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Esta es la historia de Michele Angelo y Mercede y la de su estirpe, los Chironi, una humilde familia de herreros que progresa con el auge de la burguesía en la Cerdeña de finales del XIX. La modernidad ha llegado a la villa de Nuoro, que se expande a pasos agigantados, y la fragua de Michele Angelo bulle de actividad mientras la familia se multiplica. Primero llegan Pietro y Paolo, gemelos; después Giovanni, que nace verde como si lo hubiera expulsado un pantano; luego Gavino, Luigi Ippolito, Marianna… Una prole de gentes buenas y sin pretensiones que el destino se empeña en querer borrar de la faz de la tierra. Con Estirpe, Fois inaugura la memorable saga de los Chironi, crónica minúscula y a la vez universal de la Cerdeña humilde y de una Europa que se tambalea bajo la Gran Guerra.

300 pages, Paperback

First published September 15, 2009

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Marcello Fois

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Displaying 1 - 30 of 83 reviews
Profile Image for Aprile.
123 reviews94 followers
December 25, 2017
Signor Marcello Fois,
le seguenti righe per informarla del fatto che dopo la lettura di Stirpe, anteceduta dalla lettura di Memoria del vuoto, non posso far altro che annoverarla tra quegli autori che scrivendo hanno dispiegato ai miei occhi le pieghe del sentire umano, non solo raccontandole ma anche motivando il perché fossero pieghe. Lei, signor Fois, - ed Ernesto Sabato, e Cormac McCarthy e William Faulkner, a questi ora penso, che parlano con un timbro e un'onestà e una chiarezza molto simili – ha usato parole e formulato pensieri e ‘srotolato’ riflessioni che indagano senza riserve nella profondità dell’uomo, fino alla bestia, con una lingua, una musicalità, una poesia che spesso mi distraggono dalla trama dei fatti per la loro bellezza e per la sensazione di partecipazione che suscitano. Ecco.
Profile Image for stefano.
188 reviews160 followers
November 14, 2019
Bello, eh, non c'è dubbio, io però intanto lo mollo qua, a pagina non so quanto, forse ottanta, forse cento, ché ho l'ebook e ogni volta che ingrandisco o rimpicciolisco il carattere le pagine scattano da ventotto a quarantadue o indietreggiano da centoundici a settantuno, lasciandomi come un antico marinaio cui improvvisamente abbiano oscurato le stelle (che non si dica che non so metaforare, io).
Pesante, questo libro, ma pesante, pesantissimo. Come una versione di greco da fare di pomeriggio, a sedici anni, quando invece puoi giocare a PlayStation (a PlayStation, non alla PlayStation!) o sederti in piazzetta a bere birra calda e fumare canne (una divisa in quattordici, ma vuoi mettere la ribellione...) o girare a Cagliari con la testa per aria o leggere un libro di Bukowski o fare qualunque altra cosa, tranne la versione di greco.
Dicevo, pesante, 'sto libro. E' la storia di una famiglia che si capisce da subito che è sfigatissima, con morti, disgrazie, lutti e quant'altro, per non farci mancare niente. Ma non è questo il problema, figuriamoci, io divoro le saghe familiari disgraziatissime e sfigatissime. Mi piacciono, proprio. Tipo quelle dei Singer, Israel e Isaac (Esther ancora non l'ho provata), oppure, uno a caso, McCourt. Mi piacciono, mi crogioulo, io, nei drammoni familiari. E allora qual è il problema? Io. Io che fatico a immedesimarmi in una storia, a cascarci dentro, se la storia non è raccontata bene. Certo, Marcello Fois scrive benissimo - sia indicato al pubblico ludibrio chi dice il contrario - usa persino la parola baluginio, che non sono mica tanti gli scrittori che la usano. Forse Erri De Luca sì, lui la usa (mi sta venendo voglia di aprire tutti gli ebook di Erri De Luca...). Erri De Luca, mannaggia. Si fosse chiamato Harry De Luca sarebbe stato ancora più figo. Harry, come l'amico di Derrick.
Ma torniamo a noi. La scrittura di Marcello Fois è una roba che io mi immagino lui, seduto alla scrivania di legno massello (altro che noi poveri recensori con scrivania Ikea in truciolato, se va bene), ecco, mi immagino lui alla ricerca di parole difficilissime, frasi wow, espressioni che Michela Murgia deve morire di invidia, quando le legge. Io me lo immagino così, preso a ricercare la musicalità del testo, la metafora che ti spiazza... me lo immagino che una mattina si sveglia con baluginio in testa (laddove io, al massimo, riesco a mettere insieme cesso e caffè) e allora si inventa qualcosa in cui ficcarlo, quel maledetto baluginio.
Lo so, però, è colpa mia. Io sono terra terra, non riesco a capire perché non si possa raccontare una storia nel modo più semplice possibile. Non capisco perché se ci sono un modo pesante e un modo leggero di dire le cose, si scelga sempre quello più pesante. Appesantendolo con baluginii vari. Fa molto scrittore, la scrittura difficile, e un'altra cosa che mi ha ricordato 'sto libro è sempre quando avevo sedici anni - spenta la Play, finito Bukowski, pure le canne scarseggiavano - e volevo fare il figo. Mannaggia, mo' vado in biblioteca e prendo, toh, Proust! E andavo tra gli scaffali, lo cercavo, lo portavo al banco dalla bibliotecaria facendo la faccia di quello che eh sì, leggo Proust, che cazzo ci vuoi fare?. Ecco, non sopporto la scrittura artefatta, artificiale, affettata e altre parole difficili. Non sopporto la scrittura che si compiace. Che cosa mi interessa, a me, se sai un sacco di parole? Raccontami una storia, ché quello voglio.
Attenzione, però, che tutte queste sciocchezze che ho scritto non appaiano come un inno all'ignoranza o, peggio, alla sciatteria. Tutto il contrario. Trovo molto più semplicistico - e ignorante, e sciatto - il ricorso a una scrittura artefatta, difficile, arzigogolata, complicata, pesante. Tipo brigadiere dei carabinieri che per far vedere che è ha fatto le scuole, lui, usa un italiano che esiste solo nella sua testa. E in quella dei suoi colleghi della Benemerita. Lo scopo di chi racconta una storia è quello di avere qualcuno che ascolta, e la speranza di chi ascolta è quella di sentirla, una storia. Invece con Marcello Fois, ma pure con tanti altri, sembra che lo scopo sia solo quello di fare i fighetti ermetici, tipo il suddetto brigadiere. Una figaggine ermetica che prende assieme scrittore e lettori, contenti il primo di essere un letterato e i secondi di capirne, di letteratura.
Sarà, io non ci capisco niente però, e preferisco un Lansdale a casaccio con scazzottate e sparatorie a questo baluginio qua...
E poi, ciò che mi ha fatto desistere definitivamente, è stata questa frase: per essere buono il vino deve sporcare il bicchiere... No! Sono andato avanti altre pagine, ma c'era sempre 'sto vino che macchia il bicchiere a ronzarmi in testa, fino a che non ce l'ho più fatta! Siano banditi tutti gli scrittori - in ispecial modo quelli sardi - che cianciano di vino che sporca il bicchiere! Dove andremo a finire, di questo passo? A dire che la Sardegna è bella tutta, signora mia, io amo soprattutto l'interno. E l'ospitalità? L'ospitalità dove la mettiamo? E la gente, la semplicità? La vita di una volta, i ritmi lenti... pane, formaggio e un bicchiere di vino... che resta macchiato, ovviamente!
Profile Image for Magrat Ajostiernos.
724 reviews4,879 followers
August 13, 2023
Un libro brillante por la habilidad que demuestra su escritor en cada página, por ese juego con el tiempo y los recuerdos, de volver a rememorar historias y personajes.
La novela habla de la Italia de finales del XIX y nos lleva hasta la Segunda Guerra Mundial a través de una familia humilde y trabajadora tratando de prosperar y a la que la vida le tiene reservada todos los palos de este mundo.
He sufrido lo indecible con este libro, precioso pero muy duro.
Profile Image for Sandra.
964 reviews333 followers
April 30, 2016
Un romanzo che racconta una storia nella Storia.
La storia della famiglia Chironi, a partire dal suo capostipite Michele Angelo, un fabbro che sa in cosa consiste la forgiatura, che è “l’arte di combinare trazione, piegatura, compressione, punzonatura del metallo”. La forgiatura è cogliere l’attimo in cui il metallo è pronto per la lavorazione, quando dall’arancio passa al giallo, quando l’esperto fabbro comprende di essere lui il padrone e di poter piegare e dare la forma che lui vuole alla materia. Così è l’uomo nelle mani del suo Fabbro: materia disposta a piegarsi al momento giusto, perché nel piegarsi non c’è sempre resa, c’è consapevolezza di sé e della propria umanità, e dunque della propria debolezza.
E Michele Angelo questa lezione l’ha compresa e ne sperimenta sulla propria pelle le conseguenze. Perché la sua famiglia, la sua “stirpe” viene più volte colpita dal dolore, dalla sofferenza che la mano del Fabbro impone. Nel corso degli anni, dalla fine dell’Ottocento passando attraverso le due guerre mondiali, sulla famiglia Chironi si concentrano tragedie, sofferenze, morti. Essa non riesce a prosperare, perché viola la regola, che Michele Angelo conosce bene e teme sopra ogni altra cosa, del pelo dell’acqua: mai andare sotto la superficie e provocare commiserazione negli altri; mai sopra la superficie dell’acqua e far nascere invidie; ma sempre galleggiare a pelo d’acqua, senza farsi notare. Solo in questo modo la stirpe può sopravvivere di generazione in generazione.
“Felici quelli che non hanno mai conosciuto il dolore. Ma una volta che una casa investì l’urto di un dio, continua il compimento del flagello su l’intera progenie, inarrestabile” : così canta il coro nella Antigone di Sofocle. La citazione mi viene spontanea, così come il collegamento con il peccare di ”hybris”, l’atto di superbia che segna il superamento del limite di ciò che l’uomo può compiere e fa scattare la “nemesis”del dio, di cui i greci tanto temevano le conseguenze nella vita dell’uomo e della sua stirpe.
E fino quasi al termine del libro sembra che la stirpe non riesca più ad innalzarsi sotto i colpi del martello del Fabbro, ma poi… una speranza sorge, proprio all’ultimo.
E la fine non è una fine.
In conclusione, posso dire che è un romanzo con pagine di poesia messa sotto forma di prosa, con i personaggi che spiccano nella storia, descritti con una scrittura che si potrebbe definire ermetica. Bello, molto bello.

