In piedi sulla banchina del treno, Chiyoko se ne sta immobile, incapace di muovere il passo decisivo che la separa dai binari. Non ha nemmeno vent’anni, indosso la divisa da liceale e sul viso l’aria apatica di chi non ha ormai alcun rimpianto. A Izumi, trentacinquenne separata che ogni sera alla stessa ora rientra dal suo lavoro part-time, basta uno sguardo per comprendere quali siano le intenzioni di quella ragazza dagli occhi limpidi come quelli di un cerbiatto. La afferra per un braccio e, con un gesto disinvolto, la tira verso di sé, salvandole la vita. Per Izumi, Chiyoko è solo un’estranea, eppure le viene spontaneo invitarla a cena nella propria casa e rivelarle gli aspetti più intimi della propria vita, come il fatto che il marito l’abbia lasciata sei mesi prima e lei ora viva sola con il figlio So¯suke di sei anni. Un’oscura, inspiegabile attrazione la spinge, infatti, a desiderare la compagnia della ragazza. Quando perciò Chiyoko le confessa di essere stata ripudiata dai genitori a causa della propria omosessualità e di voler fuggire, andarsene per sempre e raggiungere il posto che ha la fama di possedere il cielo e le stelle più belli di tutto il Giappone, Izumi, dapprima terrorizzata dalla prospettiva della fuga con una giovane donna, inizia a considerare affascinante l’idea di un posto nuovo dove poter ritrovare se stessa, le sue idee, la sua libertà. Con i soldi del divorzio acquista un vecchio pulmino Volkswagen, ci infila dentro il minimo indispensabile e lascia la città insieme a Chiyoko e So¯suke, dirigendosi in un piccolo villaggio sperduto tra le montagne. Qui le due donne si occupano di rimettere in sesto una casa in rovina trasformandola in una locanda, sulla cui facciata appendono una bandiera arcobaleno che garrisce al vento. In breve la «Locanda Arcobaleno» diventa un accogliente punto di ritrovo per viaggiatori, dove le proprietarie non si limitano a offrire ristoro alle fatiche del viaggio, ma anche, e soprattutto, alle ferite dell’anima. Il destino, però, ha approntato per Chiyoko e Izumi una prova ancora più ardua della loro fuga, la più grande sfida che la vita riserva alla forza stessa dell’amore. Dall’autrice del bestseller Il ristorante dell’amore ritrovato, Ito Ogawa torna con una storia d’amore sincera e appassionata che sfida ogni tabù, scandagliando le difficoltà di una coppia nel vivere la propria diversità e dando voce a coloro che quotidianamente devono confrontarsi con l’intolleranza e i pregiudizi della società.
J'ai eu du mal au début, mais au final Le jardin arc-en-ciel s'est révélé une bonne lecture, émouvante, avec des personnages vivants et intéressants. Le style n'était pas tout à fait à mon goût tout le temps, mais sinon j'ai passé un bon moment avec la famille Takashima.
Spunto interessante e tematica importante, svolgimento purtroppo non all'altezza. Cos'è una famiglia? Contano più i legami di sangue, gli affetti, la comunione di intenti e di vita? Bastano l'amore e la dedizione nella vita? Valgono davvero tutti i sacrifici che si fanno? La storia è bella: una donna con un bambino e una ragazza incinta scoprono di amarsi e abbandonano tutto per cercare il loro piccolo angolo di paradiso, che trovano quando si aprono davvero al mondo esterno. Purtroppo segue bastonata del destino, pure doppia, ma la vita continua che ci piaccia o no. Una scrittura più adulta, e meno scelte banali (una tragedia mi pare espediente facile per semplificare la storia, dell'altra non capisco il motivo e viene pure un poco lasciata lì, a decantare), avrebbero potuto rendere questo libro una piacevole scoperta. Così, invece, resta solo un romanzo per donne, un poco insapore, un poco incolore. Unica scelta davvero interessante quella di far raccontare a ogni personaggio principale una parte della storia: si inizia con Izumi, si finisce con Takara, con un vero passaggio di testimone verso il futuro.
