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Le triomphe de l'amour

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Léonide, princesse de Sparte, règne sur un trône jadis usurpé par son oncle. Elle désire rendre le pouvoir au jeune Agis, à qui il revient de droit. Or ce dernier vit reclus dans la demeure du philosophe Hermocrate. Léonide et sa suivante, toutes deux déguisées en hommes, s'introduisent dans la maison du philosophe où, jouant de l'ambiguïté de leur identité, l'héroïne va mener tambour battant, sur trois fronts différents, une entreprise de séduction pour ne se faire aimer que d'un seul. Chez Marivaux, et particulièrement dans cette pièce de 1732, l'amour doit être mis à l'épreuve : il faut lui tendre des pièges, procéder par étapes, s'assurer qu'il n'est pas l'illusoire produit de la vanité ou de l'ignorance, si l'on veut le mener au triomphe.

224 pages, Mass Market Paperback

First published January 1, 1732

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About the author

Pierre de Marivaux

781 books98 followers
Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, commonly referred to as Marivaux, was a French novelist and dramatist.
He is considered one of the most important French playwrights of the 18th century, writing numerous comedies for the Comédie-Française and the Comédie-Italienne of Paris. His most important works are Le Triomphe de l'amour, Le Jeu de l'amour et du hasard and Les Fausses Confidences. He also published a number of essays and two important but unfinished novels, La Vie de Marianne and Le Paysan parvenu.