Profile Image for Ubik 2.0.
1,073 reviews294 followers
March 3, 2019
La stirpe di Abele

Il romanzo è sostanzialmente una saga familiare e questo potrebbe evocare un’impressione di dejà-vu, di poca originalità, tanto più che le vicende della famiglia Chironi si svolgono per un cinquantennio dalla fine dell’ottocento attraverso eventi storici ben noti e già molto sfruttati sul piano narrativo, la Grande Guerra, l’avvento del fascismo, l’emigrazione fino alla Seconda Guerra Mondiale.

Ma in questo contesto non eccezionale ciò che in “Stirpe” è eccezionale e sorprendente, soprattutto per un lettore esterofilo e poco propenso alla scoperta di autori italiani contemporanei all’altezza, è la profondità dello stile, molto originale, poetico ed espressivo, sia nella costruzione delle frasi e delle descrizioni, sia nella struttura stessa del racconto, con imprevisti scarti temporali per cui un evento ritorna sulla pagina da un diverso punto di vista, oppure sostituendo la fantasia alla realtà o viceversa, o anche rimettendo a fuoco particolari di episodi che erano stati accennati solo fugacemente.

Questo stratagemma stilistico crea vertigini e lascia il lettore col fiato sospeso in attesa di cogliere l’effettivo snodo del racconto come nell’emblematica commovente scena finale.

Altro punto di forza, più prevedibile ma non meno efficace, è la collocazione geografica della storia in uno dei più marginali e poco noti capoluoghi di provincia, che è anche la città natale di Fois: la Nuoro di questo romanzo cresce sullo sfondo della trama, da un gruppetto di paeselli della Barbagia che in qualche modo vanno a fondersi, assemblando i pastori ai contadini e ai primi artigiani, a una quasi pretenziosa sede di tribunale, carcere, prefettura voluta dal Duce, a una cittadina con una nascente borghesia che, in cerca di un decoro e una pur modesta ricercatezza nei balconi, nelle inferriate, nei monumenti, è alla base della crescita economica della bottega del fabbro protagonista e della sua stirpe.

Ho cercato di identificare alcuni elementi distintivi del romanzo ma in verità il segreto del suo fascino e della sua riuscita sta nella capacità dell’autore di renderci emotivamente partecipi e, perché no?, commossi di fronte alla storia comune di personaggi vivi e credibili. Ecco, a proposito di credibilità un’apparente stridore di artificio può sorgere dall’eccessiva serie di sventure, violenze, maledizioni che si accaniscono sui Chironi, tanto più ingiusta in rapporto alla mitezza e alla rassegnazione con cui tutti loro reagiscono, una stirpe di vittime della violenza dei tempi e della crudeltà del destino.

E tuttavia è in questa infinita lotta testarda, fra un mondo e un tempo particolarmente ostili ed una stirpe sempre sul punto di estinguersi e di perdere uno dopo l’altro i rami più rigogliosi della sua progenie, che risiede la resistenza e l’eroismo della gente che va comunque avanti, …prima che ogni aspettativa sia definitivamente violata dalla vita
Profile Image for LW.
357 reviews93 followers
March 27, 2019
Una storia di silenzi ,in una testarda terra dura

Ma come si racconta questa storia di silenzi?
Voi lo sapete, tutti lo sanno, che le storie si raccontano solo perché da qualche parte sono accadute.
Basta afferrare il tono giusto, dare alla voce quel calore interno di impasto che lievita,sereno in superficie ,turbolento nella sostanza .


La Stirpe dei Chironi ha inizio con Michele Angelo Chironi e Mercede Lai .Si incontrano in chiesa, lui 19 lei 16 anni , si sposano poco dopo e poi arrivano i figli , i gemelli Pietro e Paolo ,Gavino ,
Luigi Ippolito,Marianna .
Michele Angelo sa forgiare il ferro e la forgiatura , una disciplina in cui è fondamentale capire quando bisogna fermarsi e quando bisogna avanzare ,è una buona metafora della vita .
Forgiare il metallo è l'arte di combinare la trazione della barra, così da appuntirla - come deve essere lo sguardo, acuminato, per affrontare le cose del mondo- la piegatura ,che serve, perché in essa non sempre c'è resa, ma qualche volta ,evoluzione , la compressione, che è ridurre il metallo alla giusta compattezza - vuol dire imparare a subire per fortificarsi ,accettare le domande senza temere le risposte, concepire le vittorie anche attraverso le sconfitte.Poi viene la punzonatura ,che corrisponde a lasciare un segno ,una depressione ,un foro - sono gli errori che si fanno a lasciare un marchio, ma non si tratta di ferite, no, sono segni di forza, decorazioni, incisioni di ciò che si è superato.
Questo romanzo è una storia di silenzi
perché c'è una porzione di verità (e di dolore) nelle storie, che non ha parole per esprimersi.
È la storia di una famiglia , con colpi di luce e ombra , fatta di amore ,dedizione , felicità senza ostentazione ,rimpianti , enormi dolori sommessi .
Mi ha colpito molto la scrittura di Fois ,essenziale ,selvatica ,di una poesia ruvida.

E la fine non è una fine .

*****
Profile Image for Malacorda.
598 reviews289 followers
March 2, 2019
"E' una storia inventata, ma anche vera. Appena posso la ricomincio da capo."