Speravo di leggere un romanzo in cui la coppia lesbica protagonista, mediante l’espediente della locanda immersa nella natura e nella pace del Giappone rurale, avrebbe affrontato temi delicati come l’omofobia - e il suicidio - attraverso i diversi punti di vista e le diverse esperienze dei visitatori. In realtà mi sono ritrovata davanti un romanzo scritto in modo banale, in cui un tentato suicidio viene accantonato grazie all’insta love delle due protagoniste. La locanda arcobaleno che dà anche il titolo al romanzo appare a metà del libro e rimane sempre sullo sfondo. La scrittura indugia su particolari pruriginosi e a volte perversi, come la scena in cui la figlia succhia il capezzolo della madre morta (WTF), e la trama procede solo grazie ai punti di vista alternati per poi arrestarsi sulle tragedie familiari. Da menzionare anche l’amore proibito di Sosuke per la madre adottiva, il quale non provoca alcuno stupore in sua sorella, che anzi lo trova abbastanza normale data la poca differenza di età. Tutto questo senza contare la tirata antiabortista, condita da slut shaming e bifobia. Lettura atroce.
Le résumé m'avait donné envie de m'y plonger immédiatement, et une fois n'est pas coutume, j'ai cédé à cette envie.
J'ai dévoré ce livre, je lui ai consacré toutes mes heures de libre pendant plusieurs jours. L'histoire de cette famille recomposée autour d'un couple lesbien est d'une grande tendresse, immensément attachante. J'ai eu le sentiment de les côtoyer pour de vrai, de partager leur quotidien. Je me suis amusée de tous les petits détails que l'on découvre au fur et à mesure, et j'ai passé un très bon moment avec cette lecture. Le traitement de l'homosexualité, du lesbianisme en particulier, est très intéressant. L'aspect profondément intime n'efface jamais la dimension politique : au contraire, les deux sont liés et cela démontre parfaitement l'insertion du politique dans la vie privée. L'autrice a choisi que les difficultés de la famille ne se limiteraient pas à ce sujet, ce qui est à la fois réaliste et un peu déroutant : j'ai trouvé la fin inutilement dure, et j'ai eu du mal à adhérer et compatir à leurs souffrances. Les moments de joie, qui restent heureusement majoritaires, m'ont beaucoup plus émue.
Cet enchaînement d'événements négatifs sur la fin est l'une des raisons pour lesquelles, malgré mon enthousiasme premier, je reste mitigée. L'autre raison est simplement le décalage entre ce à quoi je m'attendais, et ce que propose vraiment le roman. J'aurais aimé beaucoup de descriptions, j'avais envie de voyager dans cette auberge du bout du monde, et d'en découvrir toutes les petites choses du quotidien. L'autrice traite effectivement ces petites choses, mais sur un mode qui ne m'a pas entièrement convaincue. Elle fait le choix d'une multitude de petites actions, et donne le sentiment qu'il est toujours en train de se passer quelque chose. Cela se ressent dans l'écriture, agréable mais vive, et un peu aussi dans l'aspect choral du roman, auquel je ne m'attendais pas non plus. En définitive, c'était moins apaisant que ce à quoi je m'attendais.
Ça reste une bonne lecture, qui m'a emportée même si elle ne m'a pas chamboulée, et j'ai envie de la conseiller à de nombreuses personnes.
Premesso che sono pienamente consapevole di come i giapponesi a volte tirino fuori storie strampalate (sia in manga che in libri), il plot di Ito non mi ha convinto. L'insta-love rimane per me insopportabile, soprattutto se tra due soggetti che anche successivamente non paiono molto compatibili. Ho avuto la sensazione che le INTENZIONI di questo libro fossero buone (promuovere le coppie gay come da accettare --- cosa che il Giappone ha bisogno di sentirsi dire) ma questo scivolone ha finito per sminuire la coppia in sè, facendola sembrare almeno all'inizio frutto di un'attrazione puramente fisica e superficiale. Chiyoko (spero di averlo scritto giusto!) è poi il personaggio che ho capito meno. È capricciosa, stupida, impulsiva, eppure tutti la amano e le stanno dietro come una corte di servitori. Il fatto che alla fine paia essere lei quella altruista non mi ha convinto per nulla, perchè il pov è di altri personaggi e loro fanno solo teorie. "Forse l'ha fatto per noi...forse sapeva cose..." Meh. Mi è parso un tentativo di far riscattare una donna che non ha molte qualitá a parte rompere le palle per ottenere ciò che vuole. Insomma, delusione. Inoltre, si nota che in questa recensione non ho parlato della locanda? Bene, perchè pur essendo il titolo...non ha molto rilievo. Compare circa al 46% del libro, continua ad esserci di sfondo, ma il focus è sui pg e sulle loro paturnie. Non ho capito la scelta di inserirlo come titolo.
