrà il suo lieto fine in maniera artificiosa. Quel bambino è Massimo, grande tifoso del Torino, alle prese con il suo mostro interiore, con amori tormentati, con una scrittura che sa alleviare le sue sofferenze, a volte. E così, quel bambino, quel Massimo generico, uguale a tanti altri, diventerà Massimo Gramellini, quello che oggi amo tanto leggere. Proprio perché la storia è vera ho sentito più forte il messaggio di speranza di quelle pagine, perché anche se la vita inizia in salita conviene sempre, davvero, fare bei sogni, credendoci ovviamente. Gramellini non è soltanto dotato di un modo di scrivere che mi piace davvero tanto, adesso so che per essere lì dov'è ha dovuto rimboccarsi le maniche molto più di tanti altri. So che oltre ad avere una penna ironica, ha avuto la forza di ricominciare, di rialzarsi, di andare avanti. Alla fine è riuscito a tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.
Ecco l'ennesimo esponente della new wave italiana (vedi lagioia, arpaia...) che traveste l'autobiografia in forma di romanzo per ricavarne un bestseller. E gli ingredienti del bestseller adatto a noi Italiani ci sono tutti: la mamma, il calcio, la fiction televisiva anni 70, la musica anni 70 che, secondo costoro, aveva solo 2 esponenti: Genesis e Pink Floyd (eccheppalle!). A differenza, però, degli autori citati, grandi romanzieri per veri lettori, qui non si ritrova lo stile elegante di un Nicola Lagioia o la potenza narrativa di un Bruno Arpaia. Qui, al massimo, rinveniamo i temi buonisti e i toni sdolcinati che tanto piaceranno ai fan della Tamaro. Qui si narrano le vicende di un uomo che, a quarant'anni o giù di lì, ancora si definisce orfano (ha perso la madre quando aveva nove anni!) e che, al culmine della propria carriera di giornalista, cura la rubrica di posta del cuore di un quotidiano! La rivelazione finale, che dovrebbe essere il colpo di scena della storia, sa di artificioso, è solo il banale e prevedibile espediente che ti conferma che hai abboccato in pieno ad una furba operazione di marketing.
Cade la neve durante una vigilia di Capodanno e Massimo, nove anni, si sveglia e la prima cosa che vede è suo padre sorretto da due persone che chiede ai vicini di prendersi cura del piccolo. Sua madre non c’è più, di lei resta una vaga traccia di profumo che aleggia nella stanza e la sua vestaglia ai piedi del letto. “Fai bei sogni “ erano state le ultime parole che gli aveva sussurrato prima di andarsene...
“Rintanato sotto le coperte, gli occhi accesi e la testa vorticante come una giostra incantata, continuavo a chiedermi cosa avessi combinato di tanto tremendo durante le vacanze di Natale per meritare un castigo simile”
Presto ci si rende conto che la madre è morta, e il piccolo Massimo vive quel trauma nella confusione di un bambino rimasto improvvisamente solo, in preda al senso di rifiuto di abbandono tra i dubbi le paure e il silenzio del mondo adulto che tenta di difenderlo dalla verità Nessuno gli dice come è morta, e lui cresce credendo che il motivo sia stato un attacco di cuore.
Massimo porta con sé questo peso, tenacemente aggrappato al presente e con il timore di alzare la testa verso il domani; questo sarà il suo scudo per tenere a bada il dolore cercando rifugio nella propria immaginazione.
“Incominciavo a odiarla perché non tornava” (..)
“Ero l’unico della classe a non essere più accessoriato di madre amorevole”
Mentre si svolge la storia Massimo cresce, diventa uomo e giornalista , vede l'Italia cambiare sotto ai suoi occhi.
Ma le cicatrici emotive restano, vanno in profondità e all’iniziale ribellione per questa incomprensibile perdita arriva un adattamento dal costo pesante: la freddezza nell’amare, la necessità di difendersi per sopravvivere, una corazza di indifferenza che comincia ad incrinarsi quando casualmente e dopo tanti anni si troverà tra le mani la verità.