E' un bel libro anche preso singolarmente, ora ovviamente mi resta da scoprire il resto della trilogia. E' misterioso e poetico, di una poesia robusta e concreta. Dicendo che si tratta di una saga familiare mi sembra di aver detto tutto e niente; è uno di quei racconti che ti portano a chiederti: quanto dura la vita di una persona? Dura lo spazio di un secondo o dura piuttosto un'eternità?

Ambientato a Nuoro, mi ha riportato immediatamente alle atmosfere di Paese d'ombre di Dessì, ma anche di tutte le altre belle saghe familiari che ho letto: dai Buendìa agli Scacerni, e ci sono anche molti punti in comune con Il dolore perfetto di Riccarelli. Raccontare la storia di una famiglia è da sempre il modo migliore di raccontare un'avventura che in un solo sguardo abbraccia le persone, i sentimenti, i luoghi, la quotidianità e la Storia fatta dei grandi eventi. Anche in questo libro come negli altri citati, si racconta del dolore e del senso di impotenza di fronte alla storia, al destino e alla tragedia.

C'è la storia di una stirpe, la famiglia Chironi, che in realtà stirpe non è in quanto i due capostipiti Mercede e Michele Angelo sono entrambi trovatelli, i cui cognomi sono stati loro attribuiti in modo fittizio. E dunque non si narra solo la loro storia e della loro discendenza, ma anche le storie che all'interno della famiglia si inventeranno per creare, per immaginare gli avi di cui in realtà non si sa nulla. C'è un racconto, e c'è il racconto nel racconto: se Baricco ci ha insegnato che non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia da raccontare, qui si fa un passo avanti perché se uno non ha la storia da raccontare, se la va a trovare. I temi del raccontare e del ricordare insieme sono presenti lungo tutto il libro.

"…e Giuseppe ascoltava quella storia lontana con la tranquilla contezza di chi sa che ripercorrere un percorso a ritroso non incide sul futuro se non in termini di coscienza di sé. Dal basso della sua condizione analfabeta sapeva qualcosa che non si può insegnare: non importava quanto fosse vero o falso quel racconto, importava raccontare."

Fois stesso trova parole per descrivere il lavoro da lui compiuto: "Ma come si racconta questa storia di silenzi? Voi lo sapete, tutti lo sanno che le storie si raccontano solo perché da qualche parte sono accadute. Basta afferrare il tono giusto, dare alla voce quel calore interno di impasto che lievita, sereno in superficie, turbolento in sostanza."

La narrazione, che copre il periodo dal 1900 fino al 1943, è frammentata e cronologicamente disordinata: restituisce un dipinto cubista, ma a fare da collante tra la storia dei Chironi, la Storia che tutto travolge e la piccola quotidianità del secolo scorso - il Dio delle piccole cose -, c'è una poesia di questo calibro: "E' un pomeriggio di agosto avanzato, di quelli compatti che sanno di lenzuola fresche profumate con mele cotogne." oppure: "E c'era il piano scabro della nostra vita insieme, come un tavolaccio rustico dove le malie del passato potessero trovare un ordine."

Notevole infine la parte di racconto relativa alle testimonianze dalla prima guerra mondiale: non ha nulla da invidiare al conterraneo Lussu.
Profile Image for Dagio_maya .
1,107 reviews352 followers
October 21, 2018
“Non siamo nient’altro che il prodotto di una mistura tra qualcosa già fatto e qualcosa da farsi.”


Mi è piaciuta molto questa storia che partendo dalla fine dell’ottocento e arrivando al 1943 ci racconta la vita della famiglia Chironi.
Primo di una saga a cui seguono “Nel tempo di mezzo” e “Luce perfetta”.

Una struttura in cantiche che mischia i passaggi danteschi partendo dal Paradiso, passando per l’Inferno e concludendo con il Purgatorio riflettendo così gli alti e bassi dell’epopea famigliare.

Tutto parte con l’incontro fulminante tra il diciannovenne Michele Angelo Chironi e la sedicenne Mercede Lai.
E’ il 1899 e siamo a Nuoro: ancora paese ma dove ” comincia a ribollire l’ormone della modernità che ventila ipotesi di città, perlomeno di cittadina”

Comincia così un racconto di nascite, di morti, di sorrisi e di lacrime.
Una famiglia che si allarga e si restringe come i mantici di una fisarmonica mentre la Storia prosegue a gran passi e attraversa ben due Guerre Mondiali.

Si alternano registri di prosa così e di poesia così come la storia di questa stirpe non s’incrocia solo con i reali eventi storici ma anche con un racconto che risale alle origini di questa famiglia e a quell’emissario della corte spagnola di nome Quiron…

Un romanzo che appassiona.
Una scrittura che mi ha colto di sorpresa.

Credo che le scrittrici e gli scrittori sardi abbiano la peculiarità di parlare della propria terra con un sentimento che non ha eguali.
Sembra quasi una necessità che, però, è assolutamente liberata da primitivi ed ingenui campanilismi.
Troviamo così delle opere che traducono questo amore perfettamente.

Riflettevo sul fatto che in quest’opera di Fois a questo sentimento ben espresso si aggiunge un valore non trascurabile, ossia quello di rendere le vicende, di una famiglia sarda tra le tante, episodi che si divincolano dalla circostanza e assumono le sfumature di ciò che è universale.



” In cucina, nonostante la penombra, vede il chiarore del piano di marmo del tavolo e del foglio di giornale in cui si annuncia che l’Italia è entrata ufficialmente nel conflitto che tutti chiamano mondiale.
Mondiale voleva dire che tutto il mondo, quindi anche tutti i sardi che abitavano oltre le montagne e persino oltre il mare, sarebbero stati chiamati a combattere. Qualcuno se li ricordava ancora i reduci garibaldini o quelli di Crimea, senza una mano, senza un occhio, e mica si trattava di guerre mondiali, figuriamoci. A quella donna la parola «mondiale» sembra enormemente peggiore, peggiore della parola «guerra». Che le donne, a guerreggiare con se stesse, con gli stenti, con i mariti ubriaconi, con i figli da sistemare, ci sono abituate da sempre. Ma il mondo, Dio santo, il mondo è un’altra cosa.”



Una scoperta

--Su filandeu
https://www.youtube.com/watch?v=RCWfA...

Profile Image for Gauss74.
464 reviews93 followers
November 25, 2019
Ritorno con questo "Stirpe" ai primissimi tempi delle mie letture più consapevoli, quando complice un'esperienza sentimentale finita male mi ero trovato con troppo tempo libero ed ancor più voglia di leggere. In quei mesi frequentavo spesso la libreria del quartiere (oggi, mea maxima culpa, anche io mi rivolgo spesso all'online) ed in una di quelle visite mi era capitata fra le mani l'edizione supercoralli di "Nel tempo di mezzo" di Marcello Fois. Sapevo che pur essendo il secondo capitolo di una trilogia si poteva leggere anche come un romanzo singolo, e decisi di affrontarlo. Pur con qualche spunto interessante, non mi entusiasmò, e Marcello Fois si ridusse per il momento ad occupare un pezzo dello scaffale (importante) della mia libreria. Ho avuto poi modo di conoscere personalmente Marcello come persona squisitissima ed estremamente profonda. Questo, insieme all'uscita in versione audiolibro, mi ha portato a leggere molti anni dopo il primo volume della trilogia dei Chironi, che è appunto questo "Stirpe".