Ricapitolando, non mi ha lasciato molto, non penso lo rileggerò mai.
Leggero, ma un po' troppo semplice, il romanzo di Ito Ogawa segue le vicissitudini di una famiglia lesbica che decidono di aprire una pensione in un paesino. Seguiamo le loro avventure quotidiane attraverso quattro voci, tuttavia, pur nel coro dei quattro protagonisti, manca un po' di profondità: i temi sono spesso trattati in maniera semplice, quasi superficiale, così come le situazioni, che si risolvono nello spazio di un paragrafo. Apprezzo che l'autrice abbia voluto parlare di una coppia omosessuale e delle relazioni LGBTQ+ nel Giappone di oggi, ma avrei sicuramente apprezzato un ritratto più "vero" e meno superficiale, soprattutto per come poi si conclude il libro, una bella palla curva che mi aspettavo ma che speravo fino alla fine di essere smentita. Secondo libro dell'autrice e dopo il disastro (per me) di "Il ristorante dell'amore ritrovato", almeno stavolta ho dato una stellina in più.
Ho cercato un’altra parola per descrivere questo romanzo, ma mi tornava in mente sempre la stessa: “Carino”. Sì, perché è forse la definizione più onesta e veritiera che si possa dare di questo libro. Da un lato, abbiamo un romanzo rosa, dalla trama molto classica se vogliamo, di per sé nulla di nuovo sul fronte occidentale, se non ci fosse l’altro lato, quello del tocco arcobaleno. Un romanzo a tema LGBT+ che ingloba altre realtà anch’esse ancora spinose e difficili da accettare da parte della società. La storia si focalizza sulla relazione tra una donna divorziata trentacinquenne con un figlio e una ragazza di diciassette anni che scoprirà poi essere anch’ella incinta da una precedente relazione. Nel complesso, la storia è molto rosa, nel senso che è molto zuccherata e molto smielata. Non necessariamente in senso negativo, anche se qualche appunto di critica lo si può fare. Uno dei principali temi del libro è la differenza d’età che passa tra le due innamorate, molto consistente e dunque potenzialmente portatrice di dissapori e problemi. Avendolo letto con gli occhi di una ragazza che vive tutt’ora una relazione analoga (anche senza la parte di figli e divorzi sul gozzo), viene spontaneo sorridere per l’ingenuità e per la superficialità con cui essa viene trattata. Da un lato, l’autrice cerca di rovesciare e abbattere determinati stereotipi che avvelenano questo tipo di relazione, quali l’interesse economico da parte di uno dei due componenti della coppia, tentativo che risulta piuttosto goffo, dall’altro lato, ne accentua altri, come l’idea che in coppie con una consistente differenza d’età la metà più giovane sia perennemente scanzonata, sognatrice, ottimista, ingenua, immatura, mentre l’altra metà più grande sia posata, matura, razionale, pessimista. In generale, comunque, in tutta la narrazione permane un senso di stucchevole ottimismo alternato con una buona dose di drama lacrimevole. Quando le cose si fanno troppo paradisiache, allora ecco che la tragedia colpisce. Una tragedia che acquisisce un gusto tutto greco verso il finale. Forse l’autrice si è accorta che la famiglia era troppo perfetta e allora ha ritenuto opportuno aggiungere una nota tutta “edipica” alla vicenda. Questa idea di: “omnia vincit amor” ha un che di fiabesco (e mi riferisco alle fiabe in versione Disney, non quelle originali) che si riflette anche nello stile, molto semplice, a tratti quasi infantile. Uno stile che però è perfettamente inquadrato con il tono del romanzo. Il quadro generale risulta coerente anche se l’impressione è sempre quella che l’autrice tratti certi aspetti con spiccata ingenuità. Altro tema molto presente è quello dell’omosessualità e della famiglia arcobaleno. È interessante vedere come l’omosessualità è percepita in Giappone e come una comunità così chiusa e ottusa di un paese di montagna accoglie la diversità. L’amore è trattato in modo delicato, senza scadere nell’erotico, cosa che contribuisce a mantenere quell’aura fiabesca. Il rapporto di coppia fa quasi sorridere, sicuramente un filo inverosimile e molto idealizzato, oppure scadente negli stereotipi sopra citati. L’idea che qualsiasi cosa, screzio, conflitto o divergenza si possa sempre appianare e cancellare con due parole di scuse e un bacino non è certamente realistica, né è lo specchio veritiero di ciò che è il matrimonio. Questo rende la storia molto adatta ad un pubblico giovane, adolescente e meno spendibile con un pubblico adulto già avvezzo alle problematiche e agli ostacoli della vita. Il bilancio è complessivamente positivo, anche se i lati drammatici caricano troppo il pathos della narrazione quindi se da un lato avevo intenzione di dare il massimo, il tono troppo melodrammatico, lo stile un po’ infantile e la trattazione edulcorata di certi temi abbassano la valutazione. Forse va letto semplicemente per quello che è: una storia d’amore molto romanzata discretamente strutturata e scritta in modo accettabile. Un bel libro anche se forse non uno di quelli che rileggerei.