Fai bei sogni è la storia autobiografica di un’assenza dove la ricerca della verità e la paura di scoprirla sono al centro della narrazione . Un libro sulla fragilità della vita, con sfumature di umorismo di Massimo bambino; è poi diventato un film con la regia di Marco Bellocchio che, a mio parere, non ha ricreato la stessa emotività del romanzo.
Lepo sanjaj je autobiografski roman Masima Gramelinija u kome on opisuje svoje odrastanje (ali i provlačenje kroz život u zrelijim godinama) otežano gubitkom majke. Četrdesetogodišnji put koji je Masimo prošao od tenutka kada mu je saopšteno da mu je majka umrla usled teške bolesti do momenta kada završava ovaj svoj roman (saznanjem koje mu okreće ceo svet naglavačke) je interesantan i drži pažnju čitalaca. Ono što je meni lično smetalo jesu autorov stil pisanja i to što je autor od romana skoro napravio knjigu samopomoći. Jasno je kako je ovo autorovo konačno razračunavanje sa demonima prošlosti, ali ipak ovo nije bilo "my cup of tea". Realno bih dao dve zvezdice - onu treću je donela Masimova molitva.
Should have been three and half stars. But the last few chapters forced me to give another half.
Is it a novel? The cover says that it is a "Romanzo" (Novel).
But all through the book I felt that it was an autobiography. And I was not wrong. It was quasi autobiographical. Even furnished with photographs and newspaper cuttings. And it is here the problem. If Gramellini had limited himself to writing an autobiography, this book could be appreciated all the more.
As a novel, this novel can be given just three stars. No more than that. There are certain elements that distinguish a novel and I found those somehow missing in the book.
About the story: It is a novel about a boy who loses his mother at the age of 9 and from then on lives in the world of 'lies' longing for the love of mother which is lost. He lives in the world of lies (for instance, he believes that his mother would come back somehow and thinks of her absence as her work transfer to America) for he is not ready to accept the truth. It is only after forty years, he is courageous enough to face the truth. In that effort he is greatly helped by his wife Elisa who says that Forgiveness is the key which puts us in contact with the energy of love always. For the protagonist was not ready to forgive his mother for leaving him so early alone. He sees it as an act of injustice that has to be reconciled.
But along the way, there are certain passages that can move anyone. For instance, the hopes of a small boy expecting his dead mother to come back are very well captured in certain scenes. The love of a father for his motherless son is another passage that can move anyone to tears.
Face the truth and accept it. Live the present by forgiving the past. Life will be sweet. That is the final message of the book.
This was a Christmas gift from a GR friend. And many thanks to her for this present.
La sola cosa positiva che posso dire al termine di questo libro, il primo che leggo dell'autore, è che Gramellini è un po' meglio di Fabio Volo.* Nel senso che la sua prosa si mantiene sempre ad un livello decoroso (seppure indulga talora a toni eccessivamente sdolcinati) e che alcuni passaggi risultano meritevoli di riflessione. Specie nelle pagine finali - dopo il precedente tripudio di compianti, lagnanze e autocommiserazione - si intuisce una vena più vera e virile di partecipazione alla tragedia, con l'accettazione del dolore. Per questo le due stellette invece di una.
*Chi avesse letto "È una vita che ti aspetto" capirà immediatamente di cosa parlo.
2,25 Massimo you're a fucking crybaby (not in a good way)
Memoir con uno stile molto confusionario, in cui ogni paragrafo sembra distaccato dagli altri, pensieri sessisti e comportamenti da vittima da parte dell'autore, da quando ha subito il lutto a nove anni fino ai suoi quarantanove.
Credevo che i temi della mascolinità tossica e di uomini senza sentimenti fossero introdotti per farci vedere come l'autore fosse cresciuto in questo ambiente negativo, ma poi questa retorica non è mai denunciata, ma normalizzata. Tra i vari esempi: •"Per colmare in parte l'abisso di una madre che muore bisogna essere dei maschi femmina. Severi all'occorrenza, ma sensibili. Invece papà era maschio e basta, cresciuto nel mito di due uomini forti: nonna Elena e Napoleone” (ah yes, i maschi normali non hanno sentimenti e le donne normali non sono forti, quindi questo è divertente) •"Mi aveva attirato verso il Buddha con la tecnica irresistibile - un alternarsi di allusioni e sguardi dolenti - che le donne utilizzano quando vogliono indurti a fare qualcosa senza chiedertelo” (ah yes, le donne, classiche calcolatrici) •"E noi maschi non riusciamo a fare due cose insieme" (ah yes, maschi stupidi).