Che come molto spesso accade quando si parla di opere che danno l'avvio a sequel, è un assoluto capolavoro. Nel narrare l'ascesa e le disavventure di una famiglia artigiana della Barbagia (quella dei Chironi appunto), lo scrittore nuorese ha saputo raggiungere un raro equilibrio. Tra parte narrata e parte informativa, tra la piccola storia delle singole famiglie di questa terra lontana e tormentata e la grande storia che dall'unità d' Italia alla seconda guerra mondiale è passata anche di quì. Sono genti non abbastanza povere perchè ci si dimentichi di loro, e non abbastanza ricche per poterselo comprare, questo agognato oblìo.
Emerge, in maniera così vivida da essere quasi sensoriale, la Sardegna. Quella selvatica, aliena, primitiva, lontana. Una terra fatta tutta di sensazioni forti. Sopratutto di odori. L'odore di pelle di capra, delle erbe, del pane Carasau appena sfornato. L'odore di selvatico dei cani quasi sempre maremmani, che dividono la loro vita tra una servitù dolorosa ed una vecchiaia da randagio (un saluto all'indimenticabile Murazzanu). L'odore di incenso delle sacrestie, dei veli neri che coprono la fronte delle donne di ogni età, la cui vita viene scandita da preghiere che sono quasi riti pagani.
Niente a che vedere con la sardegna di plastica della costa Smeralda e dei film di Jerry calà e di Cristian De Sica, gli venisse una diarrea persistente.

Questa Sardegna viene calcata da uomini e donne che devono affrontare un tempo troppo più grande di loro, e questa isola così lontana e taciturna sembra non trovare le parole per raccontare il secolo breve che non si è dimenticato di loro. E sembra ad un certo punto chiedere aiuto della sua sorella più grande e terribile, la sicilia. E la Sicilia arriva, sottoforma di rimandi e citazioni letterarie evidentissimi e riusciti. Arriva padron 'Ntoni Malavoglia, fiaccato dal lavoro e del pianto dei suoi figli a specchiarsi con Michele Angelo Chironi, che vittima dello stesso pianto degli stessi figli morti nella stessa guerra arriverà a maledire lo stesso Dio lontano. Ho visto il sorriso storto di 'Ntoni Malavoglia, trasferitosi a Napoli e perduto nel vizio, di fronte alla fine di Gavino Chironi, partito dal paese verso l' Inghilterra per poter convivere con la sua identità di omosessuale, e perduto anche lui. E Luca Malavoglia davanti a Luigi Ippolito Chironi, caduti in guerre lontane ed inutili, sedotti e rapiti da patriottismi beceri che questi popoli non hanno mai saputo capire. Ma i pescatori di Aci Trezza, che rispecchiano ed amplificano le sofferenze dei fabbri di Nuoro, non sono i soli siciliani che vengono a dare la parole alla Sardegna che si apre.
Davanti alla retorica patrottarda, alla sanguinosa sovrastruttura fascista che celebra un progresso senza fondamenta imposto dall'alto con la violenza, si fermano gli occhi di fuoco di Don Fabrizio Corbera principe di Salina (citato esplicitamente) che con un sorriso sarcastico contempla come i fascisti a suon di manganellate cambiano tutto affinchè nulla cambi.

La prima guerra mondiale. L'inganno patriottardo che ciascuno di noi ha dovuto ingoiare alle scuole elementari, è già stato svelato da un'altro sardo: da Emilio Lussu, nel suo "un anno sull' altipiano". Fois racconta la stessa storia con la delirante voce dei reduci distrutti nell'anima, ma da un punto di vista diverso. L'atto d'accusa è lo stesso, ma non parte dalle trincee. Viene dalle campagne pietrose della Barbagia, attraverso il pianto di chi non vede tornare i propri figli partiti in nome di un ideale menzognero e che non si capisce, attraverso la follia di chi è sopravvissuto solo con il corpo, ma in realtà "non è nè vivo nè morto. E' sia vivo che morto".

L'omosessualità: tema pesantissimo affrontato di sfuggita ma non per caso. Perchè una terra lontana da tutto per forza di cose diventa una terra arcaica, che genera dilaniamento tra adeguamento forzoso a inviolabili regole millenarie ed aspirazione a vivere la propria identità. Gavino Chironi ricorda molto da vicino per la sofferenza, il disprezzo di sè, la progressiva perversione, la relazione sentimentale (anche con la madre) che diventa tormento, il grandissimo dottor Fadigati degli occhiali d'oro di Giorgio Bassani. "Adesso vediamo, mammina, se riuscirai ancora ad amarmi!" sono frasi che lasciano il segno e che ci interrogano se tutto quel tormento discende davvero da un percorso intrinsecamente peccaminoso o se non piuttosto, dalla dannazione di non poter essere se stessi in mezzo agli altri.

E' la prima volta che affronto un romanzo in audiolettura in cui uno scrittore legge se stesso. L'esperienza è importante, anche perchè il libro lo merita. Marcello Fois legge Marcello Fois, marcando e dando energia esattamente dove serve che ci sia, restituendo spessore e vita anche e soprattutto con l'accento. Lo ho già scritto, lo ribadisco. Quando un romanzo si ambienta in terre culturalmente così definite, secondo me gli audiolibri sono meglio, soprattutto se letti con la dizione delle terre che sono rappresentate.

Un grande libro, ne vale davvero la pena. Sono davvero contento di aver incontrato nuovamente il mitico Murazzanu sulla mia strada, il capostipite di tantissimi cani letterari delle mie letture successive.
Profile Image for Noce.
208 reviews363 followers
June 4, 2014
Marcello Fois è mio padre

[Prologo per pararmi il culo]: Senti Nuoro, hai ragione, scusami. Mi rendo conto, e confesso di essere una campanilista da strapazzo. Non vado mai in giro a curiosare tra i tuoi viottoli, non scopro angoli nascosti che evocano tempi andati, non magnifico le tue glorie, non ricordo le tue tante chiese, e quando voglio fare foto, esco da te. Un po’ però hai colpa anche tu. Sei diventata più grande e più grigia. Nella storia ti sei adagiata sugli allori dell’essere Provincia (*barrosa!) e non hai più mosso un dito per salvaguardare ciò che di buono avevi. Fortuna che esiste un Fois a rinfrescarci la memoria. Fortuna che c’è mio padre. Fortuna che esiste la memoria.

[Diamoci un contegno]: Ammetto di non saper parlare di questo libro, di sicuro so che il suo destino nello mio sgabuzzino mentale – disordinatissimo per carità, ma che vi frega, chi ci fruga dentro son solo io- è legato a due impressioni. La prima è che pare la versione ingentilita de Il giorno del Giudizio di Satta con il lessico ricco, poetico e famigliare della Morante ne L’isola di Arturo. La seconda, che più che un’impressione è una modificazione del mio stato d’animo, è che fa uscire la sarda che c’è in me. Perché questo grande paesone di oggi, un tempo, che non ricordo né io né voi, è stato un piccolo crocevia di anime, e se io fossi stata Borges, ah allora sì che avrei saputo come descrivere la Nuoro di cui si parla – dove austere casette s’avventurano appena/ offuscate da lontananze immortali/ a disperdersi nella fonda visione/ fatta di gran pianura e maggior cielo/ Tutte codeste, sono per il bramoso d’anime/ un pegno di ventura/ giacché al riparo loro/ tante esistenze s’affratellano/ sconfessando la prigionia delle case/ e fra esse con eroica volontà d’inganno/ procede la nostra speranza. – che per Borges poi, era la descrizione de las calles di Buenos Aires (capito? Buenos Aires, non Nuoro!), come a dire che tutte le città un tempo son state Rio Bo, e come a dire che tutti gli uomini sperano; per Fois, il cui racconto sfrondato dai nomi fittizi, potrebbe essere un aneddoto dei tanti che ripete mio padre, come fossero mantra, forse per ricordarsi chi è stato e da dove viene, la speranza è quella di lasciare un segno, un’aspettativa universalmente umana, come si intuisce dalle parole di Borges, che ripeto, parlava di Buenos Aires, non del puntino che diede i natali alla Deledda. Così, se proprio dovessi sforzarmi di farvi capire, io che non sono Borges, né la Deledda, né mio padre, potrei dire che in questo libro si corre tra due strade parallele, una in cui arranca faticosamente il desiderio di creare “vestigia”, intese proprio come impronta, il voler forgiare la propria esistenza sapendo che qualcuno si ricorderà di cosa è stato e chi è stato, e una in cui procede spedito, il resoconto storico di una città antica, che sapeva di lentischio, mandorle e ginestra. Io e voi lettori, siamo lo spartitraffico in mezzo a queste due vie: voltandoci verso l’una, percorriamo le vicende sui cui si accanisce beffardo il destino di coloro che sperano, con lo stesso sguardo paterno del cielo di Pascoli – ricordate? ..E tu, Cielo/ dall'alto dei mondi sereni/infinito, immortale/ oh! d'un pianto di stelle lo inondi/ quest'atomo opaco del Male! – e osservando dall’altra, ci crogioliamo dentro la salubre scia di storie che non dovrebbero essere dimenticate. Due vie, due mondi, due realtà parallele, che possiamo far incontrare solo noi, puntando lo sguardo ben fisso verso l’orizzonte, orizzonte che questa volta sì, è sia il mio, sia il vostro, che quello del Borges di quasi un secolo fa.