Una storia che mi ha decisamente confuso le idee. Ho apprezzato molto il tentativo di focalizzare l'attenzione su una coppia LGBT giapponese e il rapporto con la società e la cultura del luogo, un contesto quindi non necessariamente conosciuto bene in quanto meno rappresentato. Ho anche amato il modo in cui i quattro componenti della famiglia avessero voci molto differenti ma in qualche modo che si completano tra di loro. Ho avvertito molte emozioni durante alcuni momenti tra Choko e Izumi ma anche tra loro e i figli. D'altronde, alcuni aspetti mi hanno un po' deluso, ad esempio speravo che almeno in una storia così positiva e colma di speranza ci fosse un finale meno tragico. Direi che di personaggi LGBT che fanno una brutta fine ne abbiamo fin troppi. Inoltre il fatto che Sosuke si sia innamorato di una donna che è stata sua madre da quando aveva praticamente sei/sette anni è stato eccessivo ai miei occhi, soprattutto perché va un po' a smontare l'idea della loro famiglia. Alcuni insegnamenti di questo libro li porterò con me perché credo che, anche quando un libro non ci soddisfa del tutto, può sempre donarci qualcosa di bello. In questo caso sicuramente lo ha fatto.
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Sinceramente non so come impostare questa mia piccola e personale opinione. Una idea iniziale buona, con personaggi un po' strani ma con potenziale, tutta una storia da creare. Qualcosa, stando al mio gusto, è andato storto: il racconto diviene banale ed a tratti ripetitivo, con punte in cui il nervoso e l'insofferenza per i personaggi si fa forte, un personaggio in particolare ha calamitato la mia antipatia; non accade nulla di rilevante, le vicende vengono narrate con una apatia quasi tangibile, che non provoca alcuna emozione. Unici punti a favore, motivo delle due stelline, sono il passaggio del testimone dei quattro personaggi protagonisti nel parlarci della loro vita di famiglia diversa ma unita, legata non dal sangue ma da un profondo e sincero amore. La lettura è scorrevole e la prosa semplice. Credo che proverò a leggere altro di Ito Ogawa, sperando di imbattermi in un romanzo che sappia coinvolgermi.
"Quella sera volevo salvare una persona ma, a pensarci bene, fu quella persona a salvare me."
Questa battuta, pronunciata dalla una delle due protagoniste del romanzo, Izumi, racchiude in sé lo spirito della storia di Ito Igawa, narratrice giapponese di cui avevo già letto "Il ristorante dell'amore ritrovato" (una storia semplicemente adorabile!) e di cui leggerò a breve anche la terza opera tradotta in italiano "La cena degli addii".
Una storia intensa e indimenticabile quella che sceglie di raccontare l'autrice, che mette ancora una volta la diversità come tema base.
Leggendo la sinossi pubblicata su Amazon, il lettore si potrebbe anche evitare la lettura della storia, visto che svela un sacco di dettagli sulla trama. Per fortuna non l'ho letta prima di iniziare questo bellissimo romanzo.
Ambientato in Giappone ai nostri giorni, "La locanda degli amori diversi" cerca di dare un'opinione semplice e concreta sul tema dell'amore omosessuale, a un pubblico di lettori sicuramente poco aperti e favorevoli a considerare l'amore tra due donne di pari dignità a quello eterosessuale.
Izumi è una donna di trentacinque anni, divorziata da poco e con un bimbo di sei anni a carico. Viene presentata al lettore come una donna stanca, in preda a quel languore che rende persino le ossa liquide, quell'affaticamento che penetra nel corpo e obnubila la mente. È la spossatezza che accompagna quello che noi siamo abituati a definire "fallimento esistenziale".