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Displaying 1 - 11 of 11 reviews
Profile Image for Asclepiade.
139 reviews79 followers
May 25, 2020
Arriverà prima o poi “il momento di Marivaux”, cioè un periodo di successo, non in Francia, dove ormai da tempo la sua fama s’è di nuovo consolidata, dopo un periodo d’oscuramento soprattutto nell’Ottocento (è anche diventato un classico scolastico: chi non si ricorda i ragazzi della banlieue che recitano Le jeu de l’amour et du hasard nel film L’esquive di Abdellatif Kechiche?), ma in Italia, dove mi pare – ma sono disposto a ricredermi – che questo grande commediografo del Settecento non sia mai entrato in modo diffuso e stabile in repertorio? Io un po’ di fiducia, nonostante tutto, continuo ad averne. Forse però una ragione di fondo del non ampio e costante successo di Marivaux nelle nostre contrade sta proprio nella lingua. Ora, io debbo ringraziare la casa editrice Marsilio per avere stampato quest’opera col testo a fronte; sicché ho letto il testo e non la traduzione, cui mi sono limitato a dare qualche occhiata per vedere come fosse: traduzione bella, fedele ma nello stesso tempo vivace; se non che, mettendo a confronto le due colonne di testo, avevo la sensazione che il Marivaux francese serbasse un ritmo di minuetto che in quello italiano svaporava. Non è colpa della traduttrice, ma è merito del testo francese, dove avverto un je ne sais quoi che gl’infonde un brio, un garbo, una scioltezza danzante che nella versione italica non percepisco più; quindi può anche darsi che Marivaux appartenga perlomeno in certa parte al piccolo gruppo degl’intraducibili o dei difficilmente traducibili, che di solito, a dir il vero, sono tutti poeti, mentre Marivaux scrive in prosa. Ma che dire? Io non sono un francesista, e giudico a naso e a orecchio, pingui Minerva: mi piglierò di buon animo le bacchettate che mi vorranno infliggere al riguardo i veri esperti. Quest’opera, una delle più celebri dell’autore, ai suoi tempi godé solo d’un relativo successo, benché Marivaux, forse nel desiderio di fare il Terenzio della Parigi settecentesca, esagerasse l’entità del mancato trionfo: ma con ogni probabilità, come pone in evidenza la ben documentata prefazione, la colpa della tiepidezza con cui fu accolto Il trionfo dell’amore dipese soprattutto da considerazioni sociali: pareva poco appropriato a una principessa regnante non tanto il prendere abiti maschili, cosa ormai normale fin dai tempi dell’Ariosto, quanto il servirsi con notevole spregiudicatezza dell’arma della seduzione per giungere al cuore del suo amato irretendone i due rigidi e frigidi custodi, i due filosofi, fratello e sorella, che hanno allevato in una sorte di romitaggio filosofico il vero erede al trono, ancora ignoto a tutti ma non alla principessa figlia dell’usurpatore (situazione, dunque, che un po’ ricorda il Demetrio del Metastasio; in realtà contro i philosophes, quelli in carne ed ossa del suo tempo, anzi, contro il loro corifeo, cioè Voltaire, il Nostro qualche ruggine aveva tutte le ragioni di provarla); oggi che non siamo più altrettanto sensibili alle bienséances cortigiane dell’età dei Lumi, quest’astuzia disinvolta, quasi scanzonata, piace e diverte. A dir il vero essa si presta anche ad equivoci: a ridurre, cioè, questo giuoco libero e lieve a un meccanismo libertino; ma secondo me nulla è remoto dall’amabilità di Marivaux quanto la spettralità lunare, chioccia e asfissiante di Sade o l’amarezza metallica, soffocata e disillusa di Laclos: il mondo di Marivaux rifugge dall’austerità morale disumana che uccide gli affetti con la luce dura e radente della ragione pura; il suo è un mondo dall’essenza gentile, dall’anima elegante: l’amore vi deve germogliare, prosperare, vivere perché senza di esso vi spirerebbe soltanto un alito raggelante di morte. Mondo della gentilezza e dell’eleganza, non può che fondarsi sulla conversazione. Il marivaudage non è un mero chiacchiericcio simpatico, ma l’arte stessa della civiltà, zampillante però in fogge brillanti, aeree, tornite, una retorica garbata e rorida di sprezzatura, col controcanto lepido e rusticale dei servi a farne scintillare viepiù terse le gemme. Il Settecento di Marivaux è infatti un Settecento profondamente nobile, umano e civile, lontano sì dalla caricatura smorfiosa e inchinevole che da troppi a quel secolo fu poi appiccicata, ma, nel contempo, un universo dove la filosofia non è sillogizzare desertico e disperato, l’amore non è mera seduzione senz’anima e senza domani, e le buone maniere brillano naturali e spiritose. La protagonista con delicata sagacia seduce il novello Ippolito allevato nella diffidenza e nell’avversione all’amore, mentre finge di sedurre i due catoni dimostrando che la loro arte senza gli affetti e la grazia si sfronda d’ogni bellezza, riducendosi a un cumulo di regole ossificate e defunte; la loro sconfitta sfocia nell’afasia. E non a caso la vicenda si svolge tutta in un giardino: giardino però lontanissimo da quelli fervidi di pensiero vivo dei filosofi dell’antichità, perché di essi è ormai soltanto l’imitazione smorta e scheletrita, capace solo, per contrappasso, di farsi ricetto d’inganni galanti, di giuochi d’ombre, di metamorfosi, come sarà nel travestimento notturno della natura nel quarto atto delle Nozze di Figaro di Mozart. Al contempo, fra i vialetti e il rezzo delle piante il cor gentile del principe nascosto avverte subito la scossa dell’amore, appena scorge la principessa in abiti mascolini. Di questo turbine d’inganni l’autore tiene le redini con sapienza: basta vedere, nel terzo atto, con quale abilità ritardi fino allo spasimo lo scioglimento, per poscia decretarlo ex abrupto, con una svirgolatura di penna che ricorda quasi il dramma giapponese, dove un’intera vicenda trova sunto ed espressione in un’inclinazione del viso, in un colpo di ventaglio. In questo fiume di parole non vibra, in realtà, una sola sillaba di troppo: l’intreccio, la lingua, lo stile di questa commedia, piuttosto, hanno del miracoloso.
Profile Image for Steffi.
290 reviews9 followers
August 24, 2022
It’s a pièce about the victory of love over the raison of the philosophe. The main character is a woman who must interpret three different roles in order to get the man she loves. She’s also a fantastic meneuse de jeux: she acts with everything she has, she lies without remorse and plays the other characters however she wants so that she can get her love.
There is an incomplete happy ending: for the main characters the ending is definitely happy but this isn’t the case for the two philosophers that are left with the knowledge of having been played.
Profile Image for Mike.
1,430 reviews55 followers
September 15, 2024
Another of the same from Marivaux, but this time when a gender-bending element: a princess pretends to be a man to slip into court and seduce a prince she loves, but who has been raised to be her sworn enemy. In the process, she seduces the prince’s father (after revealing herself to be a woman) AND the prince's aunt (in her disguise as a man). If I had read this one first, I may have enjoyed it more just for the gender-bending, but at this point I’m exhausted with Marivaux’s same tired theme (love is a masquerade in which kings are made fools and paupers might feel like royalty) and plot device (switching identities).
371 reviews1 follower
October 4, 2019
rather bland, convoluted and the characters are not developed not a masterpiece to the similar but far better constructed and developed game of love and chance. The minor characters are rather minor and undeveloped and the simplicity of the genderbend and how quickly it is abandoned is sort of weak
138 reviews
February 16, 2024
I saw this play in London at the Almeida more than twenty years ago, along with another Marivaux around the same time at the Lyric Theatre Hammersmith, and hadn't reread the Faber edition I picked up at that time. Pure fun, with lots of serious thoughts when finished about what love does and has done.
Profile Image for Judah.
43 reviews
March 18, 2025
read this and then had a three hour long autistic meltdown. unclear if that’s the play’s fault or just how my life is these days
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