*Barroso = termine sardo il cui significato è "arrogantemente vanitoso"
Profile Image for Tittirossa.
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April 14, 2019
L’ambizione di scrivere un grande romanzo c’è. La tecnica pure, e la capacità di tenere una trama di buon livello. Quello che manca è l’arte, il soffio degli della scrittura, quello che pulisce la polvere, lava via il fango e rende lustro e perfetto quel che si scrive. Anche se è aspro, o maligno, o rozzo.
“Gavino …. fa nevicare pane sbriciolato sulla superficie membranosa del latte” è solo un esempio di lettura troppo leccata e arzigogolata, troppo pensata, estenuata nella ricerca del bello scrivere, che affatica piuttosto che catturare ( “Nella luce secca di gennaio tutto appare fragile. Quasi una glaciazione dello sguardo” . Bello, eh, ma cosa vuol dire? Ha uno sguardo freddo, uno sguardo che congela, che si è congelato? O che quello che si guarda è gelato? E no, non ci sono tutti questi sottotesti, tutte queste possibilità di interpretazione. E’ messa lì così, tipo soprammobile).
Eppure la narrazione del mare, dei briganti, della guerra, hanno tutto un altro passo. Epico, mentre quello famigliare è schiacciato (e forse con un romanzo che si chiama Stirpe l’idea era proprio il contrario). E’ nel piccolo, nel quotidiano che la scrittura si ingarbuglia, la mano si impunta. E’ in quel volerci mettere di tutto (come se un libro per essere una saga che narra di una stirpe dovesse contenere tutte le caratteristiche dell’Umanità): dall’omosessualità al fascismo, al fascino della forgiatura delle donne vestali del focolare , dal Fato al Destino – qui veramente cinico e baro che i Chironi espiano colpe di 400 anni passati e 400 in divenire!
Capisco che sia funzionale alla narrazione, ma si oscilla tra una verghiana mancanza di empatia (con chi ci si potrà mai identificare?) e un’eco di sperimentalismi linguistici irrisolti.

(Dubbio etnografico: perché specifica sempre pane carasau?)

Profile Image for Arwen56.
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July 15, 2016
Romanzo originale, equilibrato e, soprattutto, “testardo”. Non si arrende mai l’autore, che riprende a distanza passaggi in precedenza appena accennati per restituirceli più pieni e vigorosi. Non si arrendono mai i personaggi, che elaborano i lutti a modo loro e architettano una nuova strategia per sopravvivere. Non si arrende mai il destino, che infine tira fuori anche lui il suo asso nella manica, sotto forma di documento notarile, affinché non vada persa la ragione di quel primo sguardo tra Michele Angelo Chironi e Mercede Lai, lui che dall'alto, percepisce come uno sprofondo e lei che dal basso, percepisce una vertigine.

Una prosa suggestiva e vivida, che ravviva il piacere della lettura e rinnova gli intimi vincoli che da sempre legano scrittori e lettori.
Profile Image for Roberta.
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August 23, 2017
Romanzo bellissimo, che a tratti mi ha ricordato L'arte della gioia di Goliarda Sapienza, ma più che altro per l'intreccio di storia personale e storia nazionale, dato che sia la lingua che le tematiche che la storia sono decisamente diverse.
E' un romanzo di disgrazie e di contraddizioni. Le disgrazie che affliggono la famiglia Chironi, e la contraddizione tra un volere fortissimo di riprodursi, creare una stirpe, appunto, lasciare qualcuno dopo di sé, creare qualcosa da lasciare ai propri antenati, e l'ironia delle radici dei due capostipiti di questa famiglia, entrambi trovatelli e quindi in realtà proprio privi di radici; la contraddizione tra una discendenza fatta risalire addirittura ad un favoloso spagnolo, De Quiron, e la realtà, ovvero che il capostipite della famiglia ha preso il suo cognome (Chironi) dall'orfanotrofio in cui è stato cresciuto; la contraddizione tra una famiglia in costante crescita economica e il basso profilo che i Chironi cercano di mantenere per non attirare le ire degli dei (senza successo, peraltro, visto che le disgrazie li affliggono in quantità davvero esagerata).

Che dire? Non vedo l'ora di leggere il seguito...
Profile Image for charta.
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March 5, 2013
Scrittura cubista e fortemente allegorica. La segmentazione in frasi concise non aiuta. Perlomeno non ha aiutato me, sommersa da un fiume in piena di immagini nitidissime, spesso abbaglianti nei colori, nei contrasti e nelle giustapposizioni.
Controcanto di una storia, sia con maiuscola che con minuscola, spiraliformi. Non il gorgo vischioso e denso di "Cent'anni di solitudine", giammai: c'è una epifania, sontuosa e al contempo asciutta, soprattutto inaspettata, senza dubbio avvincente, in cui non si riscattano ma assumono senso e significato le prove, l'attesa, gli annullamenti.
Geometria euclidea sotto forma di immagini.
Fois dispiega una grande sapienza, usa con abilità e amorevole cura il flashback, narra della sua terra, disvela l'etimologia antropologica della Barbagia, racconta l'Italia postunitaria, della Grande Guerra e del secondo conflitto mondiale.
Parla di nuoresi descrivendo l'orrore della Gorizia strappata agli Asburgo, dell'ecatombe di Caporetto, della Spagna signora dell'Isola Bella.
L'idioma ufficiale talvolta scivola nell'asprezza e nell'apparente incomprensibilità della lingua locale, pura nel suo ferroso legame col latino repubblicano.
Si avverte - preziosa la lettura del libriccino "In Sardegna non c'è il mare" - lo sdegno per l'avvento di una modernità scimmiottata, falsa perché fondata sul nulla che l'adesione bovina al nuovo cagiona, resa, però, con la sensibilità dell'artista.
Mai i toni sono apocalittici come in altra letteratura "locale", mai paesaggistici, eppure questo popolo, qui soprattutto montanaro e concluso, è presente sempre, ad ogni istante: seduce, avvince, suscita profondo rispetto.
Dopo pagine e pagine di freddo e di asperità si intravede prima, dirompe poi, anche il mare. Cagliari, naturalmente. Non derisa o disprezzata in uno sterile gioco di campanilismi bensì sotto il giusto cono di luce e d'ombra.
Libro potente e vibrato, dove, secondo un modus tipico dell'Autore, dal micro si enuclea il macro, e il nord esiste perché c'è sempre un sud , facce della medesima medaglia.
Profile Image for Aida Lopez.
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June 14, 2018
Empiezo la llamada trilogía de los Chironi con "Estirpe de Marcello Fois .

l
📌Continúa con "El tiempo de en medio y finaliza con "Luz perfecta"

📚Si lo empezáis ...estáis “perdidos “la historia y sus personajes te atrapan.Algo difícil de conseguir teniendo en cuenta que es un libro de grandes tragedias y grandes dolores .

📚Es la historia de una humilde familia de herreros que va progresando con el auge de La burguesía en la Cerdeña de finales del siglo XIX.