Chiyoko è una giovane liceale di rara bellezza, che non trova più una sola ragione valida per vivere, essendo stata rinnegata dalla sua facoltosa famiglia dopo un sincero quanto inaspettato coming out.
Ad Izumi basta uno sguardo distratto per riconoscere la disperazione della giovane ragazza che fissa un binario vuoto. Da questo incontro, incidente scatenante della storia, l'autrice dà il via a una vicenda piena di forza, amore e coraggio.
Non è infatti così semplice, in un mondo in cui siamo abituati a giudicare tutto e tutti senza preoccuparci quasi mai delle conseguenze delle nostre azioni e delle nostre parole (intimamente persuasi di essere sempre nel giusto) guardarsi dentro e comprendere di aver vissuto una vita a metà fino a quel momento.
Izumi, grazie alla dolce e sodale presenza di Chiyoko, scopre di non essere una donna difettosa, ma una persona in grado di amare con tutta se stessa, anima e corpo; di non essere "una moglie frigida" abbandonata da un marito insoddisfatto, ma una donna che non ha saputo riconoscere le sue vere pulsioni.
Le due donne, nonostante le difficoltà personali, decidono di partire assieme e di creare un nucleo familiare in un posto sperduto, "che ha la fama di possedere il cielo e le stelle più belli di tutto il Giappone".
Izumi è una donna forte, perché una volta scoperta la sua vera natura, la sua essenza più profonda, non torna più indietro; è una donna coraggiosa e saggia, perché sceglie di cucire e esporre una bandiera arcobaleno alla terrazza della nuova casa, dando un messaggio pubblico a tutti gli abitanti del piccolo borgo giapponese, perlopiù ostili, senza mai voltarsi indietro; è una donna che ama un'altra donna, e lo fa senza vergognarsene.
Il romanzo, oltre a raccontare l'evoluzione della storia d'amore delle due donne, in un arco di circa quindici anni, si prefigge anche l'oneroso obiettivo di definire il concetto intrinseco di famiglia. E lo fa utilizzando una parola hawaiana: "Ohana". Non so se hai mai visto il cartone animato della Disney "Lilo & Stitch". Beh, il concetto è il medesimo che sta alla base di quella storia deliziosa, a tratti commovente: "Ohana significa famiglia. Famiglia significa che nessuno viene abbandonato. O dimenticato."
In un mondo, quello giapponese, in cui l'amore omosessuale non è ancora stato riconosciuto, creare una propria famiglia con l'intento di non far dimenticare nessuno dei membri, anche se non legati tra loro da un legame giuridico, mi ha fatto molto riflettere.
Quando ci si può considerare davvero famiglia? Esistono amori di serie A e di serie B? "La locanda degli amori diversi" mostra quindi l'evoluzione di questa insolita famiglia, dando a ogni membro la medesima dignità e concedendo alle due protagoniste e ai due personaggi comprimari, di parlare direttamente al cuore del lettore.
Da un punto di vista tecnico il romanzo è infatti diviso in quattro lunghe parti, equivalenti tra loro. Il lettore quindi ha la possibilità di scoprire come la storia d'amore tra le due donne prosegua anche grazie al punto di vista dei loro figli. L'unica nota stonata è che, quando si cambia punto di vista in un romanzo, spesso si rischia di annoiare il lettore con il riassunto delle puntate precedenti. Ed è quello che accade nelle prime battute di ogni nuova parte, in cui l'autrice non varia la descrizione di un evento già noto al lettore; ma riprende il filo della narrazione utilizzando praticamente le stesse parole giò usate in precedenza, e peccando un po' con la caratterizzazione del lessico del nuovo personaggio.
Leggendo alcune recensioni su Amazon, ho notato che molti lettori hanno individuato una superficialità d'intenti nella trattazione del tema dell'omosessualità. Io non credo che l'autrice volesse essere superficiale. Credo abbia deciso di rivolgersi a un pubblico ostile all'amore omosessuale, e abbia privilegiato la trattazione di temi basilari per mostrare l'insensatezza di alcune posizioni granitiche. Il tema della storia poteva infatti essere affrontato in centinaia di modi diversi, anche da un punto di vista della complessità; ma un bravo autore sa sempre a che tipo di target si sta rivolgendo quando scrive. E cambiare la coscienza e il cuore di chi affronta una storia come questa, è a mio avviso l'unico obiettivo che ha spinto Ito Ogawa alla stesura di questo romanzo.