Nel corso della sua vita, Gramellini prova sempre ad addossare il suo lutto su qualcun altro. Capisco questa retorica quando lui è solo un bambino, la apprezzo, adoro l'introspezione emotiva dei ragazzini, ma se tu a quarant'anni continui a essere una povera vittima incel di merda dilaniato da quella cattivona di tua madre morta, lì non mi piace più. Cit memorabili sono: •"Però così non cresco, mamma. Persino il giorno delle nozze non ero uno sposo, ma il solito orfano” (ah yes, accusa tua madre del fatto che tu non riesca a crescere)
•"Ma forse non era una sorella. Era una fidanzata. O una mamma. O tutte e tre” (credo che Gramellini di nome dovrebbe fare Edipo)
•"Credevo di meritarti, comunque. E che tu avessi bisogno di me. Ma questo, forse, non lo credo più” (classica tirata da incel perché la ragazza l'ha lasciato, anche se lei gli aveva scritto di non parlarle più perché sapeva che non avrebbe cambiato idea)
•“«Hai quarant'anni e stai a tavola come un bambino viziato. Possibile che nessuno ti abbia insegnato un po' d'educazione?» « E chi doveva insegnarmela? Chi? Nessuno mi ha mai insegnato niente. Nessuno!» Solcai a grandi passi il salottino del residence alla ricerca di qualcosa di appagante da distruggere. Finché fra il divano e le tende vidi un tremolio bianco. Billie.” (il fatto che lui voglia distruggere qualcosa come un vero bambino viziato e si fermi solo perché una donna è spaventata (in questo caso il cane) è disgustoso. Hai quarant'anni. Non cinque)
•"Che una madre fosse stata tanto egoista da condannare la sua creatura a vivere senza di lei. Nell'ospedale di Sarajevo avevo visto donne ferite lottare con fierezza contro la morte e tendere le mani verso un figlio che non c'era più, animate dalla speranza assurda di poterlo riabbracciare ancora. Io invece ero nella stanza accanto. Vivo. Ma la mamma se n'era infischiata di me. Aveva pensato soltanto a se stessa”
(AH YES, IL SUICIDIO È EGOISTICO PERCHÉ LA MAMMA DOVEVA PENSARE AL PICCOLO MASSIMO. Nonostante avesse chiari problemi, una concezione malata della realtà, una paura immensa del dolore, il take di Massimo non è che sarebbe dovuta andare in terapia per continuare a vivere, ma avrebbe dovuto farlo per non lasciarlo solo)
La storia non posso giudicarla, perché, nonostante sia improbabile, è vera. Il tema di un genitore che muore e la consapevolezza che nessuno ti amerà mai quanto la persona che hai perso è interessante, ma Gramellini si concentra pesantemente sul fatto che lei fosse “una madre”, sempre per la retorica sessista della donna che ha i sentimenti e degli uomini che non ce l'hanno. Perché solo le madri importano. Perché gli uomini non possono avere sentimenti, oppure sarebbero maschi-femmina. Perché le uniche persone che permettono questo cambiamento in Gramellini sono Madrina, il cane femmina Billie e Elisa (che è il classico esempio di manic pixie girl ma a quanto pare esiste davvero).
Lo consiglierei? Lo stile è spezzettato, la storia si ripete sempre, il sottotono è sessista a bestia e il protagonista è un incel orribile. No.
Nel raccontare la sua storia, con la perdita della madre così precoce, sarà anche sincero, Gramellini, dirà esattamente quel che poi gli è accaduto. Ma come lo fa, questo racconto? Da esperto qual è, direi, di posta del cuore: in modo svenevole, stucchevole, sgradevole, titillando corde pronte a vibrare, spremendo lacrime in abbondanza. Non certo nel mio caso: il mellifluo-mieloso-melenso, anziché partecipazione, in me produce distacco. (Una stelletta se pensassi al calcolo, due perché voglio credere all’onestà di chi scrive.)