🖇Un cóctel de la vida cotidiana con los despropósitos de un destino .Toca temas como la guerra ,el fascismo ...y sus consecuencias ⭐️Diferente ,me cautivo la riqueza de su lenguaje y la calidad de la pluma .Una historia poco convencional y ...aviso muuuuy dramón 😜Sin duda recomendable,la vais a disfrutar.

📌”El amor dura únicamente un momento de perfección,el resto sólo es evocación,pero ese momento puede ser suficiente para darle sentido a más de una vida”.
Profile Image for LaCitty.
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May 31, 2018
Primo incontro con Fois di cui avevo sempre sentito parlare bene. Confermo l'opinione positiva.
Stirpe racconta la storia della famiglia Chironi dai primi anni del '900 fino al 1943. È un romanzo in cui le vicende quotidiane si intrecciano con quelle della Storia (con la S maiuscola): le due guerre mondiali, l'avvento del fascismo, ecc. La scrittura ha improvvise accelerazioni in avanti per poi tornare indietro e ricostruire come una ragnatela i fatti che hanno portato ad un certo evento e il lettore 'frigge' di curiosità e aspettative. Bello. 
Profile Image for Dafne.
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May 14, 2023
La storia della famiglia Chironi inizia a Nuoro negli ultimi decenni del 1800. Questa famiglia è nata dall'incontro e dall'amore di due cosiddetti “figli di nessuno”, Michele Angelo Chironi e Mercede Lai, entrambi orfani ed entrambi adottati. Quando si incontrano per la prima volta in chiesa, lui per fare dei lavori in quanto giovane fabbro, lei perché in quel momento si trova là per pregare, sono ancora due adolescenti. Il loro incontro è un vero e proprio colpo di fulmine e pochi mesi dopo i due giovani si sposano. Dal loro amore nascono numerosi figli ma solo alcuni di loro riescono a diventare adulti. Questa stirpe sembra essere nata sotto una cattiva stella, infatti come si vedrà, è una famiglia sfortunata e disgraziata sotto ogni profilo. I due genitori, forse perché abbandonati e rifiutati da piccoli, hanno l'ossessione del protrarsi della propria stirpe per non essere dimenticati e per dimostrare in qualche modo che anche due “figli di nessuno” riescono a farcela e a prosperare anche economicamente.

Il libro è diviso in tre parti che richiamano le cantiche dantesche (Paradiso – Inferno – Purgatorio) e racconta le vicissitudini dei Chironi in un arco di tempo che va dal 1889 al 1943.
Il romanzo offre un'immagine interessante di un periodo storico molto importante per l'isola. È un periodo foriero di cambiamenti, la modernità inizia ad arrivare anche nella dura terra sarda, e qui precisamente si assiste al cambiamento di Nuoro, che da grande paese diviene una cittadina più grande e importante. É proprio a Nuoro che si svolge la vita della famiglia Chironi, una famiglia veramente ma veramente sfigata, su cui l'autore sembra accanirsi (anche in maniera sadica e a titolo gratuito ho pensato ad un certo punto). Nella famiglia Chironi la parola felicità è bandita. A questa famiglia capita di tutto: omicidi efferati, tentati rapimenti, agguati, sindrome da stress post traumatico, sparizioni nel nulla, incendi, affondamenti navali e chi più ne più ne metta.
Stirpe è il primo libro che leggo di quest'autore e devo dire che è stata abbastanza dura riuscire a capire e farmi coinvolgere dal suo stile. Devo ammettere che Stirpe è stato un libro che mi ha suscitato parecchie perplessità durante tutta la lettura; ho fatto davvero fatica ad entrare nella storia e a farmi trasportare da quello che leggevo.
Alcune parti le ho trovate belle e ragguardevoli ma altre decisamente no; alcune le ho trovate confuse tanto che, molte volte, ho dovuto rileggere interi passaggi. I personaggi sono interessanti e ben descritti ma nessuno di loro è scritto in maniera così approfondita e coinvolgente da riuscire ad emergere dalla pagina e catturarmi.
La scrittura, secondo il mio modesto parere, è eccessiva e frammentata, procede a scatti. Lo stile dell'autore l'ho trovato prolisso, ridondante e altisonante, a tratti veramente irritante per i miei gusti. La narrazione procede con continui avanti e indietro, cioè l'autore anticipa un evento che però ci verrà narrato più tardi (e questa è una cosa che odio); un romanzo pieno di artificiose frasi ad effetto e di metafore, molto spesso incomprensibili o inutili, o di digressioni molte volte inutili su questioni che non riguardano il filo del racconto; messe lì giusto per rendere più difficile la comprensione del testo.
Un'altra cosa che non mi è decisamente piaciuta è il continuo uso delle parole in sardo (nonostante io le capisca anche se sono scritte in una variante del dialetto diverso dal mio), buttate nel bel mezzo della narrazione senza che siano scritte in un altro carattere per evidenziarle e che in fondo alla pagina ci sia la loro traduzione in modo che anche i lettori non sardi possano capirle.
A questo punto non so se procederò a leggere il secondo libro della saga, anche se sono curiosa di sapere come procede, perché incappare nuovamente in questo tipo di stile mi fa decisamente desistere.

Quanto serva il dolore lo sa solo chi vigliaccamente, con prepotenza, ha cercato di sfuggirlo.
Profile Image for Outis.
392 reviews68 followers
April 25, 2020
3,5/5
Avevo sempre sentito parlare bene di questo libro. Non posso che confermare i giudizi positivi, anche se c'è stato un elemento che mi ha disturbato parecchio. Ma parto con le cose positive.
Nonostante l'idea di saga familiare ambientata nella prima metà del Novecento sia un tantino abusata, Fois riesce a gestirla in modo originale, strutturandola in Paradiso-Inferno-Purgatorio, evitando i cliché più frequenti e riuscendo a descrivere bene la partecipazione, seppur periferica e defilata, di Nuoro alle vicende dell'Italia.
Ciò che mi ha colpito di più in positivo è però la presenza di alcune scene riuscitissime, momenti in cui la scrittura non soffoca eventi e personaggi, al contrario, li valorizza.
Avendo quindi prova di quello che Fois può fare se non esagera, mi fa arrabbiare ancora di più il modo in cui scrive altre volte: frasi ad effetto il cui senso è difficilmente comprensibile, troppo arzigogolate; una scrittura eccessiva e pesante, lontana dai miei gusti. In particolare, i capitoletti in corsivo erano incomprensibili. Peccato, perché se l'autore non avesse cercato così tanto di strafare, secondo me, il risultato sarebbe stato nettamente migliore.
Profile Image for Baba.
89 reviews30 followers
June 5, 2018
Esiste il libro ideale da proporre ai partecipanti di un gruppo di lettura?
Se il gruppo accarezza il libro del mese sospirando, inevitabilmente la discussione sarà fiacca (troppi riscontri positivi); in compenso, l’ego di chi ha proposto il titolo crescerà a dismisura. Non a caso, la scorsa settimana sono uscita dalla biblioteca saltellando. Marcello Fois, con la sua scrittura evocativa, che sa d’altri tempi, ha conquistato tutti
Entri in un mondo arcaico e, una pagina dopo l’altra, vedi l’antica Nur, campagna e roccia in cui gli uomini avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie, assumere lo status di città: Nuoro. La vecchia Via Majore diventa corso Garibaldi, l’Ufficio delle Finanze spazza via la vigna, il rigore della Nuoro, provincia del Littorio, sostituisce l’autorità dei briganti locali. La Storia del Continente s’intreccia con le storie delle moltitudini di questo fazzoletto di terra, che lottano per non finire nell’anonimato.
Una storia in cui la famiglia dei Chironi si ostina a metter radici. Orfano e dischente di fabbro lui, Michele Angelo Chironi, frutto non riconosciuto del peccato di una notte lei, Mercede; entrambi venuti dal Nulla combattono testardamente per non ricadere nel Nulla.
Sarà un’esistenza di figli amati e talvolta non capiti, di figli uccisi barbaramente, di figli che non hanno mai visto la luce; una storia di solitudine, di silenzi, di sguardi seri, di occhi bassi, di lunghe ore di lavoro per forgiare il metallo. Sacrificio, dedizione, impegno: le commesse aumentano, la bottega del fabbro diventa un’officina importante, aumentano i denari e le disgrazie. Perché il Fabbro, Michele Angelo Chironi, sa bene che ci vuole un attimo a contravvenire alla regola del pelo dell’acqua in cui deve galleggiare la nostra esistenza.
"Mai sotto la superficie, mai sopra, sempre solo galleggiare… Sul filo, contro l’invidia, contro la commiserazione. Su, troppo in alto, c’è la bestia verde e livida, che mangia male e non digerisce. Giù, sottotraccia, c’è il buffone ridanciano vestito in gramaglie, che con una mano ti accarezza e con l’altra ti pugnala. [...] quello che hai, quello che ostenti, è una precisa sottrazione che tu fai a me. Noi siamo pari dunque: è questo il pelo dell’acqua, il resto è contravvenire. Se tu non sei pari, vuol dire che io sarò di volta in volta superiore o inferiore, invidiato o commiserato; se io non sono pari, costringerò te a venire su con me o ad affondare. Si cammina come sulle braci ardenti, si deve procedere leggerissimi per non bruciarsi, per non far rumore, per non farsi notare."