A parte questo neo, ho trovato la lettura di questa storia intensa da un punto di vista emotivo. Mi ha ricordato quanto non sia scontato poter essere chi davvero si è in modo pubblico e onesto. Di quanta sofferenza sia colmo il cuore di chi cela la sua anima al mondo per paura del giudizio dettato dall'ignoranza e dalla paura. E di quanto l'amore, quello vero, sia in grado di donare la forza e il coraggio di vivere una vita seguendo la propria personale inclinazione, senza mai farsi affossare dalla vergogna.
Très beau roman sur l'homosexualité au Japon, le fait de créer une famille quand on est lesbiennes. D'ailleurs les liens familiaux sont primordiaux dans ce roman.
CEPENDANT, le dernier chapitre m'a un peu surprise. L'histoire est très belle jusqu'à la fin mais il y a des propos et actes de certains personnages qui m'ont laissé perplexe. (presque incestueux ?). Ça tient sur 2 lignes et ça n'arrive JAMAIS dans le roman donc je me pose la question si c'est quelque chose de culturel ? Ça pourrait être l'occasion de se renseigner. (Ex SPOIL : on apprends à la fin du roman que le fils d'Izumi a pu avoir des sentiments amoureux pour O-Choko, qui est donc sa mère adoptive hein 😅) + une autre scène qui m'a bcp dérangé mais qui pour le coup spoile trop pour être décrite ici.
Je me questionne sur ces deux scènes mais ça n'enlève pas le fait que ce roman est très beau et traite de sujets très important. Je pense que c'est à la sensibilité de chacun d'en juger ?
Solitamente pondero con molta attenzione quali libri inserire nella mia wishlist e soprattutto quali libri acquistare. I libri non costano poco, per cui nella maggior parte dei casi prima di spenderci dei soldi mi informo con molta cura sulla trama e il genere (oltre che andarmi a leggere varie recensioni). A volte invece (raramente) mi butto, e in questo modo, ebbene sì, commetto degli errori. Come nel caso di questo libro, che fortunatamente ho recuperato tramite uno scambio su Acciobooks, quindi ci ho speso giusto quel paio di euro per le spese di spedizione (a fronte di un prezzo di copertina di ben DICIASSETTE EURO). Ma veniamo al dunque. Ho trovato questo libro letteralmente imbarazzante. La storia narrata sarebbe anche passabile, di intrattenimento, ma è scritta in modo davvero terrificante. Ho infatti trovato lo stile di Ito Ogawa paragonabile a quello di uno studente di prima media: acerbo, infantile, banale e poco realistico. In più, a intervalli regolari, l'autrice ha pensato bene di inserire degli obrobri imbarazzanti, delle scene assolutamente fuori luogo e di cattivo gusto. In conclusione, questo libro è un vero disastro, sarebbe totalmente da riscrivere. Perché alla fine la storia di per sé è carina, offre qua e là qualche spunto di riflessione e ai personaggi, dopo 300 e passa pagine, un po' ti ci affezioni. Quel che è certo e che non leggerò sicuramente più nulla di questa autrice.
Due e mezzo. Mi aspettavo di più. Il libro parte con ottime potenzialità ma non vengono sviluppate, secondo me, al meglio, sia nella trama che nello stile. Mi è piaciuta molto l'idea di far raccontare a ognuno dei quattro protagonisti una parte della storia, ma ogni voce mi ha lasciato della perplessità.
Une superbe découverte, une lecture qui nous fait voyager au Japon. On suit le quotidien, heureux et tragique à la fois, de la famille Takashima. Ce roman aborde des thématiques actuelles qui nous font réfléchir. J'ai voyagé dans un magnifique pays le temps d'une lecture. Ohana, comme dirait Takara.