Un piccolo libro che affronta la tragedia con il sorriso e restituisce al dolore tutta la dignità che una narrativa emodrammatica ha irriso e combusto.
رحلة شيقة وجميلة يخوضها بنا الروائي والكاتب "ماسيمو جارمينللي" في كتابه الذي اختار أن يجعله "رواية" .. منطلقًا بصوت الطفل والتعبير عنه بذكاء في البداية، مرورًا بمرحلتي الشباب ثم النضج عند الأربعين .. يفقد الطفل أمه، ويرسم طريقًا خاصًا للتعافي من تلك الصدمة القاسية، طريقًا يحوي الكثير من العقبات والمصادفات والمفاجآت، بأسلوب سردٍ ذكي، ومن خلال فقرات وقفزات منتقاة بعناية، رواية فيها من الدفء الإنساني الشيء الكثير، تليق فعلاً ببدايات العام . من الرواية: نحن هنا للاستعداد فقط، ولكننا لسنا جميعًا في المرحلة نفسها. البعض منا يرحلون قبل الموعد المحدد، ويلزمهم وقت أقل للحصول على التذكرة، والبدء بالتحليق. إذا كنت ملاكًا فعلًا في شبابك، فما معنى أن تهرم؟ لا يسير الأمر دائمًا هكذا على كل حال، فلا يجب القول إن الأشرار فقط هم من يتقدمون بالعمر، هذا غير صحيح. دعنا نلخص الأمر؛ لكل منا خطة عليه إتمامها في هذه الحياة، وقد أنجزت أمهاتنا مهامهن بسرعة تفوق الآخرين. لذلك كانت حياتهن هي الأقصر، لأنهن كن الأفضل. نبقى نحن الصغار نُعاني من الذكريات، والتي في حالتك - لحسن الحظ - أفضل كثيرًا من الندم. .. ظننت أنه بإمكاني تجسيد عالم جديد، يسكنه أناس ممتعون. وعالمُ آخر، أصغر قليلًا، لكنه يسعنا نحن الاثنين فقط، حيث لن يكون هناك أحدٌ سوانا. إنها السعادة يا “إيما”. السعادة هي إمكانية ممارسة الحب معكِ في أي وقت من اليوم. السعادة هي أن نهرم معًا، ونزداد عنادًا وتزداد مشاجراتنا، لكن دائمًا لدينا القدرة على الاستمرار رغم ما نعانيه من ضربات، لنصعد خطوة أعلى في قصة حبنا. السعادة هي موعد في أحد المطاعم، أصل إليه متأخرًا (فكرة غريبة للحديث عن السعادة). السعادة هي مشكلة تؤرقك، ونعمل على حلِّها معًا. السعادة هي قلادة أهديكِ إياها، وقميصٌ تغسلينه من أجلي (بعد إصلاحه بالطبع). أعتذر مجددًا عن مجموعة الأفكار الحمقاء هذه. أردت فقط إبلاغك بأنني لا أفتقد أي امرأة، ولكنني أفتقدك أنتِ. بالتأكيد أنتِ امرأة، وأي امرأة، إنكِ أعظم من هذا بكثير؛ أنتِ نصفي الآخر” ... رواية جميلة، ويبدو لي أن الأدب الإيطالي شديد الجمال والجاذبية، يبقى طبعًا فكرة أن الرواية تمثل "سيرة ذاتية" أو "قصة حقيقية" لكاتبها، وفكرة تحويل هذه السيرة لرواية وهو أمر كثيرًا ما يكون مثيرًا للجدل، لاسيما ونحن لا نعرف الكثير عن "ماسيمو جارمينللي" ولكن لاشك أن من يقرأ هذه الرواية ويتعرف على هذه التجربة سيكون شغوفًا بقراءة المزيد من أعماله . شكرًا مينا شحاتة على الترجمة الاحترافية وشكرًا دومًا لأبجد :)
✨"Fai bei sogni" è il romanzo autobiografico di Massimo Gramellini, pubblicato nel 2012 e uscito quest'anno in una nuova versione leggermente modificata e con alcuni capitoli aggiunti dall'autore.