In Stirpe troviamo sa Gherra, la Prima, “quella vera”, i fascisti, l’omosessualità, il tradimento degli ideali politici, la paura, la follia. Se a questo romanzo dobbiamo proprio trovare un difetto è che ci sono così tante cose, perfettamente incastrate in 250 pagine, da lasciare il lettore esausto. Fois non concede un momento di tregua neppure ai morti che, puntualmente, tornano nelle notti insonni dei loro cari per raccontare la propria versione dei fatti. Di ogni episodio ascoltiamo le chiacchiere del paese e la verità di chi ha vissuto quella vicenda in prima persona.
E se è vero che conversando in biblioteca ci siamo soffermati prevalentemente sui momenti di maggiore sofferenza che caratterizzano il romanzo, è altrettanto vero che nessuno di noi ha chiuso il libro con il cuore pesante. Perché di questa storia tutti abbiamo percepito anche le risate non raccontate.

"Eppure non si ha idea di quanti momenti felici si siano vissuti in quella casa, e non si ha idea di quanta disperazione sia stata risparmiata alla sua famiglia in questa stagione terribile. E quante risate, certo. È possibile che nei racconti le risate siano meno interessanti dei pianti, perché a noi ci piace la passione che si annida dentro alle sventure, ma risate ce ne sono state, e quante. Sarebbe uno sgarbo a Dio dire che dentro alla casa del maestro del ferro non è entrata mai la felicità".

Bello davvero.
Profile Image for Barbaraw - su anobii aussi.
247 reviews34 followers
February 1, 2018
Racconto fondante, primordiale e mitico, come quello dei personaggi biblici la cui vita è un disegno che si rivela strada vivendo: Adamo, Caino, Giuseppe, uomini fondatori di un popolo, di una stirpe, di una sorgente di sofferenze e resurrezioni. L’uomo di questa storia si chiama Michele Angelo ed è il patriarca di una famiglia che non può e non deve avere seguito: l’accanimento delle tragedie, assassini, incidenti, guerre, sofferenze, sparizioni su questa famiglia Chironi è pari alle tribolazioni di Giobbe. L’unica cosa che il padre non perderà è il suo lavoro: maestro fabbro, grande artigiano che piega il ferro, lo doma, lo assume a modello di vita; il ferro resistente e malleabile.
Così l’ho letto, come un mito che nasce nell’ineluttabilità dell’amore tra Michele Angelo – l’orfano adottato, il figlio senza padre a sua volta padre di tanti figli che non diventano padri - e Mercede, donna di miele e amarezza; questi due si amano senza nessun fronzolo, più come se fosse una legge di fisica che un sentimento. La loro forza è messa alla prova, continuamente, attraverso le sofferenze vissute dai propri figli - i più fortunati di loro saranno semplicemente nati-morti .
Una storia dura, da eroi tragici, mai mitigata dalla presenza dell’umile quotidiano di isolani che si guadagnano la vita come possono. Anzi, la tragedia forse risalta di fronte al silenzioso preparare pasti, cucire ricami delle donne, battere il ferro o trasportare sacchi degli uomini. Una storia parabolica, come quelle che ci racconta Saramago, che lascia il lettore sgomento, senza un attimo di respiro, e colmo di domande, che non si poneva prima della lettura.
Profile Image for Annie .
196 reviews43 followers
December 9, 2015
Questo primo romanzo di Fois mi ha catturato fin dalle prime righe, soprattutto per la sua scrittura diretta e coinvolgente, che mi ha fatto viaggiare nello spazio- un paese della Sardegna- e nel tempo : dal primo Novecento alla seconda guerra mondiale. Una scrittura che ti fa entrare nella storia raccontata ed identificarti nei personaggi, vittime ed eroi, consapevoli che il destino si abbatte quando meno te l'aspetti e quindi non si deve sfidare , ostentando la felicità.Nono stante la coppia protagonista, Michele Angelo e Mercede, cerchino di tenere un profilo basso e di non sfidare la malasorte, saranno colpiti duramente nel corso degli anni, fino a pensare-leggendo- che non ci sia per loro un momento alfine di serenità.Le tribolazioni della stirpe dei Chironi, quindi, su cui il fato si abbatte più volte e sempre duramente, ci fa pensare un po', durante la lettura, alla sorte di quei Malavoglia di verghiana memoria.Un romanzo che commuove, colpisce, emoziona, ma soprattutto insegna.Mi ha colpito molto, a questo proposito, Michele Angelo, fabbro, che prende spunto dalle varie fasi di lavorazione : forgiatura, compressione, punzonatura, per descrivere la gamma dei sentimenti umani.
Profile Image for Jordi Sellarès.
313 reviews29 followers
February 23, 2017
Cinc estrelles, sense dubtar-ho.

Quina meravella de llibre, que ben escrit i que dolorós.

Llegiu-ne la ressenya sencera en el següent enllaç;

http://especulacionsapeudepagina.blog...

Quina forma més elegant i encertada de fer servir els salts en el temps i quina quantitat de sentiments que desprenen els personatges malgrat les poques paraules que diuen.

El podríem qualificar com a una constel·lació familiar de la tragèdia i la desgràcia, de com el destí s'encaparra a voler anihilar el llegat dels Chirone, de les formes més diverses i cruels imaginables. Si us va agradar Memòria del buit, aquest encara us arribarà més endins.
Profile Image for Blackjessamine.
426 reviews72 followers
August 11, 2021
Lo ripeto spesso, ma è una verità con cui non sono ancora venuta a patti: leggere, nell'ultimo paio di anni, mi viene sempre più difficile. Faccio tanta, tanta fatica a concentrarmi a lungo, non ho più il tempo di immergermi totalmente e per ore in una storia, e anche quando questo tempo lo trovo, non riesco mai a lasciarmi andare del tutto: c'è stato un tempo in cui un libro era capace di cancellare qualsiasi altra cosa, forse anche me stessa. Poi è arrivato il periodo della consapevolezza: gli anni dell'università sono stati anche gli anni delle letture migliori, quelle fatte con la testa completamente attiva e la capacità di analizzare in maniera critica e (più o meno) sensata l'opera letta.
E poi si è rotto qualcosa.
Adesso leggo, e spesso perdo interesse a una cinquantina di pagine dall'inizio di un libro.
Leggo, e mi distraggo con un niente.
Leggo, e mille pensieri diversi arrivano a infilarsi fra me e la storia, e perdo il filo, e devo ricominciare, e mi perdo dei dettagli, e mi sembra sempre di avere la testa imbottita di ovatta e di non essere più capace di analizzare quello che leggo al di là del piacere personale ricavato da una lettura.
Insomma, non riesco a capire se questo sia un problema dell'età adulta in generale o la colpa sia della mia età adulta, ma mi dispiace tanto e mi vergogno ancor di più per la superficialità che mi accompagna ogni volta che provo ad approcciarmi a un libro.
Ancor più in casi del genere, quando il libro in questione mi è piaciuto moltissimo e a me mancano le parole e i pensieri per spiegare il perché (e quelle parole e quei pensieri nel 2015 li avrei avuto, e quanto è brutto accorgersi di non saper più fare qualcosa che un tempo mi veniva naturale come respirare).
Però "Stirpe" mi è piaciuto in un modo che non so dire, ma che è andato a solleticare tutti quei pensieri che un tempo c'erano. È come se Marcello Fois avesse risvegliato almeno l'ombra pallida della Greta che un tempo avrebbe saputo ragionare su questo libro, e che ora sa solo indicare vagamente un certo modo di fare musica e poesia anche con un testo in prosa, che ora sa solo stupirsi davanti a una struttura narrativa originale, fatta di tempi distorti e brandelli di verità che si possono ricostruire solo con pazienza, lasciando che sia la storia – che poi è la vita – a trovare una narrazione postuma in grado di dare senso a eventi che si intrecciano e si sovrappongono con coincidenze e motivazioni che possono essere guardate e comprese solo adottando molteplici punti di vista.