Chiyoko e Izumi, due donne molto diverse, la prima giovane, una studentessa confusa, che vuole farla finita perché non compresa dai genitori che non condividono il suo essere lesbica; la seconda più matura, divorziata e madre di un bambino, con la solita routine che la porta ad essere trascurata. L'incontro alla stazione, Izumi capisce che quella giovane sconosciuta vuole gettarsi sotto un treno e inizia a parlarle, la distoglie e vanno via insieme. Iniziano a frequentarsi, a parlare e poi, Izumi a poco a poco si sente attratta da lei. Si frequentano, le presenta il figlio e poi vanno via tutti e tre dalla grande città arrivando in una vallata tranquilla, dove nessuno le conosce. Sono stata molto concisa, la storia è un po' migliore di così ma ... c'è un ma! Se non fosse per il carattere di Chiyoko la mia valutazione sarebbe stata più alta. Onestamente non vado matta per le storie di questo genere ma la giovane è antipatica, esagerata in qualsiasi comportamento, teatrale il termine che mi è venuto in mente sin dalle sue scenate assurde e tanto altro! Ed il peggio è che, nonostante gli anni di crescita, il cambiamento con la nascita della figlia Takara, lei continua ad essere la stessa! Se avesse avuto un carattere meno insopportabile la storia sarebbe stata migliore; diverso è il personaggio di Izumi anche se mi sembra strano che da un secondo all'altro cambi senza avere un minimo di riflessione. O meglio questa riflessione c'è ma è di solo due righe: si limita a ripensare che i rapporti con il marito non erano granché, che non ci ha mai fatto caso e ... ecco che le risulta normale essere totalmente diversa di punto in bianco. Non lo so, non mi sembra credibile, qualche riflessione in più non sarebbe guastata e avrebbe ancor di più arricchito la storia e il messaggio che vuole trasmettere. Ma andiamo avanti: una volta arrivate, trovata una grande casa in stile tradizionale, poco alla volta si integrano nella comunità e poi, dopo la nascita della piccola Takara decidono di aprire la loro grande casa e trasformarla in una locanda. I giorni si susseguono pieni di impegni fino a quando Choko scopre di essere malata e di nuovo, la sua reazione è molto strana! La storia ci viene raccontata dai quattro componenti della famiglia, ognuno mostra i propri sentimenti, gli stati d'animo. Le parti che ho preferito sono state quelle dei figli, Sosuke e Takara, più vere e reali e meno banali. Quindi, nel complesso, una storia scorrevole come testo, con delle belle descrizioni dei luoghi, ma spesso ripetitiva e in alcuni punti piuttosto semplice, che non si ferma a riflettere su messaggio che vuole trasmettere. Proverò a dare una seconda possibilità ad Ito Ogawa, sperando che gli altri libri siano migliori.
Mi avevano affascinato la sinossi e la copertina (le NeriPozza sono bellissime) e, beh, alla fine è un romanzo carino, senza forti emozioni o pretese eccessive, rilassante e... politically correct. Il romanzo è diviso in quattro grandi capitoli, ognuno raccontato, con un linguaggio semplice ed essenziale, in prima persona dai componenti di questa famiglia "diversa" composta da due madri e due figli, un maschio e una femmina. È la storia della nascita di un grande amore tra le due donne, di come hanno affrontato le difficoltà quotidiane per farsi accettare sia dalla famiglia di origine, sia dalla comunità di abitanti del luogo dove vivono; la grande forza di volontà per portare avanti i desideri di ognuno di loro e il coronamento del sogno del matrimonio. La storia ha un epilogo triste, è inevitabile la lacrimuccia e la stretta di cuore, ma la morale è, secondo me, che qualsiasi nucleo di persone può essere definito "famiglia" se ad unirlo è l'amore, il rispetto e la condivisione, anche se non vi sono legami di sangue e i colori che la contraddistinguono sono quelli... dell'arcobaleno.
"Non è forse ingiusto che una coppia eterosessuale che non si ama per niente possa concepire dei figli, mentre una coppia omosessuale che si ama alla follia non possa farlo? Se fossi Dio, farei in modo che fosse l’amore a decidere, nel senso che escogiterei un sistema per cui solo le coppie che si amano davvero, senza alcuna distinzione di sesso, possano avere dei figli."
J’ai aimé entrer dans le monde de cette famille, et parfois les images et descriptions colorées de l’autrice. Par contre, plusieurs éléments sont problématiques à mon avis. D’abord, je reste très critique de la relation entre une mineure et une adulte. Même si le but de l’autrice est de déconstruire des préjugés sur l’homosexualité, j’ai trouvé que c’était simpliste et inadéquat à plusieurs moments, avec des clichés qui desservent ces propos. La majorité du roman, tout va « trop bien » et il n’y a aucune profondeur, ce qui rend m’a souvent fait décrocher. De plus, j’ai souvent senti que l’autrice voulait dépeindre les familles lesboparentales comme normales mais à force d’insister sur leur homosexualité tout au long du livre, ça devenait pire, comme si elle devait redire à maintes reprises que c’est acceptable. En tant que personne queer, je trouvais ça assez maladroit. Il ne s’agit pas tant d’une histoire d’amour que d’un focus sur leur rôle de mère, ce qui est dommage. La fin est triste, mais ce qui m’a le plus choqué est l’amour ressenti par Sosuke (le fils) envers sa mère adoptive : on apprend qu’il essait de se suicider car il semble être en amour avec elle. C’est illogique avec le reste du livre, qui promouvait tellement la famille et le fait que les deux mères sont autant les mères de leurs deux enfants. Je suis déçue du manque de subtilité et logique dans le livre qui traite pourtant de réalités importantes, dans un univers envoutant.