✨Il libro racconta la storia profonda e toccante di un bambino (l'autore) di nove anni che improvvisamente perde la sua mamma.
💔Il piccolo Massimo cresce con il cuore spezzato e la rabbia legata all'abbandono.
💔Ha tante domande, alcune delle quali troveranno risposta soltanto dopo quarant'anni, quando aprirà una busta che gli permetterà di capire realmente come sono andate le cose.
📖Fai bei sogni è un romanzo molto intimo e profondo che tocca tematiche importanti come il dolore legato al lutto per la perdita della propria madre nell' infanzia e la difficoltà di andare avanti con un tale peso nel cuore.
📖La scrittura di Massimo Gramellini è delicata e coinvolgente. Il libro non è certamente adatto a tutti e va letto "nel momento giusto", in quanto capace di scavare nella propria anima portando riflessioni profonde e importanti relative ai rapporti genitori-figli e in particolare a quello tra una madre e il suo bambino.
📖 Emozionante, toccante, con un bel colpo di scena finale.
"Non so se in amore vince chi fugge, ma di sicuro chi perde rimane dov’è: immobile."
Io credo che nella frase che ho riportato vi sia il senso e la ragion d’essere di questo libro, di questo percorso triste e commovente. Perché il dolore, la perdita di una persona che si ama blocca un percorso, una crescita, il flusso naturale della vita e da quel momento non siamo più gli stessi e iniziamo, come Gramellini, a combattere con i nostri Belfagor. Gramellini ha combattuto col suo fantasma e ce lo ha raccontato con parole semplici e leggere, ma toccanti e condivisibili. Non credo che il suo intento fosse quello di commuovere o coinvolgere il lettore nel raccontare la sua fatica a crescere senza la mamma, a sentirsi sempre solo, abbandonato, tradito e a metà, ma piuttosto una sorta di catarsi, di liberazione da un peso che lo ha oppresso per anni, da una verità che lo ha profondamente ferito e che per anni si è ostinato a negare a se stesso.
Πραγματικά εξαιρετικό. Είναι από τις φορές που αγοράζω ένα βιβλίο μόνο επειδή κατι μου έκανε κλικ στο εξώφυλλο, μην έχοντας διαβάσει ούτε το οπισθόφυλλο. Το είχα κανένα χρόνο στη βιβλιοθήκη μου και πραγματικά μετανιώνω που το άφησα τόσο καιρό να περιμένει. Μόλις σήμερα που το τελείωσα συνειδητοποίησα πως είναι μυθιστορηοποιημένη η αυτοβιογραφία του συγγραφέα. Είναι από τα βιβλία που σίγουρα θα ξαναδιαβάσω!
رحلة تطهير داخلية عبر حكاية " ماسيمو" الطفل الذي فقد أمه و العاجز عن تقبل هذا الفقد . عبر سطور العمل ننتقل في طبقات مختلفة لنفس الشخص و ننتقل من لغة الطفل الصغير الى لغة الرجل الناضج في وصف الألم و الحزن . هذا العمل هو رحلة تصالح مع الذات .
Ce n'est rien de mourir. C'est affreux de ne pas vivre. (Les Miserables, Victor Hugo) E' nulla il morire. Spaventoso è il non vivere (Miserabili, Victor Hugo)
Come cita Massimo nel libro, a Sarajevo (lui, ormai noto giornalista) prende una copia francese dei Miserabili (adoro il film con Jerard Depardieu), di Victor Hugo. Il protagonista Jean Valjean sta per spegnersi sul letto e Cosette, la figlia adottiva, lo implora di resistere. Non vuole che muoia, ma quel gesto, quelle parole la rassicurano.
