Rosalind Krauss esplora il rapporto tra i media estetici e la memoria innanzitutto la sua, messa alla prova da un aneurisma che ha temporaneamente spazzato via la maggior parte dei ricordi. Il libro diventa così per la studiosa l'occasione di ripercorrere le tappe di una lunga riflessione, e di ricostruire un sistema di riferimenti teorici, che viene offerto al lettore nella forma di una personalissima sintesi. Krauss rilancia anche l'assunto principale della sua posizione teorica, inserendolo nel contesto presente: l'autrice ridefinisce la questione della specificità del medium, che l'attuale "condizione postmediale" vorrebbe liquidare attraverso l'arte concettuale e l'installazione, e approda al concetto di "supporto tecnico". Da Ed Ruscha a Bruce Nauman, da Christian Marclay a William Kentridge, da James Coleman a Harun Farocki e Sophie Calle, i "cavalieri del medium" reintegrano le regole di un medium modernista a partire dalle sue caratteristiche tecniche, con cui combattono l'estetica senza senso tipica della condizione postmediale. Per Ruscha il supporto tecnico è l'automobile, per Kentridge il film d'animazione, per Calle il fotogiornalismo: per ciascuno di questi artisti il supporto è l'uso normativo di un aspetto centrale del proprio lavoro, autoriflessivo senza essere autoreferenziale. Da lì l'artista prende la spinta, come il nuotatore dal bordo della piscina, per andare oltre la negazione del modernismo.
Although her main argument is consistent with what she has been writing about for the past fifteen years (with a rupture from the 70's and 80's), her latest book is stylistically striking in its oddity and comes as an almost complete reversal of the tone adopted even by "Perpetual inventory," the one that came out only a year earlier. Yet it is a pleasurable, smooth and to some degree sad read
Post-medium art is dead, they said. Long live… what exactly? Rosalind Krauss storms in with a blue cup and a sharp pen to ask: where did the medium go, and why did we let it slip away? Between memory loss (literal) and aesthetic amnesia (figurative), she fights for art that still feels — where structure, material, and meaning hold hands and refuse to let go.
Tired of concept-only, deskilled spectacle? Krauss skewers it like marshmallows over a bonfire, warming our brains with big, brilliant thoughts. If art theory could sip espresso and throw shade, Under Blue Cup would be doing both.
Personal and professional, this account by Krauss of installation art is poetically written with alphabetical 'rules' (to be broken!). It discusses theory on surface and method of communication of idea with case studies from some internationally recognised contemporary artists, and Documenta X, pushing Krauss' view that the white cube still has relevance in art. Excellently written, well chosen case studies with images, and very enjoyable.
Testo antiquato ma molto interessante. Sono completamente in disaccordo con la Krauss ma ho trovato la sua analisi molto importante e rilevante per quanto concerne l'arte contemporanea, anche se totalmente anacronistica se pensiamo che è un testo scritto nel 2012. Secondo me dovrebbe essere analizzato oggi da qualcuno per controbattere alle sue teorie con la stessa lucidità e analisi critica con cui lei ne discute.
Generato da una buona idea (la critica delle "installazioni" si arte contemporanea) e da uno spunto autobiografico (un aneurisma cerebrale con conseguente perdita della memoria a breve termine), il testo giunge a una formulazione brillante, quella del medium come paradigma della coppia di opposti memoria vs oblio. Nel far questo, esplora molti riferimenti artistici contemporanei (e alcuni teorici, con inc ima Barthes) in un percorso che alla lunga pecca di concettuale pretenziosità. Lettura a ogni modo interessante, impreziosita da un'edizione Bruno Mondadori sontuosa per ricchezza di illustrazioni e cura dell'impaginazione e tipografia.