Aby M. Warburg (1866–1929) is recognized not only as one of the century’s preeminent art and Renaissance historians but also as a founder of twentieth-century methods in iconology and cultural studies in general. Warburg’s 1923 lecture, first published in German in 1988 and now available in the first complete English translation, offers at once a window on his career, a formative statement of his cultural history of modernity, and a document in the ethnography of the American Southwest. This edition includes thirty-nine photographs, many of them originally presented as slides with the speech, and a rich interpretive essay by the translator.
Images from the Region of the Pueblos Indians of North America By Aby M. Warburg A terrific look back in time to the lives and rituals of mostly the Hopi Indians. Great detail and pictures from that time. The author has some great insight into life in general especially for that time period. He even has some pictures of troublesome Jews, say the Germans, in 1929. He compares that with the troublesome Indians in America. Photos. Short book but very good!
I wish there had been more photos to be honest. I loved the inclusion of the talk as well as the essay that placed the work in context, but I wanted more photos.
“El ser humano (…) ha inventado la escalera para ennoblecer sus deficiencias con respecto al animal. (…). El movimiento ascendente es el acto humano por excelencia, que busca elevar al hombre de la tierra al cielo: es el verdadero acto simbólico que le confiere nobleza al acto humano de mantener levantada la cabeza, mirando hacia lo alto. La contemplación del cielo es la gracia y a la vez la maldición de la humanidad”.
Aby Warburg es un personaje por demás extraño. Alemán, hijo primogénito de un acaudalado banquero judío, llega a un trato con su hermano de renunciar a su herencia, siempre y cuando el hermano le compre todos los libros que le solicite por el resto de su vida, se convierte en un apasionado del conocimiento, el arte y la cultura. Aparentemente, con la derrota de Alemania en la Primera Guerra Mundial, Warburg pierde la cabeza y es internado en un hospital psiquiátrico e inclusive se llega a decir que tuvo esquizofrenia.
Warburg resultó ser tremendamente influyente en el mundo del arte y la cultura, Gombrich y Panofsky lo citan como gran maestro, sin embargo, la importancia de Warburg no residió en la literatura, sino en sus esfuerzos educativos y de preservación del patrimonio cultural, ya que la obra literaria que se conserva es bastante reducida. Con su enorme biblioteca como base, funda el instituto Warburg que al día de hoy es uno de los centros de estudios de antigüedad clásica más importantes del mundo.
De los pocos libros que existen de Warburg, el ritual de la serpiente es un ensayo que realiza sobre su estancia con los Indios pueblo de Nuevo México y alrededores, surge pues, un choque cultural entre la cultura Europea que depende completamente de la ciencia y la tecnología para resolver sus problemas y la cultura americana-pagana que opera a través de rituales y se remite al conocimiento de la naturaleza para salir adelante. El libro tiene cierto aire de nostalgia y tristeza, ya que Warburg es consciente de que está contemplando el ocaso de un mundo, donde la inteligencia natural y sensorial es altamente desarrollada, pero que no tiene cabida en un mundo donde la tecnología es el camino fácil y superior. Hoy, si las serpientes son el problema, las erradicamos del planeta, antes aprendíamos de ellas.
En general el libro es interesante, no sé bien a quién se lo recomendaría, es un tema demasiado específico y ya empieza a tener cierto aroma a antiguo, resulta curioso, pero Warburg ve a los Indios Pueblo como una especie de arqueología viviente de lo antiguo y ahora su texto ya empieza a cobrar ese mismo carácter arqueológico. Si Warburg viera como vivimos hoy en día, le volvería la esquizofrenia otra vez.
Ho letto questo libro perché sono sempre stata affascinata dalla figura e dalle teorie di Aby Warburg. Scoprire che anche lui, come tanti altri artisti e intellettuali, ha combattuto con i propri demoni personali e affrontato profonde crisi nervose, mi ha spinta a voler sapere di più. Soprattutto perché in questo libro Warburg ci racconta la sua guarigione, o comunque uno dei percorsi che lo ha aiutato ad arrivare alla guarigione.
Naturalmente è stata una lettura complessa ma, dal momento che conoscevo già molte delle teorie di Warburg in ambito artistico, sono riuscita a calarmi in maniera abbastanza efficace all'interno del suo racconto.
Il lavoro antropologico di Warburg è molto affascinante. Il concetto fondamentale, riassunto in estrema sintesi, è il superamento della paura e dell'angoscia primordiali che alcune situazioni ci ispirano istintivamente e, attraverso un processo visivo e simbolico, la trasformazione di tali paure in elemento positivo e salvifico.