Libro regalato da mia madre, pochi giorni fa, io non ero molto convinta del suo regalo, perché non sono una grande fan di Gramellini, nonostante lo legga spesso e veda in TV. Ma se me lo regala lei, penso che forse valga la pena leggerlo. L'ho iniziato stamattina, in una panchina di una villa vicino casa mia, poi, per il troppo caldo, mi sono spostata in un luogo chiuso, una biblioteca dove ho studiato per molti anni. Quando ho chiuso l'ultima pagina e stavo per recarmi all'uscita, alzandomi dalla poltrona ho avuto un capogiro, le gambe mi tremavano. Ho pensato subito al film Canone Inverso, quando Jeno perde la madre, che muore di parto durante il travaglio del secondo figlio e corre per la foresta, con violino in sottofondo, urlando di dolore: "MAMMA, MAMMA, MAMMA" (scena davvero straziante). Così anche io, sono corsa urlando nella mia testa MAMMA a casa e l'ho trovato ai fornelli, che puliva la cucina con in mano uno straccio bagnato e canticchiava :"You say goodbye and I say Hello" dei Beatles, l'ho abbracciata forte, ho pianto, sapeva di crema per il viso e di Viakal. E' Lei, mia mamma che sin quando ero piccola mi canticchiava i numeri in inglese, mi insegnava le canzoni dei Beatles, dei Genesis, dei Pink Floyd, dei REM, Sting, U2.
E mentre io a 9 anni respiravo e respiro ancora il suo odore, Massimo lo perdeva, per sempre, dicendo "non è semplice rimanere orfani in un paese di mammoni". Un lutto che ha lo ha segnato negli anni, lottando sino alla fine con Belfagor, il nome che, da bambino, aveva dato al mostro dentro di sé, sino a scoprire la Verità di com'è realmente morta sua madre a 40 anni. Si è sentito tradito, non voluto, non amato. Scrive, pensando a sua madre: Era scappata con Brutto male (il cancro). Ma come aver potuto smettere di amare me? Non essere amati è una sofferenza grande però non la più grande. La più grande è non essere amati più. Quando un sentimento ricambiato cessa di esserlo, si interrompe brutalmente il flusso di un'energia condivisa. Forse era andata a cercare un figlio che riuscisse a disegnarla meglio, lui che l'aveva disegnata mentre mangiava un grappolo d'uva. L'ultima cosa che si ricorda di lei è che gli rimboccava le coperte e gli diceva "Fai bei sogni". Lei sapeva che "se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti segnali disperati". Questo non lo ha detto Jung. Lo ha scritto Massimo Gramellini. E molto prima e meglio di lui William Shakespeare nella "Notte di mezza estate".
Chiudo, con la canzone preferita di mia madre, che canta spesso a noi figlie Sono uguale a mia mamma più di quanti pensassi. E me ne vanto, nella sua fragilità, nella sua ipersensibilità, nei suoi momenti di ansia, nei suoi momenti di rivoluzione in casa (sarebbe pure capace di smontare mattonelle, spazzarle e rimetterle a posto. :)
Magari il libro non sarà un granché per molti "lettori d'elite", ci sono molte recensioni negative, ma non mi frega nulla. A me è piaciuto e le consiglio. E ora ho capito perché me l'abbia regalato.
The author wrote this novel with alleged good intentions and to convey three main ideas: 1) it is not your fault if your are emotionally stunted 2) fight for your dreams 3) everything that happens, happens for a purpose
Since the plot is autobiographical and I am a bit of a cynic, these points can be interpreted as follows: 1) I blame my mother for my emotional issues 2) fight for your dreams if you can afford to - I could, so lucky me 3) everything worked out fine for me and I found my purpose
Yes, this is the story of a child who loses tragically his mother and I felt sorry for that child. I am not "appealing to worse problems" to minimize the pain that child must have felt. Surely some people face worse problems, but we live only one life and cannot feel the pain for tragic situations we don't experience, much as we can empathise.
However, the novel fails on different levels: it tries to be funny, but the humour is mostly self-deprecatory and falls flat. It is quite shallow with its pattern of the author blaming others for his failures and congratulating himself for his success. Finally, being advertised as a work of fiction but actually being an autobiography feels deceitful.
Gramellini admits to having been slightly despicable with his family and selfish and inconsiderate with his partners, but he keeps excusing himself and blaming his mother (or the lack of her presence) for not having managed to be a better person.
On the other hand, he's rich, famous and successful, for which he takes credit, writing that he was almost going to abandon his dream of becoming a journalist, but didn't and if his mother hadn't died, he could not have succeeded.