Giuro che un giorno mi comprerò un diario e imparerò a tracciare una linea netta fra una recensione e gli sproloqui che continuo a riversare in questa sezione, ma intanto be approfitto per consigliare vivsmente a chiunque questo romanzo breve ma densissimo.
Profile Image for Ilaria Palestra.
291 reviews2 followers
February 12, 2021
Un libro molto bello. Una saga familiare ambientata a Nuoro. La storia ha inizio alla fine dell'Ottocento, quando due giovani si incontrano per caso, e dopo qualche mese si sposano. Lui e' figlio adottivo di un fabbro, e dal padre eredita un'attivita' bene avviata. Lei e' serva in casa dall'eta' di 7 anni. Dal loro amore nasceranno diversi figli, cui purtroppo spesso tocchera' un destino tragico. Veramente toccanti le pagine della Prima Guerra Mondiale, cui partecipa volontario uno dei figli maschi. E pieno di speranza il finale - spero proprio di poter leggere un seguito presto
Profile Image for Elena.
247 reviews133 followers
April 24, 2023
"Está soñando con los tiempos en que no conocía su propio cuerpo, como si este fuera un apéndice secundario. Es decir, cuando creía que la felicidad dependía de lo que alcanzara a ver en el mundo que le rodeaba."

Marcello Fois relata con pulso la evolución de la estirpe de los Chironi desde finales del siglo XIX hasta la Segunda Guerra Mundial. Una humilde familia de herreros que mientras prospera económicamente no lo hace de la misma manera a nivel familiar. Las desgracias se suceden pero Fois no cae en sentimentalismos. Entreteje con maestría las desventuras de los Chirini con los acontecimientos históricos de Cerdeña y Europa.

La portada no hace justicia a esta novela de la que me ha gustado mucho su concreción. Ni sobra ni falta nada. Teniendo en cuenta el amplio periodo de tiempo que abarca y la cantidad de personajes podría haber escrito mil páginas pero apenas trescientas le bastan para contar su historia.
Profile Image for Ida Vassena.
17 reviews1 follower
March 28, 2021
Che Fois sia una penna notevole é fuori discussione, e infatti mi sto ancora chiedendo perché ho aspettato cosi tanto per leggere la storia dei Chironi, saga familiare in tre libri dei quali Stirpe é l'inizio. Che bello! Da leggere assolutamente
Profile Image for Rosalba.
249 reviews32 followers
October 13, 2012
Proprio quando tutto sembra immobile, stabile di una stabilità complessa, proprio in quel momento, quando l’equilibrio pare immortale, quando pare che la stasi abbia preso il sopravvento, allora si insinua il tarlo dell’incertezza, l’ansia sottile della durata, l’angoscia del tempo.


La storia della sfortunata famiglia Chironi in terra di Sardegna, nel nuorese, da fine ottocento al dopoguerra. Michele Angelo e Mercede, entrambi orfani adottati, si incontrano giovanissimi , si amano e si sposano. Ma questo è il Paradiso. Poi viene l’Inferno, perché Lui che sta lassù con una mano dà e con l’altra toglie. E anche a stare modesti sempre e non sbattere in faccia a nessuno il benessere, non si passa inosservati. Lui se li prende tutti i loro figli e tutti malamente. Alla fine anche Mercede, che pure è sempre stata forte, si arrende e sparisce. Così per Michele Angelo inizia il Purgatorio, solo, con l’ultima figlia miracolosamente scampata, anche lei vedova e senza la sua bambina. Però un bel giorno qualcuno bussa alla loro porta e allora per Michele Angelo si intravede una nuova speranza di continuità, perché “la fine non è una fine”.
Profile Image for Peter Allum.
606 reviews12 followers
June 5, 2024
A struggle to read; unfinished.

Found this novel discounted at a bookstore in Turin and it seemed promising. Reading it a few days later, I gave up quite quickly. The author adopts a dated style, somewhat distanced from the characters, and rather overwrought.

Here is an early description of the town within which the protagonists live:

Because of the destiny allotted to it by the register office, if we can believe in such a thing as Destiny, the district could now be described as a modest built-up area, as if passing through a sort of restless adolescence, as yet neither fish nor fowl. But it does have the presumptuous expectation of certain suburbs that they will soon become one or the other, or both.”

What does it mean to say that the suburbs will soon become one or the other (fish or fowl)? And perhaps even both? A sort of penguin? Suburbs viewed as restless, teenage penguin? Perhaps this is a poor English translation of the original Italian? It is noteworthy that most of the generally very favorable Goodreads reviews are in Italian and so, presumably, based on the original text, not the English translation.

Not recommended.
Profile Image for Godine Publisher & Black Sparrow Press.
257 reviews35 followers
Read
February 4, 2019
Using deliberately old-fashioned prose—slow, magisterial, omniscient, sometimes myth-like—Fois brings gravity to this three-part tale of a brief sojourn in “Paradise” as the lovers meet; a decades-long span in “Hell,” as the Chironis are caught in the bloody 20th century; and a purgatory that offers the hope of a new beginning, or at least the story’s continuation. This a transportive and striking novel. —Publishers Weekly

Fois’ descriptive prose is lavish, powerfully evoking time and place. It’s as if nature is possessed of a richness of expression that humans have yet to acquire . . . Mazzarella’s translation is flawless.
—The Independent

His poetic style is reminiscent of classics such as Manzoni’s The Betrothed and Lampedusa’s The Leopard.
—The Tablet

Fois combines a remarkable number of different ways of seeing the world, different forms of storytelling, different kinds of language and different narrative voices.
—The Observer
Profile Image for Sally68.
298 reviews32 followers
October 25, 2016
La Famiglia Chironi, descritta dalla penna ricercata di Marcello Fois, è una famiglia sarda che a cavallo tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900 vive le sue vicende
personali. Gente semplice, apparentemente senza radici, lavoratori che altro non
voglio che portare avanti la stirpe. Eppure si dovranno arrendere a un destino
scritto, a sofferenze atroci. Più volte mi sono chiesta come abbiano fatto a sopportare tutte quelle perdite. Eppure sono sempre andati avanti con grande dignità,
hanno imparato a vivere, come dice Fois "a pelo d'acqua" mai sopra e mai sotto
per non creare false invidie.
E poi quanto tutto sembra perso, quando pensi che niente possa piu ridarti il sorriso, un bel giorno bussano alla porta.....
Libro scritto benissimo, non facile, a tratti per me è stato anche difficile proseguire...
Displaying 1 - 30 of 83 reviews

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