Il rituale del serpente, osservato durante un viaggio in America tra gli indiano Moki, è proprio questo: una danza cerimoniale eseguita con dei serpenti a sonagli, che sono tra le specie più velenose e letali per l'uomo. In questo rituale il serpente viene "trattato" dai nativi con una modalità che non solo non lo rende aggressivo, ma addirittura mansueto. L'aspetto minaccioso dell'animale viene cancellato, e il serpente non è più visto come portatore di morte, ma come simbolo di rinascita. Il diverso approccio nei confronti della natura diventa così un diverso approccio verso la sofferenza, e il cambiamento di prospettiva un modo per sottrarsi alla paura.
Ho delle premesse da fare sul voto che ho dato a questo titolo, non tanto per mettere le mani avanti, quanto per scusare questo povero testo che sembra mi abbia offeso personalmente da come ho reagito a questa esperienza di lettura.
Ho letto “Il rituale del serpente” di Aby Warburg per una scelta - sbagliata - di un gruppo di lettura. Mi sono approcciata a questo testo senza sapere che fosse un saggio di antropologia, e questo è stato un mio errore, ma mi sono posta due domande fondamentali sulla vita, l’universo e tutto quanto mentre lo leggevo; la prima è: perché questo testo non è stato pubblicato in una collana di manualistica, ma in una di saggistica? Per il tipo di approccio forse è più simile alla saggistica, in quanto l’autore non affronta tutto in modo sistematico e c’è un’evidente frammentazione nelle modalità di racconto, ma il grado di specificità e approfondimento forse è più simile alla manualistica.
La seconda invece è di stampo più umano-emotivo: Warburg non voleva che il suo testo venisse pubblicato, e viene detto anche all’interno dello stesso. Perché contravvenire alle sue volontà? Queste due domande mi hanno accompagnata durante tutta la lettura, creando un senso di disagio crescente. Ciò che ho apprezzato, invece, è aver avuto la possibilità di approcciarmi all’antropologia - scelta molto positiva, in quanto ora potrò rispondere a tutti che è un’esperienza che ho già fatto e posso evitare di rifarla in seguito.
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Perhaps one of the most interesting pieces we read, especially when taking into account that this was not really meant to be published. He did a lecture of this while in a psychiatric ward and asked to be released if he was able to show that he could present (and he was successful in this). This was not meant to be public.
However, it is a very intriguing piece when paired with the rest of our readings. Most of the class focused on the transition from paganism to Christianity during the Late Roman period. He makes very similar arguments about the way the Pueblo Indians are creative (rain dances, symbols, etc.) to those made in the essays about Late Roman antiquity.
There's definitely a universality found in cultural shifts from paganism towards enlightenment that we discussed in this class. It was always one of the main topics we discussed every class.
This book marks a shift in Western-centric thought about indigenous peoples. Warburg's tone is more inquisitive and curious than condemning and reproaching and expresses a new openness about difference and other cultures for that time period. The connections made here between snakes and lightning and electricity and overall, connection are not just interesting but pretty stunning and enlightening. The observation of symbolism, ritual, and culture, the relationship of magic and drought, and the first hand photographs are striking. I read this out-loud on a road-trip back from New Mexico and it was fitting for the scenery and setting.
Era un libro que estaba leyendo sin pena ni gloria, hasta que llegue a la última pagina: "la cultura de la máquina destruye aquello que el conocimiento de la naturaleza, derivado del mito, había conquistado con grandes esfuerzos: el espacio de contemplación, que deviene ahora en espacio de pensamiento." Esos últimos parrafos me dejaron pensando varios días.
"La cultura de la máquina destruye aquello que el conocimiento de la naturaleza, derivado del mito, había conquistado con grandes esfuerzos: el espacio de contemplación, que deviene ahora en espacio de pensamiento".
Warburg popisoval užívání magie, mytologie, symboliky až nakonec logiky k překonání fobie (takto postupně). Dále u kmene Hopiů pozoroval vliv nedostatku vody jako zásadní pro formování jejich kultury. U ornamentů vyloučil dekorativní funkci a vyložil je symbolicky a kosmologicky. Kresby byly takové jako když čteme hieroglyfy - stejný záměr. Nakonec přistupuje k výkladu symbolu hada a to nejen ve spojitosti s kmenem Hopiů, ale zdůrazňuje jeho roli i v klasickém a jiném umění.
Při překonání fobie stojí mezi magií a logem právě symbol, který slouží pro orientaci. Popisuje přechod od hadího rituálu, tance, k pouhé představě v myšlenkách až dojdeme k systematické jazykové mytologii. Zde bych to přirovnala k přechodu k abstrakci ze stejné potřeby. Nakonec hada označuje za elementární mezinárodní symbol, jež značí konec, smrt a utrpení, ale také život, věčnost a nakonec to, co má človek překonat (fobii).
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Esperaba un diario de viaje y me he encontrado las notas y textos del autor para una presentación sobre antropología e historia de las religiones que dio en un sanatorio suizo. La metahistoria me ha interesado, el texto no lo he entendido. Mi edición ha sido la de Siruela, muy bonita y con muchísimas fotos, que a favor.