The fact that Gramellini's heart wasn't really into solving the mystery of his mother's death or mending his selfish ways is inferred from the chronology: it took him 40 years to dig up the truth and he discovered it only because a friend insisted in pushing it his way.
“Pensa in ogni momento che tua mamma vive e ti insegna a vivere. È sempre stata con te e si rammarica che tu non creda nell’amore totale. Salutala quando ti svegli e parlale sempre, di tutto. Lei sa che cos’è l’amore. Ringraziala per il bene che ti vuole e sforzati di non dare retta al tuo scetticismo. Immagina di buttarlo in un cestino.”
Era da tanto che volevo leggere questo libro di Gramellini e finalmente l’ho fatto; sapevo il tema centrale, e sapevo che sarebbe stato difficile leggere certe cose, ma, devo essere sincera, non pensavo così tanto. Fai bei sogni è la storia di un segreto celato in una busta per quarant’anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. Alcuni passi sono stati davvero difficili da mandare giù e anche da comprendere, perché penso sia impossibile immedesimarsi in una situazione simile se non la si è vissuta sulla propria pelle, e fortunatamente non è il mio caso. È la storia di un uomo, che forse uomo non ci si sentirà mai, a causa del dolore che si porta dentro dall’età di 9 anni; allo stesso tempo però è una storia che aiuta a superare certi traumi e dolori, attraverso l’amore delle persone fare tutto è possibile, anche quando sembra il contrario. Gramellini è riuscito, in sole duecento pagine, a far emergere tutto il dolore che un figlio prova alla perdita della propria madre, un dolore che arriva forte dritto al cuore, e che fa male, tanto, è impossibile non provare tristezza. La sua scrittura è stata perfetta, nelle sue parole dolcezza e tristezza si intrecciano in maniera unica, e riescono a pieno nell’intento dello scrittore. È un libro difficile per certi versi, forse non tutti riuscirebbero a leggerlo facilmente, ma sicuramente lo consiglio, perché è stato davvero tanto bello quanto straziante.
Questo è uno di quei libri che leggi e che probabilmente dimentichi in fretta, ma non perché sia noioso o banale, ma perché in realtà è la biografia degli stati d’animo vissuti da Gramellini dall’infanzia all’età matura, non la vita di Gramellini e quindi non c’è una vera e propria storia che rimanga impressa a chi legge. Ci sono emozioni, gioia e dolore, paura e vergogna, desideri, sorpresa tutti legati a particolari eventi o momenti della vita dell’autore.
Resta al lettore il compito di immedesimarsi, capire, condividere o fare suoi tutti questi sentimenti e magari trarne qualche beneficio.
A me, ancora una volta, rimane la convinzione che spesso nella vita si fanno scelte e si prendono decisioni partendo da presupposti sbagliati perché non si conosce la verità o si ha la presunzione di avere la verità in tasca. Un pericolo che si corre di continuo e che spesso porta ad errori più o meno importanti e più o meno rimediabili.
Comunque nell’insieme niente di particolarmente originale o profondo se non la citazione in fondo a pagina 145.
"Leggilo, mi ha fatto commuovere"... A parte il fatto che nessun libro a parte Guerra e Pace mi ha mai fatto commuovere, questa cosa mi ha solo irritata. Per carità, va bene che non mi piacciono i bambini, ma questo era particolarmente odioso, e nella scrittura si vede benissimo l'autore che cerca di scrivere la storia più ruffiana possibile. Gli muore la mamma, il papà è freddo, la tata cattiva, la tragedia di Superga... Questo fino a pagina cinquanta, visto che non sono riuscita ad andare oltre. Best seller indeed.
Confermo, il libro è brutto quasi quanto il film. Le stelle sono diventate due rispetto ad una sola della prima lettura perché comunque non è stata una cosa spiacevole da leggere, ogni tanto mi ha anche fatto provare una parvenza di emozione. Detto questo il film di Bellocchio è inguardabile ma non mi pare il momento di parlarne.
"Το να μη σε αγαπούν είναι μεγάλο βάσανο , όχι όμως το μεγαλύτερο.Το μεγαλύτερο είναι να μη σε αγαπούν πια.Δοκιμασμένοι και φτυσμένοι σαν καραμέλα με άσχημη γεύση."σελ.263