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Quella che Ito Ogawa consegna al lettore è una collazione eterogena di slices of life, stralci di vita, riassunti e raccontati molto più che mostrati, da quattro voci che nella ragionevolezza finiscono per assomigliarsi molto più di quanto si differenzino – forse anche in virtù di quell’effetto osmotico per cui i componenti di una famiglia molto unita finiscono per prestarsi modi di dire e scambiarsi pensieri ed abitudini.
L’effetto finale è quello, discontinuo e un po’ sfilacciato, che si porterebbe dietro un manga josei, di quelli a puntate, dove l’omogeinità narrativa tipica di un romanzo unisco sfioriscei n favore di un racconto per segmenti, che spazia per lunghissimi periodi di tempo, quasi a voler abbracciare lo spazio di un’intera saga familiare – e in questo non tradendo lo spirito del titolo.
Perché il romanzo di Ito Ogawa è davvero la storia della Locanda Arcobaleno – una locanda dove gli amori diversi non sono solo quelli delle coppie LGBT*QIA. Gli stessi legami affettivi fra parenti, amici, vicini e persino fra avventori e proprietarie della locanda sono vissuti con una diversità che si oppone alla rassegnata uniformità a cui i rapporti codificati, della società giapponese e non solo, ci hanno abituato.
Lecture agréable et rapide, choisi pour le thème abordé d’une famille lgbt.
Niveau style beaucoup de « telling » (raconter les faits) et pas beaucoup de « showing » (évocation par details etc), qui fait de ce livre une lecture facile est fluide mais moins marquante.
Pour ce qui est de l’histoire d’amour entre deux femmes, j’ai été déçue, mais pas surprise à la nature chaste de leur relation. Pour cette raison j’ai largement préféré « tipping the velvet » par exemple ou « the price of salt ». La culture japonaise ne se prête pas à des relations amoureuses passionnelles-les protagonistes ici aussi sont presque désexuées, leurs identités de mère sont mise en avant.
Il existe des histoires qui développent votre imagination. D'autres qui vous immergent dans l'histoire passée, présente ou future. D'autres qui vous remuent les entrailles ou font travailler vos petites cellules grises.
Le jardin arc-en-ciel est une histoire de vie, d'Amour avec un grand A, celui qu'on reconnaît sans avoir à le nommer ou le désigner. Mais ce n'est ni mièvre, ni romantique, ni lassant, ni stupide. Il est. Tout simplement.
Ce récit est actuel, presque intemporel. Il reflète notre société injuste mais permet aussi d'imaginer son évolution. Lente mais présente. Il sensibilise et il instruit, avec bienveillance.
Ho iniziato questo libro dopo aver letto, in quest’ordine, Il ristorante dell’amore ritrovato e La Cena degli Addii.
Mi aspettavo di trovare qualcosa di similare, una lettura dove il cibo fosse il fulcro della storia. Qualcosa di affine agli altri due libri.
Invece Ito Ogawa qui si è superata stupendomi decisamente.
I temi trattati sono diversi ma non per questo meno importanti.
Amore Passione Ambizione Omosessualità Famiglia arcobaleno Malattia Lutto
Sembrano un minestrone di temi invece vengono trattati con estrema delicatezza, come solo la Ogawa sa fare.
Che ruolo ha in questo libro il cibo? Un ruolo che apre questa storia... e la chiude. È un cerchio che si chiude, ogni cosa torna al suo posto nonostante gli avvenimenti che sconvolgono irrimediabilmente la vita di tutti i protagonisti.
Il finale mi ha sorpresa, ma è cosa tipica dell’autrice. Riserva il meglio delle sue narrazioni sul finale, facendo emozionare il lettore. La pelle d’oca mi ha accompagnata durante tutto il finale.
Ho sottolineato varie frasi che porterò con me per sempre ♾
Super consigliato, soprattutto se in passato avete avuto brutte esperienze con altri autori giapponesi.